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Sabato, 2 febbraio 1974
L’odierna assemblea di anime vibranti di pietà e d’amore a Cristo e
alla Vergine ci offre motivi di particolare consolazione.
Desideriamo anzitutto esprimere il nostro saluto ai nostri venerati
fratelli i cardinali Paolo Marella, Arciprete di questa Patriarcale
Basilica Vaticana, Arturo Tabera Araoz, Prefetto della Sacra
Congregazione per i Religiosi e gli Istituti Secolari, e Ugo
Paletti, nostro Vicario Generale per la diocesi di Roma, i quali,
con la loro presenza, tanto significativa, ci danno una nuova
testimonianza della loro pastorale sensibilità e del loro spirito di
servizio ecclesiale.
Salutiamo e ringraziamo altresì i membri dei capitoli delle quattro
Basiliche Romane, che ci offrono, secondo l’antica tradizione, il
cero, simbolo di quella fede che arde e splende, irradiandosi dai
templi insigni che rappresentano, e segno della loro devozione schietta
alla cattedra ed al Successore di Pietro.
Si rinnova oggi per noi la gioia di un incontro spirituale con la
grande famiglia delle religiose di Roma nel giorno della Presentazione
del Signore, che ha tanti punti di contatto, tante affinità
spirituali con la vostra vocazione di anime consacrate a Dio. Per
questo abbiamo voluto celebrare con voi questa festa di luce e di
amore, accentuando il carattere che già le imprimemmo l’anno scorso:
se allora occupaste un posto di privilegio nel tradizionale incontro
festoso, quest’anno l’abbiamo voluto dedicare principalmente e quasi
esclusivamente a voi, suore carissime.
Perché? Ma il perché lo sapete, né vorremmo ripetere quanto
avemmo occasione di dirvi un anno fa (Cfr. AAS 65, 1973,
pp. 91-93). Tale perché si riassume in una sola parola,
quella grande, splendida, consolante parola del Concilio Vaticano
II, rivolta a tutti i religiosi: «poiché i consigli evangelici,
per mezzo della carità alla quale conducono, congiungono in modo
speciale i loro seguaci alla Chiesa e al suo mistero, la loro vita
spirituale deve pure essere consacrata al bene di tutta la Chiesa»
(Lumen Gentium, 44). Sì, figlie carissime in Cristo: siete
consacrate al bene di tutta la Chiesa! Questa la vostra definizione,
questo il vostro vanto, questo il vostro sacrificio quotidiano, questo
il vostro traguardo, questa la vostra corona; non altro, non altro
motivo vi ha tratte a donare la vostra vita a Cristo Gesù, per le
mani di Maria, se non questo: servire, servire le anime, servire la
Chiesa, tutta la Chiesa. Lasciamo che chi non conosce o dimentica
queste realtà possa chiamare in causa il vostro stato, criticarlo,
discuterlo, forse deprezzarlo; ma la vostra vocazione è qui, è
tutta qui, in questa oblazione totale alla Chiesa, sia che le vostre
vite si dipanino nel segreto operoso e crocifiggente della clausura,
sia che si svolgano sulle innumeri vie della carità, che vi fa
instancabili e vi lancia al servizio di tutte le necessità umane. La
vostra verginità - usiamo le parole stesse di Papa Giovanni
XXIII di v.m., nella sua allocuzione alle religiose in occasione
della chiusura del Sinodo di Roma - la vostra verginità «si volge
ai malati, agli anziani, ai poveri, agli orfani, alle vedove, alle
adolescenti, ai bambini: passa come Angelo luminoso e benefico nelle
corsie degli ospedali e dei ricoveri, si china piena di bontà e di
pazienza sugli alunni delle scuole, e su la solitudine dei sofferenti,
a tergere lacrime sconosciute al mondo, ad accendere sorrisi e sguardi
riconoscenti.
Verginità santa che trova la via sicura ed irresistibile dei cuori,
per illuminare gli indotti, consigliare i dubbiosi, insegnare agli
ignoranti, ammonire i peccatori, consolare gli afflitti, richiamare
gli erranti, sollevare entusiasmi di cooperazione apostolica e
missionaria» (29 gennaio 1960; cfr. Discorsi, II, p.
183).
Questa realtà vogliamo proporre davanti alla comunità ecclesiale di
Roma, e, oltre essa, a tutta la Chiesa, che deve trovare in voi
religiose l’esempio vivo di un’esistenza consacrata a Dio senza
cedimenti e senza rimpianti, con fervore lietamente rinnovantesi ogni
mattina. Ma parimente a questa realtà vogliamo incoraggiare voi, che
ne siete le protagoniste, affinché, se mai la tentazione del dubbio,
dello scoraggiamento, della debolezza, della mimesi con deplorevoli
esempi altrui, avesse potuto sfiorarvi, o, Dio non voglia, snervare
il primitivo vostro proposito, sappiate confrontarvi continuamente con
la grandezza dei compiti che avete liberamente scelti, e riprendere
ogni giorno le energie necessarie.
La Liturgia del giorno fa, per questo, convergere i nostri occhi, i
nostri pensieri verso Colui che è il centro non solo dell’odierno
episodio evangelico, ma di tutto il Vangelo, anzi di tutta la storia
umana e divina, Cristo Gesù, che si offre al Padre
nell’accettazione fondamentale e determinante della sua Volontà: il
suo atteggiamento è quello della disponibilità totale: «olocausti e
sacrifici per il peccato tu non hai gradito. Allora dissi: Ecco che
io vengo – di me sta scritto nel rotolo del Libro - per fare, o
Dio, la tua Volontà» (Ps. 39, 7-9; Hebr. 10,
5-7).
Cristo, che avanza nel tempio del Padre, portato sulle braccia di
Maria - accolto dall’amore veggente, mosso dallo Spirito Santo,
di anime grandi e umili come il vecchio Simeone e Anna la profetessa
- è il modello, il tipo, l’ispiratore di ogni consacrazione.
Lui vi attira potentemente e dolcemente a conformarvi alla oblazione
costante che richiede la vostra vocazione, Lui vi sostiene, Lui vi
conforta, Lui vi incoraggia, Lui vi stimola, Lui, se necessario,
vi rimprovera.
E accanto al Divino Esemplare di ogni santità «per noi sapienza e
giustizia e santificazione e redenzione» (1 Cor. 1. 30), la
Liturgia ci mostra la Vergine della Presentazione, Colei che,
strettamente congiunta alla oblazione del Figlio, diventa per tutte le
anime verginali esempio di donazione consapevole e generosa, di
collaborazione stretta ai disegni di Dio, di presenza silenziosa ed
efficace accanto al Salvatore, per la salvezza del mondo. Nel
chiarore mattinale dell’episodio evangelico, che è come l’offertorio
del grande atto sacrificale e redentivo della vita di Gesù, Maria è
accanto al Figlio, resa consapevole del suo ruolo doloroso dalla
profezia, e già socia precorritrice della Passione. Essa dunque
tutte vi interpella, Figlie carissime, a far vostro il suo
atteggiamento interiore, a imitare anche voi questa disponibilità
totale, a non lasciarvi mai andare, ma a proseguire gioiosamente sulla
via che avete preso.
E così il cero che portate, col suo profondo e molteplice
simbolismo, diventa perciò il segno visibile di questa vostra sequela
di Cristo e di Maria; è tutto un brulicare di fiammelle, alimentate
alla fonte stessa della santità e della grazia, che fanno corteo
festoso e interminabile sulle orme del Salvatore e della Madre Sua,
facendo risplendere nel mondo, spesso avido ed egoista, la luce della
carità disinteressata e pura, della immolazione senza contraccambio,
della fedeltà alle gravi responsabilità della vita con «la
testimonianza evangelica» della propria esistenza, protesa in alto a
dar luce e calore, come la fiamma del cero.
Noi vi siamo vicini, religiose di Roma e del mondo, in questo vostro
impegno quotidiano, per il quale eleviamo la nostra umile preghiera;
vi ringraziamo per il posto che tenete nella Chiesa, per l’esempio
che date, per l’irradiazione dei più grandi valori umani e
cristiani; e auspichiamo che questi ideali vi trovino sempre pronte e
allenate, sempre desiderose di far meglio, sempre sincere nella
ricerca dell’autentico spirito evangelico, che qualifica e sostiene la
vostra vita consacrata.
L’Apostolica Benedizione vi sia pegno di questa grande, paterna
benevolenza: la estendiamo a tutte le vostre consorelle, alle persone
e alle opere alle quali vi dedicate, affinché in tutte sia la pace e
il gaudio di Dio.
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