|
Solennità dell'Epifania di Nostro Signore
Giovedì, 6 gennaio 1996
Fratelli e Figli carissimi:
È bello, a questo punto del grande rito, fermarsi e meditare. Il
Vangelo, che abbiamo ascoltato, ed il fatto, che ne ha preceduto la
lettura, sono tali temi per il pensiero e di chi li comprende, che
potrebbero assorbire la nostra attenzione e fissarla, come in un
incantesimo, in una considerazione, in una contemplazione, senza
fine. Noi non sosteremo che per brevi istanti; ma è bene cominciare
la nuova vita, - perché è una nuova vita che qui voi inaugurate: la
vita sacerdotale -, con questa avvertenza: qui vi è da riflettere,
qui vi è da capire, qui vi è da nutrire e da saziare uno studio
interiore d’interminabile durata. Questa ora, in un certo senso,
vale tutte quelle che la seguiranno; al ricordo di quest’ora dovrete
ritornare per comprendere la direzione, il valore, la grandezza dello
stato di vita, in cui ora siete entrati.
Procuriamo ora di mettere qualche ordine nelle nostre impressione e
nelle nostre idee.
1. Guardiamo innanzi tutto a ciò che ci è più noto e più ovvio;
guardiamo al fatto. Il fatto è davanti ai nostri occhi. Si tratta
d’un’ordinazione sacerdotale, compiuta dal Papa, per la prima volta
nella storia della Chiesa in questa forma e in questa misura, nella
maggiore basilica del mondo, sulla tomba di quel pescatore di
Galilea, a cui Gesù cambiò il nome di Simone in quello
programmatico di Pietro, per sessantadue giovani Diaconi,
appartenenti a ventitre di quei Paesi, che chiamiamo di missione, per
indicare la condizione speciale di principio, di sforzo, di eroismo,
di rischio, d’innocenza, d’umiltà e di carità evangelica in cui la
Chiesa colà si trova; e compiuta, questa ordinazione, all’indomani
della chiusura del Concilio ecumenico, quasi a rivelarne lo spirito,
a confermarne le speranze, ad avviarne l’applicazione, a presagirne i
frutti; compiuta, diciamo, questa ordinazione, nella festa
dell’Epifania, la festa meravigliosa, che ci fa celebrare la
rivelazione nella storia e nello spirito umano del Dio invisibile ed
ineffabile, la luce offerta da un centro ben determinato: Israele
ieri secondo la carne? Israele oggi secondo lo spirito, offerta non
più ad una sola Nazione, ma a tutte le Genti, a tutta l’umanità,
attratta da quella luce all’unità della fede e della salvezza, per
formare in Cristo il nuovo Popolo messianico, il Popolo di Dio, la
santa Chiesa.
Ogni circostanza di questo fatto, voi lo vedete, è importante, è
singolare, è significativa; assurge a valore di simbolo; appare
invasa da quello «spirito di profezia», che è proprio della vita
della Chiesa, e che autorizzerebbe a riferire questo avvenimento ad
altri avvenimenti memorabili e decisivi, come appunto l’Epifania, la
chiamata degli apostoli, la Pentecoste, e certe date della storia
della Chiesa. Potrete ricordare e pensare; perché qui tutto è
degno di memoria, tutto parla, tutto è più ricco di senso di quanto
noi possiamo comprendere.
2. Domina fra tutte le circostanze di questa scena la vostra
ordinazione sacerdotale, testé avvenuta. Siete tutti diventati
sacerdoti. Miei Figli carissimi, miei Fratelli (perché questo
titolo ora vi è confermato dal sacramento ricevuto): siete capaci,
in questo momento di commozione e di ebbrezza spirituale, di rendervi
conto, con un solo sguardo spirituale, di ciò che è avvenuto?
Forse ricordando la frase singolare di San Paolo: «Siate resi
capaci di comprendere . . . quale sia la larghezza e la lunghezza e
l’altezza e la profondità e intendere quest’amore di Cristo, che
sorpassa ogni scienza . . .» (Eph. 3, 18-19), forse,
diciamo, misurando con l’occhio dell’anima queste misteriose
dimensioni che ora vi circondano, potete afferrare in sintesi che cosa
è accaduto, che cosa voi siete diventati, quali proporzioni e quali
doveri assume la vostra vita. Pare a Noi che quattro ordini di nuovi
rapporti si concentrano su ciascuna delle vostre persone. Come uno che
sia messo al governo, al timone d’una nave, immediatamente s’accorge
che un nuovo mondo lo avvolge, nuove funzioni, nuovi doveri, nuova
coscienza. Vedete dapprima: il rapporto con Dio, quanto è
diventato pieno, diretto, qualificante; ognuno di voi è un eletto
alla conversazione con Dio, alla conoscenza di Dio, all’amore e al
servizio esclusivo di Dio: Dominus pars; voi sapete ciò molto
bene; ora questo è vero, questo è reale. Ciascuno di voi è «uomo
di Dio, homo Dei» (2 Tim. 3, 17); è nel fascio misterioso
dei suoi raggi penetranti, santificanti; a tal punto che poteri divini
vi sono comunicati. L’ordinazione, voi sapete, è appunto il
conferimento di potestà nuove, trascendenti, divine, che fanno del
vostro ministero lo strumento vivo dell’azione soprannaturale di Dio.
Vi è di che rimanere incantati. Ma ecco che un altro rapporto
richiama la vostra attenzione: è il nuovo rapporto che voi assumete
con la Chiesa, con il vostro Vescovo in modo speciale; da oggi in
avanti voi non siete più disponibili per alcuna altra attività che non
sia il suo servizio; siete diventati i collaboratori, i
corresponsabili, gli esecutori del ministero e del magistero e del
governo pastorale del Vescovo; vi rendete conto d’aver rinunciato a
tutto, alla vostra stessa libertà, per essere agli ordini del
Pastore, gli interpreti fede!i, premurosi, devoti della sua
volontà? E questo rapporto si estende in un altro: voi siete
destinati al Popolo di Dio, e per una duplice funzione, che basta da
sola a rendere interminabile la meditazione sul sacerdozio: perché,
rivestendo la persona di Cristo, eserciterete in qualche modo la sua
missione di mediatore; sarete interpreti della parola di Dio,
dispensatori dei misteri di Dio (cfr. 1 Cor. 4, 1; 2 Cor.
6, 4) verso il popolo; e sarete interpreti della preghiera del
popolo stesso, portatori delle sue offerte, assimilati alle sue
sorti: di dolore, di peccato, di penitenza, di santità, presso
Dio! Tramite cotesto esaltato e umiliato in una funzione estremamente
sacra, che fa scoprire un altro vostro rapporto, che riassume gli
altri e li realizza in pienezza: il rapporto con Cristo; un rapporto
che sembra identificare il vostro essere umano con Lui: sacerdos alter
Christus. Ed è questo rapporto vitale, che penetra il nostro essere
in modo tale da riempirlo di grazia, di poteri, di doveri, e da
obbligarci a fare programma della nostra vita un’intima, una
progrediente, una corroborante imitazione di Cristo.
3. Miei Figli e miei Fratelli! Questa meditazione, dicevamo,
non finirebbe più. Se Noi qui La interrompiamo, dobbiamo farvi
l’esortazione più cordiale a continuarla per ogni giorno della vostra
vita ed in ogni condizione in cui essa si svolgerà. Abbiate coscienza
di ciò che siete; abbiate coscienza della vocazione a cui siete stati
chiamati; abbiate coscienza della dignità e delle potestà, che
portate con voi; abbiate coscienza del fine per cui siete ordinati
Sacerdoti di Cristo; non per voi, non per alcun umano interesse, ma
per la Chiesa di Dio, per la salute delle anime; abbiate coscienza
delle difficoltà, che il vostro stato e la vostra attività dovranno
incontrare; siete portatori della croce di Cristo; abbiate coscienza
infine dei bisogni morali e spirituali del mondo, in cui siete
destinati a vivere; ascoltate la voce della storia, la voce dei
popoli, la voce delle anime, la voce dei vostri connazionali, che
forse non chiara sempre si esprime, ma che parte dalla loro dignità,
dalla loro destinazione al Vangelo, dalla loro stessa indigenza;
abbiate insomma coscienza dell’amore che vi ha investito, e che da voi
deve trasfondersi negli uomini che incontrerete sul vostro cammino.
Ecco: una parola di Cristo, che ora Noi facciamo Nostra, tutto vi
dica: «Come il Padre ha mandato me, così io mando voi» (Jo.
20, 21). Questa è la missione: andate, e portate Cristo e il
suo Vangelo in tutta la terra. Andate umili e forti; ora siete
sacerdoti, ora siete missionari.
Noi daremo adesso la Nostra Benedizione, a conclusione di questo
memorabile rito. Con intenzione la diamo. La diamo innanzi tutto al
vostro Collegio Urbano de Propaganda Fide, ai Superiori ed ai
Maestri che a questo grande giorno vi hanno preparato, alla Sacra
Congregazione de Propaganda Fide, al Cardinale Prefetto e a
Monsignor Segretario, che vediamo qui presenti, a quanti qui a Roma
ovvero nelle vostre rispettive Diocesi o nelle Scuole che avete
frequentate vi hanno guidati nella vostra formazione scolastica ed
ecclesiastica. Un’intenzione particolare dirige la Nostra
benedizione ai vostri Vescovi: sia la vostra ordinazione motivo
perenne di consolazione per loro e di aiuto per il loro ministero.
Siano benedetti i Confratelli del vostro Sacerdozio di oggi e di
domani; portate voi stessi a loro il Nostro benedicente saluto; così
a tutti i Fedeli che saranno oggetto delle vostre cure pastorali; a
tutti i vostri amici e connazionali. Una benedizione speciale poi
riserviamo per le vostre rispettive Famiglie, alcune delle quali
vediamo qui rappresentate; esse hanno merito certamente nella vostra
vocazione e nella vostra educazione; esse sono a voi vicine con affetti
sacri e nobilissimi, che la vostra oblazione al servizio di Cristo
trae verso l’unico amore che dirige la vostra vita; esse saranno
certamente partecipi delle grazie con cui il Signore ha ricolmato le
vostre vite; ad esse vada l’espressione del Nostro ringraziamento,
del Nostro augurio, della Nostra Benedizione. E poi questa
Benedizione si distende su tutti coloro che di persona o di spirito
sono presenti a quest’ora grande e sacra: la grazia del Signore sia
con ciascuno e con tutti; sia sui vostri Paesi, sia su tutte le
Missioni, sia su tutta la Chiesa.
|
|