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Domenica, 7 aprile 1968
IL RICONOSCIMENTO PUBBLICO E POPOLARE
DI GESÙ
A Voi giovani, specialmente, si rivolge ora la Nostra parola, per
salutarvi, per ringraziarvi della vostra presenza a questa
celebrazione, a cui siete particolarmente interessati, perché è da
credere che a suscitare entusiasmo e ad esprimerlo con gesti e con grida
festanti, per l’ingresso messianico di Gesù in Gerusalemme furono
più d’ogni altro i giovani, i «pueri hebraeorum» , come interpreta
la liturgia odierna. Voi sapete qual è il fatto evangelico, del
quale ora facciamo memoria: è il riconoscimento pubblico e popolare di
Gesù, come il Cristo, come Messia, come inviato da Dio; Colui
nella cui persona si compivano finalmente le attese secolari del popolo
ebreo; Colui che realizzava nella sua missione le profezie e che
inaugurava l’età della salvezza e della gloria per la sua gente e per
il mondo; il regno di Dio finalmente. Due circostanze devono essere
notate; l’affluenza enorme di popolo a Gerusalemme per la prossima
ricorrenza della Pasqua ebraica, la quale richiamava alla città,
centro e simbolo dei destini d’Israele, pellegrini da tutta la
Palestina e molti anche da più lontano; e, seconda circostanza,
l’inimicizia dei capi Giudei, ormai estrema e decisa a tutto, anche
all’uccisione, come appunto avvenne, del giovane e insopportabile
Profeta di Galilea.
OSANNA VIBRANTE ALL'ATTESO MESSIA
Gesù sempre schivo d’ogni segno d’onore, quella volta non si oppose
alla pubblica esaltazione, anzi predispose Lui stesso l’incontro con
la folla acclamante, nell’umile forma che ricordate, cavalcando un
asinello, che, per modesto che fosse, metteva tuttavia in rilievo il
misterioso Maestro, al quale le acclamazioni del popolo, dei giovani
e dei ragazzi specialmente, tributavano il titolo più alto che la
storia e la psicologia d’Israele di quel tempo potevano dare ad un
uomo, esaltandolo come il figlio di Davide, come il messaggero delle
fortune del popolo eletto, come l’inviato da Dio a compiere il
destino teocratico di quella gente fiera e infelice e sempre tutta viva
e fremente delle sue speranze. Rami di palme e d’ulivi sventolavano
per dare a quell’ora fatidica un aspetto di festa. Un trionfo
insomma, un umile trionfo, ma che voleva essere come la scintilla
dell’incendio messianico, che stava per scoppiare. Manifestazione
esteriore, improvvisata e superficiale, ma che rivelava qualche cosa
d’irrefrenabile e faceva pensare a qualche prossimo rivolgimento
profondo. Gesù stesso lo lasciò intuire, e volle che l’esplosione
dell’entusiasmo popolare non avesse freno; ed ancor più mostrò che
l’ora era piena di misterioso significato, quando, arrivando presso
le poderose mura della città santa, Egli cominciò a piangere,
profetizzandone la non lontana rovina. Ma prima della città, la
rovina avrebbe, dopo pochi giorni, abbattuto Lui, Gesù, che ben
sapeva quale supplizio lo attendeva, la Croce.
RIECHEGGIA NEL PAPA LA VOCE PERENNE DEL
SALVATORE
Ma ora fermiamo la nostra attenzione su questo avvenimento: Gesù
riconosciuto e acclamato Messia, il Cristo, dal suo popolo, e ciò
specialmente per le voci osannanti dei giovani. L’avvenimento si
ripete oggi nella celebrazione liturgica. Voi giovani diventate in
questo momento, insieme con la comunità dei fedeli, gli araldi di
Cristo. Voi perpetuate nel nostro tempo, nel nostro ambiente,
l’istante di gloria della regalità messianica del Signore Gesù.
Voi rinnovate l’atto di fede nella sua persona e nella sua missione.
Voi lo riconoscete Maestro dell’umanità, voi lo proclamate Profeta
dei destini del mondo, voi lo dichiarate Re divino nel quale
s’incentrano le sorti d’ogni uomo, ed intorno al quale si compone il
disegno totale della storia. Gesù è la Verità dell’esistenza
umana, anzi è Lui stesso la Vita, il principio della nostra
salvezza, presente e futura.
Ci ascoltate, Figliuoli? Ci comprendete? Suona lontana per voi la
Nostra voce? Suona estranea, incomprensibile? Noi abbiamo, in
questo momento, un’ansia, un timore nel cuore: quella che la Nostra
voce sia Nostra, cioè sia la voce d’un minimo e vecchio vostro
compagno nel viaggio della vita, una voce che ripete cose passate e
ritenute inutili ormai; voce priva di quell’afflato profetico, in cui
non la Nostra, ma la voce viva e perenne di Cristo riecheggi fedele.
Noi vi invitiamo ad acclamare Gesù, il Cristo, il Signore
dell’umanità, il Salvatore del mondo. Temete voi, ascoltando il
Nostro invito, di perdere ciò di cui oggi voi siete estremamente
gelosi, la vostra libertà? Temete voi che, se il messaggio di
Cristo sorprende la vostra disponibilità, esso imponga, quasi di
sorpresa, sulle vostre spalle un’incomprensibile, un’incomportabile
Croce? Temete voi che, se quella voce incantevole di Gesù
penetrasse nell’interno delle vostre coscienze, spegnerebbe, come un
soffio la fiamma dell’amore, e vi lascerebbe soli e smarriti nella
ricerca del perduto colloquio con l’amicizia e con la società?
CON LA FEDELTÀ AL VANGELO SI DIVENTA
INTERIORMENTE LIBERI
Fate attenzione, Figli carissimi, e comprendete come ciò che Noi
vi chiediamo, l’acclamazione a Cristo, nell’atto stesso che
proclama la sua gloria diventa la vostra fortuna, la vostra felicità.
Voi inneggiate a Gesù Cristo, perché? Perché Egli è nostro
Salvatore; nostro liberatore, nostro allenatore alla grandezza
dell’eroismo e alla pienezza della nostra umanità; nostro maestro
della più vera, della più pura, della più beatificante simpatia
umana, cioè della carità. Un capovolgimento, sì, può prodursi
in voi, quando concediate voi stessi all’esaltazione di Cristo:
voi, giovani d’oggi - non lo vedete? - siete talora ammaliati da un
conformismo, che può diventare abituale, un conformismo che piega
inconsciamente la vostra libertà al dominio automatico di correnti
esterne di pensiero, di opinione, di sentimento, di azione, di
moda: e poi, così presi da un gregarismo che vi dà l’impressione
d’essere forti, diventate qualche volta ribelli in gruppo, in massa,
senza spesso sapere perché. Psicologia strana di buona parte della
gioventù d’oggi, che meriterebbe più paziente e acuta analisi di
quella che Noi ora possiamo fare; ma crediamo sostanzialmente non
errato questo sommario giudizio. Ma poi, se voi acquistate coscienza
di Cristo, e a Lui aderite, come voi sapete fare, con energia
totale, che cosa avviene in voi? Avviene che diventate interiormente
liberi «La verità - ha detto Gesù - vi libererà» (Io. 8,
32). Diventerete persone. Diventerete coscienti. Saprete
perché e per chi vivere. Avrete in voi stessi le ragioni supreme
dell’umana esistenza. Sarete sottratti alla suggestione di massa,
che oggi facilmente ottiene l’alienazione delle coscienze e impone ai
singoli uomini l’automatismo collettivo. E nello stesso tempo, cosa
meravigliosa, sentirete nascere in voi la scienza dell’amicizia,
della socialità, dell’amore. Non sarete degli isolati. Senza
spegnere la vostra inviolabile personalità, l’adesione a Cristo
v’insegnerà l’adesione ai fratelli, vi darà l’intelligenza dei
meriti e dei bisogni, per cui essi devono essere cercati, amati,
serviti. Una socialità superiore, quella della carità, nascerà in
voi; e non solo come ideologia, o come tentativo dilettante del
dialogo con gli altri, ma come imperativo interiore altresì di
bontà, di dedizione, di unione, di autentico amore.
LA PACE DI CRISTO PER GLI UOMINI DEL
NOSTRO TEMPO
Figli carissimi, che oggi siete accorsi a questo religioso convegno,
pensate un po’ dove esso avvenga: in Chiesa, nella Chiesa. Per
incontrare veramente, pienamente Gesù e in Lui riconoscere il
Cristo, degno d’essere acclamato come il realizzatore delle speranze
della umanità, qua bisogna venire; qui, dove il suo messaggio
risuona unico ed autentico; qui, dove la sua presenza morale, mistica
e sacramentale ancora a noi appare nell’umiltà delle sue forme
evangeliche, ma altresì nell’inequivocabile prestanza della sua
divina regalità.
E qui, voi fedeli tutti, voi giovani specialmente, acclamando a
Cristo Salvatore, agitando rami di palme e di ulivi, voi annunciate
la pace, la sua pace per l’umanità del nostro tempo, quella pace che
il mondo cerca e non trova, e non sa procurare a se stesso, e che solo
Gesù Cristo può dare (Io. 14, 27)! Beati voi, allora,
portatori di pace, perché COSI sarete chiamati figli di Dio
(Matth. 5, 9).
RICONCILIAZIONE SUPERAMENTO DELLE
LOTTE RAZZIALI DAL SACRIFICIO DI
INTREPIDO ARALDO DELLA FRATERNITÀ
Ed ora, Fratelli e Figli, Noi non possiamo esimerci dal menzionare
anche qui il triste ricordo che pesa sulla coscienza del mondo della
vile e atroce uccisione di Martin Luther King. Uniremo questo
ricordo a quello del tragico racconto della Passione di Cristo, che
adesso abbiamo ascoltato.
Noi abbiamo ricevuto in Udienza, anni fa, questo predicatore
cristiano della promozione umana e civile della sua gente negra in terra
americana. Sapevamo dell’ardore della sua propaganda; ed anche Noi
osammo allora raccomandargli che essa fosse senza violenza ed intesa a
stabilire fratellanza e cooperazione fra le due stirpi, la bianca e la
negra. Ed egli Ci assicurò che appunto il suo metodo di propaganda
non faceva uso di mezzi violenti, e che il suo intento era quello di
favorire relazioni pacifiche ed amichevoli tra i figli delle due razze.
Tanto più forte è perciò il Nostro rammarico per la sua tragica
morte, e tanto più viva è la Nostra deplorazione per questo
delitto. Siamo sicuri che voi, con tutta la comunità cattolica di
Roma e del mondo, condividete questi sentimenti. Come pure
certamente saranno da tutti condivisi i voti che questo sangue
spiritualmente prezioso Ci ispira: possa l’esecrando delitto assumere
valore di sacrificio; non odio, non vendetta, non nuovo abisso fra
cittadini d’una stessa grande e nobile terra si faccia più profondo,
ma un nuovo comune proposito di perdono, di pace, di riconciliazione
nell’eguaglianza di liberi e giusti diritti s’imponga alle ingiuste
discriminazioni e alle lotte presenti. Il Nostro dolore si fa più
grande e pauroso per le reazioni violente e disordinate, che il triste
fatto ha provocate; ma la Nostra speranza cresce altresì vedendo che
da ogni parte responsabile e dal cuore del popolo sano cresce il
desiderio e l’impegno di trarre dall’iniqua morte di Martin Luther
King un effettivo superamento delle lotte razziali e di stabilire leggi
e metodi di convivenza più conformi alla civiltà moderna e alla
fratellanza cristiana. Piangendo, sperando, Noi pregheremo
affinché così sia.
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