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Domenica, 29 ottobre 1972
Venerabili Fratelli e Figli carissimi!
Benediciamo il Signore!
Ecco: Don Rua è stato ora da noi dichiarato «beato»!
Ancora una volta un prodigio è compiuto: sopra la folla della
umanità, sollevato dalle braccia della Chiesa, quest’uomo, invaso
da una levitazione che la grazia accolta e secondata da un cuore
eroicamente fedele ha reso possibile, emerge ad un livello superiore e
luminoso, e fa convergere a sé l’ammirazione e il culto, consentiti
per quei fratelli che, passati all’altra vita, hanno ormai raggiunta
la beatitudine del regno dei cieli.
BONTÀ , MITEZZA, SACRIFICIO
Un esile e consunto profilo di prete, tutto mitezza e bontà, tutto
dovere e sacrificio, si delinea sull’orizzonte della storia, e vi
resterà ormai per sempre: è Don Michele Rua, «beato»!
Siete contenti? Superfluo chiederlo alla triplice Famiglia
Salesiana, che qui e nel mondo esulta con noi, e che trasfonde la sua
gioia in tutta la Chiesa. Dovunque sono i Figli di Don Bosco,
oggi è festa. Ed è festa specialmente per la Chiesa di Torino,
patria terrena del nuovo Beato, la quale vede inserita nella schiera
possiamo dire moderna dei suoi eletti una nuova figura sacerdotale, che
ne documenta le virtù della stirpe civile e cristiana, e che certo ne
promette altra futura fecondità.
Don Rua, «beato». Noi non ne tracceremo ora il profilo
biografico, né faremo il suo panegirico. La sua storia è ormai a
tutti ben nota. Non sono certamente i bravi Salesiani, che lasciano
mancare la celebrità ai loro eroi; ed è questo doveroso omaggio alle
loro virtù che, rendendoli popolari, estende il raggio del loro
esempio e ne moltiplica la benefica efficacia; crea l’epopea, per
l’edificazione del nostro tempo.
E poi, in questo momento nel quale la commozione gaudiosa riempie i
nostri animi, preferiamo piuttosto meditare che ascoltare. Ebbene
meditiamo, un istante, sopra l’aspetto caratteristico di Don Rua,
l’aspetto che lo definisce, e che con un solo sguardo ce lo dice
tutto, ce lo fa capire. Chi è Don Rua?
È il primo successore di Don Bosco, il Santo Fondatore dei
Salesiani. E perché adesso Don Rua è beatificato, cioè
glorificato? è beatificato e glorificato appunto perché suo
successore, cioè continuatore: figlio, discepolo, imitatore; il
quale ha fatto con altri ben si sa, ma primo fra essi, dell’esempio
del Santo una scuola, della sua opera personale un’istituzione
estesa, si può dire, su tutta la terra; della sua vita una storia,
della sua regola uno spirito, della sua santità un tipo, un modello;
ha fatto della sorgente, una corrente, un fiume. Ricordate la
parabola del Vangelo: «il regno dei cieli è simile a grano di
senapa, che un uomo prende e semina nel suo campo; esso è tra i
piccoli di tutti i semi, ma quando è cresciuto è tra i più grandi di
tutti gli erbaggi e diventa pianta, tanto che gli uccelli del cielo
vengono a riposarsi fra i suoi rami» (Matth. 13, 31-32).
La prodigiosa fecondità della famiglia Salesiana, uno dei maggiori e
più significativi fenomeni della perenne vitalità della Chiesa nel
secolo scorso e nel nostro, ha avuto in Don Bosco l’origine, in
Don Rua la continuità. È stato questo suo seguace, che fin dagli
umili inizi di Valdocco, ha servito l’opera Salesiana nella sua
virtualità espansiva, ha capito la felicità della formula, l’ha
sviluppata con coerenza testuale, ma con sempre geniale novità. Don
Rua è stato il fedelissimo, perciò il più umile ed insieme il più
valoroso dei figli di Don Bosco.
UNA TRADIZIONE GLORIOSA
Questo è ormai notissimo; non faremo citazioni, che la
documentazione della vita del nuovo Beato offre con esuberante
abbondanza; ma faremo una sola riflessione, che noi crediamo, oggi
specialmente, molto importante; essa riguarda uno dei valori più
discussi, in bene ed in male, della cultura moderna, vogliamo dire
della tradizione.
Don Rua ha inaugurato una tradizione. La tradizione, che trova
cultori e ammiratori nel campo della cultura umanistica, la storia,
per esempio, il divenire filosofico, non è invece in onore nel campo
operativo, dove piuttosto la rottura della tradizione - la
rivoluzione, il rinnovamento precipitoso, la originalità sempre
insofferente dell’altrui scuola, l’indipendenza dal passato, la
liberazione di ogni vincolo - sembra diventata la norma della
modernità, la condizione del progresso, Non contestiamo ciò che vi
è di salutare e di inevitabile in questo atteggiamento della vita tesa
in avanti, che avanza nel tempo, nell’esperienza e nella conquista
delle realtà circostanti; ma metteremo sull’avviso circa il pericolo
e il danno del ripudio cieco dell’eredità che il passato, mediante
una tradizione saggia e selettiva, trasmette alle nuove generazioni.
Non tenendo nel debito conto questo processo di trasmissione, noi
potremmo perdere il tesoro accumulato della civiltà, ed essere
obbligati a riconoscerci regrediti, non progrediti, e a ricominciare
da capo un’estenuante fatica. Potremmo perdere il tesoro della fede,
che ha le sue radici umane in determinati momenti della storia che fu,
per ritrovarci naufraghi nel pelago misterioso del tempo, senza più
avere né la nozione, né la capacità del cammino da compiere.
Discorso immenso, ma che sorge alla prima pagina della pedagogia
umana, e che ci avverte, se non altro, quale merito abbia ancora il
culto della sapienza dei nostri vecchi, e per noi, figli della
Chiesa, quale dovere e quale bisogno noi abbiamo di attingere dalla
tradizione quella luce amica e perenne, che dal lontano e prossimo
passato proietta i suoi raggi sul nostro progrediente sentiero.
CI INSEGNA AD ESSERE DISCEPOLI D'UN
SUPERIORE MAESTRO
Ma per noi il discorso, davanti a Don Rua, si fa semplice ed
elementare, ma non per questo meno degno di considerazione. Che cosa
c’insegna Don Rua? Come ha egli potuto assurgere alla gloria del
paradiso e all’esaltazione che oggi la Chiesa ne fa? Precisamente,
come dicevamo, Don Rua c’insegna ad essere dei continuatori; cioè
dei seguaci, degli alunni, dei maestri, se volete, purché discepoli
d’un superiore Maestro. Amplifichiamo la lezione che da lui ci
viene: egli insegna ai Salesiani a rimanere Salesiani, figli sempre
fedeli del loro fondatore; e poi a tutti egli c’insegna la riverenza
al magistero, che presiede al pensiero e alla economia della vita
cristiana. Cristo stesso, come Verbo procedente dal Padre, e come
Messia esecutore e interprete della rivelazione a lui relativa, ha
detto di Sé: «la mia dottrina non è mia, ma è di Colui che mi ha
mandato» (Io. 7, 16).
La dignità del discepolo dipende dalla sapienza del Maestro.
L’imitazione nel discepolo non è più passività, né servilità;
è fermento, è perfezione (Cfr. 1 Cor. 4, 16). La
capacità dell’allievo di sviluppare la propria personalità deriva
infatti da quell’arte estrattiva, propria del precettore, la quale
appunto si chiama educazione, arte che guida l’espansione logica, ma
libera e originale delle qualità virtuali dell’allievo. Vogliamo
dire che le virtù, di cui Don Rua ci è modello e di cui la Chiesa
ha fatto titolo per la sua beatificazione, sono ancora quelle
evangeliche degli umili aderenti alla scuola profetica della santità;
degli umili ai quali sono rivelati i misteri più alti della divinità e
dell’umanità (Cfr. Matth. 11, 25).
Se davvero Don Rua si qualifica come il primo continuatore
dell’esempio e dell’opera di Don Bosco, ci piacerà ripensarlo
sempre e venerarlo in questo aspetto ascetico di umiltà e di
dipendenza; ma noi non potremo mai dimenticare l’aspetto operativo di
questo piccolo-grande uomo, tanto più che noi, non alieni dalla
mentalità del nostro tempo, incline a misurare la statura d’un uomo
dalla sua capacità d’azione, avvertiamo d’avere davanti un atleta di
attività apostolica che, sempre sullo stampo di Don Bosco, ma con
dimensioni proprie e crescenti, conferisce a Don Rua le proporzioni
spirituali ed umane della grandezza. Infatti missione grande è la
sua. I biografi ed i critici della sua vita vi hanno riscontrato le
virtù eroiche, che sono i requisiti che la Chiesa esige per l’esito
positivo delle cause di beatificazione e di canonizzazione, e che
suppongono e attestano una straordinaria abbondanza di grazia divina,
prima e somma causa della santità.
La missione che fa grande Don Rua si gemina in due direzioni
esteriori distinte, ma che nel cuore di questo poderoso operaio del
regno di Dio s’intrecciano e si fondono, come di solito avviene nella
forma dell’apostolato che la Provvidenza a lui assegnò: la
Congregazione Salesiana e l’oratorio, cioè le opere per la
gioventù, e quante altre fanno loro corona. Qui il nostro elogio
dovrebbe rivolgersi alla triplice Famiglia religiosa che da Don Bosco
dapprima e poi da Don Rua, con lineare successione ebbe radice,
quella dei Sacerdoti Salesiani, quella delle Figlie di Maria
Ausiliatrice, e quella dei Cooperatori Salesiani, ognuna delle
quali ebbe meraviglioso sviluppo sotto l’impulso metodico e indefesso
del nostro Beato. Basti ricordare che nel ventennio del suo governo
da 64 case salesiane, fondate da Don Bosco durante la sua vita,
esse crebbero fino a 314. Vengono alle labbra, in senso positivo,
le parole della Bibbia: «Qui vi è il dito di Dio!» (Ex. 8,
19). Glorificando Don Rua, noi rendiamo gloria al Signore,
Che ha voluto nella persona di lui, nella crescente schiera dei suoi
Confratelli e nel rapido incremento dell’opera Salesiana manifestare
la sua bontà e la sua potenza, capaci di suscitare anche nel nostro
tempo l’inesausta e meravigliosa vitalità della Chiesa e di offrire
alla sua fatica apostolica i nuovi campi di lavoro pastorale, che
l’impetuoso e disordinato sviluppo sociale ha aperto davanti alla
civiltà cristiana. E salutiamo, festanti con loro di gaudio e di
speranza, tutti i Figli di questa giovane e fiorente Famiglia
Salesiana, che oggi sotto lo sguardo amico e paterno del loro nuovo
Beato rinfrancano il loro passo sulla via erta e diritta dell’ormai
collaudata tradizione di Don Bosco.
IN CRISTO OGNI ARMONIA E FELICITÀ
Poi le opere Salesiane si accendono davanti a noi illuminate dal
Santo Fondatore e con novello splendore del Beato continuatore. È a
voi che guardiamo, giovani della grande scuola Salesiana! Vediamo
riflesso nei vostri volti e splendente nei vostri occhi l’amore di cui
Don Bosco e con lui Don Rua e tutti i loro Confratelli di ieri e di
oggi, e certo di domani, vi ha fatto magnifico schermo. Quanto siete
a noi cari, quanto siete per noi belli, quanto volentieri vi vediamo
allegri, vivaci e moderni; voi siete giovani cresciuti e crescenti in
codesta multiforme e provvidenziale opera Salesiana! Come preme sul
cuore la commozione delle straordinarie cose che il genio di carità di
San Giovanni Bosco e del Beato Michele Rua e dei mille e mille
loro seguaci ha saputo produrre per voi; per voi, specialmente, figli
del popolo, per voi, se bisognosi di assistenza e di aiuto, di
istruzione e di educazione, di allenamento al lavoro e alla preghiera;
per voi, se figli della sventura, o confinati in terre lontane
aspettate chi vi venga vicino, con la sapiente pedagogia preventiva
dell’amicizia, della bontà, della letizia, chi sappia giocare e
dialogare con voi, chi vi faccia buoni e forti facendovi sereni e puri
e bravi e fedeli, chi vi scopra il senso e il dovere della vita, e vi
insegni a trovare in Cristo l’armonia d’ogni cosa! Anche voi oggi
noi salutiamo, e vorremmo tutti voi, alunni piccoli e grandi della
gioconda studiosa e laboriosa palestra Salesiana, e con voi tanti
vostri coetanei delle città e delle campagne, voi delle scuole e dei
campi sportivi, voi del lavoro e della sofferenza, e voi delle nostre
aule di catechismo e delle nostre chiese, sì, vorremmo tutti un
istante chiamarvi sull’«attenti!», ed invitarvi a sollevare gli
sguardi verso questo nuovo Beato Don Michele Rua, che vi ha tanto
amati e che ora per mano nostra, la quale vuol essere quella di
Cristo, a uno a uno, e tutti insieme vi benedice.
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