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Giovedì, 10 giugno 1971
Salute a voi tutti, Fratelli e Figli carissimi!
A Voi, sacerdoti, operatori e ministri dell’Eucaristia: oggi
solennità del Corpo e del Sangue di Cristo, è festa grande per la
vostra elezione, per la vostra mediazione, per la vostra duplice
identificazione: con il Popolo di Dio, a cui voi appartenete, come
fratelli e servitori nel ministero; con Cristo, di cui voi esercitate
le prodigiose potestà che a Lui vi assimilano, come sacerdoti e come
vittime nel sacrificio eucaristico! Meditate ed esultate in silenzio:
è festa vostra!
A voi salute, Fedeli tutti, che qui per Noi rappresentate Roma
cattolica, Urbe centrale di tutta la Chiesa, la sua storia, la sua
fedeltà, la sua attuale vitalità; e volete essere con Noi per
celebrare l’incontro sacramentale e perenne con Cristo vivo, nella
fede, nella speranza, nell’amore!
A voi, specialmente, cari, carissimi Ammalati, che portate a
questa celebrazione l’incenso bruciante e profumato del vostro dolore,
e che date a Noi il gaudio paziente di incontrarvi, di esservi per
un’ora vicini, di esprimervi la Nostra commossa affezione, di
condividere le vostre pene e le vostre preghiere, salute! salute!
Oh! come vorremmo che in questo augurio fosse la virtù, ch’esso
significa ed auspica, quella salute che Gesù, Lui Figlio di Dio e
Figlio dell’uomo, elargiva agli infermi e ai sofferenti, incontrati
durante il suo terreno soggiorno: Lui sì, tutti confortava e
guariva: «Da Lui, scrive San Luca, l’evangelista medico,
emanava una forza che guariva tutti» (Luc. 6, 9). A Noi non
è stato trasmesso questo potere miracoloso, ma quello, non certo meno
prezioso, di comunicare non la salute fisica, ma la salvezza
spirituale; e questa ora Noi vorremmo farvi in qualche modo gustare
celebrando insieme con voi e per voi questa festa misteriosa e grandiosa
del Corpo e del Sangue di Cristo. Voi soffrite di due mali, uno
fisico, al quale medici ed assistenti cercano, con tanta bravura e
premura, di portare rimedio; l’altro spirituale, che non è meno
grave, sentito e complicato: a questo almeno la presente celebrazione
può recare conforto.
MISTERO DI PRESENZA
Come mai? Ascoltate un momento. Qual è il vero significato di
questa cerimonia? che cosa accadrà durante questo rito, come sempre,
quando una Messa è celebrata? Accadrà questo: che Gesù, proprio
Lui, Gesù Cristo sarà presente, sarà qui, sarà fra noi, sarà
per voi. Noi stiamo rievocando non solo la sua memoria, ma la sua
presenza, la sua presenza reale, velata, nascosta, accessibile
soltanto a chi crede nella sua divina parola, ripetuta, e potente, da
chi possiede il suo prodigioso sacerdozio, ma vera presenza, viva,
personale. Lui, Gesù benedetto, sarà presente. L’Eucaristia
è innanzi tutto un mistero di presenza. Pensiamoci bene: Gesù
mantiene in questa forma e in questa ora la sua profetica parola: «Io
sarò con voi fino alla fine dei tempi» (Matth. 28, 28).
«Io non vi lascerò orfani, verrò a voi» (Io. 14, 18).
Così disse, e così fa: Egli sarà qui, per Noi, per voi, per
ciascuno di voi. Ora dite, voi oppressi dalla sofferenza: non è la
solitudine, il senso d’essere soli, e quasi separati da tutti, ciò
che fa grave, e talora insopportabile e disperata la vostra
sofferenza? Il dolore è, di per sé, isolante; e ciò fa paura, e
accresce la pena fisica. Ebbene, per chi crede nell’Eucaristia,
per chi ha la fortuna di riceverla, questa tremenda solitudine
interiore non c’è più. Egli, Gesù, è con chi soffre. Egli
conosce il dolore. Egli lo consola. Egli lo condivide. Egli è il
medico interiore. Egli è l’amico del cuore. Egli ascolta i gemiti
dell’anima. Egli parla in fondo allo spirito.
L’ESEMPIO DI GESÙ
Perciò ascoltate ancora questo linguaggio, proprio
dell’Eucaristia. Vi dicevamo: Gesù sarà presente. Ma come
sarà presente? Sarà presente, sia pure in modo incruento, come
«l’uomo dei dolori» (Cfr. Is. 53, 3); come vittima, come
«agnello di Dio» (Io. 1, 29); sarà presente come era
nell’ora della sua passione, del suo sacrificio, come crocifisso.
Questo significa la duplice specie del pane e del vino, figure del
Corpo e del Sangue del medesimo Cristo. Gesù si offre per noi e a
noi com’era sulla croce, immolato, straziato, consumato nel dolore
portato al suo più alto grado di sensibilità fisica e di desolazione
spirituale; ricordate i suoi spasimi umanissimi: «Ho sete!»
(Io. 19, 28); e i suoi ineffabili tormenti: «Dio! Dio!
perché mi hai abbandonato?» (Matth. 27, 46); ricordate?
Chi ha sofferto quanto Gesù? La sofferenza è proporzionale a due
misure: alla sensibilità (e quale più fine sensibilità di quella di
Cristo, Uomo-Dio?), e all’amore: la capacità di amare è
misurata dalla capacità di soffrire. Comprendete come Gesù è
vostro esempio, è vostro collega, uomini e donne, che qua portate le
vostre vite doloranti? Comprendete perché proprio con voi abbiamo
voluto celebrare la solennità del Corpo e del Sangue di Cristo?
OFFRIRE IL DOLORE PER LA CHIESA
E vi diremo di più: comprendete ora che cosa è la comunione, e ciò
che l’assunzione dell’Eucaristia compie in voi? È la fusione della
vostra sofferenza con quella di Cristo. Ciascuno di voi può
ripetere, a maggiore ragione d’ogni altro fedele che si comunica, le
parole di San Paolo: «. . . io mi rallegro nelle sofferenze . .
. . e compio nella mia carne quello che manca ai patimenti di
Cristo» (Col. 1, 24). Soffrire con Gesù! quale sorte,
quale mistero! Ecco, ecco una grandissima novità: il dolore non è
più inutile! Se unito a quello di Cristo, il nostro dolore acquista
qualche cosa della sua virtù espiatrice, redentrice, salvatrice!
Capite ora perché la Chiesa onora ed ama tanto i suoi malati, i suoi
figli infelici? Perché essi sono Cristo sofferente, il Quale,
proprio in virtù della sua passione, ha salvato il mondo. Voi,
carissimi ammalati, potete cooperare alla salvezza dell’umanità, se
sapete unire i vostri dolori, le vostre prove a quelle di Gesù, che
ora verrà a voi nella santa comunione.
E lasciate allora che Noi vi rivolgiamo una preghiera, suggerendo a
voi di dare alle vostre sofferenze la medesima intenzione, che ispirava
all’Apostolo, di cui vi abbiamo citato le famose parole, queste
altre che integrano il suo pensiero: godo, egli diceva, di patire
completando la passione del Signore «a favore del suo (mistico)
corpo, che è la Chiesa» (Ibidem.): ebbene, questo Noi vi
chiediamo, che abbiate a offrire (vedete: soffrire diventa
offrire!) i vostri dolori per la Chiesa; sì, per la Chiesa
intera, e per questa romana in particolare. Voi forse ne conoscete i
bisogni.
Avrete voi, e avremo così insieme, degnamente celebrato la festa del
Corpo e del Sangue di Cristo: festa di dolore, di amore, di
consolazione, di speranza e di salvezza, per voi e per tutti!
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