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Domenica, 1° maggio 1966
NEL QUADRO E NEI RIFLESSI DEL VANGELO
Eccoci a salutare il gruppo principale presente a questa celebrazione
del primo maggio, festa del lavoro e dei Lavoratori, assurta, per
disposizione del Papa Pio XII, di venerata memoria, Nostro
grande predecessore e promotore di idee e di movimenti per la elevazione
del popolo lavoratore, assurta a festa di San Giuseppe, artigiano e
lavoratore lui pure, e in quale quadro e con quali riflessi! Il
quadro del Vangelo, i riflessi, che attribuiscono a Cristo, a
Cristo stesso, la sua qualifica sociale: «Figlio del fabbro»
(Matth. 13, 55), la sua formazione umana, la sua professione
economica, prima di quella messianica, quella anzi in funzione
dispositiva e tipica di questa, a misteriosa e sconvolgente lezione sui
valori, sulle virtù, sui requisiti preferenziali del regno
messianico, offerto in primo luogo ai poveri, agli affaticati, agli
umili, ai bisognosi di giustizia e di pace.
Salutiamo dunque, con tutti i Lavoratori presenti, il gruppo degli
Aclisti romani, alla iniziativa dei quali dobbiamo questo religioso
incontro. Li salutiamo di cuore, e diciamo loro la Nostra
compiacenza per vederli così numerosi, così qualificati, così
organizzati, così coscienti del titolo che li distingue, di
Lavoratori cristiani. E profittiamo di questa occasione per
assicurarli della Nostra affezione; per incoraggiare il loro
movimento, che pensiamo sempre come provvida scuola di formazione al
concetto cristiano del lavoro, e come fermento di coscienza morale e
religiosa in seno alle varie categorie lavoratrici, a cui gli Aclisti
appartengono; per dire loro la Nostra comprensione a riguardo delle
difficoltà in cui si svolge la loro testimonianza cristiana, e dei
problemi concreti, economici e professionali, che impegnano i vari
settori operativi; per ringraziare i loro Assistenti ecclesiastici
dell’amicizia che loro dimostrano e del ministero che loro dispensano;
e per esortarli infine a perseverare con fedeltà e con fervore nella
scelta generosa, da loro fatta, d’essere quelli che sono,
Lavoratori cristiani.
STIMA E INTERESSE DELLA CHIESA
Noi abbiamo voluto, nei mesi scorsi, fare qualche visita personale ad
alcuni caratteristici campi di lavoro di questa Nostra diocesi di
Roma, per dimostrare con tali Nostre insolite apparizioni la stima e
l’interesse che la Chiesa, specialmente in questo periodo dopo il
Concilio, nutre sia per il lavoro moderno, per l’opera umana
ingigantita nella sua potenza, nella sua abilità, nella sua
organizzazione dalla meravigliosa tecnica scientifica in fase di sempre
nuovi e prodigiosi sviluppi; sia, ed ancor più, per i Lavoratori
del giorno d’oggi, che, inseriti nell'ingranaggio del lavoro
industriale, sono esposti alle più esaltanti e insieme più pericolose
conseguenze, sia sociali, che economiche, morali e religiose, che
tutti conosciamo. Stima e interesse, che si estendono a tutti i più
vasti ed i più vari campi di lavoro e di Lavoratori, e che, in
questa festa dell’umile e grande loro Protettore ed esempio, S.
Giuseppe, designato dalla Chiesa, e precostituito dal Vangelo
stesso, al culto e alla fiducia dell’umanità impegnata nella fatica
trasformatrice delle cose in beni utili alla vita, Noi rinnoviamo ed
annunciamo, nel sentimento e nel voto della progrediente giustizia,
della libertà ordinata e fraterna, della pace delle coscienze, degli
ordinamenti sociali, dei popoli fra loro, e finalmente nella
affermazione di quei superiori valori spirituali, che soli possono dare
consistenza e pienezza ad ogni altra umana, temporale conquista.
Siate voi, carissimi Lavoratori cristiani qui presenti, messaggeri
di questi Nostri affettuosi ed augurali pensieri a tutti i vostri
colleghi di lavoro.
EVOLUZIONE SOSTENUTA ED ANIMATA DAI
PRINCIPII CRISTIANI
Questo diciamo tanto più volentieri a voi, Aclisti romani, perché
vi sappiamo convinti e fiduciosi della sincerità e dell’efficacia
proprie dell’assistenza che la Chiesa offre alle classi lavoratrici in
quest’ora importantissima per esse, e non meno per la Chiesa;
perché la grande evoluzione, ch’è in corso nella società moderna,
raggiungerà fini realmente benefici e duraturi per l’uomo - per
l’uomo artefice, protagonista, spettatore, vittima o vincitore del
medesimo processo evolutivo -, se tale evoluzione sarà sostenuta ed
animata da principii, da dottrine, da energie, che soltanto il
cristianesimo può suggerire ed infondere. Sembra esagerata, sembra
utopistica questa affermazione; ma siamo sicuri che essa è vera; la
fede la proclama, la ragione la conferma, la storia la prova, la
coscienza la sente e anche la scienza alla fine la scopre.
POSSENTE AZIONE DELINEATA DAL CONCILIO
Donde: dovere impellente per la Chiesa di offrire al mondo i tesori
di verità, i servizi di carità, i carismi di grazia e di preghiera,
di cui ella è depositaria e tuttora idonea ad un’effusione originale
ed espressa, sì, in termini autentici e perciò soprannaturali, ma
umanissimi, e cavati, si direbbe, da quel cuore umano medesimo, a
cui sono diretti, tanta è la omogeneità, - l’incarnazione - del
messaggio cristiano con lo spirito umano. Dovere, figli carissimi,
che attende da voi libera e virile collaborazione: come potrebbe la
Chiesa far giungere questo suo messaggio di salvezza nello sconfinato e
complicato campo del lavoro, se non trovasse in voi, ed in altri come
voi alfieri del nome cristiano, la schiera massiccia, ovvero i singoli
testimoni capillari, che assumono per sé la missione apostolica della
diffusione di tale messaggio, rendendola con la parola, con
l’esempio, connaturata all’ambiente a cui è destinata? Si è
detto, a ragione, che il Lavoratore deve essere l’apostolo del
Lavoratore, e che il mondo del lavoro deve trovare nell’interno
stesso della sua area spirituale e professionale i suoi capi morali, i
suoi maestri, le sue guide. La Chiesa, in certa misura, quella
misura che è chiamata apostolato d’ambiente, ammette, anzi promuove
questa forma di espansione del suo messaggio; ed oggi più che mai,
forte della parola del Concilio, ella invita i Laici ad assumere per
sé questa funzione evangelizzatrice, altissima, degnissima, non
disgiunta dalle cure temporali, bensì ad esse congiunta e quasi
compenetrata. Grandi e molte parole ha detto il Concilio a questo
riguardo: sarà bene conoscerle e sarà bene sentirne lo stimolo nuovo
e potente ad un’azione spiritualizzata del mondo profano, perché da
tale azione dipende in gran parte l’esito felice dello sforzo in corso
verso una civiltà di’autentico benessere umano.
Questo vi dica, cari Lavoratori intelligenti e volonterosi, come la
qualifica di «cristiani», che vi definisce, non è un pleonasmo
decorativo, e non incidente sulla vostra coscienza, sulla vostra
concezione della vita, e sulla vostra attività; né tanto meno una
catena al piede, che frena e limita la vostra efficienza operativa, e
neppure un titolo che autorizza ed immunizza collusioni, che annullino
le sue proprie esigenze di pensiero e di azione; ma è qualifica quella
di «cristiani», che dà a coloro che la portano con franchezza e con
semplicità un fermento profondo negli animi, uno stimolo vivace nelle
coscienze, uno stile superiore in tutto il comportamento personale e
collettivo, privato e sociale, che marca un carattere, che infonde
uno spirito, che scolpisce una vita.
LA NOBILTÀ, L’IMPEGNO, L’APOSTOLATO
NEL NOME DI CRISTO
Ci compiacciamo con voi che tutto questo capite e professate;
incoraggiamo le vostre iniziative, che vi portano di tanto in tanto a
pause di rifornimento interiore, nei «Ritiri Operai», o nei vostri
convegni di preghiera e di studio; vi diamo volentieri il Nostro
plauso per la fedeltà, per la fermezza, per la coerenza, con cui vi
professate Lavoratori cristiani; vi raccomandiamo ancora di onorare
codesto degnissimo nome con un corrispondente spirito sociale, che vi
dia sana e vigilante sensibilità dei vostri problemi del lavoro; vi
renda abili, forti e leali, e sempre comprensivi del bene comune,
nella tutela dei vostri interessi; capaci d’essere per tutti i vostri
colleghi amici sinceri e sereni, ma non mai satelliti di altrui errate
ideologie e di altrui metodi riprovevoli e in fondo antisociali.
Noi portiamo sempre nella memoria e nel cuore l’immagine di alcuni fra
voi, veri tipi di Lavoratori cristiani, dalle braccia forti e
impegnate in una rude e onesta fatica e dal cuore schietto; tipi che
sanno che cos’è la sincerità, il dovere, il sacrificio necessario,
l’amore vero, l’allegria sana, la vita buona, tipi dall’anima
semplice e grande, che sentono il bisogno e la forza della fede, della
preghiera, di Cristo; e che quando li incontriamo Noi possiamo
guardarli in viso, come se già li conoscessimo, come amici di antica
data, come silenziosi, ma poderosi costruttori della società e dei
suoi complicati servizi. Sono muratori, sono minatori, sono
tranvieri e ferrovieri, sono contadini, sono meccanici, sono
netturbini, sono operai, sono tipografi, sono autisti, sono
impiegati, sono lavoratori e sono lavoratrici in una parola: uomini
veri e bravi cristiani. Ma forse non siete voi tutti così? Quale
bellezza umana autentica! San Giuseppe, certo, vi guarda contento
dall’alto, e vi protegge. Noi di cuore tutti vi benediciamo.
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