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Venerdì, 29 giugno 1973
Fratelli e figli carissimi,
Ci ammonisce il «Pontificale»: «Considerate con grande attenzione
a quale grado di dignità nella Chiesa stanno per esser promossi i
nostri fratelli. Nostro Signore Gesù Cristo, inviato dal Padre
per redimere il genere umano, mandò lui stesso nel mondo i dodici
Apostoli, i quali, pieni della virtù dello Spirito, Santo,
avevano il compito di predicare il Vangelo e di santificare e governare
tutte le genti, riunendole in un unico ovile. E perché una tale
missione perdurasse fino alla fine dei tempi, gli Apostoli si scelsero
dei collaboratori, e ad essi trasmisero il dono dello Spirito Santo,
ricevuto da Cristo, mediante l’imposizione delle mani che conferisce
la pienezza del Sacramento dell’Ordine. In tal modo, attraverso
l’ininterrotta successione dei Vescovi è stata conservata di
generazione in generazione la tradizione apostolica, e l’opera del
Salvatore continua e si sviluppa fino ai nostri giorni.
Nella persona del Vescovo, circondato dai suoi Presbiteri, è
presente in mezzo a voi lo stesso Gesù Cristo, nostro Signore,
costituito Pontefice in eterno. È Lui, infatti, che, nel
ministero del Vescovo, non cessa di predicare il Vangelo e di
dispensare ai credenti i misteri della fede. È Lui che, mediante il
carisma paterno del Vescovo, aggiunge ed aggrega nuove membra al suo
corpo. È lui che, con la sapienza pastorale del Vescovo, vi conduce
durante il pellegrinaggio terreno verso la beatitudine eterna.
Accogliete, pertanto, con animo grato e festoso i nostri fratelli,
che noi Vescovi, mediante l’imposizione delle mani, chiamiamo a far
parte del nostro collegio episcopale. Onorateli come ministri di
Cristo e dispensatori dei misteri di Dio, perché ad essi è affidata
la testimonianza del Vangelo di verità ed il ministero della
santificazione. Ricordatevi delle parole di Cristo, che dice ai suoi
Apostoli: "Chi ascolta voi, ascolta me, e chi disprezza voi,
disprezza me. Ma chi disprezza me, disprezza colui che mi ha
mandato"».
Queste sono le parole che la Chiesa propone alla meditazione dei
Fedeli, del Clero e dei nuovi Eletti all’ordine episcopale.
Rimangano esse scolpite nella nostra memoria. Esse sono una sintesi
densa e preziosa del mistero sacramentale, che stiamo celebrando; esse
ci riportano all’istituzione divina della gerarchia apostolica,
facendoci risalire alla sua sorgente stessa nella SS.ma Trinità:
Dio, il Padre, genera in Se stesso e manda nel mondo il Verbo,
Figlio di Dio fatto uomo, Gesù Cristo; il Quale proclamerà la
linea sovrana dell’economia della nostra salvezza: «Come il Padre
ha mandato me, anch’Io mando voi» (Io. 20, 21; cfr. 6,
57; 7, 29; 17, 18). Questa derivazione dell’Episcopato
dalla profondità della Vita divina, e dalla storicità del disegno di
Cristo, disegno che si compie nella missione dello Spirito Santo
(Cfr. Io. 16, 7; cfr. 14, 16, 26), fa del Padre il
Principio unico e sommo ed il Capo di Cristo stesso (Cfr. 1
Cor. 11, 3); fa di Cristo il Capo della Chiesa (Cfr.
Eph. 5, 23), e fa del Vescovo, continuatore e rappresentante
di Cristo, il maestro, il sacerdote, il pastore del Popolo di
Dio, la Chiesa, Corpo mistico di Cristo (Cfr. A. GRÉA,
L’Eglise, 1965).
Non avremo mai abbastanza studiato e contemplato questa suprema
teologia, che ci riguarda ormai personalmente, e che ora noi non solo
stiamo enunciando, ma compiendo. A voi, Fratelli, investiti da
questa operante divina realtà, a voi, Figli, che siete avvolti in
questo avvenimento pentecostale, e ne avvertite, in qualche misura,
le misteriose vertigini, l’esortazione nostra, che vorremmo scolpita
nella vostra anima con indelebile memoria: «Videte qualem caritatem
dedit nobis Pater . . . .» (1 Io. 3, 1; Io. 15,
15).
Mais peut-être y a-t-il au fond de vos âmes de membres de
l’Eglise de Dieu une attente face à cette élection au ministère
épiscopal conférée par nos mains, celles de celui qui, en son
temps, a été élu à la même charge avec une fonction spécifique,
celle de successeur de Pierre. Quel est son devoir caractéristique,
quel est son charisme propre, dont tette ordination devrait porter le
souvenir et l’empreinte? Nous-même, Nous interrogeons à ce sujet
la pensée du Seigneur, désireux, camme Nous le sommes, de
qualifier la plénitude de la mission apostolique, que l’Esprit
Saint infuse aux nouveaux évêques, par l’intervention divine qui
définit et corrobore le ministère de Simon, devenu Pierre. Vous
la connaissez tous, tette intention exprimée par Jésus au tours de
la dernière Cène: Confirma fratres tuos! (Luc. 22, 32)
Notre humble et faible personne, appelée à ce service suprême par
un de ces paradoxes qui mettent en évidence la puissance de l’action
divine dans la faiblesse humaine, est précisément chargée de vous
transmettre le don de force, de constance, de certitude, de
sang-froid, d’intrépidité, qui est figuré par la stabilité du
roc, choisi par le Christ comme symbole d’une réalité qu’il a
posée comme fondement de son Eglise, la fermeté. C’est le don du
Christ à son Eglise. C’est la vertu dont l’Eglise assaillie par
tant de forces qui tendent à l’abattre, à l’affaiblir, à la
détruire, a aujourd’hui besoin: la fermeté dans la foi, dans
l’unité, dans l’effort apostolique, contre les infiltrations du
doute, l’admission des pluralismes équivoques et autodestructeurs,
la désagrégation de la charité ecclésiale. C’est le bouclier qui
doit nous protéger nous-mêmes contre nos faiblesses intérieures et
contre la confusion idéologique envahissante de notre monde. C’est
aussi la parole que Pierre, dans l’exercice de son mandat
apostolique, laissera à la première génération chrétienne et à
tant d’autres qui, jusqu’à nous, la suivront: «Demeurez fermes
dans la foi» (1 Petr. 5, 9). La force dans la foi: voici le
charisme dont Nous voudrions que vous soyez tous pourvus, le charisme
qu’il a été donné à Pierre de transmettre. Qu’il soit le don de
ce jour mémorable, celui que Nous implorons du Christ pour vous,
nouveaux maîtres et pasteurs, non sans nous rappeler l’intime
parenté que la fermeté de la foi, spécialement dans son affirmation
pastorale, entretient avec l’amour du Christ béni, comme Luimême
l’a dit: «Demeurez dans mon amour!» (Cfr. Io. 15, 9;
21, 15 s.).
And finally we shall tell you of the personal joy with which we carry
out this rite of episcopal ordination, very appropriately and wisely
arranged on the occasion of the tenth anniversary of our investiture as
Successor of Saint Peter in the Roman Pontificate.
This rite in fact is a source of great satisfaction to us, for it
offers us the happy opportunity of enriching the Church of God with
ten new Bishops, that is with ministers who accept the call of
Christ: "Follow me" (Cfr. Marc. 2, 14; Io. 21,
22).
Ed infine noi vi diremo la gioia nostra personale con cui compiamo
questo rito d’ordinazione episcopale, predisposta con intenzione molto
buona e molto intelligente, in occasione del decimo anniversario della
nostra investitura a successore di San Pietro nel Pontificato
Romano.
Questo rito infatti ci è motivo di grande soddisfazione, perché ci
offre la felice occasione di arricchire la Chiesa di Dio di dieci
nuovi Vescovi, cioè di ministri che accettano la chiamata di
Cristo: «sequere me!» (Cfr. Marc. 2, 14; Io. 21,
22).
Ora è da notare che nessuna chiamata è così esigente come questa.
Essa domanda tutto al seguace del Signore (Cfr. Matth. 4,
20; 10, 37; Luc. 5, 11, 28). Essa domanda per
sempre (Cfr. Io. 6, 67). Essa, sebbene fin d’ora sia tanto
prodiga di beatitudine, non promette nulla in questo mondo, eccetto il
sacrificio di sé (Matth. 10, 38; Io. 12, 24 ss.), e
l’impopolarità e l’avversione degli uomini (Matth. 5, 11;
Io. 16, 20; 21, 18). Essa non porta con sé soltanto la
partecipazione allo stato sacerdotale di Cristo, ma la partecipazione
altresì al suo sacrificio, al suo stato di vittima. Egli vuole da
noi un dono totale della nostra vita, una partecipazione senza riserve
alla sua passione (Col. 1, 24; Gal. 6, 2). Uno stile di
dedizione (Cfr. Io. 13, 16 ss.) e di coraggio per tutta la
vita (Luc. 12, 32; Matth. 10, 28; etc.): così è il
programma offerto da Cristo, specialmente ai suoi immediati discepoli
ed apostoli. Ma questo è il programma della salvezza, per noi e per
il mondo alla cui salute noi siamo destinati. Il mondo si salva
così, mediante la Croce e mediante la nostra partecipazione al
sacrificio della Croce.
Ora, vedere oggi d’intorno a noi alcuni Fratelli valorosi, che di
tutto cuore accettano d’essere consacrati a questa drammatica ed anche
eroica missione pastorale (Io. 10, 11) riempie il nostro cuore
di ammirazione e di consolazione. Noi pensiamo al poco che
personalmente abbiamo dato al Signore e alla Chiesa: la vostra
oblazione invece all’ufficio episcopale ci lascia sperare che voi
sarete più bravi e più generosi di noi, e colmerete con la vostra
ricchezza di amore e di opere anche le nostre deficienze!
E pensiamo che insieme sarà più forte, più esemplare, più
gaudioso il comune amore a Cristo e alla sua Chiesa; e più efficace
al mondo anche, che attende dal nostro ministero l’annuncio del regno
di Dio.
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