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Domenica, 15 marzo 1964
Anzitutto il saluto del Pastore Supremo ai gruppi venuti per
assistere alla Santa Messa celebrata dal Papa. Due sono
particolarmente numerosi.
I tranvieri dell’A.T.A.C. hanno inviato cospicua
rappresentanza, insieme con molte famiglie. Ad essi, da parte del
Padre, uno speciale augurio, che si estende anche agli assenti,
molti dei quali trattenuti dal necessario servizio.
SALUTO A BENEMERITE CATEGORIE
È a tutti nota l’opera di questi lavoratori: essa richiede
soprattutto puntualità, perfezione, gentilezza. Sua Santità pensa
di aver ulteriore occasione per incontrarli, ma intanto formula ogni
migliore voto per i dirigenti, per le singole categorie degli addetti
all’importante servizio; per quanti si occupano di loro nell’ambito
materiale e spirituale, segnatamente quelli che attendono a una
formazione religiosa sempre più profonda ed attiva, a cominciare dalle
ACLI, l’ONARMO, l’ODA, i Cappellani del Lavoro.
Del pari Sua Santità saluta i lavoratori dei Calzaturifici di
Vigevano, appartenenti a varie ditte ed aziende, i quali con i loro
doni filiali hanno fatto doppiamente felice il Santo Padre sia per lo
slancio degli offerenti, sia perché Gli si dà modo di alleviare non
poche necessità.
Il secondo gruppo è accompagnato dal venerato Vescovo, del quale
Sua Santità ben conosce l’attività e lo zelo pastorale. Ha potuto
scorrere una recente relazione che indica l’ottimo lavoro compiuto in
Vigevano e in tutta la zona circostante, sì che il nome di quella
città non è soltanto oggetto di lode, da quanti, in Italia e
all’estero, apprezzano lo specifico suo prodotto industriale, ma
anche per le varie iniziative di carattere religioso ivi fiorenti.
Ed ora - continua Sua Santità - un invito a tutti perché aprano
la mente e il cuore a breve commento sul Vangelo del giorno.
L’odierna sacra liturgia, con la partecipazione del popolo ai Divini
Misteri che il Sacerdote compie e rende effettivi sull’altare, ci
chiama alla meditazione della Passione del Signore: il dramma
grandioso che avrà l’epilogo il Venerdì Santo con la memoria della
Morte di Gesù e, quindi, nella Domenica successiva, con il
fulgore della Resurrezione.
IL MISTERO DELLA PASSIONE DEL SIGNORE
Come ci introduce la Chiesa nel doveroso ricordo dei vari atti della
Redenzione, nostra salvezza? Si direbbe, con una domanda semplice e
naturalissima: come mai è stato possibile arrivare alla crocifissione
di Gesù? e proprio da parte del suo popolo che l’aspettava da
migliaia di anni?
Siamo avvolti e compenetrati di stupore. I conterranei di Gesù,
invece di riconoscerlo, lo accusano, lo calunniano, si fanno
promotori di una tragedia, ch’è la più grande tra quelle succedutesi
nella storia del mondo. L’inizio è descritto nel brano del Vangelo
di S. Giovanni testé letto. Vi si narra di uno scontro avvenuto
tra Gesù e alcuni alti dirigenti del suo popolo, i quali
interpretavano in senso negativo la sua predicazione e persino i suoi
miracoli. Capovolgendo anzi ciò che era chiaro ed evidente,
arrivarono ad accusarlo di operare non per virtù di Dio ma del
demonio. Di qui l’inesplicabile dramma che si presenta come un
mistero quant’altri mai oscuro e profondo, nel quale però il Cristo
domina, risplende, vince con forza straordinaria, usando anche un
linguaggio veemente, ben diverso da quello consueto della sua
predicazione alle turbe imploranti ed acclamanti.
ESAME COSCIENZIOSO DEL NOSTRO TEMPO
Ora il Figlio di Dio, il benefattore dell’umanità, l’operatore
di innumerevoli prodigi, viene accusato nella maniera più orribile.
E tuttavia non è di questo dramma che il Santo Padre vuole parlare.
Egli, cioè, non intende soffermarsi sugli aspetti storici ed
apologetici di quell’incontro. Vuole, invece, prospettare a tutti
un’altra domanda: riguarda anche noi questa tragedia? ci interessa?
ha riflessi nel nostro tempo?
Sì, questo dramma comprende anche noi, poiché è il dramma
universale del Salvatore del mondo; ed ha per protagonista il Maestro
dell’umanità. Tutti possono infatti agevolmente rilevare che il
grande dramma oggi si prolunga e, in un certo senso, si rinnova,
Cristo, infatti, anche oggi è avversato; tanta gente gli è
nemica, lo bestemmia, lo vorrebbe sopprimere, anche in un Paese come
il nostro, chiamato alla sublime missione di custodire le migliori
tradizioni e all’onore di avere nel suo territorio il Successore di
Pietro.
Vi sono quelli che negano e intendono combattere, crocifiggere il
Signore. Gesù è spesso considerato come un estraneo.
L’accanimento della ostilità usa modi e sistemi i più disparati,
specialmente per cancellare il suo nome dalla vita sociale, oltre che
da quella personale e domestica. Molti lavorano a questo scopo,
insistono, si agitano. Questo è il laicismo nel suo senso
deteriore; i suoi adepti si affannano a cancellare il nome di Dio
dalle attività umane. Orbene, in questa lotta inimmaginabile, tanto
è triste e sconcertante, Gesù stesso, a sua volta, risponde con un
interrogativo che esige una risposta, la sola possibile. Si legge nel
Vangelo odierno: Gesù disse ai suoi denigratori: chi di voi mi può
accusare di aver recato qualche male all’umanità? In altri termini,
quali sono le vere accuse contro Cristo e il Cristianesimo?
COME RAGGIUNGERE CRISTO
Esaminiamo come rivolte a noi tali richieste. Incombe a noi il dovere
di considerare e meditare la figura di Cristo, la sua bontà, il suo
amore, la sua sapienza: tutte qualità. al grado infinito poiché
Egli è Dio. Le colpe invece ricadono sopra di noi. Il processo
che si vuol intentare a Cristo diviene il processo dell’umanità. Si
ritorce sopra di noi l’accusa, poiché le ragioni di ogni iniquità si
trovano non in Lui, bensì nel cuore dell’uomo. Anche coloro che
scientificamente, e cioè attraverso una letteratura di studi e di
indagini, hanno cercato di soffocare la divinità, la realtà,
l’innocenza di Cristo, si sona trovati sempre costretti ad ammettere
dei riconoscimenti che, se potessero essere raccolti, formerebbero la
più grande apologia del Cristo. Tutti quegli autori hanno finito per
dichiarare che Gesù era il più mite, il più saggio, il più
giusto; e che il suo nome non si dimenticherà mai nel mondo . . .
Ciò dicono i negatori del Signore : il che significa, dunque, che
se abbiamo riluttanze o ribellioni contro il Signore, dobbiamo
ricercarne la causa nel nostro essere, non nella vita di Cristo.
A logica conseguenza di tutto ciò, s’impone ad ognuno un esame di
coscienza. Perché non siamo cristiani? perché anzi non sentiamo
l’entusiasmo, la gioia, la fortuna di essere cristiani? Spesso, al
contrario, intristiamo in assurde riserve; chi di indifferenza, chi
di paura, altri anche di inimicizia e furore.
Ora il Santo Padre, deplorate così amare ignominie e miserie
purtroppo presenti nel mondo, propone ai diletti uditori, i quali,
grazie a Dio, non fanno parte delle categorie di negatori o di
accusatori, a formulare per sé un esame positivo e cioè a chiedersi
in quale maniera si può essere e diportarsi da veri cristiani. Come
cioè distinguersi da coloro che vorrebbero ancora crocifiggere il
Signore; ed agire invece, saldamente, nelle schiere dei reali e
generosi fedeli. In una parola, come tornare a scoprire, a
riconoscere il Cristo. I figli del nostro tempo hanno più che mai
bisogno e necessità di porsi dinanzi al Salvatore, di approfondire il
Vangelo, di fissare lo sguardo sul volto di Gesù e leggere, nel
mistero infinito della psicologia divina ed umana di Lui, quale sia la
sublimità di un dovere, la bellezza di un’adesione. Abbia ognuno
l’intelligenza, la capacità di rispondere con profondo convincimento
alla domanda fondamentale: chi è Gesù Cristo?
UN INCONTRO DECISIVO, STUPENDO
Se la risposta sarà quella giusta ed esatta, non solo si compirà un
primario dovere religioso, ma si troverà la soluzione vera dei
problemi umani, poiché Cristo è al centro dei destini del mondo.
Se sapremo chi Egli è, sapremo che cosa siamo noi e conosceremo
profondamente il senso della nostra vita.
Chi sia il Signore è detto in altro brano del Vangelo, presentatoci
sabato scorso: «Io sono la luce del mondo». Seguendo questo
fulgore si potrà agevolmente superare qualsiasi stato d’animo di
indifferenza o di ostilità; tutti potranno godere di inestinguibile
fiducia ed agire come figli di Dio. Arrida a tutti la certezza che
Egli ci salva. Convinti di ciò, poiché è la grande verità,
dovremmo aver sete dell’insegnamento del Divino Maestro, aprire il
cuore alle irrompenti energie della grazia, che ci renderanno per
sempre buoni, puri, innocenti. Anche nell’ambito delle materiali
attività, stando con Cristo saremo veramente uomini, troveremo cioè
una soluzione al problema più grave dell’umanità contemporanea, che
spesso ci mostra i segni di cupa angoscia e di mortale disperazione.
Gesù dona la vita, l’amore, la speranza: Egli mette ordine in
ciascuno di noi; ci largisce la possibilità di vivere bene, di
conservare in pienezza il concetto vero dell’esistenza.
È questa, in una parola, la raccomandazione del Papa. Nessuno
rimanga assente, lontano da Cristo. L’incontro con Lui è una cosa
grande, decisiva, stupenda; è dono così alto e provvido da far
piangere e cantare di riconoscenza e di gioia. E per incontrarsi bene
con Cristo occorre avere l’anima rinnovata, aperta, come quella del
bambino, che sa di poter trovare nei genitori tutto quanto è
necessario a superare la propria debolezza ed inesperienza. A Gesù
diremo la nostra fede assoluta e il nostro sconfinato amore.
Cristo deve essere celebrato da noi per quello ch’Egli è: la via,
la verità, la vita.
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