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Venerdì, 25 dicembre 1964
Figli carissimi!
Vi daremo ora la benedizione; a voi qui presenti, ai vostri cari,
alle vostre famiglie, a quanti avete nel cuore, vicini e lontani. La
daremo a questo Nostra Città, sede della Nostra Diocesi e centro
della Chiesa cattolica; alla Chiesa intera vuol giungere questa
Nostra benedizione, a tutti i popoli della terra, a questa Italia,
patria Nostra terrena; e a tutti la benedizione vuole oggi recare
l’augurio, lieto ed efficace, del buon Natale. Buon Natale!,
buon Natale!
Come può essere davvero buono e felice questo santo giorno, che
porta, si, tante cose liete con sé: gli auguri, i doni, gli
incontri familiari, la poesia dei ricordi e delle speranze, ma non
cambia il corso della vita, ch’è pur piena di affanni e di malanni?
Noi pensiamo che tutti coloro, i quali si lasciano invadere dallo
spirito dolce e penetrante del Natale, avvertiranno in fondo al cuore
una nota di tristezza, come se l’incanto soave di questo giorno
singolare fosse subito per dileguarsi, come un sogno illusorio e
passeggero. Come può essere veramente buono il Natale, se non porta
qualche consolante novità, qualche speranza migliore, qualche gioia
sincera?
Vi diremo ora due brevi pensieri, che voi già conoscete, ma che qui
ricordati possono insegnare qualche cosa sulla vera bontà del Natale.
Il primo è l’interiorità del Natale. Il Natale è buono se è
interiore, se è celebrato, non fosse che per qualche momento, nel
silenzio del cuore, dentro, nella coscienza fatta attenta e pensosa.
Ed è interiore e rinnovatore, se ci fa cogliere il discorso che
Gesù, entrando nella scena del mondo, non con le parole, ma con i
fatti ha pronunciato. Quale discorso? Quello dell’umiltà; è
questa la lezione fondamentale del mistero di Dio fatto uomo, ed è
questa la medicina prima di cui abbiamo bisogno (cfr. S. Agostino,
de Trin. 8, 5, 7; P.L. 42, 952). È da questa radice
che può rinascere la vita buona. E il secondo pensiero si riferisce
all’umanità del Natale: siamo in adorazione d’una nascita, d’un
bambino, d’un presepio; la vita umana è celebrata nella sua più
sacra espressione: ogni culla, ogni creatura umana, ogni infanzia
oggi è irradiata dalla luce soavissima di Maria e di Gesù.
L’invito è forte e incantevole: bisogna evangelicamente ritornare
bambini: «Se non vi farete piccoli come bambini, dirà poi Gesù
Maestro, non potrete entrare nel Regno dei cieli» (Matth. 18,
2). Bisogna avere il culto della vita nelle sue forme più deboli,
più innocenti, più essenziali. Bisogna ridestare nel cuore di
carta, di ferro e di cemento dell’uomo moderno il palpito della
simpatia umana, dell’affetto semplice, puro e generoso. della poesia
delle cose native e vive, dell’amore.
Figli e Fratelli: volete che il Natale sia buono davvero? Dategli
il suo autentico valore spirituale e riconoscetegli la sua profonda
esigenza umana. Rendetelo pio e affettuoso, e lo renderete buono.
Sappiate quest’oggi curvarvi amorosi sui vostri bimbi; sappiate
quest’oggi associare, con qualche più generosa carità, i poveri, i
sofferenti, i derelitti, i piccoli, in una parola; e avrete un
Natale sincero, un Natale rigeneratore, un Natale felice. Quello
che ora con la Nostra Benedizione a voi tutti di gran cuore
auguriamo.
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