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Martedì, 15 agosto 1972
Il decimo incontro del Santo Padre Paolo VI con la comunità
parrocchiale di Castel Gandolfo, per la festa dell’Assunzione di
Maria Santissima, avviene in occasione dell’ormai tradizionale
Messa, celebrata dal Papa nella chiesa arcipretale della cittadina
laziale, che ospita nei mesi estivi il Sommo Pontefice.
La data è sottolineata dallo stesso Paolo VI che all’inizio
dell’omelia durante la Messa, la ricorda ai fedeli che gremiscono il
tempio berniniano di S. Tommaso da Villanova. L’incontro è
motivo di letizia ed assume uno stile particolarmente familiare.
Il Papa è ricevuto, all’ingresso della chiesa parrocchiale,
dall’arciprete di Castel Gandolfo, Don Angelo Di Cola con i
padri salesiani che lo coadiuvano nel governo della parrocchia. Tra le
autorità presenti sono il sindaco di Castel Gandolfo dott. Marcello
Costa con la Giunta Municipale al completo, il direttore delle
Ville Pontificie dott. Carlo Ponti, con il segretario dott.
Bonanni e tutti gli altri collaboratori, i dirigenti degli istituti
religiosi e scolastici della città, tra i quali il direttore della
scuola «Paolo VI» Fratel Vittorio Grazia delle Scuole
Cristiane, i superiori e le superiore delle congregazioni religiose,
tra le quali le Maestre Pie Filippini e le Figlie di Maria
Ausiliatrice.
Il Santo Padre inizia la sua Omelia salutando la «cara comunità
parrocchiale e municipale» di Castel Gandolfo, con la quale, sono
ormai dieci anni, rinnova il suo incontro nel giorno dedicato alla
Madonna Assunta in cielo.
Paolo VI ringrazia, primo tra tutti, il Cardinale Segretario di
Stato Giovanni Villot, che condivide con lui il lavoro, nel
servizio della Chiesa in Cristo, le speranze e le implorazioni al
Signore; poi i due Vescovi di Albano, Monsignor Macario con il
nuovo Ausiliare Monsignor Bernini; gli altri sacerdoti, in modo
particolare il parroco, il pastore che ha l’incarico, l’onore ma
anche il grande peso e la responsabilità di diffondere tra la comunità
parrocchiale la parola del Signore. Il Papa ringrazia inoltre, per
la loro presenza, le comunità religiose, con le numerose suore
presenti a Castel Gandolfo, alcune delle quali direttamente
interessate con la loro attività all’assistenza di gruppi
particolari: un ufficio di carità che affianca ed integra il ministero
parrocchiale.
Continuando nei suoi saluti Paolo VI esprime poi gratitudine, per
la loro presenza, alle autorità municipali di Castel Gandolfo,
guidate dal Sindaco della cittadina laziale.
Manifesta quindi il desiderio di poter conoscere di persona tutti i
singoli gruppi che compongono la comunità parrocchiale, e,
proseguendo nel suo indirizzo di saluto, rivolge un ringraziamento al
direttore delle Ville Pontificie, a tutte le associazioni
cattoliche, rilevando come la vita di una comunità parrocchiale così
piccola come quella di Castel Gandolfo susciti nel Santo Padre
sentimenti di entusiasmo vivo e particolare, veramente paterno,
allorché sono visibili i segni di queste premure pastorali.
A questo punto il Papa parla ai giovani, a tutta la generazione nuova
che cresce, dando ad essa il suo paterno ed affettuoso saluto.
Egli aggiunge che il suo saluto deve essere tanto più gradito alla
comunità dei fedeli in quanto si esprime nel giorno della solennità
della Madonna, la grande festa gloriosa di Maria Assunta in Cielo:
una ricorrenza, che suscita in tutti i fedeli non solo sentimenti
esteriori di letizia, ma anche quelli interiori di pace e di
spiritualità. In lei ci sentiamo affratellati in Cristo e
maggiormente consolati dall’immensa ricchezza di misteri, di verità,
di insegnamenti che piovono da questa figura esaltata dal Signore, una
nostra sorella, una donna di questa terra anche lei, che ha avuto la
fortuna di essere la madre di Cristo, benedetta fra tutte le donne.
Il Santo Padre si sofferma quindi sul mistero dell’Assunzione di
Maria, rifacendosi alle parole stesse rivolte nel cantico del
«Magnificat» dalla Madonna a Sant’Elisabetta, «Exaltavit
humiles» e alle altre «Beata, perché hai creduto . . .».
Maria in ogni occasione, ma specialmente in questa sua festa ci
insegna ad abbandonarci con estrema fiducia nel mistero della volontà
del Signore perché Ella stessa si abbandonò pienamente al mistero,
facendo in tutto la volontà del Signore. I parenti più vicini a
Dio e da lui più riconosciuti, ha soggiunto il Papa, sono proprio
quelli che accettano la sua volontà. L’epilogo di questa
accettazione avvenne sotto la croce di Gesù, quando la Madre, dal
Figlio vilipeso e odiato dagli uomini, accolse il suo testamento di
amore che la rendeva per sempre madre di tutti gli uomini. Fu Maria a
rivelare poi la gloria del Cristo risorto, prima di tutti agli
Apostoli, diventando, così, anche Madre della Chiesa.
Tutto ciò meriterebbe oggi, giorno a Lei dedicato, una meditazione
piena di gioia e di letizia. Ma queste nostre parole - continua il
Santo Padre - dovrebbero essere raccolte in modo particolare dalla
nuova generazione, dai giovani, da quelli che vivono a contatto con
l’esperienza del mondo in cui noi siamo attori, spettatori, e
partecipi.
Ancor oggi, come in ogni tempo, il mondo è colpito dal fatto che
Maria, proprio per questa sua sudditanza di fiducia e di amore, di
dolore e di speranza, è stata risuscitata ed è stata assunta al
cielo. Questa è l’impressione che domina i credenti specialmente in
questa festa dell’Assunzione di Maria. Ella è stata assunta e vive
in cielo accanto al suo Figlio. Tutto ciò oggi ci apre come uno
spiraglio di cielo e ci fa chiaramente vedere qualche cosa dell’al di
là. Ci mostra il Cielo e ci fa vedere il nostro destino in una
visione meravigliosa e affascinante.
Purtroppo, osserva il Papa, noi che dovremmo tenere lo sguardo
rivolto alla inebriante visione del cielo, siamo proclivi a curvare la
testa verso la terra in esperienze temporali che ci vorrebbero
tenacemente rendere padroni della terra. Di queste esperienze
temporali non siamo mai sazi, come tanti ricchi che sono sempre più
affezionati ai loro averi e spesso, proprio per questo, soccombono
alla irrazionale fuga dalla vita, Noi dobbiamo convincerci che tutto
quello che abbiamo e che ci circonda è fuggevole, e che in un attimo
inesorabile può esserci tolto; e allora come è stato osservato
saggiamente, non resta che la «libertà di morire». Noi siamo,
come dice S. Paolo, dei morti in continuazione, «cotidie
morimur».
Avviandosi alla conclusione, Sua Santità afferma che la festa
dell’Assunta squarcia ogni velo umano e ci dice che Maria è risorta
e che, come Lei, tutti risorgeremo, anche se Lei è risorta per
divino privilegio subito dopo la morte, mentre noi risorgeremo negli
ultimi giorni della terra; ma che comunque, risorgeremo per una vita
che non è più nel tempo ma nell’eternità e in Dio.
Questa festa inoltre ci ricorda il doppio stato di esistenza a cui
siamo destinati, questo presente e quello misterioso futuro. Abbiamo
due vite da vivere: la vita presente è collegata alla futura e la
condiziona. Se viviamo bene qui, avremo la fortuna di guadagnare il
Paradiso; se invece ci distraiamo o percorriamo delle vie false e
contrarie alla legge di Dio, quale sarà la nostra sorte al di là,
quale infelicità ci prepariamo? Viene un sospetto, un’obiezione a
questo punto: ma il miraggio della vita futura di cui la Madonna ci
dà un saggio, non ci distacca, non svalorizza, non deprezza, la
vita presente? I santi sono stati categorici su questo punto, sono
stati di una radicalità che va anche al di là della giusta misura,
con il loro disprezzo per la vita temporale, per le cose di questo
mondo. La visione vera, è quella espressa nella preghiera che diremo
durante la Messa al Signore, è quella di saper comporre, di rendere
coordinate le due vite, la vita presente con quella futura. Se noi
comprendiamo davvero qual è il disegno, il destino della nostra
esistenza attuale, che Gesù Cristo ci ha insegnato e ha già
realizzato in sé, e ha anticipato nella Madonna, la composizione di
queste due vite non è più un problema insolubile. Resterà un
problema difficile, diremo anche attraente, poiché anticipa qualcosa
di lassù, l’amore, la felicità, la speranza, il godimento
intenzionale, che domani sarà godimento reale.
Guardiamo di vivere così, misuriamo davvero la nostra vita presente,
al contatto, al confronto di quella futura. Se il Signore ci
chiamasse adesso, saremmo pronti? Un cristiano dovrebbe sempre poter
dire: «sono pronto, sono in grazia di Dio, sono pellegrino verso
quella meta, non sono fuori strada, sono fedele, sono cristiano,
faccio il mio dovere, e allora posso condividere con tranquilla
coscienza, senza presunzione, la grande speranza del Paradiso, la
gioia che oggi Noi celebriamo inneggiando alla Madonna». Tutto poi
si riduce, in fondo, a queste due cose: amare Dio ed amare il
prossimo. Siamo fedeli a questo programma, vediamo in sintesi il
nostro destino. Che la Madonna appunto ci insegni a vivere bene la
giornata che passa, anche questa piena di doni del Signore e della
Provvidenza. E guardiamo di mettere nel nostro cuore il grande
desiderio, il grande amore che fu quello di Maria, l’amore del
Cielo.
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