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Domenica, 2 giugno 1968
Ai Nostri Fratelli nel sacerdozio di Cristo!
Ai Nostri Figli della santa Chiesa cattolica!
E’ venuta l’ora delle Missioni!
Ogni anno, da qualche tempo, si celebra in tutto il mondo cattolico
la «Giornata delle Missioni»; quest’anno essa è fissata al 20
di ottobre.
Essa vuole essere un’occasione per riaccendere nel cuore d’ogni
fedele la coscienza della vocazione missionaria, propria di tutta la
Chiesa; essa è stata fondata per essere missionaria. Si chiama
cattolica la Chiesa di Cristo: cioè universale. Essa è chiamata a
diventare di fatto, nella storia, nelle file dell’umanità, ciò che
è di diritto, ciò che è di dovere: la testimonianza di Cristo per
tutti, il mezzo di salvezza per tutti, Ia società mistica e umana
aperta a tutti. Non per dominare, non per sostituirsi, o per
sovrapporsi alla Città terrena; ma per penetrare negli spiriti con la
sua luce di verità, con il suo fermento di libertà, con il suo
stimolo alla operosità nella giustizia e nella fraternità; per dare
al mondo la sua unità religiosa, nell’armonia delle sue naturali e
rispettabili differenziazioni etniche, culturali, politiche. È
cattolica per istituzione, deve essere cattolica nella realtà.
Questo disegno divino che la Chiesa porta con sé, anzi in sé, in
questi ultimi tempi si è svegliato; la Chiesa ne ha preso maggiore
consapevolezza. A mano a mano che le vie del mondo hanno offerto
comunicazioni nuove fra i popoli, la Chiesa ha sentito in se stessa
l’«urgenza della carità» di percorrerle; anzi, molto spesso, di
precorrerle; si è sentita, di natura sua, missionaria. Il grido di
San Paolo: «Guai a me se non predicassi il Vangelo» (1 Cor.
9, 16) è risuonato nel cuore della Chiesa, ed ha suscitato in
lei, con la memoria, la spinta della sua primigenia vocazione. La
storia delle Missioni di questi ultimi secoli lo dimostra, come
un’epoca piena di rischio, di avventura, di eroismo, di martirio.
L’impresa missionaria è, per così dire, scoppiata, sfidando
difficoltà sovrumane, mettendo in campo mezzi rudimentali e uomini
folli di coraggio e d’amore. La fede è diventata ciò che deve
essere: dinamica, incontenibile, perfino temeraria. La gioia di
diffondere il Vangelo ha ripagato ogni sforzo, ogni sacrificio. Poi
è venuto il Concilio, a precisare i principi teologici d’un tale
fenomeno e ad incalzare il Popolo di Dio perché ritrovasse la sua
nativa obbligazione espansiva, e a dare criteri, norme, esortazioni
per proseguire con maggiore vigore e migliore sistema la grande opera
della evangelizzazione delle genti, a cui la Chiesa non ha ancora
messo radici profonde e di autonoma vitalità.
Fratelli e Figli! Questo quadro, che raffigura un aspetto
meraviglioso e, per certi segni, ‘miracoloso della vita presente
della nostra santa Chiesa, merita d’essere osservato e meditato con
tutto il nostro interesse. Chi fosse distratto o indifferente davanti
a questa epifania della santa Chiesa dovrebbe dubitare della propria
fedeltà a Cristo e al proprio battesimo. Le Missioni sono nostre,
di ciascuno di noi, di ciascuna comunità di credenti: lontane nello
spazio, devono essere vicine nel cuore. Se comprendiamo il valore
morale ch’esse costituiscono per la solidarietà della fede e della
carità, la «Giornata delle Missioni» dev’essere un momento
d’attenzione concentrata ed operante per ognuno di noi. Per questo
Noi vi rivolgiamo questo messaggio.
Vorremmo parlarvi delle difficoltà che oggi, per lo sviluppo stesso
del mondo, esse, le Missioni, stanno incontrando, e dei nuovi
metodi, di cui dovranno servirsi per conservare le posizioni raggiunte
e per sviluppare, a Dio piacendo, il loro incremento.
Ma sembra a Noi doveroso presentare ora alla vostra considerazione un
altro aspetto della questione missionaria, quello già notissimo, ma
sempre presente e ricorrente, quello dei «mezzi». Le Missioni
hanno tuttora, e più che mai, bisogno di mezzi: di vocazioni e di
offerte. Ora vi parliamo delle offerte. Lo faremmo con istintiva
timidezza e quasi con disagio, se la necessità non Ce lo imponesse,
e se il Concilio non Ci ammonisse di non arrossire a tendere umilmente
la mano e a farci quasi mendicanti per Cristo e per la salvezza delle
anime (cfr. Ad gentes, n. 39).
Le necessità dei territori di missione sono immense, da qualsiasi
lato esse vengano considerate. Occorrono scuole, ospedali, chiese,
oratori, lebbrosari, seminari, centri di formazione e di riposo,
viaggi da non finire. Quello che ‘maggiormente pesa non è solo la
costruzione degli edifici, ma il loro funzionamento, il quale comporta
ogni anno dispendio di somme elevate per la conservazione degli
impianti, per il mantenimento del personale e per l’apparato
assistenziale. i paesi di missione possono offrire ben poco per tale
scopo: si tratta generalmente di regioni in via di sviluppo, talvolta
poverissime. Tutto grava sull’amministrazione della Diocesi, i cui
redditi sono minimi: pochissimi benefattori sul posto, e rari
altrove. Si tratta spesso di beneficenza incerta, casuale, affidata
al buon cuore ed alle possibilità di donatori occasionali.
Ora, Fratelli e Figli, ascoltateCi. Noi dobbiamo perorare la
causa, in modo speciale, delle Pontificie Opere Missionarie. Non
è l’interesse particolare per queste istituzioni che Ci spinge ad
anteporre davanti alla vostra carità tali Pontificie Opere
Missionarie ad altre, pur meritevolissime, iniziative; è
l’indispensabile ordinamento della efficienza missionaria e l’equità
distribuitiva degli aiuti destinati all’evangelizzazione del mondo che
Ci impongono questa preferenza. Del resto il Concilio la afferma:
si devono promuovere «specialmente le Pontificie Opere Missionarie»
(Ad Gentes, 38).
Le Pontificie Opere Missionarie della Propagazione della Fede, di
San Pietro Apostolo e della Santa Infanzia hanno lo scopo di
interessare il Popolo di Dio alla fondazione della Chiesa tra le
genti ed i gruppi che ancora non credono in Cristo, mediante
l’apporto di aiuti spirituali e materiali.
Tale sistema di cooperazione all’attività missionaria della Chiesa
abbraccia tutti i suoi componenti, dal Papa che ora vi parla fino
all’ultimo dei fedeli.
L’unico affidamento sicuro i Vescovi, i Missionari, le
Missionarie ed i Sacerdoti locali lo trovano negli aiuti delle
Pontificie Opere Missionarie, le quali ogni anno dividono tra le
ottocento e più circoscrizioni missionarie i fondi raccolti nel mondo
intero.
È una divisione difficile minuziosa, delicata, studiata da uffici e
da organi collegiali, ma necessaria per il suo valore saggio e pratico
di contribuzione al pane quotidiano dei missionari. Sotto questo punto
di vista le Opere rendono un prezioso servizio: assicurano una equa
ripartizione delle offerte e impediscono che vi siano diocesi
missionarie con aiuti preferenziali ed altre trascurate.
I Vescovi missionari non avrebbero un aiuto annuale per il
mantenimento delle loro diocesi e per realizzare i loro progetti senza
la Pontificia Opera della Propagazione della Fede; non sarebbe
possibile mandare avanti la formazione del clero locale se non ci
fossero i soccorsi distribuiti dalla Pontificia Opera di San Pietro
Apostolo e non si sarebbe in grado di soccorrere tanti fanciulli
soprattutto abbandonati ed ammalati, se non vi fosse la Pontificia
Opera della Santa Infanzia.
Ogni Vescovo, ogni Sacerdote, ogni Fedele, anche se compie
qualche attività di apostolato missionario, diretto o indiretto in
settori personali, deve dare la sua collaborazione anche alle attività
generali della Chiesa: cioè alle Opere Pontificie, le quali,
mentre sono del Papa, sono di tutto l’Episcopato e di tutto il
Popolo di Dio. Esse sono inoltre conformi ai nuovi metodi di
programmazione generale, che presiedono allo sviluppo delle grandi
imprese moderne. Nel Motu Proprio «Ecclesiae Sanctae» (n.
13, § 2) le Pontificie Opere Missionarie sono strettamente
legate alla Sacra Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli
mediante un coordinamento diretto che le pone in evidenza e in
efficienza, in modo che abbiano ad accrescere, con rigorosa economia,
i loro servizi, e a stimolare, con il concorso attivo dei membri della
diletta Nostra Pontificia Unione Missionaria del Clero, lo spirito
missionario dell’intero Popolo di Dio.
Tutti i Vescovi, in quanto membri del corpo episcopale che succede al
Collegio Apostolico, sono vivamente interessati al loro incremento.
Anzi in sede di Conferenze Episcopali devono, fra l’altro,
trattare «del determinato contributo finanziario che ciascuna diocesi,
in proporzione al proprio reddito, deve versare annualmente per l’
opera missionaria» (Ad Gentes, n. 38, S 5).
L’aiuto inoltre dato alle Pontificie Opere Missionarie introduce
l’offerente in una scuola d’insegnamento caritativo dalle grandi
visioni proprie del cattolicesimo, che non restringono il loro sguardo
al bisogno particolare e conosciuto, verso il quale la compiacenza del
dono compiuto può essere già una parziale mercede al benefattore
(cfr. Matth. 5, 46-47), ma lo allargano ad ampiezze
sconfinate, a bisogni innumerevoli e dimenticati, a operai del
Vangelo che da sé non sanno chiedere e non saprebbero a chi
ricorrere: sono le visioni principalmente degli immensi Paesi
dell’Asia, dell’Africa, dell’Oceania, dove la Missione è
spesso ancora alla prima difficilissima fase della «plantatio
Ecclesiae».
Né vogliamo alla fine tacere che la generosità della Gerarchia e dei
fedeli, profusa per questa via alle Nostre Missioni, rientra
nell’invito fatto dalla Nostra Enciclica «Populorum progressio»,
perché assegnata con cognizione di causa, con saggezza rivolta alla
sistematica elevazione delle popolazioni assistite dalle Missioni e con
quella relativa continuità che consente al piccolo seme di crescere in
albero forte e frondoso; concorrere così davvero a quello sviluppo dei
Popoli, che deve portarli dalla incipiente vitalità civile e morale
all’autosufficienza degna di nazioni libere e moderne. Fratelli e
Figli! Non vi sia di tedio questo Nostro discorso; ma sia piuttosto
eco delle Nostre ansie per la diffusione del Vangelo; eco della
Nostra riconoscenza per quanto avete già fatto a profitto delle
Missioni; eco del Nostro incoraggiamento a fare ancora e a fare di
più; eco specialmente della solenne parola di Cristo: «Date e vi
sarà dato; vi sarà versata in grembo una misura buona, pigiata,
scossa e traboccante . . .» (Luc. 6, 38).
Non Noi vi potremmo ricompensare; ma Cristo, sì; ed è ciò che
Noi auspichiamo inviando a tutti i benefattori, ai sostenitori e ai
protagonisti delle Missioni la Nostra Benedizione Apostolica.
Dal Vaticano, 2 giugno 1968.
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