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Mercoledì, 28 giugno 1967
Ecco, Signori Cardinali, ecco, venerati Fratelli e diletti
Figli, ecco, illustri Signori, e voi tutti visitatori e fedeli, il
monumento a Papa Giovanni XXIII, che lo ricorderà in questa
Basilica di San Pietro, accanto alla tomba del quale le spoglie
mortali di questo suo successore e Nostro predecessore riposano in
pace, con quelle di tanti altri Pontefici, in attesa della
risurrezione da Cristo promessa. Non è il primo, non è il solo
monumento, che Noi abbiamo avuto la ventura di erigere a memoria e ad
onore di tanto Pontefice: lungo la diritta salita del santuario della
Madonna del Bosco, ad Imbersago, nella arcidiocesi di Milano, in
ottima prospettiva, abbiamo collocato una maestosa statua di Papa
Giovanni, quando ancora egli era in questa vita mortale e quando Noi
avevamo la cura pastorale di quella arcidiocesi; là, in piedi,
paterno e grave, sembra guardare a quei luoghi, che gli furono sacri e
cari, e sembra tendere l’occhio affettuoso verso il non lontano paese
nativo, Sotto il Monte, adagiato sulle vicine colline della sua
prediletta diocesi di Bergamo; monumento anche quello pontificale e
solenne, ma eretto all’aperto e posto in alto per la gioia della sua
gente, quasi «genius loci», e quasi destinato a perpetuare una
presenza del figlio elettissimo nella terra, di cui egli pare
personificare e magnificare le umili grandi virtù; e messo perciò là
come a placare la reciproca nostalgia, sua e dei suoi, per la
lontananza di lui da una sempre bramata conversazione cordiale,
domestica e confidenziale.
UNO SPIRITUALE DOVERE E UNO SLANCIO DEL
CUORE
Questo monumento - opera dell’artista Emilio Greco - che trova
degna sede nella maggiore basilica cattolica, monumento funerario essa
stessa al Principe degli Apostoli, è invece dedicato a Giovanni
XXIII per iniziativa, com’è costume, dei Cardinali «ab eo
creati», fra i quali Noi per primi, non solo, pare a Noi, per
obbedire ad una tradizione, che fa solleciti e pii coloro che dalla
bontà del defunto Pontefice furono chiamati a far parte del Sacro
Collegio, ma altresì per compiere uno spirituale dovere e quasi per
assecondare un bisogno del cuore: quello di sigillare in un’opera
destinata a vincere l’usura dei secoli la risposta alla domanda della
Chiesa e del mondo, entrambi qua pellegrini e qui curiosi: dov’è
Papa Giovanni? e chi era? com’era? domanda che va cercando
l’effigie d’un padre non dimenticato, d’un amico sempre diletto,
d’un personaggio tuttora tipico e caro, quasi vivo non pur nelle
pagine della storia, ma nel cuore degli uomini.
Monumento questo perciò quant’altri mai dedicato alla memoria e
all’onore d’un Papa, ch’ebbe la singolare prerogativa, in grado
non comune, di farsi amare. Ritornano spontanee al nostro spirito le
parole, che ci salirono dal cuore, quando nel Duomo di Milano,
nella festa di Pentecoste del 1963, mentre l’agonia di Giovanni
XXIII teneva in ansia ed in preghiera la Chiesa intera ed il
mondo: «Benedetto questo Papa che ci ha fatto godere un’ora di
paternità e di familiarità spirituale, e che ha insegnato a noi e al
mondo che l’umanità di nessuna altra cosa ha maggior bisogno, quanto
di amore». Amò e fu amato; e questo monumento, come raffigura
Papa Giovanni nell’atteggiamento del suo multiforme apostolico
amore, così vuol essere il segno che tale amore è stato compreso e a
tale paterno amore il nostro filiale risponde.
SINTESI E RICORDO DI AZIONE VASTA E
BENEDETTA
E qui è da notare subito, per riportarne tutti impressione perenne,
il carattere peculiare di questo monumento, che fissa nei nostri
spiriti la direzione dei sentimenti e delle reminiscenze che devono
perpetuare la figura del grande e amabile Pontefice. Il carattere
peculiare, che distingue questo cenotafio dagli altri, onde va
gloriosa questa Basilica, sta nel fatto che l’artista ha avuto il
felice intuito di presentare, ben più che la figura personale del
Papa, l’azione di lui; l’artista lo ha raffigurato non solitario e
maestoso, come appaiono di solito i monumenti destinati a ricordarci la
grandezza dei personaggi ai quali essi sono dedicati, ma emergente da
gruppi umani diversi e compositi, tutti attraversati da un comune
carattere, il dolore, verso i quali, ammantato, sì, di pontificali
indumenti tali da qualificarne la dignità e la missione, egli, il
Papa, con umile passo, con volto affabile, si dirige nell’atto di
proferire una parola, quale l’incontro con l’umana sofferenza può
spontaneamente suggerire. È una scena, più che un’effigie, che noi
abbiamo davanti; una scena plurima e confusa, com’è appunto quella
della vita bisognosa di conforto e di soccorso.
Veramente la scena è duplice, perché, al di sopra di quella delle
umane vicende, un’altra scena agitata e misteriosa è presentata,
dove aleggiano angeli agili e potenti, a ricordare il mondo
spirituale, che tutta pervase l’anima e la vita di Papa Giovanni, e
che tanto più lo rese capace d’amare gli uomini quanto più egli
s’era reso capace, in senso passivo e attivo, dell’amore di Dio.
FEDELTÀ AL PATRIMONIO ANTICO NELLE
MERAVIGLIE DI VERO PROGRESSO
SPIRITUALE
E questa visione sintetica potrebbe a noi ora bastare, non già a
descriverci la lunga e complessa storia di Papa Giovanni, e a dirci
la copiosa ricchezza del suo spirito e della sua attività, ma a
fissare nelle nostre menti il punto focale della sua personalità,
troppo spesso arbitrariamente interpretata, e talora malamente
deformata da chi vorrebbe valersi del suo nome per sostenere qualche
tentativo di indocile eversione delle sacrosante esigenze del dogma e
della legge ecclesiastica: nulla di più estraneo e di più contrario
alla sua indole, buona, sì, ed umanissima, ma ferma ed univoca
nell’affermazione limpida e schietta della sua fede, quant’altre mai
integra, romana e cattolica. Che se l’età nostra volle in lui
riconoscere l’uomo «missus a Deo, cui nomen erat Joannes», che
dischiuse alla Chiesa e al mondo un nuovo cammino - e ciò fu mediante
la convocazione inattesa, ma, per chi conosce le radici interiori
della storia, a quel momento matura, del Concilio ecumenico, e
mediante certe sue coraggiose e famose encicliche, e forse non meno per
quel suo fare dimesso e gioviale, sempre spirante sapienza e bontà,
che trasformò la contenuta venerazione al Papa in fiduciosa simpatia
- il nuovo cammino non fu diversione dall’antico, ma proseguimento,
più sciolto, più rapido, se volete, ma egualmente diritto ed
egualmente sorretto dall’unica forza, che interiormente sospinge alle
sue mete la Chiesa; ed egli, sempre e più d’ogni altro, ebbe di
ciò coscienza e volontà. Citiamo, ad esempio una sua parola (è
del gennaio 1962): «Ben si può dire . . . che tutti ci
sentiamo al traguardo di un’epoca nuova, fondata sulla fedeltà al
patrimonio antico, che si dischiude alle meraviglie di un vero
progresso spirituale: e questo solo da Cristo, re glorioso e
immortale dei secoli e dei popoli, può attendere dignità,
prosperità e benedizione» (Giornale dell’anima, 481).
MIRABILE FUSIONE DI NATURA VIRTÙ
CARISMA DI DIO
Per questo Ci piace ravvisare in questo monumento l’espressione
caratteristica e centrale della personalità di Papa Giovanni, la
bontà, l’amore, il genio pastorale che fa del Vicario di Cristo un
amico degli uomini, il quale muove loro incontro tutto comprensione,
affabilità, richiamo, perdono, conforto, rigenerazione, salvezza,
come nel Vangelo ci appare Gesù. Fu natura in lui tale bontà? se
così, la sua terra ne avrebbe grande merito. Fu virtù? se così,
la sua ascesi sacerdotale ne avrebbe grande gloria. Fu dono e carisma
di Dio? se così, la sua presenza fra noi sarebbe allora per tutti
grazia e mistero. Fu tutto questo insieme, e natura, e virtù e
carisma? Crediamo che sì; ed è per questo che Papa Giovanni fu e
sarà a tutti tanto caro.
Noi ricordiamo d’aver ascoltato un giudizio, quasi una profezia,
pronunciato da persona di acutissimo ingegno, circa un minimo episodio
della vita di Papa Roncalli, relativo al periodo del suo ministero
pastorale quand’egli era Patriarca di Venezia. Monsignor
Roncalli, allora ancora al principio del suo soggiorno colà, amava,
come sempre, uscire nelle ore tranquille della giornata, per fare una
passeggiatina nei dintorni della Basilica di San Marco, in perfetto
incognito, dall’aspetto e dal passo d’un buon parroco qualsiasi. E
fu visto una volta assidersi sopra una panchina, se ben ricordiamo,
della Riva degli Schiavoni, in faccia alla laguna e al suo placido e
piacevole movimento; e accanto a lui sedeva un uomo del popolo, un
gondoliere forse in attesa di clienti, senza che questi sapesse
d’avere vicino a sé Sua Eminenza il Patriarca, un nume per
Venezia! E in quello stupendo dialetto veneziano, che sembra fatto
apposta per chiacchierare, chiacchieravano insieme, l’uno, il
Patriarca, cercando di svegliare nell’altro, il gondoliere, qualche
buon pensiero, così come veniva ragionando dei più semplici casi
della vita quotidiana. Non sappiamo se il gondoliere s’accorse alla
fine chi era il suo interlocutore; ricordiamo invece il commento che
della scenetta, non inconsueta per il Patriarca, ci fece la
perspicace persona, di cui dicevamo: «Certo la popolarità d’un
tale pastore un giorno andrà molto lontano!».
Molto lontano, sì. In omnem terram exivit sonus eius, è il caso
di dire. È arrivata ai confini del mondo, è custodita qui, quella
popolarità; è la popolarità, è la fama, è la gloria d’un Papa
che ha amato e che è stato amato. Gli è dovuto il monumento. E
ringraziamo quanti hanno cooperato ad erigerlo, e quanti qui oggi ed in
futuro vorranno onorare la memoria buona e grande di Papa Giovanni
XXIII.
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