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Domenica, 3 aprile 1977
Fratelli e Figli carissimi!
Procuriamo di comprendere. Perché siamo qua convocati? Perché è
la «Domenica delle Palme». E che cosa vuol dire «Domenica delle
Palme»? Vuol dire che oggi il pensiero della Chiesa è molto
interessato a ricordare, a rievocare un fatto nella vita di Gesù
molto importante; così importante che riguarda anche noi. Fate
attenzione: non si tratta soltanto di un rito commemorativo; cioè di
una memoria celebrata per ricordare un episodio della storia
evangelica. Lo ricordate l’episodio.
Gesù è a Betania, a pochi chilometri da Gerusalemme. A Betania
Gesù aveva risuscitato Lazzaro, fatto questo che aveva commosso il
popolo; la notizia aveva prodotto grande meraviglia; e la gente era
accorsa per vedere non solo Gesti, ma per vedere altresì Lazzaro,
il risuscitato. Vi era una grande folla, anche perché era vicina la
Pasqua ebraica, la ricorrenza annuale in cui da tutta la Palestina
accorreva gente a Gerusalemme. Vi era dappertutto grande eccitazione
e fervore nella moltitudine; e vi era grande rabbia nei Capi
giudaici, tanto che fino da questo momento pensavano come uccidere non
solo Gesù, ma anche Lazzaro per reprimere la popolarità che si era
fatta intorno a Gesù stesso (Io. 12, 10-11). Voi sapete
il resto: Gesù, a Bethfage prima di entrare in Gerusalemme, monta
sopra un asinello, e si avvia verso la città, e l’entusiasmo del
popolo non si contiene più, e scoppia in applausi; in applausi
espressi da acclamazioni speciali: Hosanna! cioè evviva al Figlio
di David! benedetto Colui che viene nel nome del Signore! e va
agitando le palme, cioè rami strappati dagli alberi, operazione
questa che caratterizza la scena, e che per l’entusiasmo dei giovani e
dei fanciulli si prolungò accompagnando essi Gesù fino al Tempio,
con grande indignazione dei nemici di Lui, che prese alla fine le
difese di quella turba giovanile: «Sì, disse allora il Maestro,
dalla bocca di bambini è scaturita la lode», come Davide, in un suo
salmo, aveva predetto (Ps. 8, 3).
Quale significato aveva questa accoglienza fatta a Gesù dal popolo di
Gerusalemme e dalla gente del Paese affluita nella città? Aveva un
significato specialissimo, quello di riconoscere in Gesù il Messia.
E che voleva dire allora questo titolo di Messia? Messia voleva dire
una persona consacrata rappresentante di Dio, il Cristo, cioè uno
rivestito di dignità sacerdotale e regale, un personaggio in cui erano
realizzate le speranze profetiche del Popolo ebraico, colui che
avrebbe compiuto in se stesso la figura del Re ideale, liberatore
dalla dominazione straniera e assertore della gloria e dei destini
superlativi a cui Israele era misteriosamente destinato (Cfr. Io.
1, 41; 4, 25). Era un titolo ancora dal significato
impreciso, ma che ai giorni di Gesù dominava le fantasie e gli
spiriti impazienti e fiduciosi che il suo tempo era venuto (Cfr.
Matth. 24, 23). Era il titolo della speranza escatologica,
cioè finale per Israele, per il Popolo eletto.
L’episodio delle palme segna perciò nel Vangelo un momento
risolutivo, d’una importanza straordinaria: Gesù è riconosciuto,
è proclamato Messia; è acclamato come il Cristo, tanto atteso,
tanto amato. Ormai la vita, la storia, la sorte d’Israele non
avrà più senso che in Lui. Gesù di Nazareth (Cfr. G.
RICCIOTTI, Vita di Gesù Cristo, p. 606, n.
505).
Ecco allora il senso, il valore di questa nostra solennità
liturgica. Noi riconosciamo in Gesù di Nazareth il Messia, cioè
il Cristo. Questa celebrazione significa per noi un grande atto di
fede. Noi accettiamo, anzi noi esaltiamo il Messia, il Messia!
Il Cristo salvatore, nell’umile Gesù, che nacque a Betlemme,
che fino ai trenta anni visse a Nazareth come modesto artigiano, e che
poi fu presentato e battezzato da Giovanni al Giordano, e cominciò a
predicare il Regno di Dio, a fare miracoli strepitosi (come la
moltiplicazione dei pani), a diffondere messaggi straordinari
(pensate al discorso delle beatitudini), a risuscitare perfino i
morti (pensate alla risurrezione di Lazzaro). Gesù è il Messia,
è il Cristo, è il Re inviato da Dio, è il Figlio dell’uomo ed
è il Figlio di Dio. La sua definizione è raggiunta! Quale sarà
il seguito di questa certezza vedremo successivamente; il dramma
messianico, nel suo aspetto pubblico universale e drammatico comincia
qui: Gesù è il Cristo.
Cominciò per i contemporanei di Gesù. Comincia per noi, con una
formidabile domanda: noi, noi riconosciamo in quel Gesù di
Nazareth, del Vangelo, il Messia, il Cristo, il Re divino, il
dominatore della storia, il Salvatore perenne, Colui che ha detto:
«Io sarò con voi tutti (presente ed invisibile, ma vivo e reale),
sino alla fine del mondo»? (Matth. 28, 20) Ecco
l’importanza per noi, figli del secolo ventesimo, per noi Romani,
per ciascuno di noi, personalmente, del rito che stiamo compiendo:
riconosciamo noi, riconoscete voi in Gesù il Messia, l’inviato da
Dio, anzi il Verbo di Dio fatto uomo, che si mette al centro della
nostra vita, al cardine dei nostri destini? Lo riconosciamo?
Ecco: la questione ci investe come un uragano. La memoria del fatto
evangelico diventa attualità. Lo riconosciamo quel Gesù come
l’arbitro delle nostre sorti? Abbiamo paura? Noi vediamo molte
assenze! perché? che cosa sarà di tanti assenti? Noi vediamo molti
pavidi, timidi, opportunisti: perché, dicono, esporsi al pericolo
che l’essere cristiani comporta? V’è chi suggerisce: fuggi, che
è meglio! Noi sappiamo che altri, e non pochi, sono guidati da
interessi immediati: piacere, possedere, vivere senza pensieri
superiori: vite senza ideali, esaltate e divorate dal tempo che
passa!
E voi, Figli carissimi, voi che dite? Oh! noi vi vediamo con la
palma in mano, col ramo primaverile dell’ulivo in mano, pronti ad
agitarlo con gesto festivo, che dice: noi siamo presenti! Siete
presenti, giovani? avete scoperta la vostra ora messianica? avete
capito che la soluzione vera della vita è quella offerta dal Vangelo,
dalla Chiesa che lo predica, da Cristo, alla vita del quale voi
potete essere uniti? avete espresso nel cuore e nell’azione la vostra
adesione al duplice invito di Cristo, essere con Lui figli di Dio,
cioè uomini illuminati sul senso della vita e de1 mondo, e così
divinamente salvati; ed essere poi con Lui figli dell’uomo, cioè
fratelli di quanti condividono la sorte di questa nostra esistenza ed
hanno bisogno d’essere amati, serviti, curati?
Avete compreso la verità, la bellezza, Ia forza della fede, che il
Cristo offre alla vostra singola personalità e alla famiglia umana,
alla società intera a cui appartenete? Siete davvero agitatori
dell’ulivo della pace e della giustizia? Sì? Allora noi vi
diremo: Cristo è vostro! Non temete più! Neanche la croce, la
sua croce, che Egli pure vi destinerà. Il trionfo regale di Gesù
Cristo conduce anche alla Croce . . . Ma non temete, vi
ripetiamo: la vita, la vera vita vi è così domani assicurata!
Chers Fils et Filles de langue française,
Nous vous exhortons vivement, vous aussi, à vous unir à tette
acclamation de Jésus, entrant à Jérusalem au milieu d’une foule
immense et remplie de joie, et reconnu comme le Messie, le Christ,
Ie Sauveur, le nouveau roi d’Israel, le fils de David. C’est
l’événement qui inaugure le «Règne de Dieu», les nouvelles
relations religieuses entre l’humanité croyante et la Divinité,
relations qui continuent encore aujourd’hui, mais qui ont coûté à
Jésus-Christ le sacrifice rédempteur de la Croix, suivi de sa
Résurrection. Oui, reconnaissons tous en Jésus, le Messie, le
Christ, notre Roi, notre Sauveur!
Dear pilgrims from English-speaking countries, we call on you also
to welcome Jesus as he Comes amid the rejoicing throug and is
recognized as the Son of David, the King of Israel, the Messiah.
He Comes to bring us the peace he gained by his Cross and
resurrection. Let us join in the acclamations and accept him as our
King and our Saviour.
Liebe Gläubige aus den Länd ern deutscher Sprache!
Auch sie laden Wir herzlich dazu ein, zusammen mit allen an- A
wesenden heute Jesus zu huldigen, der inmitten einer grossen
Volksmenge seinen festlichen Einzug hält. Jesus wird auf diese
Weise als der Messias, als Christus, der Erlöser, der neue
König von Israel und der Sohn Davids von den Menschen anerkannt.
Dieses Ereignis bezeichnet den Beginn des »Reiches Gottes«. Es
begründet den neuen messianischen Bund zwischen der gläubigen
Menschheit und Gott, der auch noch heute besteht. Jesus Christus
selbst hat ihn uns durch sein Erlosungsopfer am Kreuz erworben und
durch seine Auferstehung endgültig besiegelt. Lasst uns alle in
Jesus den Messias, Christus, unseren König und unseren Erlöser
anerkennen und ihn dankbaren Herzens preisen und verherrlichen!
También a vosotros, queridos fieles de lengua española, os
invitamos a que os unais y aclameis a Jesús, que entra en medio de
una muchedumbre festiva y es reconocido como Mesias, como Cristo,
como Salvador, como nuevo Rey de Israel. Se trata de un
acontecimiento que inaugura el «Reino de Dios», la nueva relación
religiosa entre la humanidad creyente y Ia Divinidad, relación
todavia actual, pero que le costó a Jesucristo el sacrificio redentor
de la Cruz, seguido de su Resurrección. Reconozcamos todos en
Jesús al Mesias, a Cristo, a nuestro Rey, a nuestro Salvador.
E voi, Ragazzi, avete compreso?
Abbiamo detto che Gesù, prima della sua Passione e Morte e della
sua Risurrezione, è stato, umilmente ma anche solennemente,
riconosciuto come Re, successore del Re David, come Messia, cioè
come Cristo, tanto che ora sempre lo chiamiamo Gesù Cristo, cioè
come mandato da Dio per salvare il mondo, per salvare ciascuno di
noi, per salvare proprio voi, ognuno di voi.
Sentite: voi davvero riconoscete che Gesù è il nostro Salvatore?
Sì? gli promettete di essergli sempre fedeli? Sì?
Allora adesso agitate in suo onore le Palme, e i rami d’olivo che
tenete in mano, e gridate con noi: Evviva Gesù! evviva il
Signore!
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