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Giovedì, 1° gennaio 1970
Figli e Fratelli,
Siamo qui riuniti per aprire il nuovo anno civile con l’augurio, con
il proposito, con la speranza della pace. Con la preghiera per la
pace. È la pace un ideale che più d’ogni altro dovrebbe riflettersi
nella realtà della vita umana, perché assomma e favorisce ogni bene a
cui l’umanità può aspirare, tanto nell’ordine personale, che
familiare, sociale, politico, nazionale e internazionale, temporale
ed ultra-terreno. Ne abbiamo sempre bisogno; anzi a mano a mano che
la nostra civiltà cresce e si afferma e che si arricchisce, si
sviluppa, e perciò si complica di cognizioni, di strumenti, di
istituzioni, di questioni, di aspirazioni ..., aumenta il bisogno
d’un ordine, d’una pace, che assicuri e promuova la giusta e felice
complessità della nostra vita, sia personale, che collettiva, a
tutti i livelli, a cominciare da quello interiore della nostra
coscienza (come si può vivere bene, da uomini, da cristiani, senza
la coscienza in pace?), per salire agli altri piani, nei quali la
nostra vita si svolge fra molti rapporti (che per essere buoni esigono
d’essere pacifici), tra tanti problemi (che restano aperti e
tormentosi, se non sono risolti in pace), fra mille difficoltà (che
tutte vogliono essere superate con la pace), fra innumerevoli dolori e
malanni (a cui la pace soltanto può portare giusto ed efficace
rimedio).
NOME GRANDE E BENEDETTO
Vogliamo dare la visione di questa universalità della pace, quasi per
avere in questo nome grande e benedetto la sintesi della nostra
concezione ottimista sul mondo, in cui viviamo, e sul tempo, che oggi
nel nostro computo convenzionale, seguace a suo modo di quello solare,
si apre in un nuovo corso, in un anno. La pace essere il segno del
tempo che viene, l’augurio per ogni nostra futura vicenda, il
programma della nostra storia.
Diciamo quest’oggi una cosa sola: la pace è dovere.
Come ognuno vede, abbinare il concetto di pace a quello di dovere
rende grave la nostra riflessione, e sembra togliere alla visione
idilliaca della pace grande parte della sua serenità; certo la spoglia
da ogni eventuale ed equivoca parentela con la mollezza e con la
viltà. Perché ogni dovere comporta uno sforzo, che non siamo sempre
disposti a compiere; esige una di cui spesso ci manca l’energia, e
spesso anche il desiderio. Ma noi, dopo aver compreso in qualche
misura come la pace stia al vertice dell’umana costruzione,
ripetiamo: la pace è dovere. Dovere grave.
Sorge forse spontaneamente nell’animo una risposta liberatrice da
quella gravità: sì, è dovere; ma non ci riguarda. Riguarda i
Capi, riguarda i responsabili della guida d’una comunità, e
specialmente quelli rivestiti d’una responsabilità internazionale.
nelle Nazioni e fra le Nazioni, che sorgono i conflitti contrari alla
pace; noi, dicono i privati, stiamo a vedere; che cosa può fare un
individuo da solo, ovvero un gruppo ristretto ed estraneo, per mettere
pace nei rapporti interni d’un Popolo, o nei rapporti esterni fra i
Popoli? tocca ai Politici, tocca ai Diplomatici; tocca ai
Governi; si potrebbe dire, per fare della pace un sinonimo d’un
beato ed egoista disinteresse.
«SCUOTERE I CARDINI DI INVETERATI
PREGIUDIZI»
Sì, la pace è dovere dei Capi. Ma non solo dei Capi! Oggi !a
società, che si organizza democraticamente, attribuisce poteri e
doveri a tutti i membri della comunità. E se anche così non fosse,
resterebbe vero che la pace è dovere di tutti, sia perché la pace non
ha il suo regno solo nella politica, ma lo ha in tante altre sfere
inferiori che, in pratica, impegnano anche di più la nostra personale
responsabilità; e sia perché la pace ha la sua operatrice sorgente
nelle idee, negli animi, negli orientamenti morali, ancor prima che
nell’attività esteriore. La pace ancor prima d’essere una
politica, è uno spirito; ancor prima di esprimersi, vittoriosa o
vinta, nelle vicende storiche o nelle relazioni sociali, si esprime,
si forma, si afferma nelle coscienze, in quella filosofia della vita,
che ciascuno deve procurare a se stesso, come lampada ai suoi passi nei
sentieri del mondo e nei casi dell’esperienza.
La qual cosa, Fratelli e figli carissimi, significa che la pace
esige un’educazione. Lo affermiamo qui, all’altare di Cristo,
mentre stiamo celebrando la S. Messa rievocatrice della Sua Parola
e rinnovatrice in forma incruenta e sacramentale del suo sacrificio
pacifica-tore del cielo con la terra; qui, come discepoli, come
alunni, sempre bisognosi di ascoltare, di apprendere, di ricominciare
il tirocinio della nostra cioè della trasformazione della nostra
istintiva e pur troppo tradizionale mentalità. Bisogna scuotere i
cardini di inveterati pregiudizi: che la forza e la vendetta siano il
criterio regolatore dei rapporti umani; che ad un’offesa ricevuta
debba corrispondere altra, e spesso più grave offesa: «. . .
occhio per occhio, dente per dente . . .» (Matth. 5; 38)
che l’interesse proprio debba prevalere su quello altrui senza tener
conto dei bisogni degli altri e del diritto comune . . . Bisogna
mettere alla radice della nostra psicologia sociale la fame e la sete
della giustizia, insieme con quella ricerca di pace, che ci merita il
titolo di figli di Dio (Cfr. Matth. 5, 6, 9). Non è
utopia, è progresso, oggi più che mai reclamato dall’evoluzione
della civiltà, e dalla spada di Damocle d’un terrore sempre più
grave e sempre più possibile, che le pende sul capo. Come la
civiltà è riuscita a bandire almeno in linea di principio la
schiavitù, l’analfabetismo, le epidemie, le caste sociali . . .
.malanni cioè inveterati e tollerati come fossero inevitabili e insiti
nella triste e tragica convivenza umana, così bisogna riuscire a
bandire la guerra. la buona creanza dell’umanità che lo esige. È il
tremendo e crescente pericolo d’una conflagrazione mondiale che lo
impone. Non abbiamo, noi singoli e deboli mortali, alcun mezzo per
scongiurare ipotesi di catastrofi devastatrici di dimensioni
universali? Sì, che li abbiamo: abbiamo il ricorso all’opinione
pubblica, la quale in questo frangente diventa espressione della
coscienza morale umana; e tutti sappiamo quale ne può essere la
salutare potenza. Abbiamo il nostro singolare e personale dovere:
essere buoni, che non vuol dire essere deboli; dire essere promotori
del bene; vuol dire essere generosi, vuol dire essere capaci di
rompere con la pazienza e col perdono la triste e logica catena del
male; vuol dire amare, cioè essere cristiani.
Abbiamo noi un’altra risorsa, la quale può avere il potere di
muovere le montagne (Cfr. Matth. 17, 20; 21, 21): ed
è l’innesto della causalità divina nel gioco misterioso della
causalità naturale e della libertà umana; e questa risorsa è come
una moneta a due facce: una faccia è la preghiera (Cfr. Matth.
7, 7), l’altra è la fede (Cfr. Iac.1 , 6). Quale sia
il risultato di forza spirituale, propria della preghiera con la fede,
non potremo sempre misurare con i metodi sperimentali del nostro mondo
sensibile e storico; pretendere ciò sarebbe concepire e
strumentalizzare l’azione divina come un’energia cosmica a nostra
arbitraria disposizione; non così si svolge il disegno della
misericordia divina, penetrante nelle nostre vicende temporali. Ma
gli effetti non mancheranno; la preghiera della fede non resterà
delusa, e fors’anche sarà esaudita in misura sovrabbondante, anche
se ora resta a noi nascosto il quando ed il come. Ma il Signore,
Lui stesso, ci ha esortato a fare ricorso a questo potenziale aiuto,
così confessando noi ad un tempo la nostra radicale insufficienza a
raggiungere la nostra salvezza e la onnipotente bontà del Padre «a
liberarci dal male» (Matth. 6, 13), anzi a convertire in
nostro vantaggio le nostre stesse sventure e le nostre stesse sofferenze
(Cfr. Rom. 8, 28).
LA CONCORDIA SIA LA LEGGE DELLE NUOVE
GENERAZIONI
Ed è questo pensiero, alla fine, che ora qui ci raccoglie a pregare
con vivacità di fede Cristo, «nostra pace» (Eph. 2, 14),
Cristo, «Principe della pace» (Is. 9, 6), Cristo, che
nascendo fa annunciare dagli Angeli «la pace in terra» (Luc. 2,
14), Cristo, che, risuscitato, ripete ai suoi il saluto
felicissimo «pace a voi» (Io. 20, 19, 21), che voglia
ascoltare, oltre ogni nostro merito, la nostra invocazione: «dirigi
i nostri passi sulla via della pace»! (Luc. 1, 79)
Così Ti preghiamo:
Signore, noi abbiamo ancora le mani insanguinate dalle ultime guerre
mondiali, così che non ancora tutti i Popoli hanno potuto stringerle
fraternamente fra loro;
Signore, noi siamo oggi tanto armati come non lo siamo mai stati nei
secoli prima d’ora, e siamo così carichi di strumenti micidiali da
potere, in un istante, incendiare la terra e distruggere fors’anche
l’umanità; Signore, noi abbiamo fondato lo sviluppo e la
prosperità di molte nostre industrie colossali sulla demoniaca
capacità di produrre armi di tutti i calibri, e tutte rivolte a
uccidere e a sterminare gli uomini nostri fratelli; così abbiamo
stabilito l’equilibrio crudele della economia di tante Nazioni potenti
sul mercato delle armi alle Nazioni povere, prive di aratri, di
scuole e di ospedali;
Signore, noi abbiamo lasciato che rinascessero in noi le ideologie,
che rendono nemici gli uomini fra loro: il fanatismo rivoluzionario,
l’odio di classe, l’orgoglio nazionalista, l'esclusivismo
razziale, le emulazioni tribali, gli egoismi commerciali, gli
individualismi gaudenti e indifferenti verso i bisogni altrui;
Signore, noi ogni giorno ascoltiamo angosciati e impotenti le notizie
di tre guerre, ancora accese nel mondo;
Signore, è vero! noi non camminiamo rettamente!
Signore, guarda tuttavia ai nostri sforzi, inadeguati, ma sinceri,
per la pace nel mondo! Vi sono istituzioni magnifiche e
internazionali; vi sono propositi per il disarmo e per la trattativa;
Signore, vi sono soprattutto tante tombe che stringono il cuore,
famiglie spezzate dalle guerre, dai conflitti, dalle repressioni
capitali; donne che piangono, bambini che muoiono; profughi e
prigionieri accasciati sotto il peso della solitudine e della
sofferenza; e vi sono tanti giovani che insorgono perché la giustizia
sia promossa e la concordia sia la legge delle nuove generazioni;
Signore, Tu lo sai, vi sono anime buone che operano il bene in
silenzio, coraggiosamente, disinteressatamente e che pregano con cuore
pentito e con cuore innocente; vi sono cristiani, e quanti, o
Signore, nel mondo che vogliono seguire il Tuo Vangelo e professano
il sacrificio e l’amore;
Signore, Agnello di Dio, che i peccati del mondo, dona a noi la
pace.
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