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25 gennaio 1975
Fratelli!
La festività odierna, che ci fa celebrare ancor oggi, a distanza di
secoli, la conversione di San Paolo, vera svolta decisiva nella
storia della diffusione della fede cristiana e nella formazione organica
della Chiesa nascente, è tema di meditazione e di preghiera troppo
grande, e, per fortuna, a voi tutti ben noto, perché questa nostra
breve e semplice parola osi tradurlo in linguaggio adeguato. La
ricchezza stessa dei motivi ispiratori di alti pensieri, relativi a
questo luogo privilegiato, ce ne fa ostacolo: parlare di San Paolo,
in questa basilica! sopra la tomba di Lui, qualificato nella
iscrizione, laconica ed eloquente ad un tempo, della lapide che ne
custodisce le reliquie, semplicemente: «apostolo e martire»! e come
potremmo tacere l'elogio di questo santuario, cui un monastero
fiancheggia e custodisce, evocatore di tante memorie storiche e sante?
e come sfuggire alle reminiscenze personali, che a questo sacro e
complesso edificio, cordialmente ci uniscono? Non è dimenticanza il
nostro silenzio, ma piuttosto atto contemplativo d'amorosa devozione;
non senza qualche recente paterna afflizione.
Un altro tema, come voi sapete, si sovrappone al culto che oggi
vogliamo rendere a San Paolo; tema che dal culto medesimo trae, ad
onore dell'Apostolo stesso, ispirazione e conforto; è il tema della
unità fra i Cristiani, unità vera e completa, quale, specialmente
dopo il Concilio, andiamo meditando e cercando di ricomporre per
comune letizia nella sua integrità. Ed anche su questo tema la legge
della discrezione ci impone di accennarvi solamente; e lo facciamo
limitandoci a confidare a voi i due sentimenti fondamentali che in
ordine ad esso sono nel nostro animo, e che questo luogo benedetto
rende in questo momento dominanti. Uno è un sentimento di tristezza,
l'altro di speranza. Perché di tristezza? come può il pensiero
della ricomposizione dell'unità fra tutti i seguaci di Cristo
ispirare tale sentimento? Oh! la ragione è perfino troppo evidente.
Ed è ragione molteplice.
Primo, perché questa unità ancora non è stata ricomposta. Il che
riporta nel nostro spirito una ovvia e dolorosa memoria, la memoria
storica. Cristo ha fondato un'unica Chiesa. San Paolo, ci ha
lasciato quasi un suo impegno testamentario: «siate solleciti a
conservare l'unità dello spirito nel vincolo della pace; un corpo
solo, un solo spirito, come in unica speranza siete stati chiamati;
uno è il Signore, una la fede, uno il battesimo; uno Iddio e padre
di tutti . . . » (Eph. 4, 3-6). Come abbiamo potuto
dividerci in modo tanto grave, tanto molteplice, tanto duraturo? E
come non soffrire per un tale stato di cose, che per tanti aspetti
concreti dura tuttora? Noi cattolici abbiamo certamente in ciò la
nostra parte di colpa, anche essa varia e diuturna; come non sentirne
dolore e rimorso?
Secondo. Come superare le difficoltà per una riconciliazione?
Altro motivo per la nostra riflessione. Noi vediamo gli ostacoli
grandi, che sembrano insuperabili. Si tratta di uno stato di fatto
grave, che perviene ad intaccare la stessa opera di Cristo. Il
Concilio Vaticano II afferma con lucidità e fermezza che la
divisione dei cristiani «danneggia la santissima causa della
predicazione del Vangelo ad ogni creatura» (Unitatis
Redintegratio, 1), danneggia così l'opera della riconciliazione
di tutti gli uomini. La divisione fra i cristiani riesce pertanto a
ledere e talvolta persino a mortificare la fecondità della predicazione
cristiana, a far perdere di efficacia l'azione di riconciliazione con
Dio che la Chiesa ha come missione di continuare fino alla fine dei
tempi. Per questo nell'indire l'Anno Santo abbiamo creduto
necessario far notare a tutti i fedeli del mondo cattolico che «la
riconciliazione di tutti gli uomini con Dio, "nostro Padre",
dipende infatti dal ristabilimento della comunione fra coloro che già
hanno riconosciuto ed accolto nella fede Gesù Cristo come il Signore
della misericordia, che libera gli uomini e li unisce nello Spirito di
amore e di verità» (Apostolorum Limina, VII). Infatti, come
possiamo testimoniare con coerenza che Dio ci ha riconciliati a Lui se
non mostriamo anche che siamo riconciliati fra noi credenti e battezzati
nel suo nome? Ed è anche per questo che ristabilire l'unità nella
piena comunione ecclesiale è responsabilità ed impegno di tutta la
Chiesa» (Cfr. Apostolorum Limina, VII; Unitatis
Redintegratio, 5).
Terzo. In questi ultimi anni si sono fatti passi mirabili verso la
riconciliazione in differenti direzioni; tutti lo sanno e lo vedono; e
certamente tutti ne esultiamo. Ma per ora nessun passo è giunto alla
meta! Il cuore, che ama, è sempre frettoloso; se la nostra fretta
non è esaudita, l'amore stesso ci fa soffrire. Noi comprendiamo
l'inadeguatezza dei nostri sforzi. Noi intravediamo le leggi della
storia, che esigono un tempo più lungo delle nostre umane esistenze;
ed è comprensibile che la lentezza delle conclusioni ci sembri
vanificare desideri, tentativi, sforzi, preghiere. Accettiamo
questa economia dei disegni divini, e ci proponiamo umilmente di
perseverare. Ma anche la perseveranza non è sofferenza? Non è
spiegabile un sentimento, che si consuma nell'attesa, di cui non si
conosce la futura durata? L'ecumenismo è un'impresa estremamente
difficile; essa non può semplificarsi a scapito della fede e del
disegno di Cristo e di Dio circa la salvezza autentica
dell'umanità. Non dice la Scrittura: Spes, quae differtur,
affligit animam, la speranza differita affligge l'anima (Prov.
13, 1 2). Comprendete, Fratelli, pertanto la nostra
tristezza; essa è l'espressione del nostro amore, del nostro
desiderio, della nostra carità.
Ma un altro sentimento riempie della sua vivificante atmosfera l'animo
nostro a riguardo dell'ecumenismo, di quello che tende realmente al
ristabilimento dell'unità fra tutti i Cristiani; ed è la speranza.
Non è la preghiera che alimenta la speranza? E non è San Paolo
che ci assicura: spes autem non confundit, la speranza non delude?
(Rom. 5, 5) Anche noi abbiamo voluto celebrare la settimana di
preghiera per l'unità dei cristiani, particolarmente questa volta in
coincidenza dell'Anno Santo. Avevamo infatti proclamato che la
riconciliazione fra i Cristiani è uno degli scopi centrali di
quest'anno di grazia (Cfr. Apostolorum Limina, VII).
«Ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo come quelle
della terra» (Eph. 1, 10). Questo tema proposto alla
riflessione di tutti i cristiani per la settimana di preghiera per
quest'anno concentra la nostra meditazione sul piano salvifico di Dio
sugli uomini e sull'intero creato. Dio ci ha fatto conoscere il
mistero della sua volontà per realizzarlo nella pienezza dei tempi.
In Gesù Cristo, suo figlio diletto, abbiamo la redenzione,
mediante il suo sangue, la remissione dei peccati secondo la ricchezza
della sua grazia (Cfr. Eph. 1, 7). «In lui piacque al
Padre, che abitasse ogni pienezza e per lui fossero a sé riconciliate
tutte le cose» (Col. 1, 19-20). Gesù Cristo è così la
nostra vera riconciliazione, è la misericordia di Dio per gli
uomini, è la nostra grande e vivente indulgenza. Egli ha compiuto la
«purificazione dei peccati» (Hebr. 1, 3) e ci ha messo in
comunione con il Padre nello Spirito Santo.
Questo atto salvifico abbraccia non solo tutti gli uomini ma, in una
visione che supera la dimensione umana, si estende a tutto il creato,
all'universo intero, aprendoci le soglie di una creazione nuova con
una umanità rinnovata, in pellegrinaggio verso «un nuovo cielo ed una
nuova terra» (Apoc. 21, 1). Questo ministero di
riconciliazione Cristo lo continua attraverso la sua Chiesa,
sacramento di salvezza. «Questo è il fine della Chiesa: con la
diffusione del Regno di Cristo su tutta la terra a gloria di Dio
Padre, rendere partecipi tutti gli uomini della salvezza operata dalla
Redenzione e per mezzo di essi ordinare effettivamente il mondo intero
a Cristo» (Apostolicam Actuositatem, 2). Ma oggi noi con voi
ringraziamo il Signore che ci ha concesso di vedere che le relazioni
tra i cristiani si intensificano e si approfondiscono. La ricerca
della riconciliazione tra i cristiani, che è opera dello Spirito
Santo ed espressione di quella «sapienza e pazienza "con cui il
Signore" persegue il disegno della sua grazia verso noi peccatori»
(Unitatis Redintegratio, 1), diventa sempre più un tema di
crescente cura ed attenzione da parte della Chiesa Cattolica e delle
altre Comunioni Cristiane. Con gioia costatiamo gli sforzi che
dovunque si fanno per la riconciliazione, a cui sono impegnati i
Vescovi, i teologi, i sacerdoti, i religiosi, i laici: a
quest'opera, lo sappiamo, è sensibile anche quella eletta categoria
di persone che nel silenzio della contemplazione matura nella preghiera
e nella penitenza l'unione sempre più pura ed intima con Dio.
Con il Concilio noi siamo pienamente consapevoli che «questo santo
proposito di riconciliare tutti i cristiani nell'unità della Chiesa
di Cristo una ed unica, supera le forze e le doti umane» (Unitatis
Redintegratio, 24). Per questo riprendiamo la nostra preghiera
chiedendo al Signore di renderci più attenti alla sua parola ed
obbedienti alla sua volontà per continuare la nostra opera con fiducia
e dedizione, con perseveranza e coraggio, affinché ci conceda di
poter dare con efficacia il nostro contributo alla riconciliazione fra
tutti i cristiani, e alla riconciliazione di tutti gli uomini,
affinché, come San Paolo ci esorta, «ogni lingua confessi che
Gesù Cristo è il Signore a gloria di Dio Padre» (Phil. 2,
11) Così sia.
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