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Australia, Sydney
Giovedì, 3 dicembre 1970
Cari figli e figlie,
La Nostra gioia nel trovarci in mezzo a voi, in quest’ultimo giorno
della Nostra permanenza in Australia, è oggi ancor più viva per il
fatto che la Provvidenza ci offre l’occasione di elevare alla dignita
episcopale, e quindi di collaboratore diretto come successore degli
Apostoli, un figlio delle terre di missione di questa immensa
Oceania. Di ciò vogliate ringraziare con Noi il Signore Onnipotente!
Ma, nel contempo, quale magnifica occasione è questa per meditare
sul nostro dovere missionario! Richiamiamo, mettendolo quasi sotto i
nostri occhi, il grande insegnamento datoci da Gesù, la sera del
Giovedì Santo, intorno alla carità fraterna. Egli lo chiama il
«comandamento nuovo», come a dire il vertice del suo Vangelo. Non
c’è nulla di più grande dell’amore fraterno - ci dice -, perché
è dal suo esercizio che si distinguono in maniera eminente i suoi
discepoli (Cfr. Io. 13, 34-35).
Se noi lasciamo che i nostri spiriti ed i nostri cuori si aprano a
questa legge nuova, tutto diventa diverso, perché tutto riceve
un’illuminazione fino ad allora sconosciuta: non soltanto la nostra
vita spirituale ed i nostri contatti con i fratelli, ma tutta quanta la
nostra attività, anche quella in apparenza più profana. L’amore è
luce e forza, l’amore è comunicazione! Sollecitati da esso, gli
Apostoli han saputo superare le frontiere della loro patria per andare
fino ai confini dell’impero romano ed anche, di certo, più in là.
Il mandato missionario è sempre attuale: «Andate dunque,
ammaestrate (cioè fate discepole) tutte le genti» (Matth. 28,
19). Nel corso dei secoli Gesù Cristo ripete a tutte le
categorie di battezzati il suo imperativo di missione: «Come il
Padre ha mandato me, così io mando voi» (Io. 20, 21). Il
nostro dovere missionario trae origine da questo imperativo: la sua
sorgente è nell’amore misericordioso del Padre per tutta
l’umanità, senza distinzione di persone. «È dunque per la medesima
strada seguita dal Cristo stesso che deve procedere, sospinta dallo
Spirito di Cristo, la Chiesa», e la Chiesa vuol dire tutti noi,
uniti come un solo organismo che riceve il suo influsso vitale dal
Signore Gesù (Ad gentes, 5). Dio ha voluto aver bisogno degli
uomini per diffondere il suo Vangelo, per dispensare la sua grazia,
per costituire il suo Regno. Chi potrebbe affermare che tutto ciò
non lo riguardi? Se varie sono le condizioni di vita e, per
conseguenza, diverse le modalità di risposta, ogni membro della
Chiesa è raggiunto da questo appello comune, poiché tutta la Chiesa
è missionaria, perché l’attività missionaria - come ha ribadito
con forza l’ultimo Concilio - è parte integrante della sua
vocazione, e il dimenticarlo o l’eseguirlo con negligenza sarebbe da
parte nostra un’infedeltà al nostro Maestro. Si tratta di un
impulso fondamentale, di un dovere originario, che noi tutti dobbiamo
assumerci, senza lasciar posto né a dubbi né a limitazioni.
È facile per Noi, nel corso di questa commovente cerimonia, durante
la quale per la prima volta un cristiano della Nuova Guinea raggiunge
la pienezza del Sacerdozio, parlarvi delle Missioni. Siamo andati
di persona, nell’intermezzo tra il Nostro soggiorno nelle Filippine
e la Nostra venuta in mezzo a voi, in quella zona immensa aperta
all’azione missionaria e confinante con la vostra Australia.
Distanze sconfinate, numero quasi incalcolabile di isole, disseminate
sulla superficie dell’Oceano, popolazioni numerose e isolate che
attendono l’annuncio della Buona Novella: quale appello ne giunge
alle vostre porte, fratelli e sorelle di Australia! Levate gli occhi
e contemplate questa distesa di messe, che attende i mietitori per la
raccolta (Io. 4, 35). È possibile che la vostra comunità,
che ha avuto la grande fortuna di ricevere la grazia del Vangelo, che
ha già risposto con fervore all’insegnamento dei suoi sacerdoti e che
offre al mondo una chiara testimonianza di fede, di fedeltà alla
dottrina e di generosità nel sostenere le opere missionarie, non sia
in pari tempo una terra di missionari? Giovani uomini e donne che ci
ascoltate, non sentite l’appello che viene dal Signore e vi sospinge
verso il largo, al servizio dei più poveri? Genitori così degni di
essere additati in esempio per le tante virtù domestiche, non vorrete
condividere ciò che avete ricevuto di più prezioso, il dono della
fede, lasciando ai vostri figli di consacrarsi al proseguimento della
missione stessa di Gesù Cristo? Sacerdoti delle parrocchie,
religiosi e religiose a servizio delle vostre numerose scuole e collegi
nell’ambito del vostro grande Paese, non vorrete presentare come una
magnifica testimonianza della vita cristiana l’arruolamento nel
pacifico esercito dei missionari? È il Papa che di questo vi prega,
e vorrebbe ricavare dall’incontro tanto consolante con voi la speranza
di una «leva di volontari» per l’opera divina
dell’evangelizzazione, la quale risponde così intimamente alle
aspirazioni degli uomini verso la pace, la verità, l’amore fraterno
(Cfr. Ad gentes, 8), in quanto rivela ad essi Colui che è «la
via, la verità e la vita» (Io. 14, 6; 11, 25 ).
Voglia Iddio ascoltarci, e ricolmare di grazie le anime vostre,
arricchendole con la comunicazione del suo Amore!
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