|
Solennità del «Corpus Domini»
Giovedì, 9 giugno 1966
Siamo fra Voi, siamo con voi per compiere insieme il grande atto di
culto verso il Sacramento della presenza e del sacrificio di Cristo,
che la festa odierna del «Corpus Domini» propone ai fedeli, ai più
fedeli della comunità ecclesiale; a voi oggi, fedeli di Monte
Sacro, e a voi, concittadini dell’Urbe, che siete venuti per
associarvi a questo solenne rito celebrativo.
Voi comprendete l’intenzione pastorale, che ha fatto scegliere
quest’anno il vostro quartiere per svolgervi la bella processione
eucaristica: è un’intenzione onorifica, che vuole rendere omaggio a
questa parte nuova e periferica della città: qui pure è Roma, la
Roma nuova che non dev’essere meno dell’antica degna di tanto nome,
e deve perciò essere integrata, non solo sotto l’aspetto
urbanistico, ma altresì sotto quello morale, sociale, spirituale al
Popolo romano; è un’intenzione fraterna e paterna perciò che qua
Ci conduce, e che Ci consente, anche in questo momento estremamente
sacro, di rivolgere a voi tutti, abitanti di questo quartiere, il
saluto della Nostra carità; è una intenzione spirituale, che
vorrebbe con questa celebrazione confortare i vostri sentimenti
religiosi, risvegliare in voi la coscienza della vostra appartenenza al
Popolo di Dio alla famiglia di Cristo, che è la Chiesa, e
stringere con la vostra Parrocchia e fra di voi vincoli di maggiore
comunione nella fede, nella preghiera, nell’esercizio del bene e
nella professione cristiana. Sì, Figli carissimi, davanti al
misterioso e prodigioso Sacramento, che ci fa riconoscere e esaltare
Cristo vivo fra noi, non è profano questo Nostro umano e affettuoso
saluto per tutti e per ciascuno di voi, ma è pio, è liturgico, è
compreso dell’azione religiosissima, che stiamo celebrando, quando
tale saluto scaturisce appunto dall’azione medesima, e suona, come
nella Messa: che il Signore sia con voi, Dominus vobiscum!; che
la pace sia con voi, pax vobis!; proprio come il Signore stesso ha
detto e ripetuto, presentandosi risorto ai suoi discepoli. Che il
Signore sia con voi, sì, Figli carissimi; che la sua pace sia con
voi. Il Nostro saluto va ad ognuna delle vostre persone, ai vostri
bambini, ai vostri figli, ai vostri malati, e specialmente a voi,
genitori cristiani, a voi, famiglie di queste case, a voi tutti che
qui abitate, lavorate, vivete: il Signore sia con voi, e la sua
pace con voi!
Voi comprendete allora come alla Nostra intenzione pastorale si deve
aggiungere, com’è proprio del Nostro ministero, un’altra
intenzione, quella propriamente dottrinale e religiosa: siamo qui per
un duplice fine, religioso l’uno e l’altro, immenso e sublime il
primo, immenso ed umano il secondo. Vogliamo dire: siamo qui per
fare un grande atto di fede nella mistica realtà dell’Eucaristia; e
siamo qui per raccogliere una grande lezione di bontà e di amore, che
dall’Eucaristia, per chi pone attenzione e devozione, si irradia
dolcemente e magnificamente. Non sarebbe perfetta, non sarebbe
coronata dalla sua più alta e più autentica espressione spirituale
questa nostra solenne cerimonia, se non culminasse, da parte di tutta
questa moltitudine, come da parte di ogni cuore, di ogni voce, in una
professione di fede, franca, ferma e cordiale: «Tu solo, o
Signore, hai parole di vita eterna! Noi abbiamo creduto e conosciuto
che Tu sei il Cristo Figlio di Dio» (Io. 6, 69-70). E
detto questo, compiuto quest’atto di fede, una quantità di
meravigliosi insegnamenti piove sulle anime assetate della conversazione
divina. Una conversazione singolare, che si esprime in silenzio, ma
che intesse un dialogo spirituale e morale interessantissimo; è il
dialogo che fa proprio il linguaggio sacramentale, quello delle cose
rese segni, fatte parole, del pensiero e dell’azione di Cristo, che
di tale linguaggio, solo, nella sua profonda, «esistenziale»
verità, accessibile al credente, si riveste, e così viene a
colloquio con i suoi fedeli. La nostra avidità di conoscere, di
capire, e anche, in qualche modo, di sentire, incalza con
infantili, ma legittime domande: perché, Signore, ti sei rivestito
delle apparenze di pane? Per insegnarti, ci risponde Cristo usando
appunto il linguaggio sacramentale, che «Io sono il pane di vita»
(Io. 6, 48), cioè l’alimento, il principio interiore,
rinnovatore, beatificante, della tua caduca e effimera esistenza
terrena. E perché, Signore, anche delle specie di vino Ti sei
rivestito? chiede la nostra filiale curiosità; per soddisfare e
inebriare la nostra sete di felicità? Sì, risponde il Signore; ma
ancor più per farti pensare e partecipare alla separazione del mio
corpo dal mio sangue, cioè alla mia passione, al mio sacrificio;
l’Eucaristia è il memoriale della morte redentrice di Cristo.
E quant’altri insegnamenti possiamo derivare da questa sintesi del
dogma cattolico, ch’è l’Eucaristia! Non è il momento di
prolungare questo discorso; ma il momento è propizio per esortarvi
tutti a diventare contemplativi del grande e così popolare mistero
dell’Eucaristia. Tutti, diciamo, pensando a quale generazione voi
appartenete, uomini del nostro tempo, gente moderna, figli del secolo
ventesimo. Diremo un paradosso: voi, alunni tutti della mentalità
contemporanea, siete in condizioni migliori, per maturità mentale e
per necessità spirituale, che non fossero le generazioni passate, di
apprezzare il Sacramento dell’Eucaristia, non fosse altro per
l’impensabile scoperta che tutti - in certa misura anche quelli che
non hanno la fortuna di credere - tutti possiamo fare con maggiore
soddisfazione dell’intenzione - come dire? - sociale, universale,
a tutti accessibile, per tutti e ciascuno concepita, propriamente
espressa in questo Sacramento, che moltiplica fino alle dimensioni
della fame, della recettività umana, l’offerta che Cristo fa di se
stesso a chiunque voglia incontrarlo e vivere con Lui e di Lui.
Nell’Eucaristia è contenuta e palese questa intenzione: il dono di
Cristo per tutti, per ciascuno, per Noi, per voi. Lo ha detto
Lui con indicazione chiarissima: «Questo è il mio Corpo, dato per
voi; questo è il mio Sangue, sparso per voi. Fate questo in
memoria di me».
Come proceda l’esplorazione del meraviglioso mistero eucaristico ora
Noi non vi diciamo; ma solo concluderemo esortandovi ancora (per
questo celebriamo qui il «Corpus Domini») a tentarla da voi stessi
tale esplorazione. Chi bene la inizia, non torna più indietro, ma
resta preso dall’incanto della rivelazione, e non più solo del
pensiero di Cristo: ma dell’umanissimo, del divinissimo,
dell’implacabile amore suo: «Dilexit me»; Egli mi ha amato
(Gal. 2, 20). Comprendete questa parola? Ebbene, ricordate
che per entrare nella sfera misteriosa ed avvolgente della Realtà
eucaristica non servono i sensi, se non per introdurci nel linguaggio
dei sacri segni; non basta l’intelligenza, che deve offrire tutto il
suo umile sforzo, ma rimane impari alla comprensione della verità
nascosta; si dovrà dire, come noi ora cantiamo: «sola fides
suficit», basta la fede? Sì, se la fede non è sola; se cioè la
carità la vivifica. Nel regno eucaristico comprende chi crede e chi
ama. L’amore diventa coefficiente di intelligenza, perché è
finalmente possesso. Nella conquista delle cose divine più serve
l’amore, che non ogni altra nostra spirituale facoltà.
E questo accenniamo per ricordarvi che questa via dell’amore è aperta
a tutti. È la via facile e consueta che vi invita alla Messa
festiva; la quale, come sapete, è una celebrazione della carità
fraterna in ordine al culto e alla conquista della carità divina.
Ecco; Noi vi lasceremo questa sola e somma raccomandazione: siate
assidui, siate partecipi, siate amorosi della vostra Messa festiva e
comunitaria; fate attenzione a Cristo, che si rende presente per
rinnovare a vostra salute il suo sacrificio e il suo convito di
ineffabile amicizia; fateCi in cuor vostro questa promessa: che
darete importanza, darete interesse, affezione, fedeltà alla
celebrazione della santa Messa; e Noi saremo felici; e Noi saremo
sicuri di non avere indarno celebrato con voi la festa del «Corpus
Domini»; e con tutto il cuore Noi ora pregheremo Cristo Signore di
darvi la sua Benedizione.
|
|