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Domenica, 20 settembre 1964
Il brano del Vangelo di San Matteo, che si legge nella XVIII
domenica dopo la Pentecoste, offre al Santo Padre alto argomento per
la sua Omelia.
Si tratta di uno dei moltissimi episodi della vita del Signore, che
ci preparano ad essere fervidamente uniti a Lui ed a ben celebrare i
Divini Misteri.
Ogni pagina del Vangelo ha un suo punto focale, drammatico, intorno
al quale circolano e la scena dell’episodio ricordato e il racconto
fedele.
Per la prodigiosa ed istantanea guarigione del paralitico, l’apostolo
San Matteo è più sobrio degli altri sinottici, San Marco e San
Luca. Questi aggiungono più ampi particolari, tra cui quello
dell’avvenuta apertura del tetto nell’ambiente ove si trovava Gesù,
per calarvi l’infermo col suo lettuccio, data l’enorme folla che
faceva ressa all’entrata.
Evidente è la speranza dei pietosi accompagnatori: essi vogliono
quasi obbligare Gesù ad occuparsi dell’inatteso ospite e ad iniziare
un dialogo con lui.
LA DUPLICE GUARIGIONE DEL PARALITICO
Qui subito ci troviamo ad un vertice di meraviglia e di grazia. Il
Signore, con una parola molto dolce, bella, rigeneratrice, si
rivolge al paralitico dicendo: «Confide, fili . . .»: Abbi
fiducia, figliuolo. E poi? Ecco: «Remittuntur tibi peccata
tua»: ti sono perdonati i tuoi peccati. Stupore di tutti i
presenti. Non per questo essi avevano portato l’infermo, bensì
perché fosse liberato dalla sua immobilità. Non si aspettavano che
Gesù parlasse dei peccati di quel poveretto: i peccati erano,
dunque, un impedimento alla guarigione?
Gesù legge nel cuore di quanti lo circondano: la sua prima
sollecitudine è di togliere la malattia morale e lo dichiara. Da
ciò, dopo la prima sorpresa, altri commenti e critiche, anzi la
rampogna amara e veemente. Chi è costui che annulla i peccati? Solo
Dio può rimetterli; Dio soltanto può regolare i conti tra Lui e le
creature. Come mai, dunque, l’arbitrio, anzi, l’atto temerario,
addirittura una bestemmia? Allora Gesù, visti i loro pensieri,
aggiunge: «Perché pensate male nei vostri cuori? cos’è più
facile dire: ti sono perdonati i tuoi peccati, o dire: lèvati su, e
cammina?». Nel medesimo istante compie anche il miracolo fisico,
dicendo al paralitico: «Sorgi, prendi il tuo letto e torna alla tua
casa».
Il punto di maggiore interesse, in questo episodio, è che Gesù,
davanti a un povero immobilizzato ed infelice, scopre una infelicità
anche maggiore, una miseria anche più acuta. Vuole, anzitutto,
occuparsi della salute morale di lui; e, buono ed onnipotente in sommo
grado, compie il miracolo della guarigione spirituale prima di quella
fisica.
Ha fatto Egli stesso testé il confronto: Quale delle due guarigioni
è la più facile? dell’anima o del corpo?: e conclude dimostrando
essere molto più importante il benessere dello spirito che non quello
fisico.
Da qui scaturiscono alcune domande su uno degli aspetti più
interessanti del Vangelo.
Che cosa Gesù vede negli uomini? Gesù è entrato nel mondo e
conversa con noi, genere umano. Ebbene, come ci giudica? Il suo
occhio che cosa scorge in noi? Esaminandoci, rileveremo come davanti
a Gesù non vi sia alcun segreto. Per Lui tutto è trasparente.
Anzi, se vorremo capire qualche cosa di bello nel Vangelo, dovremo
sempre pensare che le scene svolgentisi intorno a Gesù hanno per Lui
una limpidezza cristallina, singolare, inimitabile, Gesù vede
tutto. San Giovanni, in uno dei primi capitoli del suo Vangelo,
afferma precisamente che il Salvatore sciebat quid esset in homine.
Gesù sa ciò che v’è nell’uomo. Durante la sua vita terrena gli
uomini sono davanti a Lui in trasparenza. Gesù li trapassa col suo
sguardo e conosce appieno che cosa sono, che cosa fanno, che cosa
pensano: «Deus intuetur cor»: Iddio discerne il cuore.
LO SGUARDO DI DIO NEL CUORE UMANO
La permanente ricerca, così accentuata nell’uomo moderno, per
intuire il segreto dell’uomo, per sapere tutto di lui, in Gesù è
dote infallibile, divina. Egli conosce la realtà umana in tutto il
suo complesso e nelle singole note più profonde ed arcane. Egli
spalanca tutte le porte segrete dei nostri nascondigli interiori; i
nostri pensieri gli sono manifesti: nulla, nulla può essere a Lui
occultato. Apparire, quindi, dinanzi a Lui ed essere considerati in
ogni particolare è un fatto istantaneo, giacché Egli tutto osserva e
giudica in noi.
Ed allora possiamo chiederci: Ma, dunque, che cosa Egli vede? I
valori positivi e i difetti dell’uomo. Nei bambini Gesù vede una
innocenza angelica e se ne compiace, perché essi sono i cittadini
autentici del Regno celeste. Nei piccoli il Figlio di Dio rileva la
natura armoniosa che la sua mano creatrice ha impresso in queste
creature innocenti. Gode perciò immensamente della loro compagnia,
vivacità ed incanto; in una parola, della bellezza di Dio riflessa
sul volto umano.
E ancora: che cosa nota, per esempio, nella Samaritana? Anche
quella povera creatura resta sgomenta. Oh sì! - esclama - questo
Profeta ha letto nel mio spirito: sa chi sono io! Ed eccola andare
gridando ai suoi conterranei: è venuto un grande Profeta; ha detto
ogni cosa della mia vita senza conoscermi! Che cosa, inoltre, il
Divino Maestro vedrà nella implorante Maddalena che tutti vorrebbero
schiacciare, col disprezzo e con l’accusa pubblica spietata? La
povera umanità da redimere e salvare. Deus dilexit mundum! Iddio
osserva le profondità del cuore umano, che, anche sotto la superficie
del peccato e del disordine, possiede ancora una ricchezza meravigliosa
di amore; Gesù col suo sguardo la trae fuori, la fa straripare
dall’anima oppressa. A Gesù, dunque, nulla sfugge di quanto è
negli uomini, della loro totale realtà, in cui sono il bene e il
male.
INCOERENZE E DISTORSIONI NEL PENSIERO
UMANO
La seconda domanda è la seguente: E gli uomini, con la loro
educazione moderna, che cosa scorgono? Sono anche qui degli
incoerenti. Innanzitutto, voi non troverete più nel linguaggio della
gente perbene di oggi, nei libri, nelle cose che parlano degli
uomini, la tremenda parola che, invece, è tanto frequente nel mondo
religioso, nel nostro, segnatamente in quello vicino a Dio: la
parola peccato. Gli uomini, nei giudizi odierni, non sono più
ritenuti peccatori. Vengono catalogati come sani, malati, bravi,
buoni, forti, deboli, ricchi, poveri, sapienti, ignoranti; ma la
parola peccato non si incontra mai. E non torna perché, distaccato
l’intelletto umano dalla sapienza divina, si è perduto il concetto
del peccato. Una delle parole più penetranti e gravi del Sommo
Pontefice Pio XII di v. m., risulta questa: «il mondo moderno
ha perduto il senso del peccato»; che cosa sia, cioè, la rottura
dei rapporti con Dio, causata appunto dal peccato. Il mondo non
intende più soffermarsi su tali rapporti. E allora la filosofia
contemporanea dell’uomo parte da un ottimismo aprioristico. Che dice
ad es. la pedagogia? L’uomo è buono; sarà la società a renderlo
cattivo; ma, di per sé, lasciate che si sviluppi con spontaneità e
in ambiente favorevole, sarà, di sua natura, probo e virtuoso.
Viene adottata così quale norma, una indulgenza molto liberale,
molto facile, che spiana le vie a ogni sorta di esperienze e di
capricci, giacché, ammettendo nell’uomo tutti i diritti, bisogna
lasciare che egli li esplichi nelle singole sue facoltà. Il male,
dunque, non esiste. Questo famoso peccato originale - che è la
prima verità sull’uomo - non è più ammesso e descritto nella
diagnosi che il mondo oggi vuole tracciare di sé.
Ed ecco l’incoerenza. Mentre il punto di partenza è tanto sicuro,
il punto d’arrivo, il giudizio terminale, che il nostro mondo dà
sull’uomo, qual è? Qui non facciamo della psicanalisi, ci
atteniamo soltanto a una documentazione letteraria: e non erriamo
asserendo che il giudizio dato, oggi, dall’uomo di se medesimo, con
la propria testimonianza più ricca e persistente, si direbbe anzi, la
più monotona, è quello della disperazione: così, guardato di
dentro, l’uomo è una cosa orribile. Quante volte coloro che ci si
presentano davanti con aspetto simpatico, bonario, ingenuo,
nascondono, al contrario, il sepolcro imbiancato più putrido e più
deforme!
Guardate se c’è un film ottimista, nella produzione moderna;
guardate se nei premi letterari, proprio in questi tempi oltremodo
copiosi, c’è un solo libro presentabile, che dichiari essere l’uomo
ancora buono, che esistono ancora delle virtù. Dilaga, al
contrario, l’analisi del fango, della perversione umana; e, con
ciò, la tacita, ma inesorabile sentenza, data come definitiva:
l’uomo è inguaribile. È qui la tenebrosa conseguenza. Si arriva a
ritenere l’uomo come un essere infelicissimo. Seguendo la direzione
di questi occhi che diventano implacabili e anche perspicaci, non si
trova se non il male, sempre e disperatamente il male!
SPLENDA L’IMMAGINE DIVINA IN OGNI
ANIMA
Anche Gesù vede: e guarda noi, che siamo della povera gente con
tanti malanni. Al paralitico che gli si presenta davanti, spiega che
vi sono delle paralisi anche più gravi e più stringenti di quella
fisica. Tu hai molti peccati: te li rimetto, te li perdono! Gesù
è il liberatore assoluto. Egli, dopo aver sollecitato in noi, con
questa sua luce, un esame di coscienza, per il quale si avverte la
colpa ma pur la redenzione, entra nell’anima come un torrente di
letizia, di bontà e di amore. Se lo vuoi, - Egli ci conforta -
io ti ridono la integrità, l’innocenza, la grazia di sentirti
veramente quello che devi essere, restituito alla tua statura, alla
tua bellezza originaria, e come il Signore ti ha creato a immagine e
somiglianza sua.
Gesù è il divino artefice dell’ineffabile riscatto: si comprende,
allora, come il Vangelo, finché ci sarà un mondo di uomini
travagliati dai propri peccati, miserie, infelicità, disperazioni,
il Vangelo proprio tra gli uomini susciterà sempre un eco che non
potrà mai attenuarsi. Perché? ma perché non solo è parola di
verità - e qui gli uomini sono concordi - ma è pure luce di speranza
che gli uomini non possono dare a se stessi.
Che faremo noi, per cogliere qualche cosa di utile e salutare
dall'odierna pagina evangelica? Cercheremo di lasciarci guardare dal
Signore; di presentarci a Lui con sincera umiltà. È l’esame di
coscienza, diciamo di più: è l’accostarci a quel sacramento della
penitenza, che davvero scruta nel nostro intimo e ristabilisce la
verità e la giustizia nelle nostre anime. Ognuno potrà affermare:
col gemito del dolore non saprei guarirmi da me; ma se Tu vuoi, o
Signore, basta una tua parola.
«CONFIDE, FILI»
Quella parola non ci mancherà mai. La misericordia di Dio è fonte
inesauribile che Cristo ha portata nel mondo proprio con il desiderio,
l’ansia di cercarci, di inseguirci e ripeterci: amavo te; sono
venuto per te, affinché tu capisca chi sei e quanto tu sia paralitico
e miserabile. Ma confide, fili: abbi fiducia, o figliuolo, ti sono
rimesse queste tue miserie. Anzi: con le miserie morali in gran parte
potranno essere sanate anche quelle fisiche. Si pensi che cosa sarebbe
la faccia del mondo, se i peccati degli uomini fossero eliminati, se
le colpe morali fossero tolte! Non è che siano due cose conseguenti:
in altre pagine del Vangelo il Signore dirà che la sventura fisica
non è, di per sé, fatalmente collegata a quella morale. Basta
ricordare il cieco nato, basta riflettere alle tante sofferenze dei
giusti. Sta però il fatto che se fossero guarite le tante miserie
morali, la nostra vita sarebbe molto migliore, molto più sana, e
più igienica anche; sarebbe assai più felice. L’unità dell’uomo
è una realtà: essa comporta delle interferenze fra l’un mondo e
l’altro: quello morale e quello materiale; quello interiore e quello
esterno.
Perciò oggi andremo da Gesù, offrendo il Divin Sacrificio: anche
noi presentandoci dinanzi a Lui come il paralitico. Con tutta umiltà
Gli chiederemo che la fiducia nella sua onnipotenza e bontà si rinnovi
nell’anima nostra. Ognuno supplicherà: Signore, salvami: Tu
solo hai parole di vita eterna.
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