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Lunedì, 15 agosto 1966
NELLA MADRE DI CRISTO E MADRE DELLA
CHIESA IL RIFLESSO AUTENTICO DELLA
PERFEZIONE DI DIO
Al principio dell’omelia, il Santo Padre rivolge un amabile saluto
al Vescovo Suburbicario presente al sacro Rito, il Signor
Cardinale Pizzarda, che spesso ha la gioia di incontrare in questo
territorio della diocesi di Albano, della quale il Papa si sente
partecipe nel periodo della sua residenza in Castel Gandolfo. Il
saluto è accompagnato da lieta constatazione: il rilevare come il
Porporato svolge la propria missione, sempre zelante, vigilante e -
ne sia lodato e ringraziato il Signore - tanto fiorente di salute e
vegeta freschezza. Iddio benedica e ognor più avvalori un così santo
ministero.
Sua Santità tiene, quindi, a rilevare due speciali motivi di
gaudio, derivanti dalla ben riuscita religiosa adunanza. Il primo è
di poter onorare, con una ghirlanda di anime, Maria Santissima nella
sua grande festa di gloria e porgere fervidissimo omaggio alla Madre di
Cristo e Madre nostra.
Le grandi celebrazioni che riguardano il Signore e la celeste Regina
hanno l’inestimabile dono di dischiudere alle nostre anime tesori di
luce, di verità, anzi di realtà, che, proprio con la guida di
Maria, ci fanno meglio comprendere i grandi disegni della
Redenzione.
Il secondo motivo di gioia è, per il Papa, quello di dare il
paterno saluto, oltreché al Cardinale Vescovo come ha fatto
poc’anzi, al Vescovo suffraganeo, a tutto il Clero, incominciando
dal Parroco, che intende incoraggiare e benedire nel suo impegno
pastorale; all’intera dilettissima Parrocchia con tutte le comunità
religiose che qui hanno residenza e svolgono santo apostolato.
Il Santo Padre saluta altresì tutti i cittadini: da quelli delle
Ville Pontificie con il Signor Direttore, ai religiosi della
Specola Vaticana, al Signor Sindaco e a tutta la comunità
municipale. Un particolare ricordo ai fratelli sofferenti di cui al
sacro Rito è intervenuta una notevole rappresentanza.
Nel cordiale adunarsi e ritrovarsi presso la SS.ma Vergine Assunta
in Cielo è la premessa per nuove grazie ed assistenze da parte della
sua materna benignità.
UNA GLORIA INCOMMENSURABILE
Dopo questa premessa il Santo Padre espone agli ascoltatori un
pensiero sopra la festa della Madonna ricorrente il 15 di agosto.
Noi - dice il Papa - non abbiamo neanche la capacità di immaginare
ciò che è la gloria di Maria SS.ma nel Cielo. Cerchiamo, sì,
di usare le espressioni più rispettose della verità, ma quale essa
realmente è le nostre doti sia conoscitive sia immaginative non
riescono a definire. Non riusciamo, anzi, nemmeno a pensare la
pienezza di vita di questo epilogo dei misteri di Maria nella sua
gloria celeste.
Sappiamo che il Signore ha voluto anticipare per Lei quanto ha
promesso a ciascuno di noi: la risurrezione; e ha dato alla Madre sua
nel Paradiso la pienezza di vita, in anima e corpo, che Cristo ha
già assicurato per Sé alla destra di Dio Padre. Si rimane assorti
e quasi abbagliati dalla luce superna, infinita. Eppure è possibile
cogliere qualche nota di consolante elevazione sulla Madonna, seguendo
la traccia segnata dal Concilio. In qual modo esso ci presenta,
nell’esposizione delle grandi verità cristiane, la Santissima
Vergine?
È noto che la Costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen Gentium -
il più importante tra tutti i Documenti - si conclude con un capitolo
concernente la Madonna; ne illustra i titoli di diritto alla
venerazione che noi Le dobbiamo, e i singoli misteri che
L’accompagnano, dall’apparizione meravigliosa di questa Creatura
nella storia umana alla missione che tuttora Ella esercita nel grande
disegno della salvezza.
DUPLICE PREROGATIVA D’ECCELSO ONORE
Numerosi sono gli aspetti con cui la nostra mente è invitata a
considerare questo essere incomparabile, unico: la Madonna. Il
Concilio la considera particolarmente nella sua duplice relazione: con
Cristo, con la Chiesa.
Del Divino Redentore Maria è la Madre; Colei che l’ha portato
nel mondo, e pertanto Maria è associata al grande mistero
dell’Incarnazione, non in una maniera episodica, esterna e
superficiale, bensì in modo essenziale: Maria, è la Madre di
Cristo.
Segue l’altro aspetto - si direbbe di più difficile intuito, ma
tanto caro alla pietà cristiana - riguardante i rapporti di Maria con
la Chiesa, coronati dal solenne riconoscimento che Paolo VI ha
avuto l’onore di tributarle; e cioé: Maria non è soltanto la
Madre di Cristo; è anche la Madre spirituale del Corpo Mistico di
Cristo, cioè della Chiesa: Maria, Mater Ecclesiae!
E qui un aspetto notevole, che invita a riflessione particolare, ci
viene offerto dal Concilio medesimo. Che cosa esso vede in Maria?
E che cosa dobbiamo vedere noi?
IL PIÙ ALTO ESEMPIO E MODELLO
Il Concilio si è soffermato a contemplare la esemplarità di Maria,
la sua tipicità.
Maria è mirabile esempio, modello, specchio. Che cosa riflette?
La perfezione stessa di Dio. La Madonna può essere da noi
contemplata, onorata e conosciuta quale esempio, il più alto,
completo, splendente di Creatura, opera di Dio. Occorre rifarsi a
un principio tanto vitale. Oggi si direbbe perduto il concetto vero
dell’uomo. Più che mai l’umanità si presenta decaduta, guasta,
con il peccato originale penetrato in tutti i rami, nell’intero albero
della nostra vita terrena. E quando facciamo degli studi sull’uomo -
sono, oggi, assai di moda le ricerche e le analisi del genere -
troviamo innumerevoli imperfezioni, miserie, complessi; elementi pur
nobili ed elevati, ma mescolati a profonde manchevolezze. I Santi,
i pensatori le hanno viste e denunciate; il tempo moderno le pone in
più chiara evidenza.
Se però applichiamo questi nostri criteri di studio a Maria, che
cosa deduciamo? Che l’intento divino di fare dell’uomo l’immagine
- vogliamo dire la fotografia, la similitudine - di Dio; questa
proprietà di rispecchiare Iddio è, in Maria, perfetta. Perciò,
guardando alla Madonna, noi cogliamo il riflesso immediato d’una
bellezza vergine, pura, innocente, immacolata, nativa, primigenia,
che non conosceremmo nella sua realtà esattamente se questa candida
Creatura non fosse stata a noi data. È, questo, un cantico che
meditiamo con gioia e con preferenza nella festa dell’Immacolata
Concezione.
Ma torniamo alla letizia ineffabile dell’Assunta. Il Concilio
mette in evidenza un altro aspetto: quello della imitabilità della
Madonna, della sua figura, della sua forma di tipo, nei confronti
della Chiesa, riassumendo frasi e concetti desunti dai Padri,
specialmente da due - che per ragioni particolari al Papa sono molto
cari - e cioè: Sant’Ambrogio, il quale definisce Maria typus
Ecclesiae, l’immagine della Chiesa; e S. Agostino, che ripete
con parole anche più chiare ed incisive lo stesso concetto.
LA MADONNA, IMMAGINE DELLA CHIESA
Come mai la Madonna è immagine della Chiesa? Intanto Maria è
membro della Chiesa, è figlia anche Lei della Chiesa e della
Chiesa fa parte. Ma, contemporaneamente, Ella riassume in se
stessa tutte le doti dal Signore largite a questa sua mistica Sposa:
la Chiesa. Soprattutto i Santi testé ricordati hanno visto nella
Madonna la verginità congiunta alla maternità. Come la Chiesa è
vergine e madre e genera i cristiani con la sua proprietà mistica
costituita dalla grazia prodotta dai Sacramenti, così Maria
generò, Vergine e Madre, il Cristo nella carne, per cui il Verbo
di Dio divenne nostro fratello. Inoltre la similitudine, il rapporto
fra Maria e la Chiesa può ancora procedere e mostrare in Maria tutta
la perfezione acquisita dai Santi, e dai giusti in genere.
Troviamo in Maria, in grado di somma pienezza, la santità di cui
gode la Chiesa: Ella è, per eccellenza, la Regina, lo Specchio
di giustizia, la Stella del mattino, Colei verso la quale l’intera
Chiesa si orienta, quando vuole accentuare la propria elettissima
vocazione ad essere sempre e dovunque interamente di Cristo.
Tale realtà ci autorizza, anzi ci sollecita a vedere in Maria tutti
gli aspetti che la rendono a noi maestra, e da noi imitabile,
particolarmente, dice il Concilio, nella fede, speranza e carità,
le virtù cioè che ci uniscono a Dio, le virtù teologali. Maria è
stata perfetta nel vincolo che queste virtù fondamentali stabiliscono
tra, Dio e le anime. E noi, guardando alla Madonna, siamo appunto
sollecitati ed invitati ad operare con fede: Beata quae credidisti;
ad avere ogni fiducia in Cristo; ad amarlo come Maria ha amato e
lodato il Signore: Fecit mihi magna qui potens est.
E tutte le altre virtù umane che sembrano umili e più accessibili ai
nostri poveri passi erranti sulla terra? Le troviamo in Maria. Il
Vangelo, pur nelle sue linee semplici e sobrie, ne parla abbastanza
perché il nostro entusiasmo e la nostra devozione, il nostro proposito
di imitare la Madonna siano convinti, infervorati e come riassunti
nell’odierna solennità. Vogliamo essere tutti seguaci, alunni,
figli, discepoli di tanta Madre.
SGUARDO ALL'UOMO: OSTACOLI DA SUPERARE
Se dalla Madonna volgiamo lo sguardo a noi, troviamo, in
quest’ordine di considerazioni, un inciampo, una obiezione. E
cioè: la superiore pedagogia di imitare non raccoglie, in genere, il
consenso della mentalità moderna. Oggi non si vuole imitare.
L’uomo si dichiara e vuol essere sufficiente a se stesso, pieno di
sé. Non intende chiedere ad altri come deve esprimersi e come
comportarsi: pretende di trarre dal proprio essere tutto ciò che può
formare oggetto delle sue aspirazioni. Una frase - che ha avuto molto
corso anche nell’ambiente politico, suscitando pure accese polemiche
- sintetizza il fenomeno: l’uomo moderno ha il culto della propria
personalità. Si dichiara egocentrico e vuole svilupparsi con tutte le
proprie attitudini. Molto spesso con i capricci, le passioni, gli
istinti, i desideri non leciti, vuole raggiungere una pienezza attinta
unicamente a se medesimo, non modellata, non rispecchiata su qualche
inclito esempio che dice: qui sta l’uomo perfetto, l’eroe,
l’apostolo, il santo. Al contrario, l’uomo persiste a ritenersi
pago delle sole sue forze e del genio di sviluppo che ritiene racchiuso
nel proprio animo.
Che dire, al riguardo? Anzitutto occorre dichiarare la realtà: non
è vero che l’uomo sia contento di se stesso e non abbia più il
senso, il gusto, il bisogno della imitazione. Anzi - si deve
aggiungere - egli sente questa in modo eccessivo. Senza dubbio al
tempo nostro è in auge una estesa propaganda per lo sviluppo della
personalità; ma, nel contempo, - e lo notiamo, purtroppo, in
tanta parte della nostra gioventù - c’è un gregarismo, una
frequenza di imitare, un modellarsi sui gusti altrui, un correre alla
sequela di quanti sono proclamati i «divi», le «dive», e
l’uniformarsi ad esempi che la pubblicità, col favore del popolo,
propone - e alcune volte in quali meschine ed ignobili forme! - da
far naufragare ogni velleità di affermazione personale. Spettacolo
triste: bisognerebbe quasi vergognarsi di essere tratti
all’accostamento, al consenso per individui che non si vorrebbe mai
chiamare col vero nome; tanto meno, poi, raccoglierne le sembianze.
Eppure l’illogico fenomeno esiste. La gente va alla ricerca del
tipo, del modello, del figurino; di colui o di colei che comunque
impersoni un modo di vivere.
UNA SUPERIORE PEDAGOGIA DI VITA
Il che viene a confermare che la pedagogia della Chiesa, la quale
propone un ideale - e quanto mirabile! - non è una pedagogia
anacronistica e fuori tempo o inadeguata. Risponde invece, e
appieno, alle aspirazioni sconfinate e sempre acute nel cuore moderno.
Se si chiedesse alla gioventù, a tutti: non avete voi il desiderio
della bellezza, della grandezza, della dignità morale,
dell’eroismo, della bontà, dell’interpretazione giusta ed
esauriente della definizione dell’uomo? Sì, sì, sarebbe la
risposta; noi ci proponiamo, vogliamo ancora questi ideali. E,
allora, dove cercarli? La Chiesa pone davanti a tutte le
incalcolabili attese del cuore umano, ben dirigendone il dramma e il
tormento, l’invito a guardare alla Madre, a Colei che impersona
veramente la originaria, autentica idea di che cosa è l’uomo;
immagine di Dio. Guarda a Maria - dice il materno richiamo - che
è il modello della Chiesa e, piena di grazia, contiene in Se stessa
tutto quanto la Chiesa può dare. Sii ammiratore, sii capace di
scrutare, almeno con qualche sentimento, con qualche nostalgia buona,
questo ideale purissimo di umanità che è la Madonna; di elevarti e
rivolgerti a Lei con qualche preghiera.
«GUARDIAMO A TE, O MARIA!»
Un piccolo ricordo. Nell’istituto dove il Papa andava a scuola
nella sua fanciullezza, c’era un cortile, e sulla parete principale
gli educatori, i Padri Gesuiti, avevano collocato una statua della
Madonna con una iscrizione semplice, popolare, ma oltremodo
eloquente. Diceva: Maria, dall’alto, guarda sui figli.
Ebbene, la bella frase, il riconoscimento dello sguardo che Maria fa
scendere sopra di noi, può essere sempre accolto, trasformato,
anzi, in volenterosa risposta: E noi, dal basso, guardiamo a Te,
o Maria!
Il mirare alla Vergine Santissima è davvero atto consolatore,
orientatore; e conferma nella nostra anima l’insegnamento testé
ricordato: la fede, la speranza, la carità, le altre virtù.
Dirige, in tal modo la nostra vita, oltre i termini della esistenza
terrena, a quanto sarà al di là dei confini del tempo presente e dopo
la scena umana transeunte ed effimera. Maria specialmente con questa
festa bellissima, ci guida a questo eternale futuro; ce lo fa anelare
e scorgere; ce ne dà la speranza, la certezza, il desiderio.
Sorretti da così splendente realtà, sapremo, con gioia indicibile,
che il nostro umile e faticoso pellegrinaggio terreno, illuminato da
Maria, si trasforma nel cammino sicuro - iter para tutum - verso il
Paradiso.
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