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6 giugno 1975
Venerati Confratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio!
Diletti figli e figlie!
Congregavit nos in unum Chritsti amor. Sì, stamani, nella
Solennità del Cuore di Cristo che è la celebrazione dell'amore di
Cristo, questo stesso amore ci ha qui radunati insieme. Noi ne
godiamo intimamente, come, ne siamo certi, voi tutti ne gioite nel
vostro spirito: perché siamo tutti uniti, noi, insieme con voi,
Vescovi d'Italia, e con i vostri sacerdoti, in questa cerimonia
giubilare che è qualcosa di più di una manifestazione esterna, sia
pur solenne e sentita: essa è il segno visibile di un fatto
interiore, di quella realtà viva che è la Chiesa italiana, qui
presente nei suoi Pastori, raccolti per la loro Assemblea Generale,
nei loro diretti collaboratori, i sacerdoti, come nell'espressione
qualificata del laicato, generoso cooperatore. Sicché la vostra
presenza, qui, presso il trofeo nascosto e splendente del Principe
degli Apostoli, accanto al suo umilissimo Successore, assume il
significato evidente della comunione. Congregavit nos in unun Christi
amor: e tanto di più lo sottolinea la ricchezza della Liturgia del
mistero odierno, celebrazione dell'amore di Dio, che si riverbera
nel cuore umano del Verbo Incarnato. Ce lo ha ricordato S.
Giovanni nella sua prima lettera, or ora udita: «In questo si è
manifestato l'amore di Dio per noi: Dio ha mandato il suo unigenito
Figlio nel mondo, perché noi avessimo la vita per lui . . . Se ci
amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l'amore di lui è
perfetto in noi. Da questo si conosce che noi rimaniamo in lui ed egli
in noi: egli ci ha fatto dono del suo Spirito» (1 Io. 4, 9.
12-13).
Comunione, dunque, che immerge le sue radici nella vita stessa della
SS.ma Trinità. Ma ecco che da questa comunione derivano subito
per noi eletti favori e doveri concreti e stringenti: quelli
dell'unità, della solidarietà, dell'azione concorde che non solo
dev'essere proclamata a parole, ma dimostrata quotidianamente nella
realtà delle azioni: di qui l'importanza dei programmi unitari dei
quali l'Assemblea della C.E.I. e Ia sua assidua attività ci
dànno un'immagine molto confortante; di qui la forza delle
realizzazioni comuni; di qui l'impegno degli sforzi di tutte le
componenti della comunità ecclesiale.
1. Ma in quale spirito dobbiamo compiere tutto questo? Con un
rinnovato impegno, con un rinnovato ardore, con una rinnovata
generosità, che trae la sua norma dalla «metánoia» a tutti imposta
dall'Anno Santo. Se Ia comunione è lo specchio della nostra
realtà interiore e l'espressione della esteriore attività, allora in
questa luce dobbiamo sentire l'obbligo di proseguire con nuovo impulso
l'opera comune di salvezza e di evangelizzazione alla quale ci chiama
la nostra vocazione. Pare a noi che un nuovo periodo di vita
ecclesiale stia delineandosi: occorre che la nostra fedeltà alla
tradizione canonica si esprima in un rinnovato fervore di propositi e di
opere (Cfr. Rom. 12, 2). I tempi esigono da parte nostra,
di Pastori responsabili e coscienti, due cose: un'applicazione
aderente e concorde del grande tesoro di dottrina e di precetti del
recente Concilio, che la Provvidenza ha disposto fosse celebrato
nella nostra generazione; non ieri, non domani, oggi, noi, operai
della vigna del Signore, siamo chiamati ad un lavoro assai impegnativo
(Cfr. Matth. 20, 7); il Concilio deve diventare stimolo
continuo e legge operante della nostra presente vita ecclesiastica.
E seconda cosa: dobbiamo avere una percezione attenta e vigilante
della trasformazione, specialmente nei suoi aspetti culturali, del
mondo in cui siamo chiamati ad operare. E allora, vogliamo noi
accennare insieme per sommi capi a ciò che dobbiamo compiere in questo
nuovo spirito, per ricominciare davvero il compimento d'ella nostra
missione con energie non mai stanche e sempre vigorose? Le vocazioni,
anzitutto! Dobbiamo incominciare di qui per vitalizzare e incrementare
le comunità ecclesiali: diventare maestri di una nuova generazione di
preti, e approfondire la coscienza sacerdotale. Ma è il Vescovo il
primo maestro delle vocazioni nella sua diocesi come della formazione
dei propri sacerdoti, aggiornata e matura, non mai disgiunta da una
intensissima vita spirituale. Questa diretta responsabilità non certo
priva della scelta e valida collaborazione di ottimi Confratelli è
stata espressamente ricordata dal Concilio Vaticano II (Christus
Dominus, 15 et 16; Prerbyterorum Ordinis, 7; Optatam
Totius, 2).
Occorre perciò che sia il Vescovo a interessarsi anche personalmente
dei propri seminaristi e sacerdoti, affinché questi trovino veramente
in lui il Padre, il Consigliere, l'Amico, la guida, il
sostegno, l'aiuto. Occorrerà in pari tempo rispondere
consapevolmente al grave obbligo di dare una formazione apostolica anche
ai laici, a quelli specialmente che accettano di inserirsi nella sempre
attuale formula dell'Azione Cattolica, in un momento come questo di
grande necessità di non far mancare la chiarezza della dottrina, la
forza dei principii, la luce dell'esempio. Anche qui la voce dei
Padri Conciliari è stata categorica: «Spetta alla Gerarchia
promuovere l'apostolato dei laici, fornire i principii e gli aiuti
spirituali, ordinare l'esercizio dell'apostolato medesimo al bene
comune della Chiesa, vigilare affinché la dottrina e 1'ordine siano
rispettati» (Apostolicam Actuositatem, 24). In questa luce,
vediamo con grande consolazione e con lietissima speranza il fenomeno,
in sviluppo, e staremmo per dire, in certi casi sorprendente dei
catechisti: esso è cosa ottima, da incoraggiare con grande sapienza,
perché dimostra la sempre vitale e generosa energia delle giovani forze
della Chiesa. Ed è chiaro il perché: soltanto in una solida
formazione religiosa, in connubio con la vita di grazia, e
nell'esercizio della testimonianza dottrinale, si possono avere
comunità ecclesiali adulte, su cui fare sicuro affidamento per
l'avvenire.
2. Ma noi vogliamo sottolineare anche lo scopo a cui siamo chiamati
oggi nella nostra attività pastorale: ed è quello di essere attivi e
forti. Attivi, anzitutto, perché la logica del Vangelo ci chiama a
spendere i talenti, che ci ha affidato il Signore, senza stancarci,
senza interromperci mai, senza lasciarci sopraffare dalle
preoccupazioni della «routine» : Nec in te patitur Dominus unius
usum esse operis aut laboris, quia, dum vivimus, debemus semper
operari, dice S. Ambrogio (S. AMBROSII Exp. Eu. sec.
Luc. VIII, 31; CC, p. 309). Forse una sottile
tentazione potrebbe introdursi nel Pastore di anime, e il sovraccarico
di lavoro le darebbe facile attenuante: «Tanto oggi c'è la
C.E.I.; c'è chi ci pensa!». È la tentazione di demandare
all'organismo collegiale ciò che solo la personale responsabilità
può realizzare. Siamo tutti convinti che è così, non è vero?
Ciascun Vescovo conserva intera la propria responsabilità, ciascuno
deve proporsi di risolvere personalmente, con l'aiuto del proprio
Presbiterio, i propri problemi immediati, perché ciascuno sarà
giudicato sulla generosità e sull'impegno con cui avrà risposto alla
grazia dello stato: senza peraltro dimenticare, al tempo stesso, che
tutti dobbiamo agire come in un unico concerto, in una unica armonia,
secondo quell'unitarietà di programmi a cui già abbiamo accennato,
che sola assicura la validità delle singole iniziative. Perciò,
fratelli, siate anche forti! Forti nell'incanalare le energie del
bene; forti nel favorire lo sviluppo positivo che avete rilevato nelle
tensioni di rinnovamento e di collaborazione nelle varie componenti
della vita ecclesiale; forti nel rispondere alle difficoltà che hanno
investito un po' tutte le forme associative, e, qua e là, la stessa
vita del clero e delle anime consacrate. Ma forti soprattutto
nell'amore! Attingerete, Fratelli, come ben sapete, tale vera,
indispensabile forza dall'intensità della vita religiosa, sia
personale, che comunitaria e liturgica; e l'attingerete, come s'è
detto, dalla vostra unione.
Ora la vostra unione dev'essere la Conferenza Episcopale, che
egregiamente presiede e provvede ad armonizzare e intensificare la
consistenza religiosa del Popolo italiano. L'unione, si dice, fa
la forza; ma quale forza da codesta unione? La forza dell'amore;
dell'amore pastorale! Amore per gli uomini del nostro tempo; sì, a
questo scopo è consacrata la nostra vita; ma ricordiamo bene come
dobbiamo interpretare questa magnanima e polivalente parola «amore»,
secondo il significato cioè che Cristo le attribuì, di liberazione,
di servizio, di ,sacrificio, se ciò secondo la formula di S.
Paolo che fa della carità e della verità un binomio inscindibile.
Bisogna praticare l'amore secondo le esigenze della vera dottrina,
senza lasciarsi trascinare, con infantile volubilità e con illogica
acquiescenza da ogni vento di pubblica opinione in auge (Cfr. Eph.
4, 14-15), come pur troppo oggi avviene anche in alcuni
impegnati al servizio della fede, i quali, sebbene talvolta con
generose intenzioni, da maestri e guide, come dovrebbero essere, dei
fratelli dispersi su aberranti sentieri, se ne fanno seguaci e
pedissequi, e deviano il dinamismo della nostra carità sociale in
ausilio a sistemi ideologici e pratici, che ne soffocano l'intrinseca
libertà, e ne rifiutano alla fine il religioso valore.
3. Ripetiamo: sia l'amore la nostra fortezza: «Noi abbiamo
riconosciuto e creduto nell'amore!» (1 Io. 4, 16). La
realtà del Cuore di Cristo ci spinge a questo amore, anche in spem
contra spem! Sì, fratelli, oggi la società ha bisogno d'amore:
vi sono disordini sociali, fermenti di disgregazione, errori morali
(droga, perversioni, ecc.) perché forse il nostro popolo, in
alcune espressioni della sua vita (il bisogno di giustizia sociale, ad
esempio, l'impegno del lavoro industriale, lo studio della mentalità
moderna) non ,si è sentito abbastanza amato! Anche nella diffidenza
e nei pregiudizi che tengono lontana dalla Chiesa tanta parte delle
classi sociali più preparate, della cultura, dell'insegnamento,
delle arti, è stata vista, a torto una mancanza d'interesse e
d'amore. Tutti invece debbono sentirsi di casa nella Chiesa, che
non è ostile a nessuno perché a tutti porge la verità, la luce, la
lungimiranza, la pazienza, la pace, la carità di Dio. Ecco la
nostra forza: un maggiore amore, una maggiore bontà: dobbiamo farci
amare di più, amando, farci, come Paolo, «tutto a tutti per fare
tutti salvi» (Cfr. 1 Cor. 9, 22).
È la nostra professione, la nostra vocazione, la nostra tremenda e
corroborante responsabilità. A tanto ci chiama il Cristo, che, per
mezzo nostro - di noi Vescovi, di noi sacerdoti, come dei laici
generosi - vuol far sentire a tutti gli uomini le ansie del suo
Cuore; l'abbiamo udito nel Vangelo: «Venite a me, voi tutti che
siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio
gioco sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore e
troverete ristoro per le vostre anime»! (Matth. 11, 28-29)
Il mondo che soffre nel gelo dell'egoismo e della paura ha bisogno di
risentire questa certezza, che rinnova e avvera per sempre le grandi
parole dell'Alleanza: «Il Signore si è legato a voi, . . .
Il Signore vi ama» (Deut. 7, 7. 8). Sì, Fratelli,
sì, amici: questo il nostro impegno, questa la nostra gloria,
questo il nostro premio. Ci confortino san Pietro e tutti gli
apostoli con la loro eroica testimonianza; ci aiuti la Vergine
Santissima, Madre della Chiesa; ci incoraggi e ci benedica Dio
Padre, Figlio, Spirito Santo. Amen.
Nous saluons, affectueusement, les pèlerins de langue française.
Chers fils et filles, en ce jour où nous célébrons le Cœur du
Christ, demandons au Seigneur de nous combler de son Amour, afin
que nous soyons toujours unis entre nous et avec Lui.
On this solemnity of the Sacred Heart of Jesus, we honour God's
love manifested in his Son. «Beloved, if God has loved us so, we
must have the same love for one another» (1 Io. 4, 11).
Yes, let us open our hearts to love.
Unser herzlicher Gruss gilt auch den Pilgern deutscher Sprache.
Wir feiern heute das Herz-Jesu-Fest. Unser Gebet ist: Herr
bilde unser Herz nach deinem Herzen: demütig, opferstark und
gütig.
Saludamos con paterno afecto a todos cuantos os habeis unido a esta
celebración eucaristica. Y en este día del Sagrado Corazón de
Jesús, pedimos al Señor que sea El quien alimente y renueve
siempre en vosotros los sentimientos de compasión, de amor y de paz.
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