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Festività della Presentazione di Nostro Signore Gesù Cristo al Tempio
Martedì, 2 febbraio 1965
Venerati Fratelli e Figli carissimi!
La cerimonia dell’offerta dei Ceri solleva nel Nostro spirito
pensieri e sentimenti, che ameremmo esprimere con migliore agio di
quello che Ci concediamo con questa breve interruzione, doverosa, Ci
sembra, innanzi tutto per dire grazie a ciascuno di voi, agli Enti
ecclesiastici, alle Famiglie religiose, alle Istituzioni
cattoliche, portando simbolicamente davanti a Noi l’urbe cattolica in
un gesto quanto mai pio e filiale, di oblazione, di devozione, di
religione e di tradizione, e col suo alto e triplice significato: di
onorare Cristo, «lumen ad revelationem gentium», luce per
illuminare i popoli (Luc. 2, 32); di venerare Maria, la
Madre del Verbo fatto uomo, con atto di culto che ci collega con le
più antiche e venerande liturgie sia orientali, che latine; e di
manifestare al Papa l’adesione fedele e cordiale di Roma, come a suo
padre e a suo vescovo. Grazie, Fratelli e Figli diletti!
Ridondino spiritualmente sopra di voi e su quanti in voi sono
personificati i doni e i sentimenti onde voi recate a Noi nobile segno
e dolce conforto.
Quanto bello sarebbe indugiare in questa avvertenza di così abbondanti
e così commoventi valori religiosi, storici, ed ecclesiali!
Quanto. fecondo di alte riflessioni sarebbe con voi considerare il
volto della pietà romana, ignoto ai più e velato oggi dall’aspetto
della città moderna, caro e rispettabilissimo anch’esso, ma
purtroppo quasi dimentico delle linee sacre della sua antica,
affascinante fisionomia religiosa, e non sempre fiero quanto dovrebbe
delle straordinarie ricchezze d’arte, d’archeologia, di pietà, che
ingemmano, come nessun’altra città al mondo, la sua «forma»
regale. Voi Ci offrite, quasi in visione trasparente sui secoli e
sui luoghi della nostra Roma cristiana, la sequenza sacra e gentile
della spiritualità incomparabile, che emana dalla sua storia, maestra
ai popoli, ai santi, dell’ineffabile sua arte del credere e del
pregare; e Ci procurate la dolcissima consolazione di dimostrarci con
i fatti parlanti, con i cuori fedeli, che quella storia non è un
segno di tempi sepolti, non è una poesia leggendaria sciolta nella
prosa della presente realtà materialista, ma è un canto che
continua, una voce ancor viva che intona una strofe nuova, forse ora
come non mai piena e sonante, di coscienza, di cultura, di tormentato
e appassionato amore.
Di questo Noi vogliamo oggi felicitarci con voi: della persistenza,
anzi della reviviscenza della pietà romana, che vediamo con immenso
piacere altrettanto erede gelosa e felice dei tesori liturgici della sua
tradizione, così autorevole e pontificale, e così popolare e
spontanea, quanto la vediamo in voi sollecitata a ravvivare di
espressioni autentiche e nuove, quali la recente Costituzione sulla
sacra liturgia prescrive, il suo respiro religioso.
E sopra un punto vogliamo si accentuino le Nostre congratulazioni e le
Nostre raccomandazioni, quello precisamente che stiamo in questo
momento illustrando con questa cerimonia, vogliamo dire il culto a
Maria Santissima. Siamo ben lieti della ricchezza, della bellezza,
della pienezza, che Roma nostra riserva da sempre, ed oggi non meno,
alla Madonna, nei monumenti, nella liturgia, nella pietà dei cuori
fedeli. Siamo convinti che a questa fedeltà nella venerazione a
Maria è collegata una fontana di benedizioni, come l’adesione alla
fede, alla vera fede di Nostro Signor Gesù Cristo, l’affezione
al suo Vangelo, lo sforzo di rigenerazione cristiana del costume e del
sentimento, la fierezza e la gioia d’appartenere alla Chiesa
cattolica, l’intima fiducia d’una protezione materna capace
d’infondere negli animi le più forti energie morali, come le più
soavi consolazioni spirituali. Beati noi, Fratelli e Figli, che
alla scuola della santa Chiesa, siamo educati a questa venerazione
alla Madre di Cristo, e che sentiamo, quasi per via d’inconfutabile
esperienza, come questo culto, che vogliamo intimo, personale, umano
e veramente pio, non ci distacca per nulla dal riconoscimento
dell’unica, trascendente, divina sorgente di verità, di vita e di
grazia, ch’è Cristo Gesù, sì bene a Lui ci conduce, a Lui ci
lega, a Lui ci compagina, come al solo santo, al solo Signore, al
solo altissimo nostro maestro e nostro Redentore. Noi sentiamo,
sì, che la dottrina ed il culto di Maria ci introducono nel disegno
della salvezza, instaurato da Cristo, nel senso, com’è stato ben
detto, che nel dogma mariano si «riassume simbolicamente la dottrina
cattolica della cooperazione umana alla redenzione, offrendo così
quasi la sintesi del dogma stesso della Chiesa» (De Lubac, Méd.
sur l’Eglise, p. 242).
Non dobbiamo noi rallegrarci che a questa autenticità di dottrina e di
culto ci abbia testé indirizzati l’autorevole, la bella, la densa,
la giusta parola del Concilio Ecumenico, con l’inserzione sapiente
del capitolo «De Beata Maria Virgine» nella monumentale
costituzione «De Ecclesia»? e non daremo noi al titolo di «Madre
della Chiesa», che abbiamo riconosciuto come debito a Maria
Santissima, in questo preciso momento della maturazione della dottrina
sulla Chiesa, il senso di Madre dei cristiani, di Madre spirituale
nostra, perché Madre naturale di Cristo, nostro Capo e nostro
Redentore? Come parimente è stato ben detto, sotto un aspetto la
Vergine è parte, è figlia della Chiesa, sorella nostra, perché
come noi, sebbene in modo privilegiato ed eminente, è anch’Ella
redenta da Cristo; ma sotto un altro aspetto, perché genitrice del
Figlio di Dio fatto uomo, è la «Theotokos», la Madre di Dio,
la Regina della Chiesa, la Madre secondo la fede e la carità del
Corpo mistico. «Se la devozione s’è soprattutto rivolta
all’aspetto individuale della maternità spirituale (di Maria), non
è forse augurabile che si completi questa prospettiva e che si attiri
l’attenzione dei fedeli sopra il suo aspetto comunitario?» (Galot,
Nouv. Revue Théol. dicembre 1964, pp. 1180-1181).
Questi vincoli, e ben altri ancora (come quello caro a S.
Ambrogio: Ecclesia typus - In Luc. 2, 7) di Maria con la
Chiesa, faranno certamente oggetto, insieme con altri temi di
dottrina sulla Madonna, di meditazione, di divulgazione e di
celebrazione nel Congresso internazionale mariano, ormai vicino,
annunciato per la fine di marzo a Santo Domingo; e Noi facciamo fin
d’ora voto che insieme al Nostro Cardinale Legato, Vescovi,
Sacerdoti, Fedeli in gran numero e con grande fervore accorrano
numerosi da ogni parte del mondo, dall’America specialmente, per
rendere onore a Maria Santissima, e per imprimere al culto e alla
pietà con cui La vogliamo onorare quell’indirizzo cristocentrico ed
ecclesiologico, che il Concilio ha inteso dare alla nostra dottrina e
alla nostra devozione verso la Madonna.
Questo indirizzo, che mette nel suo più alto e più vero splendore la
«benedetta fra tutte le donne», Noi confidiamo che imprimerà al
Congresso il suo carattere Post-conciliare, rinnovatore,
moderatore, promotore del culto cattolico mariano, gli darà il merito
di ricercare le sorgenti vere e feconde del culto stesso nelle pagine
della Sacra Scrittura, negli insegnamenti dei Padri, nelle
espressioni liturgiche, nelle speculazioni dei Maestri, nella
dottrina tradizionale della Chiesa sia orientale che latina, in modo
che lo studio e la pietà dei cattolici verso la Madre di Cristo agli
altri meriti aggiungano quelli di riunire intorno a Maria «Mater
unitatis» non solo tutti i cattolici che già, in tante diverse
maniere, le sono filialmente vicini, ma, Dio voglia, altresì tutti
i cristiani, anche quelli ancora da noi separati, ai quali una grande
gioia, se già non la godono, è preparata per il giorno della loro
integrazione nell’unica Chiesa fondata e voluta da Cristo, quella di
riscoprire Maria, umile ed altissima nel posto essenziale assegnatole
da Dio nel disegno della nostra salvezza.
Pensiamo perciò che il Congresso Post-conciliare, e con esso il
culto mariano nel mondo, si volgerà ad un approfondimento della
comprensione e dell’amore dei misteri di Maria, piuttosto che allo
sforzo dialettico di estensioni teologiche tuttora discutibili e atte a
dividere gli animi invece che ad unirli; susciterà una riflessione
sempre più attenta ed ammirata sul contenuto di verità, che è alla
radice della pietà mariana, temperando, ove occorra, sentimentalismi
non equilibrati o non illuminati, che intorno ad essa scaturissero;
incoraggerà cioè una devozione seria e viva verso la Madonna, la
devozione che circola nel grande ed unitario piano liturgico della
Chiesa, richiamando i fedeli ad una professione di vero amore e ad una
pratica di vera imitazione rispetto alla Vergine; amore e imitazione
che dimostrino sempre. di più l’immenso valore spirituale e morale
del culto mariano.
Sono voti questi che possiamo a noi stessi applicare per onorare
degnamente la Madonna in questa sua festività e per avere la fortuna
di godere della sua materna protezione e delle sue grazie celesti. Ad
assicurare le quali valga ora, diletti Figli, la Nostra Apostolica
Benedizione.
Ed ora, pensiamo, vi sarà gradito apprendere quale destinazione
daremo, secondo l’uso grazioso e significativo introdotto da qualche
anno, a questi ceri benedetti stamane nella festa della Purificazione
di Maria Santissima. È un gesto di profondo simbolismo, ben
intonato del resto alla ricchezza misteriosa della splendida Liturgia
odierna; e, come per gli altri anni, vogliamo che essa sia come un
cordiale suggerimento, valevole per il momento presente della vita
della Chiesa nel mondo, e indicativo dei sentimenti e degli intenti,
che Ci occupano l’animo dopo le indimenticabili esperienze dello
scorso anno.
Destineremo pertanto i Ceri, che Ci avete donati, oltre che -
secondo la consuetudine - ai nuovi Rappresentanti Diplomatici dei
vari Paesi, recentemente accreditati presso la Santa Sede, anche ai
ventisette neo-Cardinali, che abbiamo testé chiamati a far parte del
Senato della Chiesa; alle Università Cattoliche, che tengono alto
nel mondo il prestigio della cultura avvalorata dalla fede; alle chiese
e agli istituti di Bombay, unitamente all’illustre Presidente della
nobile Nazione Indiana, a rinnovato pegno della Nostra gratitudine
per l’accoglienza fatta al Nostro pellegrinaggio dello scorso
dicembre; ai Confratelli nell’Episcopato, che hanno concelebrato
con Noi il Divin Sacrificio, alla chiusura della terza Sessione del
Concilio Ecumenico Vaticano II; alle chiese della regione del
Vajont, che risorgono dalle rovine; agli Istituti Missionari
maschili e femminili, che hanno tanto sofferto durante i recenti
dolorosi eventi in varie parti del mondo; alle Prefetture della
Nostra diocesi di Roma, a testimonianza di animo grato.
Possano questi Ceri portare in ogni luogo un annuncio di letizia e di
pace evangelica, insieme alla effusione del Nostro affetto paterno, e
alla Nostra Benedizione.
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