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Domenica, 31 marzo 1968
UNA GIOVANE E FIORENTE PARROCCHIA
Anzitutto il Santo Padre tiene a dare un saluto alla dilettissima
parrocchia di San Leone.
Se oggi Egli, Sommo Pontefice, la visita per la prima volta, è
gradito a Lui ricordare che Egli ebbe parte all’avvio della nuova
circoscrizione ecclesiastica. Venne, infatti, in questa zona per la
scelta del suolo dell’erigenda chiesa, nell’immediato dopoguerra,
per incarico di Papa Pio XII di venerata memoria, suo Maestro e
Predecessore.
Il progetto venne approvato: si trattava di suscitare una grande
parrocchia, bene adeguata a tutte le esigenze dei nostri tempi.
Qualche anno più tardi ci fu chi ebbe il coraggio e la cura di trovare
i mezzi per il nuovo tempio: fu l’Unione Uomini di Azione
Cattolica, che volle in tal modo degnamente celebrare il trentesimo
della sua attività.
Ai promotori e zelatori dell’opera va oggi il commosso e fervido
ringraziamento del Supremo Pastore.
Ed ora i saluti del giorno. Al Signor Cardinale Vicario - assente
da Roma - ma col cuore presente alla riunione; a Monsignor Vice
Gerente; ai tre Vescovi Ausiliari, nonché al primo Magistrato
dell’Urbe, il Dottor Santini, Sindaco della. Città, la cui
presenza sottolinea a tutti le necessità e grandezze di Roma
cristiana, di Roma cattolica.
Segue il particolarissimo pensiero augurale per il Parroco, Don
Livio Giorgi, il quale, da sedici anni, si dedica con esemplare
generosità al bene delle anime a lui affidate. Nel nome di Cristo il
Vescovo di Roma lo saluta e benedice, associando a tale benedizione
tutti i sacerdoti che coadiuvano il Parroco, ed invitando i fedeli a
corrispondere con slancio e aperta volontà alle loro sollecitudini
pastorali.
PER TUTTI L'ANSIA E IL CUORE DEL PADRE
È poi la volta dei parrocchiani. Ai partecipanti al Sacro Rito un
paterno compiacimento per l’eccezionale incontro. E per gli altri?
Se taluni non sono riusciti ad entrare nella chiesa, altri ve ne
sono, che rimangono volontariamente lontani. Possiamo chiedere il
motivo di ciò. Ci sentiremmo rispondere che non ci conoscono, o
forse ci giudicano non amici, ovvero hanno altri pensieri nel cuore;
sono spiritualmente da noi distanti.
Orbene - dice il Santo Padre con voce commossa - il Papa dichiara
che questa sua visita alla parrocchia è per tutte le anime,
indistintamente. A tutte Egli intende manifestare il suo amore
paterno: anzi - come insegna il Divino Maestro nella parabola del
pastore che si affanna alla ricerca della centesima pecorella smarrita
mentre le altre sono al sicuro nell’ovile - vuole appunto far
pervenire agli assenti il richiamo del suo appello e della sua carità,
della sua amicizia e comprensione. Anche per loro la sua speciale
preghiera, a cominciare dalla incomparabile supplica della Santa
Messa. Tutti - Egli ripete - sono vicini al cuore del Padre
perché attesi, con infinito amore, dal Cuore di Cristo.
Dopo questo superno intento, la considerazione torna all’assemblea
dei fedeli. Ad essi il compiacimento e l’assicurazione d’ogni grazia
dal Signore. Il Santo Padre tiene ad elogiare, nel nome di
Gesù, l’adesione, la testimonianza di vita cristiana da Lui voluta
e attesa; specie in Roma cattolica; perciò il plauso è diretto, in
modo particolare, ai pionieri, agli araldi - in questi anni tremendi
e decisivi - dell’Azione Cattolica. Il Signore benedica tutti:
uomini e donne, giovani e fanciulli, giacché essi compongono il
tessuto morale e sociale della parrocchia.
«CHI È DA DIO ASCOLTA LA MIA PAROLA»
Oltre alla benedizione, il Papa intende lasciare una sua parola. La
suggerisce e la offre il tratto, da poco letto, del Vangelo della
Domenica di Passione. È un brano drammatico, in cui il discorso di
Nostro Signore Gesù Cristo con coloro che l’avversavano diventa
via via critica, dissenso, contrasto, lotta e infine rottura tra il
Cristo, il Figlio di Dio, l’Inviato del Padre, - con la
duplice natura umana e divina nell’unica Persona del Figlio di Dio
- e i suoi ascoltatori, che non lo comprendono, e al contrario di
quanto era avvenuto nella Galilea e nei dintorni stessi di
Gerusalemme, si dichiarano suoi aperti avversari.
Lo scontro si concluderà nella morte di Cristo. Gesù
è-perdente, è soffocato in questa sua manifestazione gradualmente
elevata e misteriosa. Essa non piace, non vuol essere accettata dai
rappresentanti qualificati del popolo, che era stato educato ed eletto
da secoli proprio per l’ora decisiva di accogliere il Messia; e il
rapporto vitale fra l’umanità e la divinità nella Persona benedetta
di Gesù Cristo. Non lo riconobbero: seguì, quindi, la
Crocifissione, che noi ci accingiamo a commemorare, come ogni anno,
prima della Resurrezione gloriosa di Lui.
Dal colloquio serrato, che si svolge tra Gesù e i suoi uditori, una
sola parola il Santo Padre vuole scegliere per quanti sono intorno a
Lui in questo momento, intendendo lasciarla a ricordo della sua
visita.
Siete cristiani, siete perciò di Cristo? Certo. Ed allora che
cosa il Signore chiede a voi? Egli, nel brano evangelico, di cui ci
occupiamo, dichiara: Chi è da Dio ascolta la mia parola. Il
grande dovere del cristiano si riassume in questa formula: ascoltare la
parola del Signore; accettare quanto Egli ha detto; far nostro il
suo pensiero; ricevere l’infusione della sua parola viva e farne
l’argomento e la forza della esistenza.
ISTRUZIONE CATECHISTICA E CULTURA
RELIGIOSA
Siffatto accoglimento della parola del Signore viene denominato dal
catechismo, la fede. Di qui la mirabile sintesi dell’intero
insegnamento di cui il Papa è depositario ed apostolo nel perenne e
vibrante appello : ascoltate la voce di Cristo; aprite le orecchie,
gli animi, il cuore alla parola del Signore!
Vi sono due maniere fondamentali per apprendere la divina parola e
intenderla e possederla. La prima potrebbe definirsi l’ascoltazione
esteriore, scolastica, catechistica, culturale. Si tratta, cioè,
di imparare ciò che il Signore ha detto. Che cosa fa il Vescovo
nella visita pastorale? Ha il diritto e il dovere di interrogare
coloro che gli stanno dinanzi, a cominciare dai fanciulli. Si tratta
di un esame sulla cognizione e la scienza degli insegnamenti di Dio.
Da qui l’obbligo della istruzione religiosa, di riceverla con
intelligenza e comprensione. Può oggi, nel secolo ventesimo, un
cristiano, uno che va in chiesa, non rendersi conto dell’atto che
compie nel recarsi ogni domenica alla Casa di Dio affin di partecipare
alla comune preghiera? Ognuno deve essere più che mai impegnato a
dare prova della conoscenza del suo modo di agire, specialmente nel
campo religioso; deve, perciò, essere capace di dare spiegazione a
se stesso ed agli altri della propria fede. Bisogna essere istruiti:
oggi non è più consentita l’ignoranza. Non è più sufficiente il
ristretto corredo di cognizioni apprese per la prima Comunione.
Occorre essere pensatori. Altri, assai diversi da noi, lo sono in
maniera accentuata. Di recente abbiamo visto, benché per mezzo di
immagini, folle sterminate di popolo, di giovani, con in mano un
libretto di «massime». Di quali massime si tratta? Sono di un
uomo, di un capo. Ci limitiamo a dedurre che il criterio della
istruzione, del dar ragione dei propri atteggiamenti pubblici e
vitali, esige un tirocinio, una scienza dei principi per i quali ci si
batte e si opera.
SENTIRE LA VOCE DEL SIGNORE
Il vero cristiano sente dunque il dovere di istruirsi, di non
rifiutarsi mai quando il Parroco lo invita ad ascoltare la spiegazione
delle eterne verità, o quando chiama i propri fedeli a speciali corsi
di cultura religiosa per essere informati, anno per anno, sui
principali temi che si presentano come più urgenti e meglio indicati.
La parrocchia, prima ancora d’essere un’aula di culto e di
preghiera, è una scuola che riferisce l’eco secolare, esatto,
bellissimo ma tremendo, della voce di Dio discesa dal Cielo per mezzo
della parola di Cristo.
C’è poi una seconda ascoltazione, quella interiore. Non basta
conoscere - la religione infatti può essere nota anche a chi ne è
lontano e non crede - ma accogliere si deve l’annuncio, il messaggio
del Vangelo, e non soltanto con l’udito materiale, bensì facendolo
linfa del proprio essere, sorgente primaria- della propria vita, ben
riflettendo a tutto quanto Gesù ha detto. E subito, così
preparati, incominciare la ricerca del Regno di Dio. Ciò dà al
rapporto tra l’uomo e Dio il primo e più importante posto. Inoltre
Gesù ci ha comandato di voler bene al nostro prossimo; ha instaurato
la regale virtù della carità, fino a perdonare le offese, a rilevare
le necessità di coloro che soffrono ed a servire tutti come fratelli.
In una parola, occorre dare alla società umana una legge di amore,
di carità.
E non è tutto. Il Signore ci dice anche: Sii paziente, sii
umile; porta la tua croce, accogli il sacrificio. Non si tratta di
nozioni terrene, bensì di norme discese, attraverso le labbra di
Cristo e di chi ne ripete la voce, in ciascuno di noi. Parole
divine, parole vere, parole vive! Ne fate voi argomento per il
vostro operare quotidiano? È realmente la vostra fede un principio di
vita, oppure è soltanto un’etichetta di scarsa importanza? Sentite
bene, nel vostro intimo, la voce del Signore che chiama, ispira,
ordina, consiglia, dirige, consola; vera promessa e speranza dei
destini che ci attendono, del nostro avvenire?
Non è cosa agevole. Il Santo Padre spiega che non .poche, né
lievi, sono le difficoltà, perché ciascuno percepisca in maniera
autentica e piena la parola del Signore.
La prima difficoltà sorge dal fatto che vi sono intorno a noi, nella
società in cui viviamo, mille altre voci. Ci troviamo come in mezzo
a un frastuono assordante. Sono i giornali, la radio, la propaganda
pubblica sociale e politica, la televisione, tutti i vari mezzi di
traffico e dibattiti; la cultura, la stessa scuola. Come distinguere
fra tanti rumori la voce del Signore, la quale, oltre tutto, non è
affatto la più acuta, la più risonante? Il Signore infatti parla
con tono grave e solenne, sì, ma tenue, dolce; parla per chi vuole
ascoltare. Per gli altri invece che si distraggono a causa del
predominio dei vari clamori, la sua voce è facilmente soffocata e si
dilegua. Abituiamoci dunque a distinguere tra gli allettamenti delle
varie filosofie, scienze, teorie; tra le molte propagande di sistemi
sociali ed economici, ecc., l’unica, autentica, salvatrice parola
del Signore.
OLTRE LE DIFFICOLTÀ ESTERNE ED
INTERIORI
Su questa base potremo anche volentieri ascoltare le altre voci, con
la profonda attitudine, che allora possederemo, di saperle
discernere, catalogare, e farle anche tacere nei momenti supremi,
quando in noi torna la conversazione con Dio, accolta nella sua
autenticità, e nella sua unica, incomparabile bontà e bellezza.
La seconda difficoltà è nel nostro essere. Non solo noi possiamo
essere soverchiati dai tumulti esteriori, ma pure dai nostri personali
istinti, dalle passioni istigate ed accresciute nell’ambiente
chiassoso e frenetico del mondo moderno. Non abbiamo quasi più la
possibilità di raccoglierci e di fare centro del nostro mondo personale
il nostro cuore. Siamo degli evasi, degli alienati, come oggi si
dice, appunto per la continua distrazione, che ci impegna dal di
fuori. Si arriva a dire a noi stessi, credendo di semplificare:
seguirò quel che mi piace. Tale formula - e sembra la più facile e
risolutiva - è quella che maggiormente ci -inganna. Chi segue ciò
che piace, vale a dire la tentazione, l’attrattiva d’istinto,
l’utile e l’interesse, si incammina per la strada falsa. Noi
dobbiamo, al contrario, ascoltare la voce del Signore, non perché
ci piace o è comoda, non perché sia quasi all’unisono con la
nostra, ma perché è voce di Dio, con la sua autorità, la sua
misteriosa prevalenza su tutte le voci umane, anche interiori.
Persino la nostra coscienza e libertà riconoscono l’unica autorità,
quella di Dio: gli stessi desideri del cuore vengono dopo l’assoluto
primato del discorso di Dio.
Consideriamo, infine, un’altra difficoltà. La parola del Signore
non è sempre facile. Tante volte il precetto di Cristo sembra duro;
e lo è quando ci ordina di portare la croce. Ma come - reagisce
l’uomo moderno - portare io la croce quando oggi tutto mi spinge al
benessere, alle comodità, agli agi della vita; e mi offre i mezzi
per eliminare qualsiasi fastidio dal programma dell’esistenza? Eppure
Gesù ripete: se non porti la croce non avrai salvezza.
IL DOVERE DI ESSERE CRISTIANI PERFETTI
Ebbene, questa parola del Signore che sembra dura per noi, è la
parola forte; quella che ci fa uomini e ci ristabilisce nella nostra
più genuina libertà; ci fa soldati, militanti, testimoni,
individui di carattere, capaci di dare ai valori spirituali il primo
posto. Perciò la parola di Cristo, che sembra severa ed esigente,
è quella che, in realtà, rinsalda la nostra personalità e nobilita
la nostra statura. Non dobbiamo, figliuoli, essere persone vili,
mediocri, che vivono per la comodità e con l’abitudine di fare ciò
che gli altri compiono nell’unico intento del proprio egoistico
benessere e vantaggio. Dobbiamo comportarci da cristiani perché
Iddio ci chiama; e se Egli ci domanda qualche sacrificio, un qualche
impegno anche grave e, per nostra fortuna, esigente, dobbiamo
dimostrarci coraggiosi, eroici, se occorre, e rispondere: sì, o
Signore, totale è l’ascolto interiore che io presterò.
Imprimiamo nella mente e nel cuore l’espressione dominante
dell’odierno brano evangelico: Chi ascolta la mia parola avrà la
vita, la vita eterna.
E il Papa, prescelto e mandato dal Signore, accingendosi alla
celebrazione del Rito Eucaristico, nell’esercizio più semplice, ma
più bello e più alto della sua missione di Vicario di Cristo,
proclama: Questa parola è vera. Chi ascolta la parola del Signore
avrà la vita eterna.
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