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Domenica delle Palme, 26 marzo 1972
A Voi, giovani, si dirige oggi principalmente la nostra parola.
Voi siete oggi di turno nella celebrazione liturgica ed ecclesiale.
Perché? Perché è la festa delle Palme. Cioè la memoria, e,
come sempre nella liturgia, la rinnovazione non tanto della scena
storica, di cui ora avete ascoltato la lettura evangelica, quanto del
significato, del mistero, che tale scena rappresenta; significato e
mistero che sfidano i secoli, passano attraverso la storia, e adesso
in questa celebrazione si attualizzano, si realizzano,
spiritualmente.
Ricordate la scena: Gesù, il misterioso profeta, che in pochi anni
di predicazione aveva commosso e sconvolto il popolo ebraico, con la
semplicità e la profondità della sua parola, con la crescente
popolarità e la umile maestà della sua figura, con l’annuncio d’un
nuovo regno, il regno dei cieli, il regno di Dio, e con la
presentazione miracolosa ed enigmatica della sua personalità, quel
Gesù fascinatore delle folle e critico provocatore degli ambienti
ufficiali del fariseismo, fanatico ed ipocrita, aveva suscitato
d’intorno a sé una questione estremamente importante per la psicologia
di tutta la nazione, tesa e concentrata nell’aspettazione d’un
personaggio prodigioso, la cui venuta, allora sentita imminente,
doveva essere decisiva per il nuovo destino di quel piccolo, ma
inconfondibile popolo, vinto ed oppresso, senz’altra cultura che la
sua Bibbia e il suo Tempio, ma da secoli ostinatamente fedele alla
sua tradizione etnica e spirituale, sospesa a due punti capitali della
sua storia: la sua antica e privilegiata vocazione religiosa:
Abramo, Mosè, David, i Profeti . . . . ed un suo traguardo
avvenire, cioè un suo futuro vittorioso riscatto, dominatore delle
sorti non solo della Palestina, ma altresì di quelle di tutte le
genti sulla terra; e la questione, che si era polarizzata sul giovane
Rabbi di Galilea, Gesù, era questa: è o non è colui che noi
aspettiamo; o ne dobbiamo aspettare un altro? (Matth. 11, 3)
È o non è il Cristo? il Messia che deve venire?
L’UOMO DELLA SPERANZA
Se leggete il Vangelo, voi vedete che intorno a questa alternativa si
svolge il dramma di Gesù. Non solo di Gesù, ma del Popolo; e
non solo di quel Popolo, ma di tutta l’umanità; il nostro stesso
dramma, di noi che qui siamo; il dramma del mondo di oggi e di
domani; perché in questo dramma si decide se Gesù è veramente il
mandato da Dio, se Egli è il Salvatore del mondo, se è il nodo in
cui si concentrano e si risolvono tutte le questioni vitali dell’uomo,
d’ogni uomo del nostro pianeta.
Ebbene, ricordate la scena di Gesù che entra, in quel giorno, che
noi oggi commemoriamo e riviviamo, a Gerusalemme, traboccante di
gente venuta da tutte le parti di quella terra fatidica, e che a grida
di popolo, primissimi e vivacissimi i giovani, è riconosciuto ed è
proclamato, sì, lui il Messia, il figlio di David, l’uomo della
speranza passata e della speranza futura, l’uomo centrale, l’uomo
cardine, l’uomo che totalizza in sé le sorti della storia umana,
colui che svela e che compie le profezie antiche e future;
l’uomo-Dio della nostra salvezza.
L'INQUIETUDINE GIOVANILE NEL NOSTRO
TEMPO
Fedeli tutti, a cui arriva la nostra voce; e voi, Giovani
specialmente, a cui essa specialmente è rivolta: comprendete,
comprendete voi l’importanza di questa liturgia, alla quale voi siete
invitati non solo ad assistere, ma ad assumere una parte
preponderante? Per questo, carissimi Figli, noi vi abbiamo
convocati in questa Basilica, che diventa simbolo della Chiesa
universale e vivente. E non tanto per interrogarvi se voi siete
disposti a fare vostra, in questa precisa ora della storia, la
funzione che la gioventù di quel decisivo episodio evangelico, così
detto delle Palme, fece propria con travolgente entusiasmo, osannando
al carattere messianico di Gesù; ma vi abbiamo convocati per
dimostrarvi col fatto che noi abbiamo viva fiducia che voi siete già
pronti e desiderosi di fare vostra tale funzione: riconoscere e
proclamare, cioè, che Gesù è il Cristo, è il Salvatore, è
Colui che solo dà senso, valore, speranza, gioia, alla vita degli
uomini. È Gesù che libera l’uomo dalle catene del peccato e da
quelle altre catene interne ed esterne d’ogni schiavitù; è Gesù
che ci rende buoni e forti; è Gesù che ci dà le ragioni per cui
vale la pena di vivere, di amare, di lavorare, di soffrire e di
sperare; è Gesù che c’insegna le supreme verità; è Gesù, che
ci obbliga a considerarci fratelli; è Gesù, che ci soffia nei cuori
il suo Spirito di sapienza, di fortezza, di gioia e di pace; ed è
Gesù, che fa di tutti noi una unità mistica e visibile, un corpo
sociale animato dalla sua parola e dalla sua grazia; è Lui che ci fa
«Chiesa».
Notate, Amici, questa intenzionale circostanza: vi abbiamo
convocati perché abbiamo fiducia in voi; fiducia, che voi abbiate a
comprendere la vocazione che la Chiesa vi attribuisce; fiducia, che
voi abbiate l’intelligenza ed il coraggio di fare della vostra vita
un’acclamazione, una testimonianza: Cristo è la nostra salvezza.
E se vi parliamo di fiducia, segno è che vi sappiamo comprendere,
che vi vogliamo sostenere nello sforzo personale e geniale di dare alla
vostra vita uno stile suo proprio, nuovo e originale, se volete; di
assumere nel tempo nostro l’iniziativa e la responsabilità, che a voi
spettano. Qui sarebbe logico dare uno sguardo alle condizioni
psicologiche e morali della gioventù del nostro tempo. I giovani
d’oggi hanno, più forte che non l’avessero quelli di ieri, una
certa smania di evadere dai sentieri dell’educazione convenzionale, e
si credono quasi obbligati a sottrarsi dall’obbedienza alla normalità
delle forme di vita familiare e sociale, preferendo atteggiarsi liberi
e talvolta spregiudicati ed eccentrici, per cedere ai capricci delle
mode più strane e alle passioni spesso amorali e antisociali, quasi
col gusto di apparire contestatori e sovversivi, pur di staccarsi dalle
consuetudini ambientali e di far capire a tutti che la società, così
com’è risultata dall’evoluzione moderna, non soddisfa e non piace.
Vi è nell’atteggiamento di tanta gioventù un senso di disagio e di
rifiuto di ciò che il progresso esibisce a buon mercato, e vi è una
ricerca di espressioni umane e primitive, più semplici, più sincere
e più libere. Voi conoscete meglio di chiunque altro questo vasto e
complesso fenomeno della inquietudine giovanile; e noi non ve lo stiamo
ora a descrivere. Solo a noi sembra di poter scorgere qualche cosa di
profondamente interessante in codesta inquietudine, la sincerità cioè
dei vostri animi, che non temono di denunciare il vuoto che la vita
moderna non solo lascia, ma scava dentro di voi. Un vuoto privo di
idee vere e forti, privo di ragioni degne di dare alla vita un senso,
un valore, una fede. Sentite la sofferenza della fatuità a cui vi ha
indirizzato una concezione scettica ed edonistica della vita, della
quale concezione le generazioni precedenti sono state, in non lieve
misura, stolte maestre.
L’INCONTRO CON LA CROCE
Avete cercato, forse, in atteggiamenti contestatari quegli ideali
trascendenti e quelle prove di coraggio e di eroismo a cui la vostra
età - e, diciamo di più, lo spirito umano - si sente candidato.
Avete un bisogno «messianico» in fondo ai vostri cuori, che la
nostra storia, di derivazione cristiana, ha vivamente svegliato nella
vostra psicologia, e la nostra società secolarizzata ha, sotto certi
riguardi, completamente deluso.
Ebbene, la festa delle Palme, alla quale vi abbiamo chiamati,
intende rispondere, una volta di più e con pienezza, allo spazio
interiore dei vostri spiriti. Avete, senza forse che ne avvertiate la
sublime esigenza, bisogno di un Messia, d’un vero Messia. Noi ve
lo annunciamo, semplicemente, solennemente. Il Messia di cui avete
bisogno, e di cui il mondo sperimenta la nostalgia e la carenza, è
Gesù, Gesù, il Cristo.
E a voi diciamo, giovani d’oggi: tocca a voi sperimentare in voi
stessi questo fascino, non menzognero, non mistificatore, del Messia
Gesù. Tocca a voi, giovani, rivelare al mondo odierno il volto
luminoso del Cristo, e mostrare per quali ragioni e con quali modi,
Egli, Gesù, è oggi più che mai il polo attraente del mondo in
cerca sempre di capire se stesso nella giustizia, nella libertà,
nella fratellanza, nella pace.
Lasciate, amici e figli carissimi, che noi vi esortiamo a idealizzare
in Cristo la vostra segreta aspirazione a fare della vita una cosa
seria, un momento di pienezza, un’ora di sapienza, un dono
d’amore, un inno a Dio.
È venuta l’ora d’una svolta nella psicologia decadente del nostro
momento storico; la svolta dall’indirizzo vacuo e negativo a quello
veramente umano e positivo. E se questa svolta messianica, dietro i
passi di Gesù, vi facesse domani incontrare nella sua Croce, non
abbiate paura; là è l’amore che si dona, là è l’amore che sa il
valore del sacrificio, là è l’amore che salva, là è l’amore che
ha in se stesso l’infallibile promessa della risurrezione e della vita
eterna.
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