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Domenica, 12 settembre 1965
Venerati Fratelli e Figli carissimi!
Che cosa suggerisce al nostro pensiero la lettura del brano evangelico
offerto alla nostra meditazione in questa domenica? che cosa ci
suggerisce qui, nelle Catacombe romane, che sembrano raccogliere come
nessun altro luogo sacro la parola evangelica e sembrano a noi ripeterla
e spiegarla? Ascoltiamo la voce di Cristo, così candida, così
forte; la purezza del messaggio evangelico, la sua umiltà, la sua
potenza ci incantano, e ancora ci ripetono che noi, desiderosi
d’essere discepoli attenti e seguaci fedeli del divino Maestro, non
dobbiamo prendere cura assorbente e primaria delle necessità
temporali, non dobbiamo legare il cuore ai beni economici e temporali
così da posporre ad essi i beni dello spirito e da perdere per
l’amore, che diviene sudditanza, delle cose di questo mondo l’amore
di Dio, al quale dobbiamo primieramente servire. Questa rigorosa
gerarchia di beni e, di relativi amori è uno dei paradossi
fondamentali del Vangelo, che l’affermazione di Cristo circa
l’assistenza della paterna Provvidenza di Dio risolve e la nostra
fiducia insieme con la subalterna e moderna ricerca dei valori terreni
utili alla vita presente dimostrano giusta e veritiera.
È una lezione di libertà dalla presa affannosa delle cure temporali
che il Signore ci dà, una lezione di rinuncia, di semplicità di
bisogni e di gusti, una lezione di povertà nel senso morale e
religioso di questa grave e severa parola evangelica.
Questa lezione trova la sua scuola, trova la sua cattedra, trova la
sua riprova, dicevamo, qui, nelle catacombe, che ce la spiegano
nell’applicazione storica di cui le catacombe sono parlante documento.
Fidiamoci ora semplicemente di questa comune interpretazione morale
delle catacombe, e lasciamo per ora ogni più erudito commento sulla
storia e sulla realtà di questi primitivi cemeteri della nascente e
provata comunità cristiana di Roma. Per noi sono il ricordo d’una
lunga storia di nascondimento, di impopolarità, di persecuzione, di
martirio, a cui la Chiesa nei primi secoli del cristianesimo fu
sottoposta, a Roma e in tante parti del suo Impero; e nello stesso
tempo sono il quadro e il ricordo d’un’intimità religiosa, personale
e collettiva, estremamente bella e feconda, d’una tranquilla ed
umiliata professione di fede, che sarà per sempre esemplare nei secoli
successivi, e d’un’invincibile convinzione che Cristo è la
verità, Cristo è la salvezza, Cristo è la speranza, Cristo è
la vittoria; convinzione che non potrà tollerare d’essere scossa,
d’essere piegata, d’essere negata per lusinghe, minacce, castighi
che le fossero intimati o inflitti. Qui la libertà della fede, che
è libertà dello spirito, ebbe le sue non timide, ma forzatamente
nascoste affermazioni, qui il cristianesimo maturò la coscienza del
suo irrinunciabile impegno, qui la sfida non clamorosa, non
temeraria, non offensiva alle forze negatrici del mondo circo.
stante, fossero pure legalizzate dalla ferrea parola del magistrato:
«non licet esse christianos»: non è lecito che vi siano cristiani;
qui il cristianesimo affondò le sue radici nella povertà,
nell’ostracismo dei poteri costituiti, nella sofferenza d’ingiuste e
sanguinose persecuzioni; qui la Chiesa fu spoglia d’ogni umano
potere, fu povera, fu umile, fu pia, fu oppressa, fu eroica. Qui
il primato dello spirito, di cui ci parla il Vangelo, ebbe la sua
oscura, quasi misterioSa, ma invitta affermazione, la sua
testimonianza incomparabile, il suo martirio.
Ecco perché, Fratelli e Figli carissimi, alla vigilia della
ripresa terminale del Concilio ecumenico siamo venuti alle Catacombe;
siamo venuti a bere alle sorgenti, siamo venuti per onorare queste
umili tombe gloriose ed averne ammonimento e conforto, siamo venuti per
sentire scorrere nella nostra presente esperienza il flusso d’una
tradizione non immemore, non infedele, si bene sempre identica,
sempre forte, sempre feconda; siamo venuti per rifornirci degli esempi
antichi delle virtù cristiane e trarne argomento e vigore a qualche
moderna imitazione; siamo venuti non per rifarci primitivi o per
sentirci vecchi, ma per ritornare giovani ed autentici nella
professione d’una fede, che gli anni non consumano, ma avvalorano.
Pregheremo dunque insieme affinché la Chiesa romana e con lei la
Chiesa intera abbia il Vangelo come suo codice; affinché tutta la
Chiesa conservi il gusto e la sapienza delle sue umili ed eroiche
origini, ed affinché sia sempre degna di dare a Cristo fedele e forte
testimonianza.
Poi, per troppo facile associazione di idee, qui penseremo a quelle
porzioni della Santa Chiesa che ancor oggi vivono nelle Catacombe, e
per esse in modo particolare Noi, insieme con voi, oggi pregheremo.
Le analogie reali fra la Chiesa che oggi stenta, soffre, e a mala
pena sopravvive nei Paesi a regime ateo e totalitario e quella delle
antiche catacombe sono evidenti. Identico è il motivo della
resistenza della Chiesa di allora e di oggi: difendere la Verità, e
insieme rivendicare il sacro diritto di ogni uomo ad una sua propria
responsabile libertà, soprattutto nel campo fondamentale della
coscienza e della religione. Identico l’intento degli antichi e
moderni persecutori, che, con la violenza fisica o con il peso d’un
apparato legale, giudiziario o amministrativo, vogliono imporre la
«loro verità» e soffocare ogni contraria manifestazione del pensiero
e delle sue oneste manifestazioni.
Duole vedere come in tanti Paesi, che Noi pur molto stimiamo ed
amiamo, dopo tanto parlare di libertà e di popolo, si cerchi di
asfissiare la libera vita religiosa del popolo e delle singole persone;
e si abbia verso la Chiesa il proposito deliberato, se anche taciuto,
e la ingenerosa speranza di farla morire: si impediscono gradualmente
le possibilità di rinnovare le file del clero, già tanto decimate;
si intralcia il normale esercizio del governo pastorale, quando non sia
possibile piegare clero, religiosi e fedeli a «collaborare» col
regime; si monopolizzano tutti i mezzi a disposizione
dell’organizzazione totalitaria: i mezzi di stampa e della vita
culturale, scolastica, educativa e ricreativa per togliere la
gioventù alla Chiesa e per imporle il verbo marxista.
È su questi punti principalmente, come tutti sanno, che la Santa
Sede cerca pur sempre di condurre una difficoltosissima azione, non
solo in difesa della propria esistenza e dei propri diritti, ma
altresì della libertà e della dignità umana e degli interessi morali
e spirituali delle popolazioni. La Santa Sede si astiene
dall’alzare con più frequenza e veemenza la voce legittima della
protesta e della deplorazione, non perché ignori o trascuri la realtà
delle cose, ma per un pensiero riflesso di cristiana pazienza e per non
provocare mali peggiori. Essa si dice sempre pronta ad oneste e
dignitose trattative, a perdonare i torti subiti, a guardare più al
presente ed al futuro, che non al recente e doloroso passato, sempre
che tuttavia incontri segni. effettivi di buona volontà. Voi
conoscete queste cose. Vi unirete perciò alla Nostra speranza e alla
Nostra preghiera. Ciò sarà di conforto per quei Vescovi,
sacerdoti, religiosi, religiose e fedeli che ancor oggi vivono nella
sofferenza spirituale, spesso acerba e palesemente ingiusta; e sarà
per loro sorgente di vigore e di speranza il sapere che fratelli romani
e fratelli lontani si ricordano di loro e per loro pregano; e non
rifiutano loro, altro non potendo offrire, il balsamo della fraterna
spirituale solidarietà.
E tornerà utile per i Cattolici stessi, che per grazia di Dio
vivono in libertà, ricordarsi dei Cattolici che vivono nelle moderne
catacombe, e non dimenticare quanto triste umanamente parlando sia la
loro sorte, riflettendo che, senza vigilanza e concordia, simile
sorte potrebbe diventare comune.
Ma concludiamo questi gravi pensieri con quelli più fiduciosi e sereni
che Ci vengono dalla Nostra visita alle Catacombe: esse ci insegnano
a saper pazientare e soffrire con Cristo; esse ci ispirano pensieri di
bontà e di pace per tutti; esse ci ammoniscono che la Verità,
vissuta con fede e con dignità, finisce per farsi strada e per
diventare benefica e salutare a quelli stessi che l’hanno impugnata;
esse ci ricordano che esiste una protezione esercitata dai Santi dal
cielo su noi ancora faticosamente peregrinanti sulla terra, così che
S. Ambrogio, il grande Vescovo romano-milanese, riferendosi alle
reliquie ritrovate dei Santi Martiri Gervasio e Protasio, lasciò
detto: «Tales ambio defensores», io ambisco avere tali difensori!
Lo ripeteremo Noi stessi, invocando il patrocinio dei Martiri, a
cui è dedicata questa Basilica cemeteriale, i SS. Nereo ed
Achilleo, non che degli altri Martiri e Santi che nelle Catacombe
dormono in Cristo. L’assistenza dal cielo specialmente invocheremo
dei Santi Papi, sepolti nelle Catacombe; Noi andremo
personalmente, dopo questa cerimonia, a venerare, nelle vicine
Catacombe di S. Callisto, la cripta dei Papi: vogliano essi
proteggere questa Chiesa romana, vogliano stendere la loro paterna
tutela su tutta la Chiesa riunita in Concilio, e vogliano a Noi pure
ottenere, nell’umile e costante sequela del Vangelo, la forza e la
gioia della comunione dei Santi.
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