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Domenica, 3 settembre 1967
PER TUTTI IL CUORE E LA PAROLA DEL PAPA
Il Santo Padre rivolge anzitutto vari saluti, incominciando da
quello al Signor Cardinale Pizzarda e al Vescovo di Albano; e
quindi al Clero, alle autorità civili, alle Famiglie religiose, ai
sodalizi di Azione Cattolica, di assistenza e di carità; e, in
modo speciale, ai giovani, ai lavoratori sia dell’agricoltura che
dell’industria.
Inoltre Sua Santità fa riferimento a due categorie di assenti. La
prima è quella degli ammalati sia negli ospedali e cliniche, sia nelle
proprie residenze; dei vecchi, dei sofferenti in genere. Ad essi un
particolare pensiero di affetto e di augurio con l’assicurata preghiera
e la benedizione del Papa.
La seconda categoria di assenti è quella di coloro che non hanno
voluto partecipare alla Udienza a motivo di antichi rancori,
diffidenze, ostilità al!a religione, pretendendo di vivere, come
dicono. fuori della comunità cristiana. Appartengono essi alla
Chiesa? Per il Papa, certamente sì; poiché sono dentro il suo
cuore ed hanno tutto il suo affetto, che si traduce in sollecitudine
paterna, in speranza e stima, in fiduciosa preghiera. A tutti i
lontani, perciò, vanno egualmente oggi il pensiero ed i voti del
Padre.
CONOSCERE IL MONDO PRESENTE E VIGILARE
Ed ora - continua Sua Santità - tutta la serie di saluti testé
espressi è da considerarsi forse come l’incontro cordiale di persone
che si conoscono e scambiano una parola, per proseguire, subito dopo,
ciascuna nel proprio cammino? Non è così. Il saluto del Papa è
una specie di chiamata, di invito c non si esaurisce In se stesso.
Intende arrivare al cuore di ogni visitatore e ascoltatore per dire:
vieni accanto a me, a parlarmi, a sentirmi. Così il gesto amabile
del Pastore e del Padre è un appello in nome di Nostro Signore
Gesù Cristo per destare, nell’intimo dei cuori, il senso genuino
della vita. Qual è la mèta ultima; quali sono i doveri; e dove si
ripongono le speranze degli uomini? La parola del Papa è appunto
diretta a ricordare a ciascun redento: tu sei creato da Dio e sei
destinato a tornare a Dio. La vita è una vocazione; essa ha il suo
preciso destino e quindi la sua aspettativa; ogni elemento nel tempo
deve perciò compendiarsi nella realtà della luce emanante dal
Redentore.
Da ciò consegue che la vita cristiana non è un lago stagnante. È un
esercito di anime vibranti, le quali sono pronte, pregano, vegliano,
operano; tutte hanno qualche cosa da chiedere e da offrire. È ovvio
incominciare dai giovani. A ognuno di essi il Santo Padre vorrebbe
ricordare: perché vivi? Lo sai che devi compiere una missione? Sei
convinto che ogni singola vita possiede un suo compito affidatole dal
Signore?
Bastano questi. semplici spunti per ridestare nelle coscienze, specie
in quelle dei giovani, il desiderio di conoscere quanto mirabile e
grande è il destino da Dio assegnatoci.
NECESSITÀ DI UNA SCELTA FELICE
Noi vogliamo in questo momento - tale la premessa del Santo Padre
alle varie parti del suo Discorso - compiere un atto di riflessione
sulle cose della nostra età, del nostro tempo. Come caratterizzare
il momento storico, sociale in cui viviamo?
A tutti è chiaro che l’ora presente costituisce uno stato, anzi un
movimento di attesa. C’è qualcuno che, oggi, si appaga di rimanere
inerte? No. Tutti vogliono qualche cosa di nuovo; tutti aspettano
quanto si augurano che debba succedere; e moltiplicano in conseguenza
le aspirazioni. Il tempo nostro ha scosso gli animi, per cui in tutti
domina non la tranquillità, bensì l’agitazione.
Ebbene, quale l’insegnamento da questa prima osservazione? La
risposta è nel Vangelo: noi dobbiamo essere nell’attitudine, ivi
definita: di operosa vigilanza. Bisogna essere desti. Il
Cristianesimo non è fatto per la gente che dorme, per chi, senza
aspirazioni di sorta, vive meccanicamente, in maniera abitudinaria,
immobile nella propria inerzia, lasciandosi portare dalla
consuetudine. Se dunque v’è un disagio che scuote ed agita gli
uomini, ecco il Signore a dirci esplicitamente: vigilate, state
attenti, aprite gli occhi, ascoltate le voci. L’anima va tenuta,
quindi, in stato di. pronto ascolto, e non certo nel torpore di
stanchezza, e tanto meno di pigrizia, decadenza, scetticismo o
sfiducia. Il monito è: pienezza di attenzione.
Si è sovente detto che la religione cristiana addormenta gli
intelletti; è un oppio, asserì qualcuno. Non è vero. Se
autentica è la vocazione, se autentica la vita cristiana, essa toglie
ogni letargo ed obbedisce all’ingiunzione di Gesù ai discepoli:
vigilate, siate desti. E cioè: usate la vostra coscienza, il
vostro pensiero nel guardarvi intorno, nel cercare di capire sempre.
Abbiate l’anima aperta - come oggi si dice - alle cose che vi
circondano, e arriverete così a comprendere il senso giusto della
nostra età e del nostro tempo.
Da questa fondamentale vigilanza emerge un primo dovere. È necessario
sempre cercare di essere informati. Se abbiamo una benda sugli occhi,
non conosceremo mai la strada da percorrere, né potremo ammirare il
paesaggio circostante. Eliminiamo lo schermo e poniamo ogni impegno a
vedere? a intendere e vagliare notizie.
Ora è risaputo che la informazione avviene attraverso due fonti. La
prima è quella dei mezzi attuali della radio e della televisione, che
ci pongono a contatto con le realtà giorno per giorno, si direbbe ora
per ora. L'altra fonte è la stampa, nei suoi vari gradi. Va
aggiunto che quest-i mezzi, i quali riescono a tenere tanto accesa
l’attenzione, la coscienza degli uomini del nostro tempo, vanno
anch’essi bene considerati. Dobbiamo cioè renderci conto se questi
strumenti sono veramente informativi; se sono maestri e ci dicono la
verità; se ci guidano e suscitano pensieri utili e buoni. In altri
termini: volete essere gente del nostro secolo e gente sveglia?
Cercate di attingere alla buona stampa - come si diceva una volta e
come si dovrebbe dire anche oggi - adoperatevi ad ottenere le
informazioni utili per la vita. Non rimanete nella ignoranza
accidiosa; non siate pecore che camminano con la testa bassa; non
chiudete gli occhi perché d’intorno troppe sono le cose che danno il
capogiro e frastornano. Cercate - e ve lo dico nel nome del Signore
- di essere intelligenti, di essere svegli, di capire le cose; e
perciò lasciatevi guidare dalla informazione più adeguata, anzi
suprema e perfetta, per condurre nel miglior modo la vostra vita:
cioè la parola di Dio, l’istruzione religiosa, la scienza della
esistenza terrena e della vita riservataci per l’eternità. Siate, o
figliuoli, avidi, assetati di istruzione religiosa; siate realmente
capaci di dare alle vostre anime non quattro rispostine di catechismo,
tanto per superare un breve periodo di istruzione o un momento di
esame. Abbiate sempre la brama della verità, di quella verità che
ci pone a contatto con Dio, Via, Verità e Vita; che spiega i
nostri destini e ci dà la scienza dei valori del nostro tempo e della
nostra società. Siate cristianamente intelligenti.
Ad ottenere un tale felice risultato, il Santo Padre rivolge
anzitutto al degno Presule della popolazione rappresentata nella
Udienza l’invito ad essere sempre più, per le anime a lui affidate,
il maestro, la guida, il Pastore zelante. A loro volta i sacerdoti
non si stanchino mai di essere bravi interlocutori con quanti li
ascoltano, impartendo in maniera perfetta la lezione di insegnamento
religioso, predicando nella maniera più opportuna e adeguata,
traducendo e diffondendo la ricchezza di verità di cui i sacerdoti sono
custodi, E gli insegnanti, i dirigenti dei vari ceti e gruppi
procurino di essere sempre sospinti da questo impegno di trasfusione
della verità, e di tenere intorno a sé un popolo vigile, attento,
volenteroso nella sua tensione spirituale, che deve preparare non
soltanto i tempi nuovi, ma il conseguimento dei destini degli alunni e
discepoli.
SENSO CRITICO DI FRONTE AL MONDO IN
TRASFORMAZIONE
Un altro punto di riflessione proviene dalla realtà in cui ci
troviamo. Si tratta di osservare attentamente un fenomeno elementare,
ma della massima importanza.
Non vi accorgete - così il Santo Padre - che siamo in un periodo
di trasformazione e che le cose mutano rapidamente? In effetti la
nostra età è molto evolutiva. Sorgono nuove usanze; si sviluppano i
mezzi di benessere a disposizione della vita; si elevano le classi
sociali; aumenta l’istruzione del popolo; si allargano i rapporti tra
gente e gente, e così via. Accade perciò di udire il facile
appellativo di «sorpassati» per gli anziani; e ovunque è diffusa una
inquietudine permanente poiché è considerata quasi verbo e
orientamento risolutivo delle nostre vite la parola novità.
Desideriamo vivere alla moda, si sente dire. Aneliamo alle cose del
divenire e ci associamo, anche inconsapevolmente, al moto che trascina
la nostra società verso non pochi cambiamenti.
Allora : come regolarci di fronte all’entità delle trasformazioni in
corso e che investono le nostre abitudini personali, domestiche,
sociali, culturali, ecc.? C’è, è vero, sempre una categoria di
persone che rimane impaurita del vasto fenomeno e dice: io mi aggrappo
al passato: come si stava bene una volta! non cambierò mai . . .
Si tratta di staticità, di immobilismo, di desiderio di non far
nulla, di rimanere quelli di ieri piuttosto che associarsi a quelli di
oggi.
D’altra parte, ecco coloro che accelerano i cambiamenti, ubbidendo a
un programma radicale. Dicono: scrolliamoci di dosso quanto era di
ieri, dell’anno scorso, e facciamo tutto completamente nuovo.
Atteggiamento contrario, dunque: vale a dire la fretta e, con essa,
la precarietà propria delle cose che mutano inconsideratamente.
Come ci dobbiamo regolare? La cosa è di particolare importanza.
Dapprima dobbiamo fare l’analisi delle idee, delle teorie che abbiamo
ricevuto e ci vennero tramandate. Ad esempio: vi sono state, nella
generazione passata, nel secolo precedente al nostro, delle forme
sociali e spirituali, le quali si sono impresse nelle nostre anime, e
hanno dato una configurazione al nostro popolo. A ricordarne alcune:
le varie correnti anticlericali, marxiste, ecc. Sono forme valide,
queste, oppure no? Il solo enunciato della domanda significa che
dobbiamo avere, oltre che uno spirito vigilante, uno spirito critico.
Saper scegliere, saper giudicare, saper vedere dove sono - come si
dice adesso - i valori che meritano di essere conservati e dove invece
sono gli pseudo valori, le cose che si conservano proprio per
formalismo, per abitudine, per tradizionalismo, per pigrizia. E
quante pigrizie vi sono anche nella nostra, società! Essa è -
l’abbiamo visto - in così evidente e fermentante evoluzione;
eppure, guardate come si aggrappa a tante sue formule divenute ormai
vecchie e sorpassate, e che non hanno la validità per essere oggi
conservate e sviluppate!
Il bisogno di aggiornarsi riguarda anche teorie e movimenti, che ieri
sembravano, nel proprio ambito, intoccabili. Basterà un esempio,
ricordare una formula che ha avuto grande fortuna nei tempi andati e,
sotto certi aspetti, tuttora la mantiene: la lotta dl classe.
Ebbene, che cosa vediamo noi, se vogliamo essere perspicaci e guidati
da spirito scientifico? Che tale proclamata lotta non ha ragione
d’essere, non è una formula buona; va superata e deve essere risolta
in altre enunciazioni più intelligenti, più reali. Proprio in
questi giorni l’Ufficio Internazionale del Lavoro di Ginevra ha
dato conferma della nuova realtà. Bisogna, pertanto, modificare il
modo con cui abbiamo studiato la questione sociale venti, trenta,
cinquant’anni or sono. Essa non è eliminata, ma deve adeguarsi a
nuove realtà, ad altri desideri, altre aspirazioni e possibilità.
La vocazione e i diritti di tutti gli uomini all’eguaglianza, al
complesso organico di una società che collabora in se stessa e si sente
unita da una comunione fondamentale e costituzionale di intelletti e di
volontà: ecco un sistema più consistente di ogni teoria di ieri. E
non avremo noi la capacità di sceverare ciò che è giusto da quanto
non lo è, ciò che è vero da quanto è falso o è mediocremente
valido ed utile? non sapremo scegliere ciò che sul serio è giovevole
a noi?
«NON SI PUÒ FARE A MENO DI CRISTO»
Occorre possedere il senso critico. Per noi cristiani, questa
facoltà va applicata anche a molti elementi che riguardano la nostra
stessa professione religiosa. Noi arriviamo a sottoporre ad un esame
obiettivo la stessa nostra fede: la prendiamo di fronte, e ci
domandiamo, i giovani specialmente, con tutta sincerità: vale?
resiste? è vera? merita? devo mantenerla, o spregiudicatamente
posso trascurarla e persino combatterla? La risposta è unica,
assoluta, irrefutabile: figliuoli, sia in voi salda questa fede;
sappiate che quanto il Cristianesimo vi insegna come vero, è vero;
quel che il Cristianesimo vi insegna come vitale, è vivo; quanto il
Cristianesimo vi insegna come importante, è importante; ciò che il
Cristianesimo vi insegna come necessario, è necessario.
Non si può fare a meno di Cristo. Non si può fare a meno degli
alti valori che ci sono stati largiti dalla Rivelazione di Dio e
vengono tramandati, attraverso i secoli, dalla Chiesa. Sono venuti
a noi come un’eredità di cui non conosciamo l’immensa ricchezza.
Sappiamo però che il Cristianesimo autentico è valore assoluto.
Dobbiamo essere gente di fede che gioca, per così dire, la propria
vita sopra questa scelta e afferma, solenne-mente, irrevocabilmente:
scelgo e credo. Sono sicuro che, fondandomi sulla parola di Cristo,
della quale la Chiesa è garante e maestra, non mi sbaglio. Sono
sicuro che, dando a Cristo la mia adesione, io non l’affido a un
capitano di ventura o ad uno che sarà sconfitto: la offro a Colui che
è stato e sarà sempre il vincitore della vita e della morte.
Infine: tutti sono invitati a meditare un altro fenomeno che possiamo
rilevare agevolmente. Qual è? Il notare che il nostro tempo è
giovane; mira al rinnovamento. Non è un tempo ripiegato su se
stesso; non un periodo di decadenza, in cui predomina la gente
scettica, coloro che fanno quasi la professione di essere trascurati,
ai quali non importa niente di niente. Questi sono falsi profeti; non
possono guidarci; non ci danno l’entusiasmo e la verità delle cose;
non ci infondono le energie e la capacità di godere dell’immenso dono
della vita.
LA CHIESA ALL'AVANGUARDIA DEL
RINNOVAMENTO
Adunque, il nostro tempo è sicuramente epoca di rinnovamento. Dopo
tale rilievo, che cosa vediamo? Che la Chiesa è proprio
all’avanguardia. Essa sta largamente rinnovandosi, nel proposito di
perfezionare tutte le sue cose: il suo catechismo, i suoi riti, la
sua liturgia, le sue associazioni, il suo patrimonio dottrinale.
Vediamo di lasciare quanto è caduco, e lavoriamo, invece, a
conservare integra la sostanza, tutto il seme fecondo.
Il Concilio ci ha prospettato tale rinnovamento. Il Santo Padre si
sofferma ad un solo aspetto. Non avete compreso - Egli dice - che
una delle caratteristiche più evidenti ed importanti del Concilio è
quella che chiama alla partecipazione intrinseca sia della verità, sia
della grazia, sia anche del costume ecclesiale, sia, in una parola,
del funzionamento della Chiesa, tutti e ciascuno? Il Popolo di
Dio, nelle singole persone che lo compongono, come nella sua
collettività, è invitato ad essere più consapevole, più operante,
più vicino ai punti focali dove la essenziale verità del
Cristianesimo viene espressa, particolarmente nella preghiera,
intorno all’altare. Vedete quanto sforzo la Chiesa dispiega per
associare al suo eccelso mandato il Popolo del Signore; perché
ciascuno di voi non sia nel tempio come un numero, come un palo che
nulla riceve ed afferra, e si stanca e si esaurisce nell’attesa che la
funzione si concluda. La Chiesa, al contrario, vi insegna ad
essere, ciascuno, un’anima viva, un’anima parlante, un cuore
pulsante, una coscienza aperta.
ESSENZIALE E SEMPRE ATTUALE IL
COLLOQUIO CON DIO
Con quali finalità? Primo: per il colloquio con Dio. È possibile
ancora agli uomini del nostro tempo, parlare, direi in senso
verticale, direttamente col Cielo? Sì, sì. La preghiera che la
Chiesa ci pone sulle labbra, immette noi, segnatamente con il suo
Rito più augusto, la Messa, nel grande colloquio fra Cielo e
terra. E ciascuno di voi; ciascuno di voi, ragazzi e bambini, voi
donne, voi uomini anche del lavoro, voi gente, che sembrate avere le
labbra sigillate da un mutismo che dura da secoli e deve finalmente
interrompersi, voi siete invitati a dischiudere queste labbra, ad
aprire cioè la vostra anima e pronunciare la sublime invocazione, con
il sacerdote, con Cristo presente: «Padre nostro, che sei nei
Cieli . . .». Sentiremo l’energia potente, sociale e
spirituale, che erompe nel cuore quando sapremo ripetere, con
entusiasmo convinto, questa parola, che si direbbe magica, ma è ben
più: essa è evangelica, divina.
Ecco, conclude il Santo Padre: vogliate, figliuoli: comprendere
il valore di quest’ora che passa sulla nostra società, su voi e i
vostri destini. È un’ora di rinnovamento. Rinnovate, come dice
San Paolo, le vostre coscienze; rinnovate le vostre abitudini, i
vostri costumi, cercando di dare - e qui i giovani possono davvero
esserci testimoni che andiamo incontro ad una loro aspirazione e
prerogativa - cercando di dare alla vostra espressione religiosa il
carattere di autenticità.
IL CONFORTO PIÙ ALTO VIENE DA GESSO:
«NOLITE TIMERE!»
Si tratta di conoscere la verità, di compiere il proprio dovere. È
il compendio d’ogni perfezione: esso indica con sicurezza i bisogni
del cuore e, soprattutto, risponde con fedeltà al messaggio di
Cristo.
Se noi sapremo realmente far questo, la vita che si svolge intorno a
noi, questo tumulto della società moderna, questi incubi e paure che
gravano sulle nostre giornate - guerra, bomba atomica: che sarà
domani?, non si vive più, ecc. - saranno dissipati, poiché la
parola trionfante del Signore viene a noi con il saluto di salvezza,
che il Papa ripete: Nolite timere. Non vogliate angustiarvi. Il
Cristianesimo non può essere vissuto con la paura nel cuore. Procede
e diffonde ovunque i suoi tesori: con l’amore, con la carità; anzi
con la fede, con la speranza, e con la carità.
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