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Festa della Presentazione di Gesù al Tempio
Lunedì, 3 febbraio 1969
Figli carissimi!
Prendiamo visione con affettuoso interesse della scena che Ci offre la
vostra presenza: ecco davanti a Noi la Nostra Roma ecclesiastica:
sono qui i rappresentanti del clero diocesano e religioso dell’Urbe;
quelli cioè dei Capitoli delle Basiliche patriarcali e delle altre
Basiliche minori e delle Collegiate, quelli delle Parrocchie, delle
Accademie, degli Istituti e dei Collegi ecclesiastici, dei
Seminari, delle Università pontificie delle Case generalizie delle
Famiglie religiose maschili residenti a Roma, quelli delle
Confraternite e di altre storiche istituzioni: come l’Ordine di
Malta e del Santo Sepolcro, e di altre molte; non mancano anche
alcune rappresentanze dell’innumerevole schiera delle Religiose e
delle opere e associazioni del Laicato cattolico. Una grande
comunità ecclesiale, come soltanto Roma ha la fortuna di possedere e
la missione di ospitare, che documenta col numero, con la varietà,
con le sue derivazioni storiche e canoniche, ma soprattutto con
l’unità della sua fede, con la carità della sua coesione, con le
finalità della sua esistenza, che qui la Chiesa di Cristo è una ed
è cattolica; ed è viva.
Non è quadro nuovo quello che Noi abbiamo l’occasione di vedere
raccolto d’intorno a Noi; ma è sempre un quadro che Noi
contempliamo, non già per vana compiacenza, ma per amorosa e doverosa
attenzione al prodigio storico, spirituale e profetico ch’esso pone
davanti al Nostro spirito, quasi a darCi segno di un’economia
divina, qui visibile, qui in via di svolgimento per virtù dello
Spirito Santo e per buon volere di anime forti e pie, qui garante
d’una imperitura promessa di Cristo, qui ammonitrice delle nostre
responsabilità, qui invitante a perseguire con fiducia, non fondata
sulle nostre forze, la non mai finita nel tempo edificazione della
Chiesa di Dio.
IL SIGNIFICATO SPIRITUALE ED
ECCLESIALE DELL’OFFERTA
Ringraziamo il Signore che Ci offre questa incomparabile
consolazione: e siamo riconoscenti a voi, a voi tutti, carissimi
Figli, che, per sua grazia, Ce la procurate.
Noi pensiamo che voi pure, quanti siete presenti a questa annuale
cerimonia, ne sappiate ammirare non tanto la sua scena esteriore,
quanto il suo spirituale ed ecclesiale significato, e che anche voi ne
abbiate interiore godimento.
Quale significato? La festa liturgica, che dà motivo alla cerimonia
stessa, non uno solo, ma parecchi significati e pieni tutti di
dottrina e di morali precetti offrirebbe alla nostra meditazione; ma
ora fermiamo l’attenzione sopra uno solo, quello che Ci sembra reso
più evidente dall’atto che voi siete accorsi qua per compiere, Nomi
presenti.
Quale atto? L’oblazione dei ceri. Ogni cero è simbolo d’una
oblazione; ogni oblazione vuol essere segno d’un sentimento,
professione d’un proposito da parte di ciascuno di voi e da parte
dell’ente ecclesiastico rappresentato, che così la compie e la
esprime. Com’è bella, com’è densa di senso e di valore una
oblazione, quale voi state facendo! Voi ravvivate ora in voi stessi
la coscienza del vincolo indelebile che a Cristo vi unisce e vi fa
membra viventi del suo Corpo mistico; la maggior parte di voi,
ecclesiastici e religiosi, ha rafforzato tale vincolo con un atto,
sacramentale o canonico, di consacrazione al Signore, qualificato da
alcuni caratteri superlativi: di decisivo, di totale, di unico, di
definitivo . . . che vogliono dire quanto di più libero, di più
profondo, e di più personale, staremmo quasi per dire di più
carismatico, può concepire il cuore umano, il dono d’amore
assoluto, quasi a rispondere in misura meno sproporzionata ed in
maniera meno indegna alla scoperta del dono d’amore infinitamente
gratuito ed eroico, fatto a noi da Cristo: «Dilexit me, et
tradidit semetipsum pro me» (Gal. 2, 20). L’oblazione è
un’espressione dello stato d’unione vitale a Cristo, è una
professione di fedeltà alla sua Parola e alla sua sequela, è la
rinuncia al proprio egoismo, è il superamento della concezione
idolatra della propria sovrana personalità, P l’adesione al servizio
umile ed effettivo di Cristo. Voi certo avete continuamente nel cuore
questo senso vincolante e liberatore della vostra dipendenza da Lui,
in un certo senso pi6 preziosa della stessa vita naturale: adesso,
con l’atto che state compiendo, voi lo manifestate, lo confermate,
lo vivete. Questo è il significato dell’offerta del ‘cero, che
depositate nelle Nostre mani, in onore della Madre di Cristo.
E sono codeste due circostanze di grande rilievo.
OBBEDIENZA ALLA POTESTÀ DEL MANDATO PONTIFICIO
E PASTORALE DEL PAPA
Perché portate a Noi il simbolo della vostra dedizione a Cristo?
Si perpetua forse in questo rito un superstite residuo di soggezione
feudale? È la consuetudine secolare di rendere onore all’antico
principato temporale del Papa, che suggerisce inconsciamente la
ripetizione del gesto tradizionale? No, certo. Non vogliamo
guardare indietro nelle memorie storiche per renderci ragione di esso;
guardiamo al presente, e guardiamo non soltanto all’ambito
circoscritto di questa cerimonia, ma altresì al mondo, ecclesiastico
e profano, del nostro tempo. Voi Ci portate il vostro omaggio,
che, dicevamo, simboleggia la vostra oblazione a Cristo Signore,
perché con la fede, che vede trasfigurata la Nostra meschina e
indegna persona umana in quella di Vicario di Cristo, voi volete
aggiungere al valore spirituale della vostra offerta quello sociale,
esteriore, visibile ed esemplare, quello che la riconosce nella sua
autenticità ecclesiale, quello che le conferisce il merito
d’inserirsi nella comunione di fede e di carità propria della
Chiesa, quello che attesta il vostro riconoscimento e la vostra
obbedienza alla potestà del Nostro ufficio pontificale e pastorale,
quale da Cristo istituito e suffragato dalla sua misteriosa
assistenza. Vi diremo che un tale omaggio Ci torna oggi
particolarmente gradito, oh! non già per un qualsiasi Nostro
vantaggio, ma per il conforto e per l’aiuto ch’esso reca al Nostro
ministero, al bene cioè della Chiesa romana e cattolica, che il
Signore ha voluto affidare alle Nostre cure, le quali, umanamente
parlando, hanno precisamente bisogno di codesta spontanea e cordiale
corrispondenza per essere salutari ed efficaci. Come Noi, pastori
del gregge di Cristo, potremmo essere indifferenti a tale
corrispondenza? Come Noi, incaricati del magistero del suo
Vangelo, non Ci dovremo dire incoraggiati di saperci circondati da
figli attenti ed ossequienti all’insegnamento, che in nome di Cristo
dobbiamo annunciare? Come Noi, apostoli del messaggio della fede e
della salvezza, non dovremo dirci felici che Tu, o Chiesa di Roma,
sei vicina, sei pronta a far comprendere, a sostenere, e a dilatare
la Nostra faticosa opera di evangelizzazione nella società
contemporanea?
ONORARE LA MADONNA PER MEGLIO CAPIRE
IL MISTERO DELLA CHIESA
Ecco: parli ancora il simbolo dei ceri da voi portati. Sapete quale
uso Noi ne faremo? Noi invieremo questi ceri ai Nostri Fratelli
Vescovi dell’America Latina, molti dei quali personalmente, e
tutti spiritualmente, abbiamo, nell’agosto scorso, incontrati in
occasione del Nostro viaggio a Bogotà, per la celebrazione del
Congresso Eucaristico Internazionale e della Conferenza Episcopale
colà inaugurata; e pregheremo ciascuno di quei venerati Fratelli di
accendere uno dei vostri ceri, quello rispettivamente destinatogli,
nella grande Liturgia pasquale, così che, per merito vostro e per
Nostro invito, il Lumen Christi della Risurrezione risplenda in
tutte le Cattedrali di quel Continente.
E l’altra circostanza, che Ci piace rilevare, è l’intenzione che
ispira la vostra offerta dei ceri; quella, dicevamo, di onorare la
benedetta Madre di Cristo. È così ricordata e celebrata una delle
prime feste mariane nella Chiesa di Roma (cfr. DUCHESNE,
Liber Pont. 1, p. 376, n. 43; RADÓ, Ench. lit.
11, 1140); ed è ancor oggi tributato a Maria Santissima,
nella fedeltà alla tradizione e all’educazione cattolica, e nello
spirito del Concilio, quel culto a Lei dovuto, per il posto unico,
ineffabile ed umano, ch’Ella ebbe, ed ha tuttora, nell’economia
della salvezza (cfr. Lumen gentium, n. 55, SS.), e da Lei
riverberato sul Figlio divino. Vicino a Lei, Ci sembra d’essere
introdotti nell’intimità di Gesù, d’essere sorretti dal di Lei
incomparabile esempio di fede, di carità, di perfezione evangelica,
di meglio capire in Lei il mistero della Chiesa, di cui Maria è il
sublime modello della fecondità nello Spirito Santo: «Caput
vestrum peperit Maria, vos Ecclesia», esclama con la consueta
incisività S. Agostino (Serm. 191: P.L. 38,
1012); così che, ancora una volta, compiendo questo rito
mariano, ci sentiamo confortati a sperare che l’oblazione della nostra
vita a Cristo Signore sarà accolta e custodita, e siamo invitati a
gustare quel genuino «senso della Chiesa», che ci deve tutti guidare
e corroborare nelle presenti, non facili vicissitudini.
Così sia, Figli carissimi, per tutti voi e per quanti voi
rappresentate, con la Nostra Apostolica Benedizione.
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