|
CONFERIMENTO DELLE INSEGNE
CARDINALIZIE AI NUOVI PORPORATI
DURANTE UNA SOLENNE CONCELEBRAZIONE
LITURGICA
Giovedì, 25 febbraio 1965
Allocuturi sacram christifidelium contionem, de qua in principe hoc
Petriano templo Noster vehementer laetatur aspectus, praetereaque,
per electrica subtilissima instrumenta, ingentem hominum multitudinem,
toto fere terrarum orbe dispersam, par esse censemus primum ad eos
mentem convertere, quorum praecipue causa haec religiosa caerimonia
hodie peragitur: eos dicimus viros, quos tres ante dies in
Purpuratorum Patrum numerum cooptavimus, non potius ut bene de re
catholica meriti debito afficerentur honore, quam ut supra candelabrum
collocati, lucerent omnibus qui in domo essent, hoc est in Ecclesia
Christi (cfr. Matth. 5, 15); non potius ut artiore quodam
obsequii vinculo Nobiscum essent coniuncti, quam ut Nobis universum
Dei populum regentibus, pascentibus maiore quam ceteri omnes consensu
voluntatum et operum conspiratione adessent.
Salvete igitur vos omnes, qui in Summi Pontificis Senatum recens
allecti estis.
Atque primum salvete vos, Orientales Patriarchae, qui, in
amplissimo hoc ordine, vestra servata praestantia, Ecclesiarum
antiqua et sacra memoria insignium decus et traditas glorias
repraesentatis.
Vos salvete, lectissimi atque magnanimi Praesules, quos christiani
nominis fortiter facta confessio, bonorum omnium admiratione et laude
dignos ubique praestitit.
Salvete vos, clarissimi Pastores, qui ex sanctarum et illustrium
Ecclesiarum alacri sedulaque tamquam cultione, largam meritorum messem
collegistis.
Vos salvete, excellentissimi viri, qui praecipua quadam sollertia
Christi Evangelium hominum animis tradentes vel etiam inculcantes,
eos ad rectioris sanctiorisque vitae studium incendistis.
Salvete vos, denique, viri ornatissimi, qui, in Romana Curia, et
catholicas veritates tuentes, et ecclesiasticas disciplinae normas
servantes, et Summorum Pontificum imperata facientes, toti
Ecclesiae matri nostrae multum utilitatis attulistis.
Neque Nostris dumtaxat verbis salutem vobis dicimus; sed verbis etiam
Patrum Cardinalium, qui vos libentissimo animo acceperunt Collegas;
immo etiam verbis Romanae et universalis Ecclesiae, quae vos, summa
hac dignitate ornatos, et Nobiscum artius coniunctos, tamquam legatos
suos observant.
Sed cum a vobis mens Nostra sponte decurrat ad nationes cuiusque
vestras, ad fideles vobis concreditos, ad hominum communitates
quibuscum quoquo modo consociamini, hos etiam peramanter salvere
iubemus, quos velimus ut delatum vobis honorem et exhibitam
benevolentiam in se ipsos manare existiment.
Ed ora, veneratissimi Fratelli e Figli carissimi, lasciate che
nella lingua italiana a Noi più facile, e perciò con discorso più
familiare e spontaneo, vi invitiamo a entrare con Noi, per brevi
istanti, nella riflessione del vero significato di questa solenne
cerimonia: qual è il suo vero senso interiore, quello che soggiace ai
simboli, oggi adoperati per esprimerlo, quello che ben più del loro
effetto esteriore, interessa i nostri spiriti e riguarda la vita reale
e profonda della santa Chiesa?
Siamo così abituati a pensare per via di immagini e ad esprimerci per
via di segni, di simboli, di gesti rituali, che può avvenire un
arresto del nostro sguardo e della nostra attenzione a questo linguaggio
sensibile, come se ciò bastasse a comprenderne il valore spirituale.
Noi abbiamo imposto abiti sacri e sontuosi sulle persone dei nuovi
Cardinali, li abbiamo rivestiti di porpora, come per antico uso si
conviene a principi e a magistrati, a cui competono le più alte
funzioni di governo e di rappresentanza nella pubblica società.
Metteremo nuovo anello al loro dito, porremo sulle loro teste
simbolici copricapo, berretta e cappello, apriremo le loro labbra a
sapiente parola, scambieremo con loro l’abbraccio fraterno. Oggetti
questi e gesti significativi, come ognuno può comprendere; ma di che
cosa significativi? ancora ci chiediamo. Qual è il senso, quale il
valore di questa singolare cerimonia? Che cosa abbiamo dato
effettivamente a questi nuovi Cardinali ?
La prima e più ovvia risposta è negativa, e sembra svalutare non
solo il fasto esteriore del pubblico Concistoro, ma altresì il suo
contenuto religioso: non abbiamo conferito un sacramento, non abbiamo
nemmeno impartito un insegnamento. Ma non abbiamo compiuto un atto
vano, e vuoto di sacro e di formidabile significato. Noi abbiamo
espresso un’intenzione, Noi abbiamo conferito una potestà, Noi
abbiamo costituito una funzione. Cioè Noi abbiamo chiamato questi
eminenti personaggi della Chiesa cattolica, questi Patriarchi delle
vetuste e sante fondazioni apostoliche, questi Pastori e maestri e
ministri dispensatori dei misteri di Dio al Popolo cristiano, a far
parte di quel sacro Collegio che con la sua autorità, la sua
sapienza, la sua dedizione Ci assiste, fraternamente e filialmente,
col consiglio e con l’opera, nella direzione della Chiesa
universale, secondo il mandato a Noi commesso da nostro Signore
Gesù Cristo, secondo il suo Spirito e il suo Vangelo, secondo le
norme dei sacri canoni a Noi tramandate dai Padri e dalla storia della
Chiesa, e secondo ancora i sempre nuovi bisogni dei tempi.
È un atto questo che si riferisce a quella missione, a quella
investitura, che chiamiamo potestà di giurisdizione, che insieme alla
potestà di santificare e di istruire abbiamo ricevuto, nella pienezza
e nell’universalità propria dell’Apostolo Pietro, dall’unico
Capo della Chiesa, invisibile ora a noi pellegrinanti nel tempo, ma
sempre vivo, e sola fonte di grazia, di verità e di autorità nel suo
Corpo mistico visibile, che è questa sua santa ed apostolica Chiesa
Cattolica. Non procediamo oltre, Fratelli e Figli che Ci
ascoltate, senza aver bene considerato che quanto qui vediamo, che
quanto qui facciamo, tutto deriva da Cristo, tutto si compie nel nome
di Cristo, tutto si celebra in onore di Cristo, «a cui sia onore e
gloria nei secoli dei secoli» (Rom. 16, 27).
È un atto che associa voi, Padri Cardinali, alla Nostra
autorità, al Nostro dovere di guidare la Chiesa intera.
L’autorità è il primo ed autentico carattere del gesto da Noi
compiuto: se mai il senso dell’autorità esalta ed umilia la coscienza
che un uomo ha di se stesso, questo è il momento di sperimentarlo
accanto a Noi, Signori Cardinali; il senso di vertigine, pieno di
ebbrezza e di confusione, per l’altezza, a cui questo episodio dei
divini disegni ci solleva, per la piccolezza, che esso stesso ci
avverte essere sempre nostra. È il caso di ripetere, quasi gemendo,
al Signore: «Elevans allisisti me» (Ps. 101, 11). Tu mi
hai innalzato e Tu mi hai abbattuto; e quasi godendo, con Maria
Santissima, è anche il caso di cantare il «Magnificat».
Nessuna meraviglia che un altro aspetto caratterizzi l’atto compiuto:
con l’autorità la dignità, la preminenza cioè che dev’essere
riconosciuta ai Padri Cardinali in relazione ed in proporzione
all’autorità cui sono associati; ed è questo l’aspetto che il
costume suole rendere più evidente, e che mutando il costume, cioè i
bisogni e i gusti dei tempi, può essere in certe misure e in certe
forme, discutibile e modificabile; è uno (ma non dei più gravi)
pensieri a cui attendono i competenti, nel presente clima di
aggiornamento conciliare. Ma in ogni caso il binomio
autorità-dignità non deve e non può essere scisso, sì bene
dev’essere così osservato e celebrato da fare della dignità la
conseguenza, l’esigenza dell’autorità, e dell’autorità il
sostegno, il contenuto della dignità.
Ma un altro aspetto ancora attrae la nostra attenzione, anch’esso
derivato dal primo, quello, dicevamo, dell’autorità; ed è aspetto
solenne e tremendo: è quello della responsabilità. Non esiste nella
Chiesa autorità che non sia servizio; e non esiste servizio che non
sia responsabile. Ben lo sappiamo: siamo responsabili davanti a Dio
ed a Cristo, donde viene il mandato e la potestà del nostro
servizio; e indirettamente lo siamo davanti alla Chiesa, alla quale
è rivolto il nostro servizio. Quale somma di doveri consegua a questa
situazione, comune ad ogni grado della gerarchia ecclesiastica, ma
tanto più impegnativa quanto più alto è il grado occupato in tale
gerarchia, a tutti è ben noto: e fedeltà, e spirito di sacrificio,
e disinteresse, e zelo, e umiltà, e soprattutto carità; ecco la
corona di virtù che deve qualificare l’uomo posto al governo della
santa Chiesa; con questa successiva avvertenza, anche questa
conosciuta da voi tutti, che mentre nell’esercito della potestà di
ordine il ministro ha funzione semplicemente strumentale,
nell’esercizio invece della potestà di giurisdizione egli funge da
causa seconda, cioè con l’impiego delle sue proprie capacità; il
che esige il dono totale delle forze umane di cui il ministro dispone e
lo studio indefesso per acquisire quella specifica abilità di trattare
con gli uomini, ch’è appunto l’arte di governarli; difficile arte
ma soavissima e degnissima di veri seguaci di Cristo, se essa non
consiste nel dominare il popolo di Dio, ma nell’esercizio forte e
buono dell’amore pastorale.
Ebbene: questo è il significato della cerimonia che stiamo
compiendo. Vorremmo dire: questo è il dono che Noi facciamo a voi,
nuovi membri del Nostro Sacro Collegio cardinalizio. Accettate
questo dono, Noi vi preghiamo. Accettatelo per il valore religioso,
ch’esso contiene. Voi vedete che a questo fine Noi abbiamo voluto
dare al Concistoro un risalto sacro, trasformando la cerimonia
abituale in questa commovente concelebrazione, donde esso può
attingere il suo vero senso profondo e la sua ricchezza di grazia.
Accettate questo dono per ciò ch’esso ha di conforme al grande
disegno di Cristo, che istituendo nella Chiesa l’autorità pastorale
e le sue gerarchie realizza i modi vari e misteriosi della sua
assistenza e della sua presenza nel corso del tempo fra gli uomini, e
organizza fra di loro la carità, in modo che siano i fratelli, resi
padri e ministri, a salvare i fratelli.
Accettate questo dono anche per ciò ch’esso può comportare di
impopolare e di grave; non siano sgradite le parole che vi rivolgiamo
compiendo il rito: «Te intrepidum exhibere debeas»: l’ufficio del
governare gli altri oggi non è senza grande e spirituale fatica; ma
essa è doverosa e provvida, come non mai, anche nell’interno della
santa Chiesa, e deve esercitarsi con vigilanza e saggezza tanto più
amorose e sollecite, quanto maggiore è il bisogno di confortare
l’obbedienza dei fedeli alla fiducia e all’osservanza della norma
ecclesiastica. E nel mondo d’oggi, poi, non è senza rischio; voi
lo sapete.
Quanto a Noi sarà di grande conforto l’avere voi, Padri,
Fratelli e Figli veneratissimi, quali collaboratori, consiglieri ed
amici: il peso delle somme chiavi è ben grave; voi Ci aiuterete a
portarlo. e primo aiuto sarà l’unione, che a Noi e fra voi deve
congiungervi. È questo un antico precetto: «Non sint in vobis
schismata» (1 Cor. 1, 10); ma ad ogni ora deve essere da Noi
non solo ricordato, ma riespresso e riconfermato. Ne avrà esempio e
sostegno la Chiesa intera, che oggi qui rispecchia la sua unità e la
sua cattolicità; e ne avrà edificazione la grande schiera
dell’Episcopato, che Noi sentiamo in questo momento tanto vicino e
tanto solidale in comunione di sentimenti, di propositi e di speranze.
Saluto paterno ai diversi popoli
Un mot, maintenant, aux délégations des pays de langue française,
venues à Rome pour rendre hommage à leurs nouveaux Cardinaux.
Nous n’avons pas à vous redire, chers Fils, Notre bienveillance
envers vos patries: elle est inscrite, pour ainsi dire, dans le choix
même que Nous y avons fait de nouveaux membres du Sacré Collège.
Choix qui honore chacune de vos nations, et crée en même temps pour
elles, en quelque sorte, un gage supplémentaire d’amitié et de
fidélité vis-à-vis du Saint-Siège. C’est un lien de plus qui
s’établit entre elles et Nous, lien qu’il Nous est doux de nouer
de Nos mains, car Nous y voyons l’auspice d’un grand bien spirituel
et moral pour chacun de vos Pays, et l’assurance d’un accroissement
de cordialité dans les relations que plusieurs d’entre eux
entretiennent avec Nous. Ainsi l’Eglise honore vos Patries: mais
celles-ci, à leur tour, honorent l’Eglise en lui donnant
quelques-uns de leurs fils les plus éminents, que le Pape est
heureux de pouvoir compter désormais parmi ses conseillers les plus
intimes et les plus directs dans sa lourde tache de Pasteur suprême du
troupeau du Christ.
Soyez-en vous aussi, chers Fils, heureux et fiers, et que
s’élève vers Dieu, unie à la Notre, la prière de votre humble
et fervente reconnaissance.
* * *
Our sincere paternal greeting to you, Beloved Sons of the
English-speaking world. You represent in the Sacred College the
developing countries, where you and your colleagues in the Hierarchy,
untiring workers in relatively new vineyards, are building up the
Church and organizing its life and works. You represent the Second
Spring foretold by Cardinal Newman in Great Britain, where
Episcopate, clergy and faithful are renewing their zeal and apostolic
fervor, exemplified in the historic See of Westminster. Your
presence recalls the first foundation of Catholicism in the United
States of America, in the Senior See of Baltimore. And the
Metropolitan Archbishop of Armagh evokes by his attendance here the
unflagging faith and worldwide apostolate of the Irish, whose priests
were the leaders in bringing the Gospel blessings to your countries.
May your inclusion in this Consistory signify, not only the diversity
of the Sacred College, but above all the unity in love and respect
which binds you to all its members, to the Vicar of Christ, and to
the universal Church throughout the World!
* * *
Wir möchten nun ein Wort an die deutsche Abordnung richten, die
nach hier gekommen ist, um durch ihre Gegenwart den neuen deutschen
Kardinal zu ehren.
Durch diese Wahl möchten Wir erneut die Hochachtung zum Ausdruck
bringen, die Wir Ihrer deutschen Heimat und Ihrem deutschen Volk
entgegenbringen. Hohe Achtung vor den Jahrhunderte alten Schätzen
deutscher Kultur und Geistesgeschichte. Hochachtung aber auch vor
der Leistung des deutschen Volkes in unseren Tagen: Geistiger und
materieller Wiederaufstieg aus tiefster eigner Not und damit zugleich
tätiges Verständnis für die Völker, die heute noch fremder, das
heisst auch Ihrer Hilfe bedürfen.
Die Kirche möchte durch die Erhebung eines neuen deutchen Kardinal
Ihr Vaterland ehren. Ihr Vaterland aber ehrt zugleich die Kirche,
indem sie einen ihrer vornehmsten Söhne Uns zum Ratgeber schenkt.
Sie aber, geliebte Söhne und Töchter, dürfen über dieses
Ereignis glücklich und stolz sein und Wir bitten Sie, Ihre
Dankgebete mit den Unsern zu vereinen.
* * *
Também não queremos deixar de dirigir uma palavra à delegacção do
Brasil, a qual veio até à Cidade Eterna para homenagear, com sua
presença, o seu novo Cardeal. A vós, amados filhos, vos damos as
boas vindas e vos dizemos que Nos sentimos feliz em contar entre os
Nossos Conselheiros mais um eminente filho da vossa grande Nação.
Esta escolha confirma o amor que sempre dedicamos à Terra de Santa
Cruz, pela qual, a todo o momento, pedimos a Deus a cubra d e
bênçãos, sob os auspícios da sua Padroeira, Virgem da
Aparecida, e assim Cristo Senhor reine verdadeiramente no coração
de todos e de cada um de seus filhos.
|
|