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Notte Santa, 24-25 dicembre 1968
PER CIASCUNO E PER TUTTI PADRE PASTORE
FRATELLO AMICO
Figli! Fratelli! Amici! Uomini sconosciuti e già da Noi amati
come reciprocamente legati - voi a Noi, Noi a voi - da una
parentela superiore a quella del sangue, del territorio, della
cultura; una parentela, ch’è una solidarietà di destini, una
comunione di fede, esistente o da suscitare, una unità misteriosa,
quella che ci fa cristiani, una sola cosa in Cristo!
Tutte le distanze sono superate, le differenze cadono, le diffidenze
e le riserve si sciolgono; siamo insieme, come se non fossimo
forestieri gli uni e gli altri; e questo specialmente con Noi,
proprio perché siamo vostri, come lo è il Papa per tutti, per i
cattolici, quali voi siete, specialmente: Padre, Pastore,
Maestro, Fratello, Amico! Per ciascuno, per tutti.
Così adesso pensateci! Così ascoltateci!
Siamo qua venuti per voi, Lavoratori! Per voi Lavoratori di questo
nuovo e colossale centro siderurgico; ed anche per gli altri delle
officine e dei cantieri di questa Città e di questa Regione; e
diciamo pure per tutti i Lavoratori dell’immenso e formidabile settore
dell’Industria moderna (e non dimentichiamo neppure i Lavoratori dei
campi, i Pescatori, gli Addetti ai cantieri navali, i Marinai, e
quelli d’ogni altro campo dell’attività umana: voi ora tutti li
rappresentate al Nostro sguardo).
Per voi, Lavoratori!
Ma prima che Noi vi parliamo, lasciateci essere cortesi e
riconoscenti con tutti coloro che qui Ci hanno accolto e permesso di
entrare. Noi Ci sentiamo obbligati a ringraziare le Autorità civili
e militari, i Promotori e i Dirigenti di questa gigantesca impresa;
così l’Arcivescovo e quanti spiritualmente e socialmente vi
assistono; le vostre Rappresentanze; ed anche le vostre Famiglie, i
vostri Figli, tutta la Popolazione di questa Città e di questa
Regione. A tutti il Nostro saluto, il Nostro augurio ed anche la
Nostra Benedizione. Il Natale riempie il cuore di voti buoni e
felici per tutti.
AGLI OPERAI IL MESSAGGIO DI
RINNOVAZIONE E DI SPERANZA DEL
REDENTORE DEL MONDO
Ma ora a voi, Lavoratori, che cosa diremo nel breve momento concesso
a questo nostro rapido incontro?
Vi parliamo col cuore. Vi diremo una cosa semplicissima, ma piena di
significato. Ed è questa: Noi facciamo fatica a parlarvi. Noi
avvertiamo la difficoltà a farci capire da voi. O Noi forse non vi
comprendiamo abbastanza? Sta il fatto che il discorso è per Noi
abbastanza difficile. Ci sembra che tra voi e Noi non ci sia un
linguaggio comune. Voi siete immersi in un mondo, che è estraneo al
mondo in cui noi, uomini di Chiesa, invece viviamo. Voi pensate e
lavorate in una maniera tanto diversa da quella in cui pensa ed opera la
Chiesa! Vi dicevamo, salutandovi, che siamo fratelli ed amici: ma
è poi vero in realtà? Perché noi tutti avvertiamo questo fatto
evidente: il lavoro e la religione, nel nostro mondo moderno, sono
due cose separate, staccate, tante volte anche opposte. Una volta
non era così. (Anni fa Noi parlammo di questo fenomeno a
Torino). Ma questa separazione, questa reciproca incomprensione non
ha ragione di essere. Non è questo il momento di spiegarvi perché.
Ma per ora vi basti il fatto che Noi, proprio come Papa della
Chiesa cattolica, come misero, ma autentico rappresentante di quel
Cristo, della cui Natività noi questa notte celebriamo la memoria,
anzi Ia spirituale rinnovazione, siamo venuti qua fra voi per dirvi
che questa separazione fra il vostro mondo del lavoro e quello
religioso, quello cristiano, non esiste, o meglio non deve esistere.
Ripeteremo ancora una volta da questo centro siderurgico, che
consideriamo ora espressione tipica del lavoro moderno, portato alle
sue più alte manifestazioni industriali, d’ingegno, di scienza, di
tecnica, di dimensioni economiche, di finalità sociali, che il
messaggio cristiano non gli è estraneo, non gli è rifiutato; anzi
diremo che quanto più l’opera umana qui si afferma nelle sue
dimensioni di progresso scientifico, di potenza, di forza, di
organizzazione, di utilità, di meraviglia - di modernità insomma -
tanto più merita e reclama che Gesù, l’operaio profeta, il maestro
e l’amico dell’umanità, il Salvatore del mondo, il Verbo di
Dio, che si incarna nella nostra umana natura, l’Uomo del dolore e
dell’amore, il Messia misterioso e arbitro della storia, annunci
qui, e di qui al mondo, il suo messaggio di rinnovazione e di
speranza.
LE CONQUISTE DELL’UMANITÀ SONO
CONFERMA DELLA GRANDEZZA E
DELL’INEFFABILE DISEGNO DI DIO
Lavoratori, che Ci ascoltate: Gesù, il Cristo, è per voi!
Ricordate e meditate: il Cristo del Vangelo, quello che la Chiesa
cattolica vi presenta e vi offre, è per voi! Questa notte è con
voi!
Non abbiate timore che questa presenza, questa alleanza, vissuta
nella fede e nel costume, voglia mutare l’aspetto, la finalità,
l’ordinamento d’un’impresa come questa, e d’altre simili; voglia
cioè, come volgarmente si dice, clericalizzare il lavoro moderno
dell’uomo, ovvero frenare la sua espansione, opporre la finalità
religiosa della vita allo sviluppo dell’attività umana, il Vangelo
al progresso scientifico, tecnico, economico e sociale.
Voi avete certamente sentito parlare del recente Concilio, nel quale
la Chiesa ha espresso e precisato il suo pensiero a riguardo dei suoi
rapporti col mondo contemporaneo. Ecco che cosa dice il Concilio:
«I cristiani . . . non solo non pensano di contrapporre le
conquiste dell’ingegno e dell’abilità dell’uomo alla potenza di
Dio, quasi che la creatura razionale sia rivale del Creatore; ma,
al contrario, essi - i cristiani - sono piuttosto persuasi che le
conquiste dell’umanità sono segno della grandezza di Dio e frutto
d’un suo ineffabile disegno. E quanto più cresce la potenza degli
uomini, tanto più si estende e si allarga la loro responsabilità
individuale e collettiva» (Gaudium et spes, n. 34).
Questo vale per chi pone a confronto il cristianesimo con l’umanesimo
del lavoro moderno; e vale specialmente per chi infonde in questo
lavoro le risorse della scienza, della tecnica, dell’organizzazione
industriale, e produce opere ciclopiche e perfette come quella in cui
ci troviamo, ovvero domina in tal modo le leggi e le forze della natura
da aprire agli ardimenti dell’uomo imprese impensabili e meravigliose,
come quella che proprio durante questa notte porta tre uomini a girare
nello spazio celeste intorno alla Luna. Onore ai pionieri
dell’espansione dell’intelligenza e dell’attività dell’uomo! E
gloria a Dio che sul volto dell’uomo irradia la sua luce e imprime
alle facoltà umane la regale potestà di dominare le creature che lo
circondano (cfr. Gen. 1, 20 ss.; cfr. S. IRENEO,
Gloria Dei vivens homo).
È questo un pensiero, un principio, che dovrà sempre più diventare
sorgente di meditazione per l’uomo moderno, e suscitare in lui non
l’orgoglio e la tragedia di Prometeo, ma quel sentimento primordiale
e dinamico di simpatia e di fiducia verso la natura, di cui siamo parte
e in cui siamo esploratori (cfr. EINSTEIN, Cosmic
Religion, New York, 1931, 52-53); sentimento che si
chiama meraviglia - sentimento di gioventù e d’intelligenza -, e
che passando dall’osservazione incantata delle cose alla ricerca
suprema della loro origine diventa scoperta del mistero, diventa
adorazione, diventa preghiera.
Cari Lavoratori! sono parole difficili? No; sono parole
consolanti, e proprio per voi, che vivete in questo quadro, che
sembra a prima vista un enigma formidabile, un intreccio di macchine e
di energie incomprensibile, un regno della materia che dispiega certi
suoi segreti, che voi trasformate con una lotta tremenda e abilissima
in elemento utile ad altri lavori, perché sia poi utile al servizio e
al bisogno dell’uomo. Voi avete davanti una visione estremamente
realista, ma non materialista. Voi sapete come trattare la materia,
che sembra ingrata e refrattaria ad ogni tentativo dell’arte umana;
sapete trattarla e dominarla, perché, da un lato, siete diventati
così intelligenti, voi e chi vi dirige, da scoprire le leggi nuove
del mestiere umano, cioè dell’arte di dominare le cose, e, d’altro
lato, avete scoperto, voi e i vostri maestri, le leggi nascoste nelle
cose stesse: le leggi? Che cosa sono le leggi, se non pensieri?
Pensieri nascosti nelle cose, pensieri imperativi che non solo le
definiscono con i nostri nomi comuni, ferro, fuoco, o altro, ma che
danno ad esse un loro essere particolare, un essere che da sé, è
evidente, le cose non sanno darsi, un essere ricevuto, un essere che
diciamo creato. Voi incontrate ad ogni fase del vostro immane lavoro
questo essere creato, che VUOI dire pensato. Pensato da Chi?
Voi, senza accorgervi, estraete dalle cose una risposta, una
parola, una legge, un pensiero, ch’è dentro le cose; un pensiero
che, a ben riflettere, ci porta a rintracciare la mano, la potenza,
che diciamo?, la presenza, immanente e trascendente, cioè li dentro
e li sopra, d’uno Spirito Pensante e Onnipotente, al quale siamo
abituati a dare il nome, che ora Ci trema sulle labbra, il nome
misterioso di Dio.
LAVORO E PREGHIERA HANNO UNA RADICE
COMUNE ANCHE SE ESPRESSIONE DIVERSA
Cioè, cioè, cari Lavoratori! voi vedete come quando lavorate in
questa officina è, in certo senso, come se foste in Chiesa; voi,
senza pensarvi, voi qui venite a contatto con l’opera, col pensiero,
con la presenza di Dio. Voi vedete come lavoro e preghiera hanno una
radice comune, anche se espressione diversa. Voi, se siete
intelligenti, se siete veri uomini, potete e dovete essere religiosi,
qui, nei vostri immensi padiglioni del lavoro terrestre, senza altro
fare che amare, pensare, ammirare il vostro faticoso lavoro.
Abbiamo detto faticoso; cioè abbiamo riconosciuto l’aspetto umano
dell’opera vostra. Qui due mondi s’incontrano: la materia e
l’uomo; la macchina, lo strumento, la struttura industriale da una
parte, la mano, la fatica, la condizione di vita del lavoratore
dall’altra. Il primo mondo, quello della materia, ha una sua
segreta rivelazione spirituale e divina, Noi dicevamo, da fare a chi
la sa cogliere; ma quest’altro mondo, che è l’uomo, impegnato nel
lavoro, carico di fatica, e pieno lui stesso di sentimenti, di
pensieri, di bisogni, di stanchezza, di dolore, quale sorte trova
qui dentro? Qual è, in altri termini, la condizione del Lavoratore
impegnato nell’organizzazione industriale? sarà macchina anche lui?
puro strumento che vende la propria fatica per avere un pane, un pane
da vivere; perché prima e dopo tutto, la vita è la cosa più
importante d’ogni altra; l’uomo vale più della macchina e più della
sua produzione. Sappiamo bene tutte queste cose, le quali hanno
assunto, nel tempo passato e ancora assumono, nel tempo nostro, una
importanza nuova, immensa, predominante; e hanno avuto la loro
espressione in quel complesso di problemi e di lotte, che chiamiamo la
questione sociale. Tutti sanno quali sono stati i fenomeni culturali,
storici, sociali, economici, politici, nei quali la questione
sociale si è posta e si pone. Non è in questo momento che se ne
vuole parlare.
In questo momento a Noi, e certo a voi, preme di risolvere con
qualche risposta, sia pure molto sommaria, l’obbiezione che Noi
stessi abbiamo sollevato entrando qua dentro; e cioè: che cosa fa .
il messaggero del Vangelo qua dentro? che cosa può dire il
rappresentante di Cristo a questo vostro mondo del lavoro moderno? a
voi, specialmente, lavoratori delle braccia, datori di quella fatica
fisica, umile ed estenuante, che ancora nessuna macchina vale a
sostituire?
Cari Lavoratori! sotto questo aspetto, quello umano, la Nostra
parola diventa più facile, e quasi Ci erompe dal cuore perché Ci
sembra di leggerla nel vostro cuore. Che cosa avete nel cuore? siete
uomini: siete per questo felici? avete tutto quello che vi spetta come
uomini e che voi profondamente desiderate? Questo certamente non può
del tutto verificarsi; non lo è per alcuno; non lo è, forse tanto
meno, per voi. Ciascuno porta in fondo al suo animo una sofferenza:
siete miseri? siete veramente liberi? siete affamati di giustizia e di
dignità? siete desiderosi di salute? bisognosi di amore? Avete nel
cuore sentimenti di rancore e di odio? avete ansia di vendetta e di
ribellione? Dov’è per voi la pace, la fratellanza, la
solidarietà, l’amicizia, la lealtà, la bontà? dentro e fuori di
voi?
LA CHIESA VI CONOSCE VI INTERPRETA VI
DIFENDE IN PIENA GIUSTIZIA
Noi vi diremo una cosa, che dovrete ricordare: noi vi comprendiamo.
Dicendo noi, diciamo la Chiesa. Sì, la Chiesa, come una madre,
vi comprende. Non dite e non pensate mai che la Chiesa sia cieca ai
vostri bisogni, sorda alle vostre voci. Ancora prima che voi abbiate
coscienza di voi stessi, delle vostre condizioni reali, totali e
profonde, la Chiesa vi conosce, vi studia, vi interpreta, vi
difende. Anche più che voi talvolta non pensiate. Che direste se
noi, la Chiesa, ci limitassimo a conoscere le passioni che hanno
agitato in tanti modi le classi lavoratrici? Che cosa moveva queste
passioni? Il desiderio, il bisogno di giustizia. La Chiesa non
condivide le passioni classiste, quando queste esplodono in sentimenti
di odio e in gesti di violenza; ma la Chiesa riconosce, sì, il
bisogno di giustizia del popolo onesto, e lo difende, come può, e lo
promuove. E badate bene: non di solo pane vive l’uomo, dice la
Chiesa ripetendo le parole di Cristo; non di sola giustizia
economica, di salario, di qualche benessere materiale, ha bisogno il
Lavoratore, ma di giustizia civile e sociale. Ancora per questa
rivendicazione la Chiesa vi comprende e vi aiuta. E di più: voi
avete altri bisogni e altri diritti; a tutelare i quali la Chiesa
molto spesso rimane l’unica vostra avvocata; i bisogni e i diritti
dello spirito, quelli propri di figli di Dio, quelli di cittadini del
regno delle anime, chiamate ai veri e superiori destini della pienezza
della vera vita presente e di quella futura. Non siete voi elevati a
questa eguaglianza, che supera ogni dislivello sociale? Anzi non
siete fra tutti i preferiti del Vangelo, voi se piccoli, voi se
poveri, voi se sofferenti, voi se oppressi, voi se assetati di
giustizia, voi se capaci di gioia vera e di amore vero?
La Chiesa questo pensa e dice di voi e per voi. Ed è chiaro il
perché. Perché la Chiesa è la continuazione di Cristo. La
Chiesa è il tramite che porta attraverso i secoli e diffonde per tutta
la terra la Parola del Signore, anzi la presenza, avvertita solo da
chi crede, di Gesù, di quel Gesù, del quale questa notte
commemoriamo e in noi, spiritualmente, rinnoviamo la nascita.
REALTÀ NECESSARIA E SUBLIME: CRISTO È
PRESENTE FRA VOI
Dite una cosa: trovate strano, allora, trovate anacronista, trovate
nemico il messaggio del Vangelo qui dentro? non vi sono uomini vivi,
uomini sofferenti, uomini bisognosi di dignità, di pace, di amore
qui dentro, che non comprendono il pericolo d’essere ridotti ad esseri
di una «sola dimensione», quella di strumenti, e che non si
accorgono proprio qui (vogliamo dire nel cuore del mondo industriale in
grande stile), dove il pericolo di questa disumanizzazione è
maggiore, proprio qui il soffio del Vangelo, come ossigeno di vita
degna dell’uomo, è più che mai al suo posto, e la presenza umile e
amorosa di Cristo è più che mai necessaria?
Ecco, figli carissimi, perché qua siamo venuti. Siamo venuti per
voi. Siamo venuti, affinché la Nostra presenza vi dimostrasse la
presenza consolatrice, salvatrice di Cristo in mezzo al mondo
meraviglioso, ma vuoto di fede e di grazia, del lavoro moderno.
Siamo venuti per lanciare di qui, come uno squillo di tromba risonante
nel mondo, il beato annunzio del Natale all’umanità che sale, che
studia, che lavora, che fatica, che soffre, che piange e che spera;
e l’annuncio è quello degli Angeli di Bethleem: oggi è nato il
Salvatore vostro, Cristo Signore.
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