|
Lunedì, 25 dicembre 1972
Adesso la mia parola si rivolge principalmente a voi, Uomini del
cantiere, a voi, Lavoratori, Minatori, Operai, Manovali, e a
quanti con voi sono associati nell’ardua fatica, in quella fisica
specialmente, la quale impone alle membra del corpo sforzo, tensione,
stanchezza, e intorpidisce il pensiero.
Io voglio svegliare un momento la vostra attenzione, e rompere il
sonno a cui avreste ben diritto, per dirvi innanzi tutto perché io
sono venuto questa notte fra voi. Perché venuto? Perché ho una
notizia da portare anche a voi. Vedete: io sono un messaggero;
diciamo la parola giusta: sono un apostolo. Apostolo vuole appunto
significare messaggero, cioè un uomo mandato, un portatore di
notizie; nel caso mio, un portatore d’un annunzio straordinario,
inviato apposta per comunicarvi una buona notizia, in termine proprio
si dice un «vangelo», una comunicazione bellissima, che tutti ci
riguarda, e riguarda anche voi.
Io sento venire da voi due domande; la prima: Chi ti manda? e da
che parte vieni? Tu non sei il Papa, che sta a capo degli altri?
chi può comandare al Papa, e mandarlo come un inviato qualunque?
Ebbene, voi sapete come sono andate le cose: è stato Gesù
Cristo, il Verbo di Dio fatto uomo (del Quale parleremo subito),
che ha scelto dodici suoi apostoli e li ha specializzati in una
particolarissima funzione, quella appunto d’essere i portatori della
sua Parola e dei suoi ordini, e per ciò li ha chiamati «apostoli»
(Luc. 6, 13). Primo fra gli apostoli fu scelto Simone, a cui
Gesù cambiò il nome: «Tu ti chiamerai Pietro!» (Io. 1,
42; Matth. 16, 18), per significare la solidità e la
perennità della funzione a lui affidata. Ebbene chi è il successore
di Pietro? Voi lo sapete, è il Papa. Ebbene, ecco allora Chi
mi manda; mi manda il Signore, Gesù Cristo, del quale, sì,
sono l’apostolo e il vicario, ma sono nello stesso tempo il
servitore, anzi, proprio in forza del ministero, cioè del servizio a
me affidato, sono anche il servitore di tutti, il vostro servitore.
Un servitore, che non ha altro scopo che il bene di tutti, il vostro
bene, in questo momento.
E allora la vostra seconda domanda: Ebbene, quale notizia ci porti?
Noi già la sappiamo: è la notizia che tutti sanno, la notizia che
oggi è Natale. Vero, Figli e Fratelli carissimi: questa è la
notizia, la grande notizia che io vi porto; ed è per essa che si fa
festa. Ma è tale notizia ch’è sempre nuova, perché non è mai
capita abbastanza; anzi molti neppure ci pensano, e molti forse
nemmeno vorrebbero ricordarla. Mentre invece essa riguarda un fatto
talmente straordinario che sorpassa in importanza tutti gli avvenimenti
passati e futuri della storia; e il fatto è questo: il Verbo di
Dio, cioè il Pensiero di Dio, ch’è Dio Lui stesso, si è
fatto uomo, uomo come noi, nostro simile, nostro fratello, nascendo
da Maria, Vergine e Madre, e venendo al mondo, come oggi
ricordiamo, in una stalla, povero come nascendo nessuno lo fu, Lui
padrone del mondo, umile, piccolo, debole, e subito disponibile per
essere avvicinato dalla povera gente . . . A pensarci, viene il
capogiro, per la meraviglia, per la felicità, perché davvero è
così; e perché, altro aspetto stupendo, Gesù (si chiamò così,
Gesù, il Cristo, cioè il Messia), venne al mondo per salvare il
mondo; Gesù è il Salvatore del mondo. Tutto gira intorno a Lui,
tutto si concentra in Lui: Lui è il Signore, Lui il Maestro,
Lui la vita . . .
Quanto, quanto vi sarebbe da dire! Ma ora mi preme far presto, e
rispondere ad un’altra domanda, che forse voi avete in testa: sì,
sì, così sarà; ma questo è un fatto antico, avvenuto 1972
anni fa, in un Paese lontano, in mezzo ad altra gente . . . noi,
come c’entriamo? sarà un avvenimento unico e grande, ma non ci
riguarda; perché il Papa, l’apostolo di quel Signore Gesù,
viene qua, da noi, a raccontarci questo avvenimento sperduto nei
secoli? Noi che ne sappiamo? e infine quale interesse ne abbiamo
noi?
Ebbene, proprio questo a me preme di dirvi, di farvi in qualche modo
capire. Occorrerebbe un lungo discorso; ma voi comprendete subito,
se io vi ripeto le parole con cui l’Angelo annunziò ai Pastori
quella nascita prodigiosa; disse infatti questo splendido Essere
apparso nell’oscurità di quella notte: «oggi è nato un Salvatore
per voi . . .» (Luc. 2, 11). Io ripeto qui: Gesù
Cristo è nato per voi, per ciascuno di voi . . . Come può
essere? così è perché la venuta di Dio nella carne umana è un tale
fatto che dobbiamo dire universale, tocca tutto il genere umano! E
poi Lui, Gesù, entrando nella scena della storia umana ha voluto
incontrarsi di preferenza con gli uomini semplici, umili, poveri; e
proprio con i Lavoratori, perché poi, cresciuto, fu Lui stesso
uomo di comune fatica: fu chiamato «figlio del fabbro» (Marc. 6,
3); Giuseppe infatti, suo padre legale, putativo, faceva il
falegname.
Ogni uomo può dire: Cristo è venuto per me, proprio per me
(Cfr. Gal. 2, 20).
Tanto più ciascuno di voi lo può dire: Dio è venuto al mondo per
me, per incontrarsi con me, per visitare me, per salvare me . . .
Forse non avete mai chiaramente riflesso a questo scopo diretto del
Natale. Cioè quello che io tento ora di farvi capire, di scolpire
nella vostra memoria. Cristo si è fatto come uno di voi per rivelarvi
un segreto che vi riguarda: voi siete amati da Lui! voi siete
l’oggetto, il punto d’arrivo della sua venuta dal cielo. Non siete
gente qualsiasi; non siete dimenticati dal cuore di Cristo, non siete
«emarginati», non siete un semplice numero fra milioni d’altri
numeri; siete l'Uomo, come Lui, siete la persona con cui Egli
vuole trovarsi. Non dubitate: è così, è la verità. Non abbiate
paura: Egli vi conosce, vi vuole bene, vi chiama per nome; Egli è
venuto a cercarvi. E se voi foste poveri figli del mondo, che hanno
smarrito il sentiero del bene, e non sanno come ritornare nella casa di
Dio, il Padre, Egli, se volete, vi prende per mano; anzi, come
è figurato nella parabola della pecora perduta (Luc. 15, 5),
è pronto a prendervi sulle sue spalle e a portarvi di peso nell’ovile
della sua giustizia e della sua felicità.
Vorrei che voi aveste a comprendere la vostra dignità proprio
derivante dal Natale di Cristo. «Egli è la luce che illumina ogni
uomo che viene a questo mondo» (Io. 1, 9). Voi siete in prima
fila. E comprendete allora quale conforto, innanzi tutto, vi può
nascere nel cuore pensando: qualcuno (ed è Cristo) mi ha voluto
bene, qualcuno ha un ricordo affettuoso proprio per me, qualcuno ha
stima di me, qualcuno (e sempre è Cristo) riconosce il rispetto,
la giustizia, il diritto, che mi sono dovuti . . . È Cristo. È
il Maestro, è il Liberatore, è il Salvatore; ed è mio!
E potete allora comprendere come da questo rapporto fra voi e Cristo,
il rapporto che nasce dal suo amore, e che vi associa alla grande
famiglia umana amata e salvata da Lui, la Chiesa, può e deve
nascere una nuova maniera d’essere uomini: diventiamo tutti figli di
Dio, tutti fratelli .,. Non dev’esserci bisogno di fare ricorso
all’odio, alla guerra, alla violenza, all’intrigo per instaurare un
ordine migliore nella convivenza umana, cioè nella società. Se
davvero Cristo la penetra e la cementa col suo amore, dobbiamo e
possiamo sperare che un mondo migliore finalmente nascerà. Quando?
come? non è facile, né questo è il momento di rispondere; ma
questo possiamo dire: oggi comincia, oggi ricomincia.
A voi lo diciamo, perché vi consideriamo i rappresentanti del mondo
del lavoro, anzi del mondo di chi ha fame e sete di giustizia, di chi
è povero, di chi soffre, di chi piange, di chi spera, di chi crede
e prega. A voi, a tutti, e specialmente a cotesto mondo avido di
salvezza e di rinnovamento, di cui oggi in voi vogliamo vedere la
presenza davanti a noi, sì, davanti al vicario di Cristo (un
vicario, come vedete, anche lui misero uomo e bisognoso di
misericordia e di amicizia), noi annunziamo (Cfr. Luc. 4,
18, ss. ): «questo è il giorno che il Signore ha fatto:
esultiamo e rallegriamoci» (Cfr. Ps. 117, 24). È il
Natale!
|
|