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Domenica, 8 ottobre 1967
FELICITAZIONI ALLA INSIGNE FAMIGLIA
BENEDETTINA
Terminata felicemente la lunga procedura della beatificazione di Maria
Fortunata Viti, e conclusa ora la sacra cerimonia, nella quale
abbiamo per ciò reso grazie a Dio e tributato onore a questa sua
Figlia della Chiesa celeste, Noi esprimeremo le Nostre
felicitazioni alla famiglia religiosa che l’ha educata alla santità
nella Chiesa terrena, a quella famiglia benedettina, che è stata
«scuola del divino servizio», per tanti secoli e per innumerevoli
anime, tanto nel ramo maschile, che in quello femminile, e che oggi
si allieta di annoverare fra le schiere delle anime elette,
riconosciute degne dell’eterno premio, questa umile sua alunna, la
quale testimonia col silenzioso suffragio delle virtù cristiane
professate in grado eminente la perenne fecondità del grande albero,
piantato da San Benedetto, e valido sempre a ornarsi di nuovi fiori e
di nuovi frutti nelle stagioni tempestose della storia, quando dalla
primitiva radice attinge con fedeltà la sua linfa evangelica.
LA NUOVA GLORIA DEL LAZIO E DELLE
REGIONI CIRCOSTANTI
Ci congratuliamo con tutto l’ordine benedettino, che vediamo qui
rappresentato in maniera tanto cospicua; e volgiamo in augurio per la
sua stabilità, per il suo incremento, per la sua santificazione il
gaudio che Noi stessi proviamo nel riconoscergli il merito d’aver dato
al mondo un nuovo saggio della sua tipica santità. Cosi vogliamo
felicitarci col monastero delle Benedettine di Veroli, che ebbe la
fortuna d’aver membro della sua pia ed austera comunità la nuova
Beata, per oltre settanta anni, e le fu ambiente fervoroso e raccolto
di formazione allo spirito religioso e di esercizio delle virtù
claustrali; e siamo sicuri che, auspice la protezione della gloriosa
sorella, gli esempi da lei lasciati avranno nel monastero di Santa
Maria de’ Franconi sempre fedele memoria e perpetua sequela. Ci è
parimente grato pensare che l’esultanza del monastero di Veroli
s’irradierà su tutte le Figlie di San Benedetto e di Santa
Scolastica nell’intera Chiesa di Dio, e conforterà quei propositi
di costanza nelle loro provate tradizioni e di rinnovamento
postconciliare di vita religiosa, dei quali Ci fu edificante
testimonianza l’incontro, che Noi avemmo con le Abbadesse e con le
Priore dei monasteri benedettini in Italia, nell’ottobre scorso.
Né vogliamo dimenticare nel coro di questa spirituale letizia la
diocesi di Veroli e Frosinone, il suo degno Pastore qui presente,
il suo Clero, i suoi Fedeli, e le vicine Abbazie celeberrime di
Montecassino e di Casamari; così pure tutta quella cara regione di
Ciociaria, con le sue Autorità civili, che vediamo qui degnamente
rappresentate, e la sua popolazione, che avemmo lo scorso anno la
soddisfazione di incontrare in una Nostra brevissima, ma
indimenticabile visita a quei luoghi illustri per memorie pontificie;
sì, esulti tutta la valle del Sacco e il sovrastante Abruzzo e la
vicina Campania per questo religioso avvenimento, che esaltando
all’onore degli altari una modesta, ma degna e singolare e autentica
donna di quella terra benedetta, ne rievoca la storia intessuta di fede
e di lavoro, ne personifica l’ingenua ed umana virtù, e ne impegna
la presente e le successive generazioni alla sua secolare e rifiorente
vocazione cristiana.
FISIONOMIA SPIRITUALE DELLA BEATA
Ed ecco che prima di sciogliere questa sacra riunione, la prima
celebrativa della nuova Beata, noi vorremmo riportarne nei cuori la
pia e dolce figura, non tanto nei suoi lineamenti sensibili, che,
sebbene a noi ignoti nella loro fisica immagine, ci è facile
immaginare simili a quelli di tante religiose raccolte e composte nella
loro severa uniforme, spiranti verginale candore e spirituale serenità
- tali, dicono i biografi, furono appunto le sembianze di Maria
Fortunata, velate insieme ed ornate di monastica povertà e di
deliziosa innocenza - quanto piuttosto ci piacerebbe definire a noi
stessi la fisionomia spirituale della Beata, e recarne con noi, in
sintesi, l’immagine agiografica, vista e compresa con un solo sguardo
nel suo aspetto caratteristico, a nostro stimolo e conforto, ed a
confronto con altre figure di anime sante, delle quali la Chiesa del
cielo possiede bellissima varietà.
Sarebbe allora questo il momento di tessere il panegirico di questa
nuova Beata; e la lineare uniformità della sua lunghissima vita
sembrerebbe tentarne la prova, con facilità, come se fosse subito
fatta. Ma non faremo questo panegirico; in primo luogo, perché una
sua qualsiasi fedeltà narrativa e una qualsiasi introspezione
psicologica di quella vita stessa Ci obbligherebbe a ben lunghe
dissertazioni: la vita di Madre Fortunata, quantunque contenuta
nello schema semplicissimo e disadorno d’una conversa in un monastero
di clausura, non è povera, non è monotona, non è priva di delicate
e complicate esperienze spirituali e di riferimenti quanto mai
istruttivi con i costumi e con gli avvenimenti del tempo suo. Vi
sarebbe infatti molto da dire. Ci compiacciamo con i biografi della
Beata che hanno saputo mettere in interessante rilievo la ricchezza
ascetica e mistica della sua povera vita. È nelle vostre mani il bel
volume che descrive il profilo agiografico della Beata Maria
Fortunata; ed è questa la seconda ragione che Ci dispensa dal
parlare più a lungo di lei; sarà utile per chiunque vorrà fare
migliore conoscenza della nuova Beata concedersi l’agio d’una
tranquilla lettura di quelle pagine edificanti.
NELLA UMILTÀ IL MOTIVO PRECIPUO DEL
TRIONFO
Ma ciò non Ci dispensa dal condensare in una sola parola questa
vita, questa santità, quasi per classificare sotto tale parola quanto
di lei si può dire; e la parola è umiltà. L’abbiamo espressa
anche nel Breve di beatificazione; e pare a Noi cogliere il lato più
vero di quella esistenza, come pure la ragione precipua della sua
presente glorificazione, la quale ad altro non mira che a mettere in
vista il riflesso della legge evangelica in quell’anima che di tale
riflesso ha fatto sua perfezione.
Umiltà: Maria Fortunata personifica questa virtù. La sua
grandezza è questa piccolezza. Siamo nel quadro del Magnificat; e
questo già dice il grado d’autenticità cristiana e di profondità
spirituale della perfezione propria di Maria Fortunata. L’umiltà
è il suo messaggio; il quale ci invita e quasi ci obbliga a ripensare
la paradossale esigenza della vita cristiana, fondata appunto sopra una
convinta coscienza della propria nullità e sopra l’applicazione
pratica di tale coscienza, sia nel giudizio personale che il cristiano
deve coltivare di sé, sia nel confronto depressivo (così
difficile!), ch’egli deve subire nella conversazione col prossimo,
e sia nel colloquio accusatore della propria miseria a cui la presenza
di Dio lo chiama, il colloquio della suprema sincerità e della
abissale necessità di divina misericordia. E che l’umiltà sia
reclamata da Cristo, come prima condizione dell’ammissione al suo
regno, non ha bisogno di prove; basti ricordare fra le tante, di cui
è pieno il Vangelo, la parola che sembra definire Maria Fortunata,
oggi rivelata prima fra gli ultimi: «Se non vi convertirete e se non
vi farete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli»
(Matth. 18, 3). Maria Fortunata è così; e questo spiega
com’ella abbia preferito il più basso livello nella stessa vita
religiosa, e come con vittoriosa naturalezza vi abbia svolto il suo
nascosto e soggetto programma di perfezione.
GLI INSEGNAMENTI DEL GRANDE PATRIARCA
DELLA VITA RELIGIOSA
San Benedetto le fu maestro. Tutti conoscono la celebre pagina della
sua regola monastica, dove parla dei gradi dell’umiltà (c.
VII); e dove a Noi pare scorgere la risposta alla gravissima
obiezione che contro l’umiltà solleva la coscienza dell’uomo, di
quello moderno in ispecie, che fa di se stesso vertice d’ogni valore e
parla della propria personalità come del tesoro più prezioso da
conquistare e da custodire; pagina, diciamo, dove si parla d’un
duplice movimento dell’anima che si fa alunna della scuola d’umiltà
cristiana: un movimento di discesa e un movimento di salita. San
Benedetto svolge la sua lezione ricordando la biblica scala di
Giacobbe: exaltatione descendere et humilitate ascendere; è il
duplice movimento spontaneo e trascinante dell’anima che viene a
contatto con Dio. L’umiltà è virtù fondamentalmente religiosa.
Chi viene a contatto con Dio è al tempo stesso sprofondato nella
avvertenza della metafisica realtà della propria piccolezza, della
propria miseria, della propria nullità; ed è insieme sollevato
all’inebriante e vertiginosa altezza della vicinanza di Dio e alla
illuminata coscienza dei doni ineffabili che da Lui ci derivano; così
che davvero «chi si umilia sarà esaltato, e chi si esalta sarà
umiliato» (Matth. 23, 12), e che nulla perde di ciò ch’è
vero, grande, unico nell’uomo che fa dell’umiltà evangelica la
filosofia del suo pensiero, la sapienza cristiana della sua vita; anzi
in tale umiltà scopre la vera gerarchia dei valori, e quasi
senz’avvedersene fa propri quelli che la bontà di Dio mette a sua
disposizione: è questo il tesoro degli umili, dove tutto è bello,
perché porta il divino riflesso, tutto è pieno di pace, di letizia,
di speranza, perché appunto agli umili questi doni superiori sono
rivelati ed offerti (cf. Matth. 11, 25). Maria Fortunata ci
si presenta appunto così; e sembra con quel suo sembiante soave e con
quelle sue misteriose parole: «Potenza e carità di Dio!»
introdurci nei sentieri aspri e veri e lieti della perfezione
evangelica. Diciamo ora a noi stessi la verità: un senso di
confusione, non forse di umiltà, ma piuttosto di umiliazione ci
sorprende: ella, sì, ha saputo «humilitate ascendere»; e a noi
resta di ammirare, invocare e, Dio voglia, imitare.
UNA SCHIERA DI ONORE LETIZIA SPERANZA
SANTITÀ
Ed a questo punto il Nostro sguardo, dalla visione della nuova
Beata, si allarga sulla schiera immensa delle Religiose cattoliche:
claustrali assorte nel canto della lode divina e suore affaccendate nei
più vari esercizi della carità, nelle scuole, negli ospedali, nelle
missioni, anche esse tutte coperte dal velo oscuro dell’anonima
umiltà e tutte protese nella ricerca dell’amor di Dio e del
prossimo, d’una sognata perfezione evangelica. Il loro nome è umile
sacrificio e fiammante amore; e tutte sembrano riflettere il sorriso,
la purezza, il coraggio, l’obbedienza, il lavoro, la pietà di
Maria Fortunata. Quante, quante sorelle seguono i tuoi. passi, o
Beata! Quanto quieto splendore inonda da loro sulla Chiesa! A
vedere il Popolo di Dio ingemmato da Te, o Beata Maria
Fortunata, e dal loro generoso dono a Cristo Gesù, la Tua
beatificazione, o Maria Fortunata, con la lunga schiera delle pie
seguaci, si fa nostra letizia, e con nuovo ardore, con nuova speranza
benediciamo il Signore.
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