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Kampala (Uganda), 31 luglio 1969
Signori Cardinali!
Venerati Fratelli!
Fedeli carissimi,
e voi Figli dell’Africa qui presenti!
A voi tutti il Nostro riverente e affettuoso saluto!
Il Nostro saluto di Fratello, di Padre, di Amico, di Servo, ed
ora di ospite vostro! A voi il Nostro saluto di Vescovo di Roma,
di Successore di San Pietro, di Vicario di Cristo, di Pontefice
della Chiesa cattolica, il quale ha la fortuna di essere finalmente,
e per primo Papa, in questa terra Africana. Nel Nostro saluto vi
è quello di tutta la fraternità cattolica; Noi possiamo dire, con
San Paolo: «Vi salutano tutte le Chiese di Cristo» (Rom.
16, 16)!
Ed accogliete questo saluto voi, Signori Cardinali di questo
continente. Noi siamo lieti ed onorati di avervi membri del Sacro
Collegio, Nostri personali consiglieri e collaboratori, autorevoli
rappresentanti della Chiesa africana nei dicasteri della Sede
Apostolica. Grazie del segno della vostra adesione, che Ci date con
la vostra presenza. E grazie a voi, Fratelli carissimi
nell’Episcopato ! Sappiamo le vostre fatiche pastorali e i vostri
meriti! Tutti vi abbracciamo e vi benediciamo! E ai Sacerdoti, ai
Religiosi, alle Religiose, ai Catechisti, ai Maestri, a tutti i
cooperatori del Laicato Cattolico, a tutti i Fedeli: grazie e voti
e benedizioni.
Due sentimenti riempiono in questo momento il Nostro cuore. Un
sentimento di comunione! Noi ringraziamo il Signore, che Ce ne
concede l’ineffabile esperienza. Dobbiamo dirvi che nel desiderio di
questa esperienza spirituale Noi abbiamo intrapreso questo viaggio:
per essere con voi, per godere della comune fede e della comune
carità, che ci uniscono, per affermare, anche sensibilmente, che
siamo un’unica famiglia, nel corpo mistico di Cristo, la sua
Chiesa! Noi dobbiamo dirvi che siamo felici di ripetere qui le parole
dell’Apostolo delle genti: noi siamo «un solo corpo ed un solo
Spirito . . . . chiamati a una sola speranza . . . Un solo
Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio e Padre di
tutti . . .» (Eph. 4, 4-6). Se questo sentimento di
comunione sarà anche in voi, come Noi speriamo, e se esso sarà il
ricordo di questo nostro incontro, Noi potremo dire che il Nostro
viaggio avrà già ottenuto un grande effetto soddisfacente.
Un altro sentimento, Fratelli e Figli, è ora nel Nostro cuore:
quello di profondo rispetto per le vostre persone, per la vostra
terra, per la vostra cultura. Siamo pieni di ammirazione e di
devozione per i vostri Martiri, che Noi siamo venuti ad onorare e ad
invocare. Non abbiamo altro desiderio che di promuovere ciò che voi
siete: cristiani ed africani. Noi vogliamo che la Nostra presenza
fra voi abbia il significato del Nostro riconoscimento della vostra
maturità e del Nostro desiderio di dimostrarvi come la comunione, che
ci unisce, non soffoca,, ma alimenta l’originalità della vostra
personalità individuale, ecclesiale ed anche civile. Noi chiediamo
al Signore la grazia di giovare al vostro incremento, svegliando i
germi buoni e suscitando le energie umane e cristiane, che sono nel
genio della vostra vocazione alla pienezza spirituale e temporale. Non
i Nostri, ma i vostri interessi sono oggetto del Nostro ministero
apostolico.
Questo pensiero Ci consente di dare un brevissimo sguardo riassuntivo
alle questioni caratteristiche della Chiesa Africana. Noi sappiamo
che molte di queste questioni sono state trattate da voi, Vescovi di
questo Continente; e a loro riguardo a Noi non resta che di
apprezzare il vostro studio e di incoraggiare il vostro zelo: abbiate
idee chiare e concordi; e andate avanti metodicamente e
coraggiosamente, con la coscienza d’un grande mandato: costruire la
Chiesa!
Noi Ci limitiamo ora ad accennare ad alcuni aspetti generali della
vita cattolica africana in questo momento storico.
Il primo aspetto Ci sembra questo: voi Africani siete oramai i
missionari di voi stessi. La Chiesa di Cristo è davvero piantata in
questa terra benedetta (cfr. Decr. Ad gentes, n. 6). Un
dovere dobbiamo noi compiere: noi dobbiamo ricordare coloro che hanno
in Africa prima di voi, ed ancora oggi con voi, predicato il
Vangelo, come ci ammonisce la Sacra Scrittura: «Ricordatevi dei
vostri predecessori, che vi hanno annunciato la parola di Dio, e
considerando la fine della loro vita, imitate la loro fede» (Hebr.
13, 7). È una storia che non dobbiamo dimenticare; essa
conferisce alla Chiesa locale la nota della sua autenticità e della
sua nobiltà; la nota «apostolica P; essa è un dramma di carità,
di eroismo, di sacrificio, che fa grande e santa, fin dall’origine,
la Chiesa africana; è una storia, che ancora dura e deve durare per
lungo tempo, anche se voi Africani ne prendete ora la direzione.
L’aiuto di collaboratori, provenienti da altre Chiese, vi è oggi
tuttora necessario: abbiatelo caro, onoratelo e sappiate unirlo alla
vostra opera pastorale.
Missionari di voi stessi: cioè voi Africani dovete proseguire la
costruzione della Chiesa in questo Continente. Le due grandi forze
(oh! quanto differenti e disuguali!), stabilite da Cristo per
edificare la sua Chiesa, devono essere all’opera insieme (cfr. Ad
Gentes, n. 4) con grande intensità: la gerarchia (e intendiamo
con questo nome tutta la struttura sociale, e canonica, responsabile,
umana, visibile della Chiesa: i Vescovi in prima linea), e lo
Spirito Santo (cioè la grazia, con i suoi carismi: cfr.
CONGAR, Esquisses du mystère de l'Eglise, p. 129 ss.)
devono essere all’opera in forma dinamica, come appunto si conviene ad
una Chiesa giovane, chiamata ad offrirsi ad una cultura aperta al
Vangelo, com’è la vostra africana. All’impulso, che veniva alla
fede dell’azione missionaria da Paesi stranieri, deve unirsi e
succedere l’impulso nascente dall’interno dell’Africa. La
Chiesa, per natura sua, rimane sempre missionaria. Ma non più un
giorno chiameremo «missionario» in senso tecnico il vostro
apostolato, ma nativo, indigeno, vostro.
Un lavoro immenso si prepara alle vostre fatiche pastorali; quello
specialmente della formazione dei cristiani, chiamati all’apostolato:
il Clero, i Religiosi, le Religiose, i Catechisti, i Laici
attivi. Dipenderà dalla preparazione di questi elementi locali,
scelti ed operanti del Popolo di Dio, la vitalità, lo sviluppo,
l’avvenire della Chiesa Africana. È chiaro. Questo è il piano
scelto da Cristo: i fratelli devono salvare i fratelli; ma per
compiere questa impresa evangelica che fratelli qualificati siano i
ministri, i servitori, i diffusori della parola, della grazia, della
carità in favore degli altri fratelli, chiamati poi loro stessi a
cooperare all’opera comune di edificare la Chiesa. Voi sapete tutto
questo. Noi non dobbiamo fare altro che incoraggiare e benedire i
vostri propositi.
Una questione molto viva e discussa si presenta alla vostra opera
evangelizzatrice, quella dell’adattamento del Vangelo, della Chiesa
alla cultura africana. La Chiesa deve essere europea, latina,
orientale . . . . ovvero dev’essere africana? Sembra problema
difficile, ed in pratica lo può essere davvero. Ma la soluzione è
pronta, con due risposte: la vostra Chiesa dev’essere innanzitutto
cattolica. Cioè deve essere tutta fondata sul patrimonio identico,
essenziale, costituzionale della medesima dottrina di Cristo e
professata dalla tradizione autentica e autorevole dell’unica e vera
Chiesa. Questa è una esigenza fondamentale e indiscutibile. Tutti
dobbiamo essere gelosi e fieri di quella fede, di cui gli Apostoli
furono gli araldi, i Martiri, cioé i testimoni, furono gli
assertori, i Missionari, cioè furono scrupolosi maestri. Voi
sapete come la Chiesa sia soprattutto tenace, diciamo pure
conservatrice. a questo riguardo. Per impedire che il messaggio della
dottrina rivelata possa alterarsi la Chiesa ha fissato perfino in
alcune formole concettuali e verbali il suo tesoro di verità; ed anche
se queste formole sono alcune volte difficili, essa ci fa obbligo di
conservarle testualmente. Non siamo noi gli inventori della nostra
fede; noi siamo i custodi. Non ogni religiosità è buona, ma solo
quella che interpreta il pensiero di Dio, secondo l’insegnamento del
magistero apostolico, stabilito dall’unico Maestro, Gesù Cristo.
Ma, data questa prima risposta, viene la seconda: l’espressione,
cioè il linguaggio, il modo di manifestare l’unica fede può essere
molteplice e perciò originale e conforme alla lingua, allo stile,
all’indole, al genio, alla cultura di chi professa quella unica
fede. Sotto questo aspetto un pluralismo è legittimo, anzi
auspicabile. Un adattamento della vita cristiana nel campo pastorale,
rituale, didattico e anche spirituale non solo è possibile, ma è
favorito dalla Chiesa. La riforma liturgica, ad esempio, lo dice.
In questo senso voi potete e dovete avere un cristianesimo africano.
Anzi voi avete valori umani e forme caratteristiche di cultura, che
possono assurgere ad una loro perfezione idonea a trovare nel
cristianesimo e per il cristianesimo una genuina e superiore pienezza,
e quindi capace di avere una ricchezza d’espressione sua propria,
veramente africana. Occorrerà forse del tempo. Occorrerà che la
vostra anima africana sia imbevuta profondamente dei segreti carismi del
cristianesimo, afinché poi questi si effondano liberamente, in
bellezza e in sapienza, alla maniera africana. Occorrerà che la
vostra cultura non rifiuti, anzi si giovi di attingere al patrimonio
della tradizione patristica, esegetica, teologica della Chiesa
cattolica i tesori di sapienza, che possono considerarsi universali,
ed in modo speciale quelli che sono più facilmente assimilabili dalla
mentalità africana. Anche l’Occidente ha saputo attingere alle
fonti degli scrittori Africani, come Tertulliano, Optato di
Milevi, Origene, Cipriano, Agostino . . . (cfr. Decr.
Optatam totius, n. 16): questo scambio delle più alte
espressioni del pensiero cristiano alimenta, non altera l’originalità
d’una particolare cultura. Occorrerà un’incubazione del «mistero»
cristiano nel genio del vostro popolo, perché poi la sua voce nativa,
più limpida e più franca, si innalzi armoniosa nel coro delle altre
voci della Chiesa universale. Dobbiamo Noi ricordarvi, a questo
proposito, quanto utile sarà per la Chiesa Africana avere centri di
vita contemplativa e monastica, centri di studi religiosi, centri di
addestramento pastorale? Se voi saprete evitare i pericoli possibili
del pluralismo religioso, e cioè di fare della vostra professione
cristiana una specie di folklorismo locale, ovvero di razzismo
esclusivista o di tribalismo egoista, oppure di separatismo
arbitrario, voi potrete rimanere sinceramente africani anche nella
vostra interpretazione della vita cristiana, voi potrete formulare il
cattolicesimo in termini congeniali alla vostra cultura, e potrete
apportare alla Chiesa cattolica il contributo prezioso e originale
della «negritudine», del quale essa in quest’ora storica ha
particolare bisogno.
La Chiesa Africana ha davanti a sé un compito originale ed immenso:
essa deve rivolgersi come una «madre e maestra» a tutti i figli di
questa terra del sole; essa deve offrire loro un’interpretazione
tradizionale e moderna della vita; essa deve educare il popolo alle
forme nuove dell’organizzazione civile, purificando e conservando
quelle sapienti della famiglia e della comunità; essa deve dare
impulso pedagogico alle vostre virtù individuali e sociali
dell’onestà, della sobrietà, della lealtà; essa deve sviluppare
ogni attività in favore del pubblico bene, la scuola specialmente, e
l’assistenza ai poveri e ai malati; essa deve aiutare l’Africa allo
sviluppo, alla concordia e alla pace.
Sì, sono doveri grandi e sempre nuovi; ne riparleremo; ma Noi vi
diciamo, in nome del Signore, che insieme seguiamo ed amiamo, che
voi ne avete la forza e la grazia, perché voi siete membra vive della
Chiesa cattolica, perché siete cristiani e africani.
Così vi aiuti la Nostra Apostolica Benedizione.
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