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Lunedì, 5 marzo 1973
Fratelli!
Solleviamo un istante il capo curvo su l’altare e grave per le parole
penetranti e solenni, che la liturgia ci fa ascoltare, e guardiamoci
intorno, guardiamo specialmente a voi, Fratelli concelebranti.
Lasciamo che un’onda di riverenza e di affezione corra sui nostri
volti, commensali come ora siamo della mensa del Signore, e
riflettiamo a quale titolo. Un vincolo originale, e profondamente
ecclesiale, offre questo titolo: voi celebrate con noi ora questo
santo Sacrificio, perché siete stati da noi chiamati a far parte di
quel sacro Collegio Cardinalizio che è storicamente definito non solo
per la sua fondamentale e peculiare posizione canonica in questa Chiesa
Romana, ma altresì per la sua funzione spirituale ed operativa a voi
affidata, quella d’essere vicini alla nostra persona, di assistere e
coadiuvare la missione che a noi da Cristo deriva, di guidare cioè
pastoralmente il gregge di Lui, Cristo, la Chiesa, ora tanto
cresciuta di estensione, di bisogni, di problemi. Grazie a voi,
Fratelli, e pace a voi, che accogliendo il nostro invito, siete
venuti, e subito vi disponete d’intorno alla nostra umile persona,
pronti a condividerne «la sollecitudine di tutte le Chiese» (2
Cor. 11, 28), a servizio cioè ed a conforto di questa Sede
Apostolica e d’un altro ben più largo Collegio, quello
Episcopale, e con esso di tutto il Popolo di Dio. Qui, su la
tomba dell’Apostolo Pietro, convalidiamo il comune proposito di
rispondere insieme col cuore e con l’opera alla domanda incalzante del
Signore, che sì, noi lo amiamo, lo ameremo, non ameremo che Lui,
solo e per sempre, fino alla nostra dedizione totale: il sacro
Collegio, con noi e con quanti lo compongono, dev’essere, in mezzo
alla Chiesa, un focolare ardente di carità, luce ed amore,
d’autorità e di servizio, di fedeltà al vangelo.
Oh! esulti il nostro cuore, esulti il vostro, in questo incontro dei
nostri sguardi e dei nostri animi.! noi vorremmo riavere sulle nostre
labbra i nomi delle vostre persone e ancor più quelli delle vostre
Chiese, dei vostri rispettivi Popoli; che se il tempo ci concedesse
di proferirli, sembrerebbe così a noi di far eco alla pagina degli
Atti degli Apostoli, che ci dà la lista variopinta dei Popoli
rappresentati all’avverarsi del prodigio della Pentecoste (Cfr.
Act. 2, 9 ss.). Non dobbiamo noi godere come di festa
nell’avvertire che le vostre singole Persone, novelli Cardinali,
assurgono in questo momento a rappresentanti delle vostre Diocesi e
delle vostre Nazioni? e non possiamo noi confidarvi che codesta
pluralità geografica ed etnica è stata intenzionale nella scelta delle
vostre persone, e più avrebbe voluto estendersi, se ne avesse avuto
possibilità? Il genio della Chiesa non è forse la cattolicità?
Vogliamo anche supporre che in questa stessa cerimonia voi, e coloro
che vi assistono, anzi quanti hanno occhi limpidi per cogliere il senso
di questo avvenimento, sappiano scorgere un segno di cattolicità,
cioè di amore universale. Così ama la Chiesa Romana.
Ma a questo punto, cioè al confronto, che ci si prospetta davanti,
di questo fatto, di questo rito, compiuto nella Basilica di S.
Pietro, con il mondo che ci circonda, e in cui noi stessi viviamo,
un problema sorge nel nostro spirito, e forse anche nel vostro, il
problema che si chiede se noi siamo all’unisono col nostro tempo, se
vi è rapporto plausibile fra la Chiesa e il mondo, come tanto
autorevolmente ci fu raccomandato dal recente Concilio ecumenico.
Chi di noi si abbandona alla visione di questo tempio, ai ricordi,
alle emozioni ch’esso suscita nell’animo, commosso dal rito
suggestivo che stiamo celebrando, entra in uno stato di sogno,
dimentica la realtà storica e profana, teatro della nostra vita
presente, e si sente trasportato in un altro mondo, fuori dell’ora
attuale. Ci sembra di arretrare nei secoli, o meglio di vivere fuori
del tempo. Una questione, e questione grave, tiene vigilante la
nostra coscienza; ed è questa: la Chiesa vive dentro, o fuori della
storia? La Chiesa, con questi suoi incantesimi tradizionali, -
perché tali ci sembrano forse i suoi riti, i suoi costumi, i suoi
istituti presenti -, non ci rende forse estranei alla realtà della
storia? non sarebbe essa stessa un anacronismo? e questa sua
superstite fedeltà a concezioni e a istituzioni d’altri tempi non ci
distoglie dal movimento universale, innovatore del progresso,
dell’attualità fuggente? Non ci rende timidi, e solo solleciti di
conservare il passato e di frenare la corsa verso l’avvenire?
Il problema esiste; ed ha in questo istante una sua urgenza che
potrebbe avere due contrarie ed entrambe false risposte: quella
dell’immobilismo, o quella del relativismo. Il rapporto fra Chiesa
e storia non si fissa ciecamente alle forme del passato, straniando la
Chiesa dal flusso della storia che si evolve e che muta, che conquista
sempre mirando a mete future e escatologiche, come non concede alla
Chiesa di disperdere i tesori del suo cammino nel tempo, uno
soprattutto, inalienabile, la fede, per mettersi affannosamente aI
passo insensato di una società, che precipita la sua corsa non
trovando altrimenti alcun equilibrio e alcuna pace: la rivoluzione è
la sua meta, e con essa la perdita della libertà. La Chiesa,
invece, ringraziamone Iddio, quand’è fedele a se stessa, ha il
duplice e simultaneo carisma della fissità e della velocità perché
possiede la Verità divina ed eterna, estratemporale ed
ultratemporale, che, mentre la conserva nella sua vivente identità,
la spinge a sempre continuo perfezionamento e rinnovamento.
Cose da voi sapute. E cose da voi oggi vissute. Perché non è vero
che le strutture costituzionali e le autentiche tradizioni collaudate
dai secoli siano catene che inceppino il cammino della Chiesa nel
tempo; esse ne sono insieme il sostegno e lo stimolo. Lo ricordiamo a
voi, Fratelli Cardinali, a Voi, Fratelli Vescovi e Sacerdoti e
Diaconi, affinché non vi facciate vittime di voi stessi, cioè delle
dignità e delle potestà, che la Chiesa vi conferisce, quasi fossero
pesanti fardelli, che vi obbligano a difenderne il carattere a scapito
della funzione, e quasi fossero d’intralcio, per lo stile nobile e
sacro, che esse impongono alla vostra vita raffigurata su quella di
Cristo (Cfr. 1 Cor. 4, 10; 1 Thess. 2, 14), agli
ardimenti liberi e audaci d’un più valido apostolato. Non pensate
giammai d’essere fuori della vita vissuta, fuori della storia, per il
fatto che le vostre persone e le vostre idee hanno una forma propria
modellata sull’esperienza autorevole della Chiesa; pensate piuttosto
come voi, così compaginati con la Chiesa di Pietro, siete
all’avanguardia dei grandi movimenti, che trascinano l’umanità verso
i suoi evidenti e per essa così difficili destini, vogliamo dire
l’unità, la fratellanza, la giustizia, la libertà nell’ordine,
la dignità personale, il rispetto alla vita, il dominio della terra
senza rimanervi impaniati, la cultura senza rimanervi smarriti . . .
Ed ancora più; ci confidava, or non è molto, un alto esponente
dello sviluppo industriale moderno : «il mondo del lavoro, nel fondo
della sua anima inquieta, avida e sofferente, oggi ha bisogno di
trascendenza; ha bisogno di chi gliene dia l’annuncio e il segno
vissuto nel proprio esempio . . . Perché non glieli date voi,
ministri di Cristo? perché temete? non conoscete il fascino del
vostro messaggio e del vostro ministero?» (Cfr. Matth. 8,
26; Io. 15, 20). E quanto più convincente si fa questo
discorso, quando pensiamo, come il Maestro ci ha insegnato, che
tanto più efficace sarà la testimonianza, se convalidata
dall’insuccesso e dalla sofferenza!
Ecco allora i pronostici delle buone, delle sante fortune per la causa
del Vangelo e per l’incremento della Chiesa salire da questo rito
nell’orizzonte dell’avvenire: quanti di voi sono oggi associati al
nostro ministero pontificio con questo vincolo strettissimo e
peculiarissimo del Cardinalato conforteranno tale ministero alla
fermezza, al rinnovamento, alla fecondità e ne faranno proprio la
testimonianza in questa Roma cattolica e fino ai confini della terra.
Questo auguriamo, questo chiediamo, nel nome di Cristo e nella veste
di Pietro, tutti di cuore benedicendo.
Nous saluons spécialement les Autorités et les pèlerins des pays de
langue française, ici rassemblés pour tette célébration vraiment
ecclésiale, et Nous comptons sur les nouveaux Cardinaux qu’ils sont
venus entourer, pour Nous aider dans notre mission. A tous, Nous
donnons notre Bénédiction Apostolique.
We wish to extend our greetings to the representatives and pilgrims of
English-speaking nations. You have witnessed today the wonderful
universality of the Catholic Church. May the memories of this
historic occasion make you ever stronger in your faith and give you much
joy in the Lord Jesus Christ. We give to all our Apostolic
Blessing.
Unser herzlicher Gruss gilt in dieser Stunde den Priestern und
Gläubigen aus dem Bistum Mainz, den Vertretern der staatlichen und
städtlischen Autoritäten. Alle sind hierher gekommen, um dieses
freudige Ereignis mit Uns und ihrem Oberhirten zu feiern. Ihnen und
allen Pilgern aus den Ländern deutscher Sprache Unser
Apostolischer Segen.
A las Misiones officiales, a los queridos sacerdotes, religiosos y
fieles de lengua castellana, que vemos congregados en torno a los
nuevos Cardenales, nuestro saludo gozoso de congratulación y el deseo
de que este encuentro, ante la Tumba del Apóstol San Pedro, os
aumente los vínculos de comunión en la misma fe, corroborada por una
caridad profunda, y plasmada en un ardiente servicio a la Iglesia.
Así lo invocamos del Señor, con Nuestra Bendición Apostólica.
Aos fiéis de língua portuguesa, diremos: em três palavras -
alegria, pela vossa presença, congratulação, pelos vossos novos
Cardeais e felicidades, para todos - levai deste encontro as
lembranças do Papa, para as vossas pátrias, as vossas terras e
famílias, com a nossa Bênção.
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