|
Kololo (Uganda), 1° agosto 1969
Venerati Fratelli!
Figli carissimi!
Il Nostro discorso, inserito in questo solenne rito nel quale la
Liturgia della parola è già così piena ed eloquente, non pub essere
the molto breve. Ma Noi non vogliamo rinunciare al dovere di
rivolgere a questa assemblea straordinaria, ai Vescovi specialmente
ora consacrati, una Nostra parola, quale Ci nasce dal cuore.
La Nostra parola è estremamente semplice: ed è la parola
«coscienza».
L’avvenimento, ora compiuto, è tosi grande e misterioso che esige
un atto riflesso dei nostri spiriti; un atto, che potrà essere
prolungato ben oltre questa cerimonia, per tutta la vita, un atto di
coscienza. Anche nell’allocuzione liturgica, testé pronunciata,
Noi abbiamo esortato tutti i presenti: «sedulo attendite», pensate
attentamente, riflettete.
Ora, volendo restringere quasi «in nuce», in concetti brevi e densi
come semi, l’immenso significato dell’ordinazione episcopale, Noi
ripetiamo una consueta e duplice considerazione; una, che si svolge in
senso sacramentale, teologico, ineffabile e interiore, possiamo dire
(secondo la fraseologia moderna) in direzione verticale; l’altra
invece, in direzione orizzontale, cioè in senso ecclesiale,
pastorale, esteriore e sociale.
Che cosa è avvenuto mediante la imposizione delle mani e la formola
consacratoria? È avvenuto che questi nuovi eletti sono stati investiti
da una straordinaria effusione dello Spirito Santo. Una dignità
incomparabile (oh! ben più interiore, che esteriore) li ha
trasfigurati. Una formidabile potestà è stata loro conferita; una
virtù, che viene dall’alto e che in cielo è ratificata (cfr.
Luc. 24, 49; Io. 20, 23) è stata loro comunicata; una
nuova e più profonda assimilazione a Cristo ha impresso in loro una
superiore personalità (cfr. Luc. 10, 16; Gai. 2, 20,
Lumen Gentium, n. 21). Come abbiamo ora letto nel Libro
Pontificale Romano: nel Vescovo si trova in mezzo a noi il Signor
nostro Gesù Cristo. Insomma: è questa comunicata pienezza
dell’unico e sommo Sacerdozio di Cristo stesso, ormai propria del
Vescovo, che deve trattenere la nostra attenzione, la nostra
ammirazione, la nostra esultanza. È una grandezza, che confonde,
perché Dio solo ne è la causa (cfr. Luc. 1, 48), e perché
Dio dà a chi vuole, e sceglie di solito i più umili (1 Cor. 1,
27). Ma è grandezza che incute riverenza, e che nessuno può
impunemente disprezzare (cfr. Tit. 2, 15; Luc. 10,
16). Riconosciamo Cristo nel Vescovo e lodiamo il Signore.
Ma perché questa preferenza è data da Cristo al Vescovo? Noi lo
sappiamo (ed è questa la nostra seconda considerazione): Cristo ha
così favorito il Vescovo per farne un Apostolo. I Vescovi, è
noto, sono i successori degli Apostoli. E gli Apostoli, chi sono?
Sono coloro che il Signore ha scelto, ha separato, segregato in
ordine ad una missione in favore del popolo (Hebr. 5, 1). Sono
coloro, che Egli manda (cfr. Io. 15, 16; Mt. 19, 29;
Luc. 18, 29; Gal. 1, 15; Rom. 1, 1; Act. 13,
2). Apostolo vuol dire mandato. Gli Apostoli, e perciò i
Vescovi loro successori, sono i rappresentanti, o meglio i veicoli,
gli strumenti della carità di Cristo verso gli uomini. Il ministero
episcopale è segno e strumento di salvezza (cfr. Mt. 9, 38;
Luc. 6, 13; Io. 20, 21). Gli uomini nell’economia
ordinaria e divina della salvezza non si salvano da soli. La Chiesa
è il sacramento visibile dell’amore salvifico di Dio (cfr. Lumen
Gentium, n. 9). E il sacerdozio ministeriale è indispensabile
(ib. n. lo), ed ha nell’Episcopato la sua piena espressione.
Occorre infatti chi porta agli uomini la parola di Dio (Dei
Verbum, n. 10); occorre chi distribuisce ad essi i misteri della
grazia (cfr. 1 Cor. 4, l-2); occorre chi guida sulle vie del
Signore (cfr. Io. 21, 15; Lumen Gentium, nn.
19-20); occorre chi riunisce in Cristo mediante il Vangelo
(Rom. 10, 8; 1 Cor. 4, 1-2; Tit. 1, 7; 1 Petr.
4, 10; ecc.). Cioè i Vescovi sono ministri, sono servitori;
essi non sono per sé; sono per gli altri. Sono vostri, sono per
voi, Fedeli che Ci ascoltate! (cfr. Luc. 22, 26; Rom.
1, 14; Lumen Gentium, n. 20). Essi sono per la Chiesa.
Per la Chiesa i Vescovi hanno diritto e dovere di esercitare le
funzioni di Maestri, di Sacerdoti, di Pastori (cfr. 1 Petr.
4, 11; Pont. Rom. n. 18; Decr. Christus Dominus, nn.
12- 16). Sono per la Chiesa, e alla Chiesa offrono tutta la
loro vita (2 Cor. 12, 15).
Questo secondo aspetto dell’Episcopato, cioè la sua destinazione al
bene degli altri, la sua funzione pastorale, caritativa,
comunitaria, assume oggi una grande importanza. Perché questo
aspetto è visibile e sociale, e tutti lo vogliono vedere e giudicare.
Perché a voi, Fratelli, carissimi, Vescovi di Chiese giovani e
nascenti, la carità pastorale è domandata in grado superiore, che
non altrove. Voi dovete, si può dire, fondare le vostre Chiese
locali; voi dovete edificarle in modo analogo a quello che Gesù ha
detto a Pietro (Mt. 16, 16). Voi dovete cercare e chiamare
alla fede i nuovi cristiani, grande impresa, che incontra grandi
difficoltà di ogni genere, le quali esigono dal Vescovo, e dai suoi
collaboratori abnegazione, coraggio, costanza, sapienza,
sacrificio. E voi lavorate nella povertà, e spesso nella
contrarietà. E voi avete inesauribile cuore per i fanciulli, per i
giovani, per i poveri, per ogni sofferente.
Ed è con questa fatica pastorale che voi sperimentate le tre fasi
dell’apostolato missionario: l’evangelizzazione, o piantagione
(cfr. 1 Cor. 3, 6; ad Gentes, n. 6); la formazione e la
sua crescita (ib. nn. 15, 18, 19); e lo sviluppo del suo
carattere autoctono, cioè africano (ib. nn. 16, 22); con
l’aspirazione non solo ad una sua propria autosufficienza (ib. n.
15), ma altresì ad una sua capacità espansiva e missionaria (ib.
n. 20; cfr. art. di P. Masson, nel vol. L’Evêque dans
l’Eglise du Christ, p. 173).
Ed ecco allora sulle vostre spalle il peso d’innumerevoli doveri, di
responsabilità, di dolori! Voi dovete, Noi dicevamo, costruire la
Chiesa; ma possiamo aggiungere che, quasi per la natura del vostro
ministero, voi dovete anche prestare il vostro servizio per aiutare la
costruzione della società civile, sebbene liberi da impegni politici e
da interessi temporali. Perché voi dovete grandemente contribuire
all’educazione del Popolo, all’onestà dei suoi costumi, alla sua
istruzione progrediente, al suo lavoro secondo giusti criteri sociali,
al rispetto delle Autorità, alla fratellanza, alla pace; alla nuova
civiltà; come ieri dicevamo: africana e cristiana.
Grande ufficio! Confratelli carissimi e venerati, grande ufficio vi
è destinato; grande croce! è la croce salvatrice di Cristo. Oh!
portatela con immensa fiducia e immenso coraggio! Ve lo insegnano i
vostri Martiri! Ve ne dànno l’esempio i vostri grandi santi
Vescovi Africani, come Cipriano ed Agostino! Sono con voi i
valorosi Missionari, di ieri e di oggi, che hanno riaperto l’Africa
al Vangelo, e ne hanno fatto una nuova patria di Cristo; e siete
assistiti dalla solidarietà collegiale dei Fratelli Vescovi di questo
continente e della Chiesa cattolica intera! (cfr. 1 Petr. 5,
9).
E sappiate che è con voi la Nostra carità, con la Nostra
Benedizione Apostolica.
|
|