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Sabato, 1° gennaio 1972
Oggi, primo giorno dell’anno civile, parliamo di pace, celebriamo
la pace, perché la pace è il bene sommo della civiltà, e perché al
principio del nostro operare dobbiamo guardare al traguardo, al fine
ultimo al quale esso vuole giungere. Oggi è il giorno dei programmi,
il giorno dei propositi. Noi vogliamo essere padroni del tempo; lo
vogliamo spendere bene. Vogliamo dare un senso alla nostra vita. La
vita vale per il senso che noi le diamo, per la direzione che noi le
imprimiamo; la meta, lo scopo a cui noi la rivolgiamo. Quale meta?
Quale scopo? La pace.
E la pace, che cosa è? Noi lo dicevamo: è il bene, che in questa
vita presente, la vita temporale, comprende tutti gli altri, è
l’ordine, il vero ordine, non soltanto quello della disciplina
esteriore, ma l’ordine che fa stare bene tutti gli uomini e tutto
l’uomo; un ordine che suppone che tutti abbiano ciò che serve alla
vita, il cibo, l’abito, la casa, la scuola, il lavoro, il
riposo, il rispetto, la sicurezza; . . . anzi una società
libera, concorde, ordinata, onorata d’intorno a sé; e di più
cosciente del destino della vita, e perciò colta e soprattutto
religiosa (perché la religione è la lampada della vita; essa, ed
essa sola, se è la vera religione, qual è quella cristiana, ci dà
luce, e ci rivela il senso della nostra esistenza, e ci offre i mezzi
per vivere bene e per salvarci, anche oltre la fine del tempo che ci è
dato per vivere). Si vede subito che la pace è una cosa assai
bella, ma è una cosa difficile; tanto difficile e complessa, che
alcuni la credono un sogno, un mito, una utopia. Noi invece diciamo
che la pace è una cosa difficile, sì; difficilissima anzi; ma è
una cosa possibile, una cosa doverosa. Il che vuol dire che bisogna
lavorare molto per ottenere la pace. Non si raggiunge da sé. Non si
mantiene da sé. Essa è frutto di grandi sforzi, di grandi
programmi. E, prima di tutto, è frutto della giustizia: Se vuoi
la pace, lavora per la giustizia. E facciamo attenzione: dobbiamo
volerla tutti; tutti dobbiamo meritarla. Spesso noi pensiamo che a
questo grande programma, quello di mettere ordine e pace nel mondo, di
organizzare bene la società devono pensare coloro che dirigono il mondo
e la società; certamente, ma non esclusivamente. La pace è un bene
di tutti; e tutti dobbiamo collaborare per mantenerla, per farla
progredire. E in qualche modo tutti e ciascuno in qualche misura, lo
possiamo, lo dobbiamo.
Ma qui si presenta una domanda: perché un discorso così alto e così
difficile è fatto, qui, a dei ragazzi, a dei giovani, come voi,
che già vivete in un ambiente ordinato e pacifico?
Ecco la risposta. La risposta però esige un’altra domanda: come si
raggiunge la pace? La vera pace, ripetiamo; quella che risulta
dall’ordine vero? Perché vi può essere un ordine falso; e come!
un ordine imposto con la forza, la prepotenza, la paura, la
minaccia, il ricatto, l’abuso della debolezza altrui, l’abitudine
invalsa di mantenere situazioni, dove la gente soffre, dove non può
nemmeno sollevarsi e migliorare la propria esistenza . . . è ordine
vero? La schiavitù è ordine vero? La miseria sociale è ordine
vero? La povertà senza rimedio e senza assistenza, è ordine vero?
L’ignoranza voluta del popolo per tenerlo più facilmente soggetto,
è ordine vero? Il dominio e lo sfruttamento dei forti sui deboli,
dei ricchi sui miseri, è ordine vero? L’imposizione pesante delle
idee di alcuni su quelle degli altri, pena danni e repressioni e
castighi è ordine vero? E l’incuria dei responsabili verso
l’inosservanza dei diritti altrui, dell’immoralità scandalosa, o la
tolleranza della licenza nociva al bene della società, è ordine
vero? Dove non esiste, o non è rispettata una legge ragionevole e
efficace, vi è ordine vero? eccetera. Vogliamo dire: vi sono
ordini apparenti, falsi, contrari al bene comune, alla legittima
libertà, alla promozione delle categorie bisognose, ecc., i quali
non possono meritare il nome autentico e bello di pace. Sono piuttosto
disordini tollerati, o costituiti, che non veri ordini equilibrati e
favorevoli al benessere e al progresso comune; sono condizioni, che
possono dare una certa fissità alla vita pubblica, una consuetudine
inveterata, un adattamento rassegnato, ma che non possono generare una
vera pace.
Questo è chiaro. Ormai tutti ne hanno qualche esperienza; e ormai
la convinzione si diffonde che non vi può essere vera pace senza . .
. Ditelo voi! senza giustizia.
Ma qui sorge una seconda domanda, difficile questa; ma una domanda
alla quale voi ragazzi, voi giovani specialmente, sapete rispondere
subito, istintivamente, intuitivamente. Che cosa è la giustizia?
Voi avete già in mente due risposte: vi è una giustizia del mio e
del tuo, che è difesa dal famoso comandamento «non rubare».
Nessuno vuol essere chiamato ladro. E vi è un’altra giustizia che
riguarda la natura stessa dell’uomo; la giustizia, la quale vuole che
ogni uomo sia trattato da uomo. Voi lo capite subito. Sono tutti
eguali gli uomini? In sostanza, sì. Ogni uomo ha una sua
dignità. Dignità inviolabile: guai a chi lo tocca! piccolo o
grande che sia, povero o ricco che sia! bianco o negro che sia! Ogni
uomo ha una sua carica di diritti e di doveri, che gli meritano
d’essere trattato come persona. Anzi noi cristiani diciamo che ogni
uomo è nostro fratello. Dev’essere trattato come fratello, cioè
amato (l’anno scorso, per la giornata della pace, abbiamo proprio
meditato questa realtà: ogni uomo è nostro fratello). E possiamo
anche dire di più: quanto più l’uomo è piccolo, povero,
sofferente, indifeso, decaduto anche, e tanto più merita d’essere
assistito, sollevato, curato, onorato! questo ce lo ha insegnato il
Vangelo; ma anche chi non crede all’autorità del Vangelo intuisce
che quella parola divina ha ragione: questa è la giustizia! questa è
la via all’ordine, cioè al diritto e al dovere dell’uomo; qui è la
giustizia, qui è la pace!
Ed ecco allora la spiegazione della nostra scelta nel preferire di
venire qua, fra voi ragazzi, fra voi giovani, per celebrare la
giornata della pace, perché voi prima e più degli altri, avete il
senso della giustizia. Voi, senza molti ragionamenti, comprendete
che nel mondo, anche nel nostro mondo moderno, vi è ancora bisogno di
giustizia. Più che mai lo comprendete, perché appunto siete
moderni; cioè lo sviluppo sociale e culturale, al quale oggi siamo
arrivati, ha svegliato una coscienza umana, che non può più rimanere
insensibile ai disordini congeniti nel nostro ordinamento sociale, non
può non accorgersi che il progresso stesso produce malanni, ai quali
bisogna porre rimedio; produce frustrazioni, produce disuguaglianze,
produce ingiustizie; produce conflitti, produce pericoli di
catastrofi, di conflagrazioni, d’inquinamenti . . . a cui bisogna
reagire: non è giusto che sia così! Voi lo capite, e voi, a
vostro modo, lo dite; e lo dite con una minaccia, che può essere
fatale: non vi può essere pace, senza una nuova giustizia.
Voi, figli della nuova generazione, afferrate subito la intrinseca
necessità di questo binomio: la giustizia e la pace; esse camminano
insieme. Non vi può essere vera pace senza vera giustizia. E
siccome la giustizia deve progredire secondo le legittime aspirazioni
esplose nella coscienza evoluta dell’uomo moderno, così la pace non
può essere statica, non può convalidare uno stato di cose che non
tenga conto dello sviluppo dell’uomo, delle sue antiche e nuove
necessità. Difficile equazione quella della giustizia e della pace:
richiederà saggezza, prudenza, pazienza, gradualità, non
violenza, non rivoluzione (che sono altre ingiustizie), ma dovrà
essere perseguita con tenacia, con sacrificio, con alto e sincero
amore per l’umanità.
Voi, giovani, col vostro naturale distacco dal passato, col vostro
facile genio critico, con la vostra antiveggenza istintiva, col vostro
ardimento per le imprese umane, nobili e grandi, voi potete essere
all’avanguardia profetica della causa congiunta della giustizia e della
pace.
E sappiate che questi Signori, i quali hanno voluto essere presenti
alla nostra e vostra celebrazione della Giornata della Pace, e sono
rappresentanti illustri e qualificati del mondo dei Responsabili -
sono Diplomatici, sono Autorità politiche e cittadine, sono
Vescovi e Dignitari della Chiesa, sono Laici valorosi dedicati alla
missione del bene - questi sono con voi!
Mentre ringraziamo voi, ragazzi e giovani di questa Città ideale,
per la vostra accoglienza, ringraziamo tutti i presenti per la loro
significativa adesione, e col voto della Giustizia e della Pace,
tutti di cuore vi benediciamo.
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