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20 aprile 1975
Venerati Fratelli! Figli carissimi!
Giornata delle vocazioni! Se ne è tanto parlato, ma l'importanza
del tema e la sua complessità esigono che ancora se ne riparli; e
sempre. Ed oggi la Chiesa parla con voce così alta e profetica di
questo tema che non basta semplicemente ascoltarlo; bisogna
comprenderlo. L'ora è venuta per noi di penetrarne il senso e di
lasciare che il suo significato venga a contatto con il nostro cuore,
con la profondità personale della nostra coscienza; e non meno con
l'odierna esperienza storica. Lo facciamo ora per via di brevissima
sintesi (Cfr. Seminarium, 1, 1967). Che cosa significa
vocazione se non chiamata? Annuncio, dialogo quindi, inizio di
conversazione, invito ad una coincidenza nella verità, provocazione
ad una comunione, ad un amore. Chiamata: chi chiama?
Fratelli e figli! Cerchiamo di comprendere. La vita, la nostra
vita stessa è vocazione. La ragione del nostro essere, razionale e
libero, è vocazione. L'antico catechismo nulla ha perduto della
sapienza filosofica e teologica: noi abbiamo avuto il dono
dell'esistenza per conoscere ed amare Dio; sì, Dio. Che ha
voluto suscitare davanti a Sé l'homo sapiens; un essere votato alla
ricerca, all'ascoltazione delle voci dell'essere, del cosmo, della
scienza. Possiamo applicare a questo rapporto della nostra vita una
frase di S. Paolo: nihil sine voce. Niente è senza voce. Tutto
parla per chi sa ascoltare. I segreti della natura sono possibili
confidenze di Dio creatore per chi le sa scoprire. È una prima forma
di vocazione, la vocazione alla scienza che meriterebbe per sé grande
discorso: essa rimane tuttora, e trova l'uomo moderno assorbito dal
suo meraviglioso, magico incantesimo. Noi ne abbiamo, proprio ieri,
onorato il perenne, fecondo, inesausto valore nell'incontro con la
nostra Pontificia Accademia delle Scienze.
Ma la vocazione scientifica, quando è fedele alle sue trascendenti
aspirazioni, arriva alle soglie della religione, e vi depone il suo
canto umile e solenne: «I cieli narrano la gloria di Dio, e le
opere delle sue mani annunzia il firmamento» (Ps. 18, 1: cfr.
Prov. 22, 17 ss.; etc.). Grande liturgia, esuberante essa
pure di misteri, e di luci, non certo ostile a quella religiosa, sì
bene, sua scala e in certo senso suo riflesso (Cfr. Matth. 6,
28-30). I sommi cultori di questa vocazione naturale l'hanno
compreso: la recente commemorazione del centenario di Copernico, già
maestro alla «Sapienza» di Roma, ha rievocato questa, non solo
possibile, ma sempre auspicabile armonia della scienza razionale con la
fede religiosa. Ma la vocazione scientifica non esaurisce, e spesso
nemmeno inizia il dialogo nuovo e ulteriore, che l'ineffabile Iddio
vuole aprire con l'uomo e che di natura sua si rivolge alle cose a noi
esteriori, mentre l'uomo subito se ne inebria e subito lo rivolge a
scopi utilitari, donde nasce e si qualifica e si appesantisce la
civiltà moderna, profana e quasi preclusa all'apertura dei nuovi
segreti, che S. Agostino sintetizza nel duplice voto: noverim Te,
noverim me, la conoscenza penetrante e sapiente di Dio e di se stesso
(Cfr. S. AUGUSTINI Solil. 11, 1; PL 32,
885).
La vocazione naturale, la prima, indispensabile, estremamente
ricca, denuncia tuttavia i suoi limiti, i quali, quasi per
paradosso, tanto più si fanno sensibili e opprimenti quanto più vasti
ed estesi ne sono i confini verso l'oceano dell'esperienza sensibile e
dello scibile razionale. L'umanità per lo più vi si adatta, ma
alla fine ne soffre, e piega tristemente rassegnata verso una
valutazione piuttosto pessimistica sulla vita e sul Inondo. Ricordate
il vanitas vanitatum dell'Ecclesiaste, che avverte, dopo averne
goduto, la caducità delle cose divorate dal tempo e deprezzate dalla
incapacità di saziare l'anima umana più ampia e più avida di quanto
sia la loro possibilità di riempirla e di saziarla? Ed è qui
spesso, nella trama della vita, anche giovanissima, Figli e
Fratelli ed Amici, noi crediamo, che può avvenire la seconda
vocazione dell'uomo pellegrino, la vocazione, chiamiamola così,
evangelica, cioè l'ascoltazione, la folgorazione, d'una parola del
Vangelo del Signore nostro Gesù Cristo (Io. 15, 16).
Egli ne ha l'iniziativa; sì, ma questa è rispettosa d'una
libertà che la fa decisiva. Leggete le vite dei santi, analizzate le
biografie dei convertiti, ma fors'anche preferite le semplici cronache
di giovani, nostri coetanei, uomini o donne che siano, i quali, a un
dato momento, hanno udito e capito una parola evangelica entrare,
furtiva dapprima, dominatrice poi, nella loro coscienza. Non è
univoco, a noi pare, il modo con cui questa presenza interiore della
Parola divina agisce sopra le anime: risposta ad un premente problema
spirituale? Candido sogno di santità! Balsamo confortatore ad
un'afflizione inconsolabile, coraggioso rimedio ad un rimorso
inquietante? Scoperta di doveri prima dimenticati? Consonanza d'un
verbo evangelico con una voce umana, attuale, piangente? Non so.
Il fatto è che il contatto interiore della voce del Signore con un
elementare, quasi istintivo ed intimo, ma dominante pensiero del cuore
ha prodotto un interrogativo, forse un tormento, un vero caso di
coscienza, che la parola amorosa e discreta d'un papà, o ancor più
facilmente d'una mamma pia e sagace, sa interpretare e sa fare poi
esaminare dal consiglio, immancabile, d'un padre spirituale, d'un
esperto amico capace di accogliere e custodire il segreto d'una
decisiva conversazione: ecco, è la «vocazione»!
La vocazione evangelica, autentica, che il giudizio autorevole della
Chiesa sperimenta e convalida (Cfr. Presbyterorum Ordinis, 11,
nota 66) è questa. La chiamata diventa elezione, scelta,
distacco, separazione, segregazione (Cfr. Act. 13, 2):
cioè diventa candidatura ad un ufficio speciale, che ha questa prima
caratteristica, oggi la più sofferta, di imporre un genere di vita
diverso da quello comune, singolare, punto ambito e stimato nel ceto
selciale ordinario, mentre un tempo aveva una sua rispettata e spesso
onorifica estimazione sociale; oggi no; essa è la caratteristica
dell'unico amore a Cristo, a Dio, in misura totale, in forma
esclusiva, la caratteristica del sacrificio, dell'annullamento di sé
(Cfr. Phil. 2 , 7 ss.); una caratteristica compenetrata da
un'altra subito derivata, quella della dedizione nella preghiera o nel
ministero al bene altrui, al servizio senza riserva agli uomini
fratelli, con preferenza per quelli più bisognosi di amore, di
assistenza, di consolazione. La chiamata, diventata elezione, si fa
dedizione, immolazione, silenzioso e gratuito eroismo.
La vocazione, si fa ecclesiale. Cioè s'innesta in un corpo, si,
sociale, umano, organizzato, giuridico, gerarchico, mirabilmente
compatto e obbediente; si dica quanto si vuole di questa aggregazione
esteriore, tradizionale, disciplinata nella quale l'individuo sembra
perdere la sua personalità, sembra, diciamo, ma l'acquista
nell'atto stesso che si compagina con questo terreno e visibile corpo
ecclesiale, perché si tratta del Corpo mistico, che è la Chiesa di
Cristo, da cui fluiscono nell'eletto fiumi di divini carismi, i
doni, i frutti dello Spirito Santo (Cfr. Gal. 5, 22 ss.),
e nel sacerdote la misteriosa e miracolosa somma delle potestà divine,
come quella dell'annuncio della Parola di Dio, o quella delle virtù
di risuscitare alla grazia le anime morte, e più quella di immolare
alla Messa nella sua reale e sacramentale presenza Gesù, vittima
della nostra Redenzione. E poi v'è questo mistero dell'unità,
d'avere sempre presente, come vertice della carità, mistero che si
riveste di forme sensibili e sociali, e che ci fa trasognare nel nostro
mondo storico, il quale con dispari sforzo spesso simultaneo genera e
distrugge la sua pace unitaria; mistero per eccellenza confidato ai
votati alla sequela sacerdotale e religiosa di Cristo: siano tutti
uno!(Io. 17)
Fratelli e Figli, e Amici, prolungate da voi stessi questa
meditazione sulla vocazione: naturale, evangelica, ecclesiale; non
ne potrete raggiungere la fine (Cfr. Eph. 3, 18 ss.) nella
pienezza di significato, di spirituale e morale grandezza,
d'ineffabile fortuna soprannaturale ch'essa promette e garantisce.
Non le fate mai torto di poterla realizzare in economia di durata, di
sacrificio e d'amore. Non ne isolate il pensiero da quello della
funzione sempre superlativa, ch'essa acquista nella compagine della
Chiesa viva; non dimenticate la premente necessità che il mondo oggi
ne ha; e non recitate come vane le sacrosante parole, che ne imputano
la responsabilità e che ne annunciano la solrte beata: hodie si vocem
Eius audieritis, nolite obdurare corda vestra! (Ps. 94, 8)
Ascoltate la Voce.
Chers pèlerins de langue française, et vous spécialement les jeunes
gens et les jeunes filles présents ce matin dans tette Basilique,
Nous vous invitons à être attentifs à l'appel que le Christ, le
Bon Pasteur, vous adresse peut-être. Aurez-vous le courage de
tout quitter pour le suivre, pour le servir et pour servir vos
frères? Nous le souhaitons, Nous prions pour vous et Nous vous
bénissons de tout cœur.
Our call goes out to the entire Church of God. We appeal for
personal interest and prayerful solidarity on the part of all, in the
matter of vocations. In particular we ask that young people everywhere
open their hearts to the promptings of the Holy Spirit, and that with
generous and persevering love they accept the invitation to sacrifice
their lives with Jesus for their brethren. For it is through this
generosity and sacrifice that mankind is led to a sharing in the
Paschal Mystery of the Lord. Hear our voice! Listen to our
words! They come to you in the name of Christ the Supreme
Shepherd.
Herzlich grüssen Wir in dieser Liturgiefeier auch die Pilger aus
den Ländern deutscher Sprache. Hört, liebe Söhne und
Töchter, am heutigen Welttag der geistlichen Berufe erneut die
eindringliche Bitte Jesu Christi: »Bittet den Herrn der Ernte,
dass er Arbeiter in seine Ernte sende« (Matth. 9. 38). Gott
braucht Menschen - und heute mehr denn je -, die sich zum Heil der
Mitbrüder vorbehaltlos seinem Dienste weihen. An uns liegt es, sie
von ihm für die Kirche durch unser inständiges Gebet zu erflehen.
Seine Erhörung ist uns gewiss!
En esta Jornada vocacional del Año Santo, os invitamos,
amadísimos peregrinos, a pedir con insistencia al Señor que siga
donando a su Iglesia espíritus nobles y fuertes; almas que, con
gozosa gratitud a la llamada divina, ofrenden su vida para ser testigos
fieles de la Palabra y guien a los hombres por las sendas de
salvación.
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