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Festa della Presentazione di Nostro Signore Gesù Cristo al Tempio
Giovedì, 2 febbraio 1967
Non vogliamo lasciare questa singolare assemblea senza un Nostro
saluto speciale. Sappiamo d’avere davanti i rappresentanti dei vari
corpi associati - Capitoli, Collegi, Seminari, Ordini religiosi
e cavallereschi, Confraternite, comunità e istituzioni - che
appartengono alla nostra vetusta famiglia spirituale della Chiesa
Romana; e sebbene questa riunione non ne raccolga tutti gli enti
ecclesiali, Ci piace moltissimo ammirare la bella rassegna di questi
gruppi qualificati, che formano l’onore e la consistenza di questa
benedetta Chiesa dei Santi Pietro e Paolo, ne rappresentano le
tradizioni spirituali e rituali, ne illustrano la religiosità, ne
coltivano le cristiane virtù, ne difendono il nome, ne dilatano gli
esempi e ne accrescono la carità.
LA PERFETTA UNITÀ DEL CORPO MISTICO DI
CRISTO
Ci piace sapere che ognuna di codeste corporazioni attende al proprio
perfezionamento, cercando di derivare dagli insegnamenti del recente
Concilio norma e stimolo per quel rinnovamento che la renda al tempo
stesso fedele ai propri originali statuti e idonea a perseguire le
proprie finalità con forme più adatte ai moderni bisogni. E Ci
piace oggi osservare che codesto sforzo di particolare risveglio,
mentre meglio caratterizza ogni singola istituzione per quello che è e
vuole essere, non la separa, non la isola dalla comunione che a tutte
le altre, nei vincoli molteplici della fede, della preghiera, della
disciplina, della carità, la congiunge; sì bene pare che tanto più
salda si attesti, nello spirito e nelle opere, la comunione quanto
più ordinato e perfetto si presenta ciascun ente che vi partecipa e che
la forma. Bella, anche sotto questo aspetto, è la santa Chiesa,
la quale garantisce ad ogni persona fisica e morale una sua propria
dignità e libertà, e insieme unisce e fonde nell’unità, che
Cristo in sé stabilì e a noi tanto raccomandò, quanti individui e
corpi associati Chiesa si chiamano e sono. Non modelliamo la
comunità ecclesiale né sul particolarismo feudale, né sul
livellamento delle società totalitarie, ma sull’immagine del Corpo
mistico, che San Paolo illustrò insegnando essere «uno il corpo e
molte le membra», ammettersi cioè nella Chiesa di Cristo diversità
di forme e di funzioni, articolate tuttavia in un’identità
sostanziale di spirito e di vita (cfr. 1 Cor. 12).
SIANO TUTTI I FEDELI «COR UNUM ET ANIMA
UNA»
E questa unità, che in questa cerimonia più che in ogni altra offre
di sé l’immagine edificante, vorremmo fosse in ogni comunità, in
ogni gruppo, in ogni religiosa famiglia, in ogni seminario, in ogni
associazione cattolica, riaffermata e coltivata e sentita e goduta,
affinché l’antica Chiesa di Roma esprimesse, nei nuovi tempi, la
fedeltà primigenia del Popolo cristiano, stupendamente registrata
nella prima cronaca della Chiesa di Gerusalemme: «La moltitudine
dei credenti era un cuore solo ed un’anima sola» (Act. 4,
32). Roma è oggi più che mai cosmopolita; Roma risente del
pluralismo etnico e internazionale delle città moderne; Roma non è
più l’Urbe medioevale, né la città papale del rinascimento, né
il campo romantico di antiche rovine, dove la confluenza civica e
spirituale nel suo centro storico era facile ed obbligata; Roma è la
Città nuova, che voi conoscete. Vi è chi si domanda se essa
tuttora abbia sufficiente e vera, profonda e unitaria coscienza di
sé. Per quanto Ci riguarda, Noi pensiamo che a dare alla Nostra
Città episcopale, centro della Chiesa universale, un certo suo vivo
tessuto di uniforme spiritualità voi possiate concorrere, con la rete
pastorale delle Parrocchie e non certo con mire di temporale influsso,
ma col proposito di ingemmare il grande manto dell’Urbe moderna della
vostra presenza silenziosa e splendente. Com’è unico al mondo e
bello il volto di Roma cattolica per ciò!
Ed ecco che i ceri, di cui voi Ci fate omaggio, assumono anche sotto
questo aspetto un significativo valore simbolico. Che cosa è un
cero? Possiamo dire che quanto meno ci serviamo di questo vecchio e
modesto mezzo di illuminazione, tanto più esso ci offre la sua sempre
parlante lezione spirituale; lo notiamo oggi per quanto a noi la
lezione si riferisce, lo celebreremo a Pasqua per quanto di Cristo
essa discorre. Cero è il segno d’una vita. Ognuno ami esservi
rappresentato. Una vita che, proprio come in questo momento,
dichiara, deponendo il suo simbolo ai piedi della santa Chiesa, di
offrirsi. Il cero significa qui una vita, anzi molte vite, quante
sono quelle che compongono la comunità da cui lo riceviamo; vite che
si offrono: a Cristo, alla Chiesa. Noi ascoltiamo codesto
linguaggio; Noi lo ammiriamo figurato nell’arcaica, ma sempre viva
immagine, nella quale, a memoria della festa odierna, si esprime.
Quanto Ci è cara la vostra oblazione! e quanto Noi vogliamo
ravvisarvi il dono, la promessa della vostra fedeltà! La Chiesa ha
bisogno di codesta, sempre nuova sempre sincera professione di
dedizione e di fedeltà.
SIMBOLO DI SACRIFICIO E DI LUCE
Ma il senso simbolico del cero, voi sapete, non è così esaurito.
Il cero, riferito alle nostre esistenze consacrate, dice di più.
Dice la fiamma, alla quale è destinato. Non è offerta che si
conserva intatta; è offerta destinata a consumarsi per dare
all’ambiente la luce. Sacrificio di sé, luce per gli altri, vuole
il cero significare. Testimonianza che divora, ecco il cero. Figli
carissimi, siamo noi disposti a fare nostro il senso di quest’umile e
benedetta cosa: che oggi si moltiplica per tutti i devoti e si
distribuisce alle mani di quanti la gradiscono?
Anche di questa comprensione la Chiesa ha bisogno. Occorre vivere la
Chiesa nella perpetua memoria della culla, donde è sortita, la
Croce. Se è vero che la vita cristiana, e quella ecclesiastica e
religiosa non escluse, è suscettibile di tanti ragionevoli adattamenti
(non è stato il Concilio a ricordarcelo?), non è men vero che non
sarebbe felice adattamento ai suoi bisogni odierni, al suo genio
autentico, il conformismo ai gusti, alle forme, alla mentalità di
quel mondo, in cui, sì, viviamo e a cui diamo la nostra stima e il
nostro amore, ma al quale dobbiamo la nostra originale testimonianza di
esempio evangelico. L’indulgenza verso il diffuso naturalismo, verso
il benessere temporale, verso l’affare economico, verso l’indiscreta
curiosità esteriore, verso la sensualità dilagante, non è ciò che
fa moderna la Chiesa; la svigorisce, la rende, come il sale che ha
perduto il suo mordente sapore, inutile, inefficace. Non diciamo di
più. E ritorniamo all’immagine del cero sacro, puro e diritto,
tutto teso verso la fiamma che lo brucia, verso la luce che diffonde.
Così Noi, così voi, Figli carissimi - Maestra e Protettrice la
purissima Madre di Cristo - con la Nostra Benedizione Apostolica.
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