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Domenica, 6 marzo 1966
«Siamo venuti, dilettissimi figli, per conoscervi. E voi - questo
l’amabile esordio di Sua Santità - subito comprendete come questo
appellativo indichi il Nostro dovere di venire tra voi; il vostro
diritto di essere visitati». Da ciò deriva un vivo gaudio per il
Padre delle anime, anche perché quasi si tratta di una scoperta.
Infatti, sebbene Egli abbia dimorato in Roma sin dal 1920, e
nell’Urbe sia rimasto, ad eccezione dei nove anni trascorsi a
Milano, il Papa non conosceva la parrocchia di S. Barnaba,
costituita appunto durante il periodo del suo governo nella arcidiocesi
lombarda.
Oggi, quindi, è doppiamente lieto di poter ammirare la nuova e
grande chiesa e di conoscere persone e luoghi della cara parrocchia
sorta dove, venti anni or sono, non esisteva il cospicuo quartiere ora
così sviluppato.
LA MEMORIA D’UN GRANDE BRESCIANO
Altro motivo di letizia è per il fatto d’essere la parrocchia
affidata ai Religiosi Pavoniani: i Figli dell’Immacolata
Concezione, che onorano in Ludovico Pavoni il fondatore.
Questo Servo di Dio era di Brescia, la città del Papa; e colà
esplicò il suo santo ministero, attuando elette e generose
iniziative, sino alla pia morte avvenuta in Brescia il 1° aprile
1819, durante le famose «dieci giornate».
Dei Pavoniani, delle loro attività ed opere - basterà citare
l’editrice Ancora per la diffusione della cultura cristiana -, il
Santo Padre conosce molto anche per averlo ben rilevato durante il
soggiorno pastorale di Milano. Ora è felice di rinnovare conoscenze
e voti; e perciò, salutato il parroco, ringrazia il Signor
Cardinale Vicario ed estende il saluto riconoscente a Monsignor
Vicegerente, ai Vescovi. Ausiliari, ai Parroci della zona e a
tutti gli altri sacerdoti.
Tiene, anzi, a riconfermare ai diletti sacerdoti gratitudine, stima
ed incoraggiamento, assicurando per loro continua preghiera, affetto
profondo, specialissima benedizione.
Dopo aver rivolto un pensiero augurale di prosperità, fedeltà e
santità alle famiglie religiose esistenti nella parrocchia,
l’Augusto Pontefice desidera intrattenersi alquanto con i fedeli,
rivolgendo una particolare esortazione ad essi e a tutti gli
appartenenti alla circoscrizione di S. Barnaba.
PRESENZA, INVITO, RICHIAMO
La visita del Papa non è soltanto di esplorazione o di nuove
conoscenze, ma vuol essere conferma del ministero che i parroci e i
sacerdoti svolgono in mezzo al popolo. La visita potrà così essere
definita un invito. Mandato precipuo del sacerdote è di chiamare
gente, attuando e perpetuando l’appello stesso di Gesù: Venite
tutti, specialmente voi, gli affaticati, i tribolati, i piangenti;
tutti voi che lavorate, che soffrite: venite a me. Tale invito ha il
più splendente riscontro nel brano del Vangelo delle Beatitudini
testé letto.
È la parola di Gesù: è la grande parola di convocazione, di
congregazione, di riunione. Nel tenere sempre vivo questo desiderio
del Divino Maestro, consiste il ministero sacerdotale. Ed è
istruttivo considerarlo in due aspetti salienti.
Quando uno chiama, si rivolge non ai vicini, bensì ai lontani: e
l’ha chiarito bene Gesù, allorché ha parlato della necessità di
rintracciare la pecorella smarrita per ricondurla ad unirsi a quelle che
già si trovano al sicuro. Perciò la voce del Vescovo, del Vicario
di Cristo, intende levarsi come un grido, farsi ascoltare oltre le
distanze; e raggiungere tutti. Anzi quanto più uno è lontano, con
tanto maggiore insistenza è sollecitato.
«Venite»: è detto con amore ad ognuno, anche a chi vede passare il
Papa e magari pensa nel suo cuore: il Papa è venuto per quelli che
vanno in chiesa, che dicono le preghiere; è qui per i fedeli, non
per me . . .
Invece, proprio a chi pensa in questo modo il Padre delle anime vuole
ripetere: Figliuolo, non è così; sono venuto anche per te,
appunto per te. Potrei restare a San Pietro ed attendere; invece
esco per vedere coloro che non si incontrano mai, per quanti si credono
avulsi dalla Chiesa; si ritengono indegni o nemici . . .
Non abbiamo nemici, noi. Tutti sono figli, tutti sono cari, tutti
sono nostri, specialmente se hanno ricevuto il Battesimo. In questo
caso dobbiamo non solo desiderare, ma esigere che tornino e ci siano
vicini. Ciascun fedele echeggi per gli amici, i conoscenti, questo
possente invito: Vieni, vedrai che sarai contento, felice; troverai
la pace: non castighi, non reprimende, bensì l’abbraccio di perdono
che Cristo ha portato all’intera umanità.
PREDILETTI DELLA CHIESA I SOFFERENTI
Il secondo significato della visita è il tener ben presente che la
Chiesa si rivolge di preferenza a coloro che soffrono: i malati, i
deboli, i poveri, i disoccupati. Ad essi è particolarmente dedicata
la visita del Papa. È vivo il rammarico di non poter offrire, per
ciascun caso, soccorsi materiali concreti: ma Egli a tutti dona il
cuore, cioè il conforto più alto per quanti sono oppressi dal
dolore, dalla malattia, forse dal peccato. Qui è l’espressione
genuina dell’ufficio apostolico; la luce del Concilio; il dono del
Giubileo.
Ed un’altra riflessione è necessaria. Non basta l’invito di
adunarsi intorno al Pastore. Ognuno legittimamente aspetta di
ascoltare qualche cosa. È la parola di Cristo, la parola di Dio.
Il Sacerdote, il Vescovo e tanto più il Papa giunge tra i suoi
figli per annunciare il Vangelo. Qui è la sostanza del sacro
ministero. Parlare insieme - ora si dice dialogo - cioè ricordare e
rivivere, concordi, gli insegnamenti non di un uomo ma del Figlio di
Dio, nostro Maestro, affidato agli apostoli e discepoli con il
comando: «Andate e predicate».
Il Papa è venuto per predicare. È ciò che avviene oggi nella
parrocchia di S. Barnaba. Ora questa assemblea come si chiama? Si
chiama Chiesa. La Chiesa non è altro che l’adunanza del popolo in
ascolto della parola di Dio.
Chiesa vuol dire riunione, famiglia, comunità. Si forma la
comunità quando c’è chi parla. Nel nostro caso è diffusa,
nientemeno, la parola stessa di Dio. Non si tratta dell’annuncio di
semplici realtà scientifiche o di altro genere: ma è la Verità che
il Signore porta dal Cielo per donarla a noi.
LA SCIENZA SUPERNA: «EGO SUM VIA . . .»
A tale Verità è connesso l’altro fine del magistero della Chiesa.
Dopo aver convocato e istituito la società, la Chiesa insegna a
vivere, spiegando il perché della esistenza e del nostro passaggio nel
mondo; indicando il cammino giusto: «Ego sum via . . .» ha detto
Gesù. Questa è la scienza suprema, indispensabile: e la si
apprende solamente nella Chiesa.
Non è cosa di lieve importanza. Molta gente vive ad occhi chiusi:
lavora, cammina, si agita senza scopo preciso, è nell’affanno,
senza conoscere la mèta dell’essere, di ciascun individuo.
Insipienza, cecità, destino tenebroso concorrono a ridurre
l’umanità sempre più smarrita. Perciò Gesù ha detto: «Uno
solo è il vostro Maestro, il Cristo» . Egli soltanto ha la
lampada per tracciare la strada esatta. Nella Chiesa dunque si impara
quanto è necessario per vivere e progredire.
Che cosa risulta da questo fondamentale principio? Un appellativo.
Gli appartenenti alla Chiesa sono denominati fedeli; i discepoli del
Signore, coloro, cioè, che accettano il suo insegnamento.
Sanno, allora, dalla concorde preghiera, dopo aver assimilato le
supreme verità: su di noi veglia il Padre celeste; Cristo è con
noi e prega in noi; lo Spirito Santo ci ha segnati per essere figli
di Dio e fratelli di Cristo.
Dalla preghiera scaturiscono, poi, tutti gli altri doveri del buon
cristiano. Andare in chiesa, partecipare in modo esemplare alla vita
della parrocchia, assistere alla celebrazione dei sacri Riti. Quindi
far tesoro di quanto viene insegnato per essere buoni, a cominciare
dalla pratica assidua e convinta della carità: verso Dio, verso il
prossimo. Qui è l’essenza di tutta la Chiesa.
Tuttavia, può questo definirsi un programma completo, un paradigma
sufficiente? In altri termini, è tutto enunciato ricordando la
comune rispondenza dei fedeli all’invito del Signore? C’è ancora
qualche grado di dedizione superiore, privilegiata. C’è chi avverte
l’impulso d’una vicinanza più completa con il divino Autore del
messaggio per la nostra salvezza. Chi si pone nelle condizioni di
disponibilità totale, in docile e pieno ascolto, sentirà più
profonda, più esigente e penetrante, la voce del Signore. Ecco la
grande vocazione. È ancora una chiamata; ma essa impegna l’intera
vita. Il Signore non può accontentarsi di cristiani mediocri, a
metà, i quali solo talvolta adempiono i doveri della fede; vuole i
cristiani perfetti; ci sollecita a divenire un popolo santo, anime
elette, capaci di accogliere il suo amore, la sua conversazione.
Qualcuno capisce sino in fondo: e sono le anime votate alla perfezione
religiosa; sono i sacerdoti pronti a seguire il Maestro in oblazione
completa, dovunque e come vorrà.
BEATI QUANTI SARANNO VERAMENTE
CRISTIANI
Ma le vocazioni possono essere tante, graduali e diverse. Le hanno e
le coltivano coloro che non si appagano di rimanere unicamente fedeli;
vogliono essere seguaci convinti; non dunque portatori d’una vita
cristiana accettata e passiva, bensì alfieri di azione.
Vediamo queste schiere già nell’età giovanile, nell’adolescenza.
Il piccolo clero, gli alunni dell’oratorio, gli esploratori, i
cooperatori del catechismo, gli iscritti nei sodalizi cattolici. Sono
essi i fedeli più diligenti e volenterosi, poiché danno alla vita
cristiana l’impronta di energia, pienezza e serietà di collaborazione
con la Chiesa. A tali gruppi scelti la Benedizione particolare del
Santo Padre.
Riassumendo: il pensiero riconoscente del Successore di Pietro è
diretto a quanti lo ascoltano. Da coloro che ricordano la loro origine
cristiana e odono la voce della Chiesa, agli altri che di tale voce
intendono formare l’essenza della propria vita e si adoperano a
diffonderla, con l’esempio e l’apostolato, nella famiglia, negli
ambienti di lavoro, ovunque.
E il Vicario di Gesù Cristo aggiunge per l’eccelsa, provvida e
santa attività il suo grazie e a tutti dice, nel nome del Signore:
siate benedetti perché, così agendo, davvero suscitate la presenza
di Cristo tra voi; la rendete attuale. E poiché Cristo passa lungo
i secoli in questa maniera, Egli abiterà in noi, vivrà in noi, se
saremo veramente e pienamente fedeli.
L’augurio del Papa è saldo, autentico, non cadrà mai. Egli
assicura la grazia del Signore. Avete sentito la espressione del
Vangelo, «Beati . . .»? La grande parola è oggi ripetuta da
Gesù stesso, nell’insegnamento del suo Vicario sulla terra: Beati
voi, se sarete esemplarmente e filialmente, cristiani.
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