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Domenica, 8 agosto 1976
Venerati Fratelli
e Figli carissimi!
Noi tutti, in questo momento, siamo a Filadelfia, in America,
dove si celebra, nel fervore della sua conclusione, il Congresso
Eucaristico Internazionale. Bolsena è a Filadelfia. Non è
soltanto un collegamento televisivo, che, per un magico prodigio della
scienza e della tecnica, trasferisce la scena e la voce di questa
cerimonia in quel continente lontano e in quella grandiosa assemblea;
è un collegamento spirituale, ma, nel suo genere, ancor più reale,
che ci fa partecipare in unità di fede, di culto, di carità a quella
straordinaria celebrazione; è l’appartenenza alla medesima Chiesa
cattolica, che ci riempie di meraviglia e di gaudio nella esaltazione
della sua unità e della sua universalità, proprie della nostra
religione cattolica, e proprie del mistero eucaristico, che ce ne dà
la certezza e in qualche misura anche la spirituale esperienza.
Ricordiamo le classiche parole di San Paolo, proprio relative
all’Eucaristia: «Noi, pur essendo molti - scrive l’Apostolo
-, siamo un corpo solo; noi tutti infatti che partecipiamo
dell’unico pane» (1 Cor. 10, 17). L’unico pane, di cui
ora parliamo, è Cristo, Cristo stesso, non solo rappresentato e
significato, ma personalmente, realmente reso presente nel sacramento
dell’Eucaristia, memoriale incruento, ma autentico, dell’unico suo
sacrificio redentore.
Bolsena non dimentica, ed oggi ripresenta a noi e al mondo il miracolo
compiuto nel santuario della sua santa Cristina, il quale miracolo ha
ravvivato nella Chiesa d’allora e ravviva tuttora la coscienza
interiore e ha perpetuato il culto esteriore, pubblico e solenne,
dell’Eucaristia, del quale Orvieto e Bolsena conservano ed
alimentano nel mondo l’inestinguibile fiamma.
E per quanto grande ed inesauribile sia il mistero eucaristico, e per
quanto breve sia l’attimo ora riservato alla nostra riflessione, noi
non possiamo tralasciare la considerazione centrale, che il Congresso
Eucaristico di Filadelfia ha scelto per uniformare e moltiplicare i
nostri pensieri sul mistero eucaristico.
Perché il Congresso ci presenta il mistero eucaristico, ch’è
essenzialmente mistero di presenza reale di Gesù e di vero memoriale
della sua Passione sotto l’aspetto esteriore di Pane e di Vino, che
non è poi altro in sostanza che Cristo stesso rivestito di quella
apparenza. Cristo-Pane, Cristo-Vino, perché?
Oh! quale teologia può sgorgare da così elementare questione!
Basti a noi accennare a due punti di tale dottrina. Il primo punto è
quello della fame e della sete, esigenza continua, molteplice,
ineludibile, che entra nella definizione dell’uomo. L’uomo è un
essere che ha fame e sete. Cioè un essere insufficiente per se
stesso; un essere dai continui e molteplici bisogni di nutrizione,
dalla cui soddisfazione dipende la sua presente esistenza. Dall’aria
per respirare, dal latte materno appena egli varca le soglie della
vita, dal cibo e dalla bevanda materiali più volte al giorno, alle
cento altre cose a cui tende la sua vita per costituzionale necessità,
il sapere, il possedere, il godere, sempre questo essere che si
chiama uomo ha necessità di avere dal di fuori di lui ciò che manca
alla sua esistenza, al suo sviluppo, alla sua salute, alla sua
felicità. Perciò desidera, perciò studia, perciò lavora,
perciò vuole, soffre, prega, spera, aspetta; sempre è teso a
qualche complemento che lo sorregga e lo faccia vivere in pienezza, e,
se possibile, sempre. Questo quadro di esistenza, ch’è quello
reale, di tutti, può essere riassunto in una sola emblematica
espressione: l’uomo è un vivente bisognoso di pane, d’un suo pane
che lo nutra, lo integri, gli allarghi e gli prolunghi la sua sempre
avida e caduca esistenza. Un’esistenza tesa nello sforzo di
mantenersi e di dilatarsi, ma condannata a sperimentare la propria
insufficienza e caducità, e a subire alla fine una morte fatale. Non
vi è in terra pane che le basti; non vi è dalla terra pane che la
renda immortale.
Ed ecco allora la divina parola del Signore Gesù: «Io sono il
pane della vita . . . se uno mangia di questo pane vivrà in eterno»
(Io. 6, 48-51). La vita umana ha in Cristo, per chi crede
alla sua Parola, il suo compimento, il suo pegno di vita immortale.
Sì, Fratelli e Figli, ricordiamolo bene: Cristo è il pane della
vita. E questo significa un’altra cosa, pure assai importante. È
questo il secondo punto. Come il pane ordinario è proporzionato alla
fame terrena, così Cristo è il pane straordinario, proporzionato
alla fame straordinaria, smisurata dell’uomo, capace, smanioso anzi
di aprirsi ad aspirazioni infinite (Cfr. S. AUGUSTINII
Confessiones, 1, 1). Noi abbiamo spesso la tentazione di pensare
che Cristo non corrisponda in realtà ai bisogni, ai desideri, ai
destini dell’uomo; dell’uomo moderno specialmente, che spesso si
illude d’essere nato per altro alimento superiore che non quello
divino, e d’essere riuscito a saziarsi d’altre conquiste, che non
quelle della fede, ovvero che sospetta essere la religione uno
pseudoalimento, praticamente vacuo e vano.
No: Cristo non si copre di queste sembianze alimentari per deludere
la nostra fame superiore, ma si riveste delle apparenze di cibo
materiale, oltre che per farci desiderare quello spirituale, ch’è
Lui stesso, per riconoscere e per rivendicare le esigenze legittime
della vita naturale. È Lui, che prima di annunciare Se stesso come
pane del cielo ha moltiplicato il pane della terra fino alla sazietà di
coloro che per ascoltarlo lo avevano seguito in una zona disabitata, e
che non avevano di che mangiare (Io. 6. 11 ss.); è Lui che
ha rivolto all’umanità l’incomparabile invito: «Venite a me, voi
tutti, che siete affaticati ed oppressi; ed io vi ristorerò»
(Matth. 11, 28). È Lui, che non più sotto le specie di
pane e di vino, ma sotto quelle d’ogni essere umano sofferente e
bisognoso, svelerà all’ultimo giorno, quello del giudizio finale,
che tutte le volte che noi abbiamo soccorso qualcuno, abbiamo soccorso
Lui, il Cristo: «Io ho avuto fame e voi mi avete dato da
mangiare; Io ho avuto sete, e voi mi avete dato da bere; ...»
(Ibid. 25, 35).
Così che l’Eucaristia diventa per noi non solo il cibo per ciascuna
delle nostre anime, per ciascuna delle nostre comunità cristiane; ma
stimolo di carità per i fratelli d’ogni specie (ricordiamo la
parabola del buon samaritano - Luc. 10, 33 ss. -): che hanno
bisogno di aiuto, di comprensione, di solidarietà, caricando così
l’azione del bene sociale d’un’energia, d’un idealismo, d’una
speranza che, finché Cristo sarà con noi con la sua Eucaristia,
non verranno meno giammai. Cristo è il pane della vita. Cristo è
necessario, per ogni uomo, per ogni comunità, per ogni fatto
veramente sociale, cioè fondato sull’amore e sul sacrificio di sé,
per il mondo. Come il pane, Cristo è necessario!
Ed ecco il testo del messaggio televisivo che il Papa rivolge al
termine della celebrazione, via satellite, ai fedeli raccolti a
Filadelfia, a conclusione del Congresso.
To all of you in Philadelphia,
To you, Americans; to you, men and women from all parts of the
World, assembled for the International Eucharistic Congress.
It is the Bishop of Rome who speaks to you, the Successor of the
Apostle Peter, the Pope of the Catholic Church, the Vicar of
Christ on earth.
He speaks to greet you, to assure you of his prayers, to have you
hear in his voice the echo of Christ’s word, and thus, to some
extent, to open up to you the deep meaning of the mystery that you are
celebrating.
We ask you to be silent, to be silent now and to try to listen within
yourselves to an inner proclamation!
The Lord is saying: “Be assured, I am with you” (Cfr.
Matth. 28, 20). I am here, he is saying: because this is my
Body! This is the cup of my Blood!
The “mystery of his presence” is thus enacted and celebrated: the
mystery of his sacramental, but real and living presence. Jesus, the
Teacher of humanity, is here; he is calling for you (Cfr. Io.
11, 28).
Yes, he is calling you, each one by name! The mystery of the
Eucharist is, above all, a personal mystery: personal, because of
his divine presence-the presence of Christ, the Word of God made
man; personal, because the Eucharist is meant for each of us: for
this reason Christ has become living bread, and is multiplied in the
sacrament, in order to be accessible to every human being who receives
him worthily, and who opens to him the door of faith and love.
The Eucharist is a “mystery of life!” Christ says: “He who eats
this bread shall live!” (Io. 6, 51).
The Eucharist is a mystery of suffering, yes; and a mystery of
death! A mystery of redemptive passion; a “mystery of sacrifice”,
consummated by Christ for our salvation. It is the mystery of the
Cross, reflected and commemorated in the sacrament which makes us
share in the Lord’s immolation, in order to associate us in his
Resurrection. Today, in time, the Eucharist is the food for our
earthly pilgrimage; tomorrow, in the life to come, it will be our
everlasting happiness.
The Eucharist is, therefore, a “mystery of love”. It makes all
of us who eat the same bread into a single body (Cfr. 1 Cor.
10, 17), living by means of one Spirit. It makes us one
family: brothers and sisters united in solidarity with one another
(Cfr. Eph. 4, 16), and all of us dedicated to giving
witness, in mutual love, to the fact that we really are the followers
of Christ (Cfr. Io. 13, 35).
May it always be this’ way, beloved Brethren, and sons and
daughters!
With our Apostolic Blessing: In the name of the Father and of the
Son and of the Holy Spirit. Amen!
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