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Domenica prima di Quaresima, 12 febbraio 1967
La pace del Signore sia con voi, figli carissimi. Con questo
augurale saluto il Santo Padre intende subito manifestare la letizia
nel trovarsi tra una parte tanto eletta di fedeli della sua Diocesi
Romana, avendo presso di Sé il Signor Cardinale Vicario, il
Vescovo Ausiliare, che ha in cura la zona della parrocchia di S.
Ippolito, molti sacerdoti, a cominciare dalla comunità dei
Religiosi Cappuccini, ai quali la parrocchia stessa è affidata.
Sua Santità vuole esporre, principalmente, due considerazioni. La
prima concerne appunto la sua visita; la seconda è il commento ad una
parola del Vangelo testé letto.
Quale il motivo della presenza del Papa in questa prima domenica di
Quaresima in una delle più fiorenti parrocchie di Roma?
MOTIVI DI UNA VISITA
Non è per una festa; non è per una indagine (alle autorità spesso
è attribuito uno scopo indagatore o di vigilanza) e nemmeno per un
semplice farsi vedere, benché sia legittimo l’incontro di famiglia
del Padre con i figli e l’affabile colloquio tra loro.
L’origine della visita va riconnessa a un punto di partenza molto
preciso e importante: risale a Nostro Signore Gesù Cristo ed è la
missione della Chiesa. Il Papa è venuto per ricercare le anime
affidate alle sollecitudini del Pastore; per avvicinare sia coloro che
seguono con buona volontà gli insegnamenti del Salvatore, sia coloro
che ne sono lontani. Per mandato divino, il Papa e i Vescovi,
successori degli Apostoli, nonché i sacerdoti che li coadiuvano,
sono pescatori di anime.
Qualcuno chiederà: perché prima, nei tempi andati, il Papa non
lasciava la sua residenza? V’erano ragioni di impossibilità ben
note. Ora è diverso; Egli può muoversi più agevolmente.
Ma c’è di più. Prima era maggior consuetudine che i fedeli, gli
individui e i gruppi andassero essi a trovare i propri Pastori e
Sacerdoti, che sono sempre in attesa e a braccia aperte. Oggi, a
causa di tante trasformazioni e del ritmo delle diverse attività, la
gente, in genere, non cerca più con acceso interesse chi deve
annunciare il Vangelo e diffondere la grazia del Signore. Oggi
imperversano moltiplicate distrazioni e dispersioni, ed è trascurato
l’incontro con Dio. Tanti vi sono - e ad essi va egualmente il
saluto affettuoso del Papa - i quali non cercano il Signore, lo
dimenticano; altri, ancor più accentuatamente, si distaccano da Lui
e non vogliono più saperne di religione, di Chiesa, della fede,
della preghiera. Vivono come esseri irrazionali ed inferiori, senza
guardare al Cielo.
Ecco, quindi, che coloro i quali sono incaricati di avvicinare,
istruire il popolo e renderlo fedele a Cristo, si muovono verso i
lontani, ponendo in atto la legge, il mandato del Signore: di
insegnare e predicare a tutte le genti, sì da unire tutti gli uomini
nell’unica famiglia spirituale, la Chiesa.
Così alto ministero si accentua - è logico - in un’epoca come la
presente, di fervoroso lavoro di ricostruzione all’indomani del
Concilio. È dunque una gioia, per il Padre l’incontro: lo sarà
anche per i figli, ognuno dei quali potrà dire: è venuto per me,
per parlarmi ed aiutarmi.
LE BENEMERENZE DEI PADRI CAPPUCCINI
All’inizio d’ogni conversazione c'è il saluto preliminare. Il
Santo Padre intende darlo anzitutto a colui che è il responsabile di
ogni preziosa attività nella parrocchia, al Parroco di S.
Ippolito, il Padre Agatangelo da Cuneo, dei Frati Minori
Cappuccini. Il Papa desidera porre in evidenza il Parroco dinnanzi
alla sua popolazione - ben 28.000 abitanti conta la parrocchia -
per dire a tutti che Sua Santità gli è riconoscente delle fatiche
pastorali da lui svolte; vuole accreditare ancor più l’opera sua,
raccomandare a tutti di volergli bene, di assecondarlo nelle opere e
fatiche, mentre Paolo VI è lieto di potergli dire: Fratello, sii
benedetto perché tu sei mandato dal Successore di Pietro, hai
l’incarico della vita spirituale di tante anime, nel tuo cuore e nelle
tue mani sta il ministero di Cristo. Il Papa ti abbraccia, lodando
e glorificando la tua persona, affinché tu possa svolgere opera sempre
più efficace e salvatrice per l’intera grande famiglia parrocchiale.
Con il Parroco, il Santo Padre saluta gli ,altri Cappuccini di
S. Ippolito, rievocando, con affetto, il caro Religioso, poi
Vescovo, Padre Leone da Caluso (Monsignor Ossola) che, essendo
zelantissimo parroco di San Lorenzo al Verano, pensò al nuovo
quartiere che stava qui sorgendo e fece sciamare - api industriosissime
- una parte della propria comunità in questa zona.
IL DIVINO MONITO DI GESÙ
Ed ecco il saluto al popolo, ad ogni categoria. Una, precipua nel
quartiere, è quella dei ferrovieri. Paolo VI tiene a ribadire che
i ferrovieri, anche per il genere del lavoro che li chiama spesso
lontani dalle abitazioni e a responsabilità delicate, sono considerati
ed amati, in maniera singolare, dal Papa e dalla Chiesa; e perciò
sono, con viva effusione, benedetti.
Altre menzioni vanno, nella paterna rassegna, ai bambini, ai
giovani, ai sofferenti, sia nelle angustie per mancanza di lavoro o
del necessario, sia perché afflitti da malattia. Vogliano i
presenti, tornando a casa, dire loro che il Papa li saluta, li tiene
presenti nella sua preghiera e li benedice.
Ed eccoci, ora, al secondo punto della Esortazione pontificia: il
Papa è venuto a portare la Parola di Cristo.
Che cosa fa per prima cosa il Vescovo, l’apostolo, il sacerdote,
il missionario? Il suo immediato dovere è quello di parlare; di far
scaturire la parola di Cristo che tiene in sé e di annunciarla.
Procedono dal Signore gli apostoli, i profeti, i predicatori, i
sacerdoti; e i catechisti, tanto meritevoli di lode in questa
parrocchia.
Ebbene, avete sentito quale racconto complesso, misterioso e
difficile è stato letto, nel brano evangelico della prima domenica di
Quaresima. È la storia della tentazione di Gesù nel deserto.
Nel Nostro viaggio di tre anni or sono in Terra Santa - nota
l’Augusto Pontefice - abbiamo voluto dare uno sguardo speciale
proprio a quella zona deserta, senza piante, senza sentieri, quasi
bruciata, distendentesi dalla montagna che, sulla strada da
Gerusalemme a Gerico, va sino al Giordano. Il Signore ha passato
là i quaranta giorni di solitudine, digiuno totale e preghiera, prima
di incominciare la sua predicazione messianica, la sua missione di
Figlio di Dio, Redentore del mondo.
Guardando quella desolazione era naturale sentirsi vicini a Gesù e
partecipare il più possibile al suo abbandono, alla sua prova di
mortificazione e sacrificio.
Alla fine, Egli rimane estenuato, sfinito: sente il bisogno di
cibo; «ebbe fame», è scritto nel Vangelo.
In quel momento, la tentazione. Lo spirito del male si appressa a
Gesù, forse prostrato a terra per l’acuta inedia: «Hai fame?
Guarda questi sassi; se davvero sei il Figlio di Dio, trasformali
in pane».
Ora è la risposta data da Gesù a richiamare la nostra mente a
maggiore riflessione. Si considerino l’infinita grandezza e la
superiorità dello spirito di Cristo: «Non di solo pane vive
l’uomo, ma egli vive principalmente d’ogni parola che scende dalle
labbra di Dio!».
INSIDIE DEL MONDO MATERIALISTICO
Studiamo il significato della grande verità. Sua Santità vuole
ripeterla, perché essa non è soltanto adatta a respingere il demonio
nel deserto della Palestina, ma serve a guidare, in modo perfetto,
la nostra vita moderna, attuale. Dobbiamo tutti tener presente che
non si vive soltanto dei beni economici, del pane materiale, della
vita esteriore.
Attenti, però! Gesù non ha detto che non serve il pane materiale,
il salario, tutto quanto è indispensabile per la nostra vita fisica e
corporale. Ha proclamato una verità più grande. Non ha detto:
«Non serve»; ha detto: «Non basta». Non è sufficiente: altra
cosa v’è di molto necessario. Se noi ci contentassimo del solo pane
materiale, invece di animare la nostra vita, la ridurremmo al livello
della esistenza animale. Il Signore ha voluto respingere questo
programma imperfetto di vita, affermando che l’uomo ha sì delle
esigenze temporali, ma deve tendere, aspirare ad un programma ideale e
superiore.
E qui - spiega il Santo Padre - va ricordato che la tentazione sul
primato della vita economica, del pane materiale, anzi
dell’esclusività di questo pane, è proprio il convincimento e
l’impegno speciale del mondo odierno. Si tratta del materialismo.
Esso ci dice: guarda, se vuoi vivere, accumula denaro; godi alla
giornata, cerca di soddisfare tutte le brame della tua natura
istintiva: non pensare ad altro, giacché il resto è un insieme di
sogni inutili e distraenti. Cerca di mangiare in maniera raffinata,
di dormire tranquillo, d’essere ricco e agiato; in ciò è la grande
soluzione. Pertanto, coloro che sentenziano in modo diverso da
questo, particolarmente i profeti della parola di Dio, ti offrono
solo parole vuote, inutili, ti incantano e basta. «Oppio del
popolo», è stata definita la Religione.
LA DOTTRINA SOCIALE CRISTIANA
E invece il Vicario di Gesù Cristo ripete: guardate e ricordate
che la Chiesa, predicando questa parola del Redentore, il quale
asserisce non essere sufficiente il pane materiale, e doversi ancor
più esigere un pane spirituale superiore, non nega la legittimità,
la necessità, e nemmeno, si può dire, la sacralità del pane
materiale. Come non ripensare al miracolo operato dallo stesso Divino
Maestro con la moltiplicazione dei pani per sfamare la moltitudine che
Lo seguiva? E non ha Egli detto che ogniqualvolta noi diamo da
mangiare ad un povero affamato, considera tale atto di carità come
fatto a Se stesso?
E nell’ultima Cena Gesù prese il pane, venuto dai nostri campi,
frutto delle fatiche dell’uomo, e lo trasformò nel Corpo suo, cioè
di quel cibo materiale ha fatto il simbolo e il veicolo del nutrimento
soprannaturale, della sua sacramentale presenza.
Tutto ciò conferma che la Chiesa conosce, dichiara, promuove,
difende, segue ed assiste tutto lo sforzo richiesto per dare al popolo
lavoratore, sia ai poveri, sia a coloro che cercano di conseguire
qualche cosa di meglio, ogni appoggio. La Chiesa è con loro.
E se dice: bisogna cercare più in alto, non nega e non disconosce la
legittimità e il dovere della soddisfazione di questi bisogni.
Basterebbe il ricordo di quanto insegna, al riguardo, la Scuola
Sociale Cristiana.
Che cosa insegna ? Entrando nella residenza oggi visitata, il Papa
ha visto il cartello indicatore delle ACLI. Che cosa sono?
Appunto una testimonianza dello sforzo della Chiesa nel proteggere e
promuovere il popolo affinché abbia il pane materiale a sufficienza, e
i vestiti, la casa, quanto spetta, in una parola, alla vita umana e
al suo benessere.
PROMESSA E PEGNO BELLA VITA ETERNA
Ma la Chiesa dice una parola di più: figliuoli, quando aveste tutto
ciò ed oltre, e con abbondanti ricchezze, sareste ancora poveri.
Questo non basta. Voi avete nello spirito delle capacità, dei
desideri ancora più ampi, superiori: e se rimangono inappagati, voi
restate insoddisfatti, anche se avete mangiato e dormito bene e avete
il portafoglio pieno. Perché?
Perché l’uomo ha un’anima: non soltanto un corpo. L’uomo non è
destinato solo a scavare la terra e far venire su il grano, a
trasformare tante risorse nel pane che sazia la fame naturale. L’uomo
deve vivere di alimenti che scendono dal Cielo: la parola di Dio, la
verità, la fede, la religione, il contatto proprio con la vita di
Dio. Anche e soprattutto di ciò ha bisogno.
Figliuoli - conclude il Santo Padre - vogliate bene a questa vostra
parrocchia, a questa chiesa, a questa istituzione che è intesa
precipuamente a darvi il cibo superiore, a dire a ciascuno di voi:
guarda che non sei soltanto un operaio, sei figlio di Dio; non sei
una macchina, o un complesso di muscoli adatti ad una fatica
materiale: sei un cittadino del Regno di Dio.
Questa voce redentrice e liberatrice il Papa ripete quale eco della
parola di Cristo: sentite, figliuoli, la vocazione che il Signore
vi dà: guardate come il Vangelo tutti ci chiama a dignità sublime.
Non nega, non disconosce i bisogni materiali, anzi li difende e li
cura con l’interesse della sua carità, perché ognuno sia
soddisfatto. Ma non basta: bisogna mettere sulle labbra una
preghiera, nel cuore una speranza, nell’anima una capacità di
nutrirsi di Dio e di diventare, davvero, figli di Dio.
Con quanto dice la Chiesa, il Papa, venuto, in una visita a Lui
tanto gradita, a celebrare la Santa Messa e a colloquiare con fedeli
dilettissimi, ripete la stessa parola di Gesù: Non di solo pane
materiale ha bisogno la nostra vita; essa richiede la parola del
Signore, perché questa, unica, ha la promessa e il pegno della vita
eterna.
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