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9 novembre 1975
Venerati Fratelli e diletti Figli!
Oggi è festa grande per la Chiesa di Roma!
Noi celebriamo infatti la festa della Dedicazione di questa venerata
Basilica del Santissimo Salvatore, dove è pure tributato un culto
particolare a San Giovanni Battista, Precursore di Cristo, e a
San Giovanni Evangelista; e l'edificio prende il nome dalla
famiglia romana dei Laterani, la cui dimora, diventata la casa di
Fausta imperatrice, moglie di Costantino, fu destinata come sede del
primo Vescovo di Roma ufficialmente riconosciuto, Silvestro.
Questa dunque è festa che ci riunisce nella Cattedrale di Roma,
nella duplice intenzione liturgica di onorare la prima Chiesa, come
sacro edificio, e come comunità locale cattolica dell'Urbe, primo
tempio materiale e primo tempio spirituale della presenza di Cristo
nella nostra Città. È per noi dolcissimo dovere salutare tutti e
singoli i componenti di questa Comunità, di cui la Provvidenza ha
voluto che noi, umilissimi ministri della Chiesa di Dio, fossimo
chiamati ad essere il Vescovo, il Pastore, il Pontefice.
Salutiamo quindi i presenti, quasi passandoli in rassegna per
attribuire a ciascuno l'ufficio ch'egli pure è chiamato ad esercitare
in questa meravigliosa e misteriosa società, che si chiama la
Chiesa, la Chiesa di Dio, la nostra Chiesa di Roma. Salute a
Te, venerato Cardinale Ugo Poletti, nostro Vicario per la cura
pastorale, ch'è primaria nel nostro cuore e nel nostro dovere, in
favore di tutto il Popolo Romano.
Salute a voi Vescovi Ausiliari, salute a voi Vescovi Delegati,
salute a voi, Membri del Capitolo della Basilica. E poi: e in
modo speciale, a voi, Parroci di Roma cristiana e moderna. A voi,
Religiosi e Religiose, le cui Case sono giardino del Regno di
Cristo. E di gran cuore a voi tutti, Fedeli, cittadini dell'Urbe
storica e spirituale, che ne costituite il corpo etnico e mistico e
adombrate ancora, nella memoria più che nella realtà giuridica, la
figura del S.P.Q.R. E lasciate ch'io chiami a questa rassegna
quanti hanno un volto specifico nella compagine cittadina:
- i Magistrati della Città, ai quali si rivolge il nostro
rispettoso saluto, e il voto per la provvida validità della loro
pubblica funzione;
- i Professionisti d'ogni funzione, arte o mestiere;
- i Lavoratori degli uffici, dei servizi, dei cantieri, dei campi.
Con preferenza poi che nessuno vorrà contestare: le Donne, dalla
cui sensibilità e generosità tanto attendiamo nella ricerca di un modo
di essere e di operare di questa nostra società, che sia più consono
alle esigenze nobili e profonde del cuore umano;
- i Fanciulli, nostra letizia, nostra cura e nostra speranza;
- i Poveri, i Sofferenti, i Derelitti, qui ai primi posti del
nostro pastorale interesse;
- i Pellegrini e i Forestieri, ai quali nella topografia spirituale
di Roma, patria universale, non mancherà mai un posto di fraterna
accoglienza; e rievocheremo la memoria dei nostri Defunti, già
protagonisti della nostra storia, che non sono per noi larve vuote
d'esistenza, fantastiche e paurose, ma anime viventi nel mistero
della Comunione dei Santi, in attesa della risurrezione della carne e
dell'universale instaurazione in Cristo del Regno di Dio.
Oggi, dicevamo, è grande festa per la Chiesa di Roma. Facciamo
attenzione, dicevamo parimente, al duplice significato di questa
parola «Chiesa». Chiesa significa, innanzi tutto, in questa
circostanza, l'edificio sacro, davanti al quale noi ci troviamo.
Questo edificio è insignito del titolo di Basilica, cioè di
edificio regale, Titolo attribuito fin dai primi tempi del
cristianesimo, alla casa destinata al culto sacro per la comunità
gerarchicamente costituita. È da notare questa essenziale funzione
dell'edificio religioso nel cristianesimo, quella cioè di accogliere
nel suo interno il popolo orante, a differenza degli edifici sacri
pagani, nei quali solo coloro ch'erano destinati a funzioni
sacerdotali potevano entrare, mentre la folla rimaneva fuori, donde la
qualifica di «profana», cioè di gente che non era ammessa ad entrare
nel tempio, e sostava, mentre si svolgeva il rito sacro, davanti al
tempio stesso, al «fanum», che era piuttosto che un'aula per il
Popolo, un'edicola dedicata alla divinità (donde il celebre verso
oraziano: odi profanum vulgus, et arceo). I primi luoghi di culto
per i cristiani, che non trovavano più un posto adeguato ed
accogliente nelle sinagoghe ebraiche, com'è noto, furono le case
private, dove, nella sala da pranzo, il triclinium, si radunavano i
fedeli. La casa privata fu la prima domus ecclesiae, la casa
dell'assemblea cristiana, cioè della «chiesa»; e prese in molti
casi il nome classico di basilica, nome che fu poi riservato ai luoghi
più insigni di riunione e di culto del popolo cristiano (Cfr.
DACL 2, 1, pp. 525 SS.; pp. 551 ss.), ovvero a
luoghi resi sacri e solenni per le tombe più venerate di martiri
celebri.
A noi preme ora notare come l'edificio sacro prese comunemente la
qualifica di «chiesa», cioè di comunità cristiana che in
quell'edificio aveva il suo luogo di riunione e di culto. L'onore
perciò tributato all'edificio, e fu onore particolare fin dai primi
anni della vita pubblica riconosciuta alla religione cristiana (Cfr.
M. RIGHETTI, Manuale di storia liturgica, IV, p.
376), si riverberò sulla comunità che lo aveva costruito; e
l'uno e l'altra furono chiamati, e ancor oggi lo sono: chiesa;
chiesa l'edificio, chiesa la comunità; l'uno per l'altra,
restando a questa seconda, la comunità, la pienezza di significato e
di finalità. Onoriamo dunque nella Basilica del Santissimo
Salvatore, detta comunemente di San Giovanni in Laterano,
commemorando la sua originaria destinazione, cioè la sua
«dedicazione», al culto cattolico e alla dimora primaria del Vescovo
di Roma, il Papa, successore dell'Apostolo Pietro, e perciò
Pastore della Chiesa universale; onoriamo, Fratelli e Figli
carissimi, questa santa Chiesa Romana: santa per la sua origine
apostolica e per la sua vocazione missionaria e santificatrice; santa
per la testimonianza di eroismo e di fede, che essa nutrì e propose al
mondo ad esempio ed a conforto; santa per la sua ferma e perenne
adesione al Vangelo e alla missione di Cristo nella storia e nella
vita di questa Sede Apostolica, che è in Roma, e di quante
Chiese, sorelle e figlie, le furono unite nella fede e nella
carità; santa per la sua destinazione escatologica, di guida dei suoi
figli cattolici e degli uomini tutti, che ne accoglie la parola di
verità e di amore, verso i destini ultimi dell'umanità sulla terra;
e santa perché vuol essere prima, anche celebrando questo Giubileo,
a riconoscere il proprio dovere di penitenza e il proprio bisogno di
umile riconciliazione con Dio e con gli uomini.
Vorremmo, o fedeli tutti di questa patria comune, ch'è per noi la
nostra Diocesi, la nostra comunità ecclesiale e locale, che si
accendesse nei nostri animi e fiammeggiasse di novella luce e di più
vivo calore, l'amore alla nostra Chiesa Romana. Vorremmo che,
celebrando noi questa solennità liturgica e giubilare, davanti a
questa Cattedrale, omnium Ecclesiarum mater et caput, si accrescesse
il nostro amore a Roma, nostra madre e maestra nella fede, nostra
vivente e sofferta espressione ecclesiale. Dobbiamo attribuire ad un
favore della divina Bontà se a noi tutti è concesso di dimorare in
questa Urbe fatidica, e di appartenere a questa benedetta sede della
santa Romana Chiesa. Possiamo fare nostro ciò che il nostro
Predecessore Sisto V fece scrivere sul vicino altare della
«Acheropita» non est in toto sanctior orbe locus, non v'è in tutto
il mondo un luogo più santo, per sperimentare nei nostri animi quel
senso religioso di gravità, di serietà, di responsabilità, ch'è
proprio della cittadinanza spirituale romana, e che deve purificare ed
assorbire ogni altro eventuale sentimento d'orgoglio, o d'interesse,
o d'ironia, facile a vegetare in un'atmosfera come questa.
Procuriamo tutti di comprendere i doveri caratteristici dello spirito
romano cristianamente inteso: la dignità della vita, l'esemplarità
del costume, la nobiltà dei cuori. Siamo cattolici romani! quale
studio e quale gusto per l'unità dei pensieri, per la concordia degli
animi, per la disciplina degli atti; Roma è scuola e palestra di
armonia e di affezione ecclesiale!
E comprendere dobbiamo come questo spirito, questo stile romano in
chiave evangelica, ci abilita anche ad una superiore coscienza civica,
leale in ogni rapporto della convivenza sociale, e sempre cordialmente
vigile ai nostri doveri, e specialmente ai bisogni dei nostri
concittadini, e tuttora ispirata ad evocare dalla storia e dalla
cultura dell'Urbe ciò che di genuino, di perenne può a noi
sovvenire con moderna e salutare espressione: perché dovremmo
attingere da altre infide sorgenti l'acqua sempre limpida e fresca,
che ancora ci elargiscono le fontane del romano e cristiano umanesimo?
Abbiamo accennato ai bisogni che ci circondano; ripetiamo
l'esortazione davanti a questa Basilica, che per essere consacrata al
nostro divino Salvatore, è domicilio della sua carità, e
dev'essere per noi nella stessa maestà della sua mole e della sua arte
sempre incombente pressione di umile, indefessa, amorosa premura per i
fratelli derelitti, sofferenti, o piangenti. Riprenda vigore da
questa celebrazione della Chiesa Romana la pietà, lo zelo, la
coerenza, l'abnegazione, che il nostro Cardinal Vicario non cessa
di predicarvi, con pastorale saggezza e sollecitudine: sia col
mettervi giustamente in guardia - come ha fatto di recente - contro
formule inammissibili per le membra vive della comunità ecclesiale,
come con l'esortarvi a rinnovata effusione di fraterna ed amorosa
azione a vantaggio di tutti. Deo adiuvante, in omaggio all'Anno
Santo che sta per concludersi, in questo sforzo di migliore assistenza
alla gioventù, ai poveri, ai bisognosi, noi saremo con lui; e voi
Parroci, sappiate che noi saremo con voi; e ripeteremo ai fedeli
tutti: il vostro Vescovo e vostro Papa sarà con voi! Come ora lo
è con la sua pastorale e Apostolica Benedizione.
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