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Domenica delle Palme, 30 marzo 1969
Giovani! Figli e amici carissimi!
A Voi oggi si rivolge, con intenzione particolare, la Nostra
parola. A voi che ascoltate. Sì, vi è una gioventù che ascolta
ancora la voce della Chiesa. La ascolta non tanto perché condotta a
questa Cattedra dall’abitudine, dall’obbedienza, dalla
moltitudine, ma perché una speranza qua la conduce, la speranza
d’una rivelazione, di un’intuizione, d’un lampo di luce, che
illumini il panorama della vita, che faccia vedere dove siamo e dove
dobbiamo andare, che serva cioè di orientazione. Dite un po',
carissimi giovani: non avvertite in voi stessi questo bisogno di
chiarezza, questa necessità di sapere se e quale scopo, quale
valore, quale punto di arrivo meriti di dare senso e direzione alla
vostra vita?
VIVACITÀ ESUBERANTE
Vi è oggi nella gioventù, tutti lo sappiamo, e voi ne avete forse
l’esperienza, una grande inquietudine, una grande vivacità di forze
e di aspirazioni, che esplode in forme esuberanti e spesso violente; e
quasi sempre contro qualche cosa: contro i modi di vivere e di pensare
degli altri, contro le abitudini di ieri, contro le leggi vigenti,
contro le istituzioni ereditate dal passato. Sì, un prepotente
bisogno di novità, di originalità, di libertà sospinge l’anima
giovanile, e oggi spesso in modo ribelle. La vitalità dei giovani si
esprime in senso negativo, e quasi si compiace dei disordini che sa
provocare e dei problemi che sa suscitare, che non del senso positivo
del suo irrompente intervento nel contesto sociale, al quale
l’opinione pubblica dà la qualifica di ordine stabilito. I movimenti
giovanili impugnano questo stato di cose, con vigore altrettanto
convinto quanto incurante e inconsapevole di ciò che lo deve
praticamente e saggiamente sostituire. È il grande problema di questa
ora di turbamento ideale e sociale. Ma non è di questo che Noi
vogliamo adesso parlare. Vi abbiamo accennato soltanto affinché
sappiate che anche la Chiesa ha gli occhi aperti, vede e considera con
amorosa e trepidante vigilanza il grande fenomeno dell’agitazione
giovanile, ed ha nel cuore molte cose da dire e da fare a questo
riguardo.
UNA MISSIONE DA COMPIERE
In questo momento, tutto preso dalla celebrazione del mistero
pasquale, e ora tutto impegnato nella rievocazione del fatto
evangelico, che voi ben conoscete, quello dell’ingresso clamoroso e
festante di Gesù in Gerusalemme, in mezzo al tripudio della immensa
turba, convenuta nella santa Città per la ricorrenza pasquale, che
lo acclama Figlio di David (Matth. 21, 9), e Re d’Israele
(Io. 12, 13), cioè il Messia, il Personaggio misterioso,
preannunciato dai Profeti, atteso da secoli, rivestito
dell’autorità e della potenza di svelare e realizzare i prodigiosi
destini del popolo eletto, in questo momento, diciamo, che ha anche
per noi qualche segreto da svelare, qualche evento da annunciare,
qualche rinnovamento da inaugurare, un pensiero solo Noi vi
comunichiamo. Un pensiero, in cui condensiamo tante Nostre
riflessioni, un pensiero, che pare a Noi avere calore profetico, e
che riguarda tutti i credenti, ma voi, voi giovani, specialmente.
Ascoltateci bene. Il pensiero è questo: tocca ai giovani, oggi,
rivelare al mondo che Cristo, il Cristo vero, il Cristo sempre
vivente nella Chiesa che lo predica, lo personifica, lo comunica,
Cristo, affermiamo, è il Salvatore del mondo.
Tocca ai giovani, a voi, figli e amici carissimi. Voi avete una
missione. Voi avete una funzione da compiere in questa nostra
società, così esuberante di ricchezze, di energie, di meraviglie,
ma anche così disorientata circa i veri e insurrogabili fini da
perseguire, così fiera e così malcontenta di sé; così colta e
intelligente e così corrosa dal dubbio e così cieca sulle vie buone
della sua felicità; così organizzata e così minacciata dalla sua
stessa organizzazione; così piena di attese e di ansie, e in fondo
così sfiduciata e scettica e disperata; così raffinata in ogni .sua
manifestazione e insieme così passionale e corrotta. Voi, diciamo,
figli del nostro tempo, sensibilissimi al suo linguaggio, al suo
genio, al suo spirito; ma puri, Noi pensiamo, dalle sue
contaminazioni; voi adolescenti, voi giovani maturi, prodigiosamente
belli, deliziosamente intatti, volutamente semplici, logici,
diritti; voi fisicamente e moralmente forti, voi giocondi e vivaci,
voi liberi e docili; voi, non insofferenti, ma accoglienti della
saggezza delle vostre famiglie; voi cresciuti nella fede e nella
preghiera; voi, in una parola, alunni di Cristo. Sì, voi avete
la missione di annunciare al nostro mondo di oggi il Messia vero, il
Cristo autentico, il Salvatore insostituibile. Voi dovete mostrare
agli uomini del nostro tempo il volto luminoso di Gesù, luminoso per
il mistero profondo della sua reale divinità e per il mistero evidente
della sua incomparabile umanità. È il volto del Figlio di Dio, è
il volto del Figlio dell’uomo. È il prototipo dell’umanità; è il
Maestro, il Fratello, è il condottiero; è il Profeta di cui
ancora tutti possiamo fidarci; e poi, per un tragico e dolcissimo
dramma, da cui non possiamo sottrarci, Lui è l’uomo del dolore,
Lui la vittima d’ogni nequizia umana; Lui il Redentore; Lui,
l’Amore che si è sacrificato innocente; Lui la Vita in sé, Lui
la morte per noi; e, diciamo l’ultima parola, Lui il Risorto per
la nostra salvezza: «propter iustificationem nostram» (Rom. 4,
25).
Ma voi Ci direte: questo messaggio è quello riservato agli
apostoli, ai ministri del Vangelo, ai maestri della Chiesa. Sì,
questo è il loro ufficio specifico, il loro ministero. Ma oggi, ma
ora, questo è anche il vostro messaggio! Questa è la novità del
nostro tempo; questo è l’indice della primavera dell’età presente;
questo è l’atto di fiducia che la Chiesa fa al Laicato cattolico,
fa a voi giovani specialmente! Ricordate il Concilio: «I giovani
esercitano un influsso di somma importanza nella società odierna . .
. L’accresciuto loro peso nella società esige da essi una
corrispondente attività apostolica . . . Anche i fanciulli hanno
una loro propria attività apostolica» (Apostolicam actuositatem,
n. 12).
TESTIMONIANZA CRISTIANA
E Ci direte ancora: ma come facciamo noi a compiere una missione
così delicata, così difficile, così impopolare? Sì, avete
ragione di avvertire la difficoltà della testimonianza cristiana nella
nostra società. Ma ascoltateci ancora. A voi giovani piacciono le
cose facili, o le cose difficili? La vostra simpatia va verso i
deboli, i paurosi, gli opportunisti, i vili; ovvero va verso i
forti, i coraggiosi, gli eroi? Volete che la vostra vocazione
cristiana oggi vi educhi timidi, imbelli, egoisti, ovvero pieni di
cosciente energia, di amoroso ardimento? Non è stata forse una
lacuna di certa educazione che ha scambiato la bontà con la debolezza,
la pietà con il rispetto umano, la fede cristiana con l’interesse
privato?
E poi: che cosa vi si chiede? miracoli? azioni stravaganti e
strepitose? No, vi si chiede d’essere quello che siete: giovani e
cattolici. Lo diremo con un autore tedesco: «Cristiano, sii
cristiano». Ma vero, ma autentico, ma dinamico, ma pieno di
ardore, di fantasia, di amore. Cioè di quella giovanilità
cristiana, che la Chiesa, da un secolo, sta suscitando,
reclutando, benedicendo.
Ed ancora; e così concludiamo. La testimonianza cristiana, quella
di cui stiamo parlando, è un atto personale. Deve partire dal
fondo, libero e cosciente, del proprio cuore. Ma è insieme un fatto
collettivo. Non siete soli. Siete uniti. Siete molti. E di più
siete amici, siete concordi. Voi fate coro, fate schiera. E con
voi è la Chiesa: con le sue associazioni, con il suo senso
comunitario, con la sua amorosa assistenza.
È Cristo Signore, che ispira la vostra solidale affermazione, e che
certamente, come già nel Vangelo, gode del vostro corale e profetico
omaggio. Esso non risparmierà forse a Cristo, ancor oggi, il
dramma della sua sempre incombente passione; ma così saprà il mondo,
per sua condanna e per sua speranza, che essa, la passione di
Cristo, è quella del nostro comune e insurrogabile Salvatore.
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