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Piazza dei Miracoli, Pisa
Giovedì, 10 giugno 1965
Signori Cardinali, fra cui il Nostro Cardinale Legato Arcivescovo
di Firenze; e voi Venerati Confratelli - e fra tutti il diletto e
riverito Arcivescovo di questa vetusta ed illustre Chiesa Pisana -,
Autorità ecclesiastiche, civili, accademiche e militari -fra tutte
il Signor Presidente del Consiglio dei Ministri d’Italia e quelle
che qui rappresentano sia il Governo Italiano, che la Città di
Pisa; e voi tutti Fedeli, tanto di Pisa, quanto di Roma e
d’Italia qua convenuti per la celebrazione di questo XVII
Congresso Eucaristico Nazionale, siate tutti da Noi salutati,
tutti da Noi benedetti, con la riconoscenza di sapervi qui adunati per
unire il vostro al Nostro omaggio al mistero augusto di Cristo
presente nei simboli eucaristici, e con la letizia di potere con voi
incontrarci, con voi pregare, con voi vaticinare nuove spirituali
fortune, per questa terra privilegiata, ove la storia, l’arte, la
cultura si sono per secoli affratellate con la fede ed espresse in
monumenti di bellezza e di sapienza incomparabili. Saluto e
benedizione, a cui ora non daremo altre parole, per riservare quelle
della breve presente Omelia alla considerazione dell’altissimo tema
religioso che stiamo celebrando; ma a cui riserviamo la pienezza del
Nostro sentimento, traducendo l’uno e l’altro - saluto e
benedizione - nella pietà e nella carità del sacro rito liturgico.
Dobbiamo un saluto speciale a tutti i cari Sacerdoti qua intervenuti.
Il Congresso riserva a loro, con intenzione particolare, questa
giornata; e per condividerla con voi, Confratelli nell’elezione che
Cristo ha fatto di noi tutti per la totalità al suo amore e per la
dedizione al suo ministero, siamo oggi qua arrivati. Sacerdoti
diletti e venerati, a noi prendere coscienza della duplice
rappresentanza, che ci è stata attribuita, quella di rappresentanti
di Dio agli uomini, e quella di rappresentanti degli uomini a Dio; a
noi esultare e tremare d’essere fatti, se non degni, idonei ad
operare, stretti da quel duplice incarico, «in persona Christi»,
agenti per sua virtù del grande mistero eucaristico. Presente Cristo
in noi con la sua divina ed umana potestà, si fa presente Cristo
nella sua sacramentale realtà, mediante il nostro umile e sublime
ministero. Noi siamo gli operatori, i ministri, i distributori
dell’Eucaristia; non dimentichiamolo per la santità che dobbiamo a
Cristo e a Dio; non dimentichiamolo per la carità che dobbiamo ai
fratelli.
Fratelli e Figli carissimi!
Siamo venuti a questo Congresso per fare Nostra la testimonianza,
ch’esso ha fatto programma suo: Dio è con noi! Perché Cristo è
con noi! Perché i segni sacrosanti dell’Eucaristia non sono
soltanto simboli e figure di Cristo, o modi indicativi d’una sua
affezione, o di una sua azione nei riguardi dei commensali alla sua
cena, ma contengono Lui, Cristo, vivo e vero, lo indicano presente
quale Egli è vivente nella gloria eterna, ma qui rappresentato
nell’atto del suo sacrificio, a dimostrare che il Sacramento
eucaristico rispecchia in modo incruento l’immolazione cruenta di
Cristo sulla croce, e rende partecipi del beneficio della redenzione
chi del Corpo e del Sangue di Cristo, rivestito di quei segni di
pane e di vino, degnamente si nutre. Così è. Così è.
Oh! Noi sappiamo che enunciando una tale realtà, enunciamo un
mistero. Anzi Noi avvertiamo che affermando la verità, quale la
Chiesa cattolica professa circa l’Eucaristia, enunciamo altresì un
nodo, estremamente complesso ed estremamente meraviglioso, di altre
verità essenzialmente collegate col mistero eucaristico, e parimente
misteriose, ma insieme parimente fondate sulla realtà: basti
ricordare il sacerdozio dapprima, con i suoi prodigiosi poteri, di
attualizzare, per divina virtù, l’arcana presenza di Cristo
nell’Eucaristia; e il rapporto essenziale ch’essa possiede col
Corpo mistico di Cristo (cfr. S. Th. 3, 73, 3), cioè
con la Chiesa, la quale ha nell’Eucaristia il segno, per noi ora
supremo, della sua unità, ed il principio più efficace, Cristo
stesso in atto di estrema carità, della sua composizione e della sua
santificazione. Senza dire che questa presenza reale e nascosta,
giacente in segni altrettanto vacui della loro natura reale - pane e
vino - quanto pieni del significato spirituale specifico
dell’Eucaristia - l’alimento spirituale per l’uomo viandante verso
l’eterna vita -, reca con sé tali implicazioni di profondità
teologiche - pensate all’analogia fra la parola e la sua identica e
moltiplicata risonanza in quanti la ascoltano -, di riferimenti
evangelici - pensate ai discorsi di Cristo a Cafarnao e all’ultima
cena -, di derivazioni liturgiche - la Messa per prima -, di
applicazioni cultuali - pensate al silenzioso e meraviglioso mistero
degli innumerevoli tabernacoli, che costellano di luci, visibili solo
agli angeli, ai santi ed ai credenti, la faccia della terra -, di
fecondità spirituali - pensate alla pienezza liturgica delle assemblee
di fedeli intorno all’altare, e alle conversazioni personali che le
singole anime, nutrite di Cristo o estasiate nella fede e nella
carità, adorando e pregando, trattengono col divino Presente, -
reca con sé, diciamo, tali implicazioni religiose, spirituali,
morali, e rituali da costituire il cuore della Chiesa. Gesù che
parla: «Ibi sum in medio»: Sono Io al centro (Matth. 18,
20).
Così è. Ripetiamo: Noi sappiamo di enunciare un mistero. Ma
così è. Questa è la Nostra testimonianza, che coincide con quella
di questo Congresso, e vi apporta la piena conferma, che il Nostro
magistero apostolico Ci autorizza a professare, anzi a ciò qui Ci
obbliga: così è. Cristo realmente presente nel sacramento
eucaristico. Diciamo questo per godere con voi, figli fedeli, che
dell’Eucaristia fate vostro spirituale alimento, e per confortare la
vostra pietà a quel culto autentico, nutrito di Vangelo e di dottrina
teologica, al quale la recente Costituzione conciliare sulla sacra
Liturgia, ci esorta e ci appiana la via. Diciamo questo anche per
dissipare alcune incertezze sorte in questi ultimi anni dal tentativo di
dare interpretazioni elusive alla dottrina tradizionale e autorevole
della Chiesa in oggetto di tanta importanza. Diciamo poi questo per
invitare voi tutti, uomini del nostro secolo, a fissare la vostra
attenzione su questo antico e sempre nuovo messaggio, che la Chiesa
tuttora ripete: Cristo, vivo, e celato nel segno sacramentale che a
noi lo offre, è realmente presente. Non è parola vana, non è
suggestione superstiziosa, o fantasia mistica; è la verità, non
meno reale, sebbene collocata su piano diverso, di quelle che noi
tutti, educati dalla cultura moderna, andiamo esplorando,
conquistando e affermando circa le cose che ci circondano, e che,
conosciute, dànno il senso delle verità sicure, positive, e, per
di più, utili; le verità scientifiche.
Uomini, fratelli e figli del nostro tempo: Noi pensiamo di
comprendere la vostra perplessità e anche la contrarietà, ch’è in
alcuni di voi, all’annuncio del mistero eucaristico, che la Chiesa
continua a proclamare, e che Noi stessi, profittando di occasione
tanto propizia e solenne, qui confermiamo. Come può essere, come
può essere - Ci pare sentire qualcuno di voi mormorare - una tal
cosa, che ci porta fuori d’ogni esperienza consueta, d’ogni abituale
cognizione del mondo fisico, d’ogni possibilità di controllo
sensibile? L’educazione mentale del nostro tempo abitua il pensiero a
certezze concrete e non superiori alla sua capacità conoscitiva;
l’arte del dubbio poi e della critica negativa, la comodità mentale
dell’agnosticismo e dello scetticismo, la facilità alla negazione,
sia speculativa che pratica nei confronti della religione, e forse una
segreta pigrizia, che in fondo agli animi di tanti uomini, un giorno
non privi di retta informazione religiosa e di qualche felice esperienza
di chi sia Cristo e di ciò che valga la sua parola, paralizza ad un
dato momento un atto di onesta e coraggiosa riflessione, tutte queste
forme caratteristiche della mentalità .e della cultura moderna
arrestano talora l’uomo profano davanti all’annuncio che qui
ripetiamo: Cristo è con noi; e rimettono sulle sue labbra i commenti
negativi degli uditori del grande discorso eucaristico di Cristo a
Cafarnao: «Questo discorso è duro; chi mai lo può ascoltare?»
(Io. 6, 60).
Ebbene, uomini del nostro tempo, che siete poi tutti voi pure, Noi
crediamo, figli della Chiesa e fratelli Nostri, perché battezzati e
perciò candidati all’ineffabile comunione con Cristo vivo, Noi non
possiamo ora illustrarvi le ragioni, che rendono accettabile la grande
verità eucaristica, ma preferiamo limitarci a dire a voi ciò che a
Noi stessi diciamo: è un mistero; è cioè una verità d’altro
ordine che non quello della logica comune, e della conoscenza derivata
dall’esperienza sensibile; ma è una verità, garantita dalla parola
del Maestro, Gesù Cristo, una parola che tende a mettere in
funzione nel nostro spirito un particolare modo di apprendere e di
aderire a verità superiore alla sua normale intelligenza; un
particolare modo di accettare e di vivere una Parola, che da sé si
giustifica e con sé porta una segreta attrattiva rassicurante, anche
quando è sostenuta da tanti plausibili argomenti; un particolare modo
di impegnare il nostro essere per accogliere una Verità, che si
afferma equivalere alla Vita; quel particolare modo che si chiama, -
voi lo indovinate -, si chiama la fede.
L’Eucaristia è mysterium fidei, mistero di fede. Luce vivissima,
luce dolcissima, luce certissima per chi crede; rito opaco per chi non
crede. Oh! com’è decisivo il tema eucaristico portato a questo
punto discriminante! Chi lo accoglie, sceglie. Sceglie con la
vigorosa conclusione di Pietro: «Signore, a chi andremo noi? Tu
hai parole di vita eterna!» (Io. 6, 68).
Fratelli e Figli carissimi! è forse questo il momento per tutti
propizio di rinnovare la scelta, che Cristo pone davanti a noi, non
solo per questo dogma saliente relativo al mistero eucaristico, ma per
l’intero suo messaggio evangelico, quale la Chiesa, guidata dallo
Spirito Santo, e dopo lunga vigilia di meditazione, ci propone; in
una parola, per la fede cattolica. Nell’ora solenne del Concilio
ecumenico, mentre matura sul quadrante della storia l’inizio d’una
nuova giornata per la vita del mondo, la nostra fede gioca una funzione
di grande importanza. È da tutti saputo quale bisogno d’una verità
trascendente e profondamente atta ad illuminare il cammino
dell’umanità sia variamente, ma acutamente e largamente sentito: la
fede cattolica, ancora una volta, presenta al mondo la sua offerta
impressionante.
Notate: è offerta libera a uomini liberi, e, a bene riflettere,
liberatrice; l’ha detto il Signore: la verità, la sua verità vi
farà liberi (Io. 8, 32); è offerta gratuita e
disinteressata, come quella che da un Amore infinito attinge il suo
principio ed il suo fine; è offerta che non umilia la mente
dell’uomo, sì bene la solleva a superiori visioni; è offerta che
non disturba l’esercizio suo proprio del pensiero umano, né intralcia
nella sua naturale e onesta fatica il lavoro, né arresta l’attività
temporale nelle sue civili conquiste, mentre piuttosto rischiara e
conforta l’uomo che riempie la giornata della vita presente di opere
degne; è offerta - chi non lo sa? - che non rallenta lo sviluppo
sociale, non aliena l’uomo dalle sue legittime aspirazioni vitali, ma
reca con sé l’eterno e lieto messaggio evangelico, di conforto e di
speranza per ogni umano dolore, e di stimolo altresì per ogni doverosa
giustizia; è offerta, a cui è connessa davanti a Dio la
responsabilità circa il destino della vita individuale (ricordate:
Chi crederà . . . . sarà salvo; Marc. 16, 16); e
davanti alla storia le sorti della pace nel mondo; offerta grave e
grande, perciò. Accolta, sì, impegna la vita a programma
sinceramente e tendenzialmente magnanimo, ma sempre cristianamente
semplice, buono e pio: la fede è la vita, la fede è salvezza.
Se la Nostra voce può avere forza di espansione e di penetrazione, a
voi, Pisani, desideriamo dapprima che giunga; ai vostri cuori.
Questa è l’ora della fede; ripeteremo la esortazione apostolica:
«Siate forti nella fede» (1 Petr. 5, 8); nella fede, che ha
tessuto la vostra storia e ha fatto la vostra gloria. Sia questo il
giorno in cui voi ne riprendete piena e volonterosa coscienza, e ne
fate per l’avvenire argomento di fedeltà. E Ci facciamo
paternamente arditi, con cuore amico e con animo di estimatori, di far
giungere il Nostro invito alla nuova considerazione della fede di
Cristo alle soglie, a Noi non ignote e da Noi venerate, della
vostra celebre Università, di cui un Nostro lontano Predecessore.
Clemente VI (1343) segnò in secoli remoti l’atto di nascita;
e a quelle non meno stimate della vostra illustre Scuola Normale
Superiore; l’invito è ben degno che spiriti ardenti e pensosi,
quali in codesti augusti domicili dello studio e del sapere si
accolgono, ne ripensino la gravità, ne riconoscono la bontà.
E poi al Popolo Toscano, che oggi accoglie la Nostra visita,
ripetiamo la medesima voce: amate, Figli della Toscana, la fede
cristiana di codesta terra privilegiata e benedetta; la fede dei vostri
Santi, la fede degli spiriti magni, di cui ieri ed oggi si è
celebrata l’immortale memoria, Galileo, Michelangelo e Dante; la
fede dei vostri padri: fate che, ancor oggi, schietta e viva sia la
vostra, e domani quella dei vostri figli. E vorremmo che l’eco del
Nostro grido per la saldezza nella fede di Cristo giungesse anche al
di là del Tirreno, alla diletta Sardegna, all’isola laboriosa,
con cui Pisa ebbe per secoli commercio spirituale e civile; e poi
all’Italia tutta, che oggi trova qui espressione magnifica della sua
spirituale unità, auspicio stupendo della sua cristiana prosperità.
Questo è il messaggio che il Papa è venuto a recare personalmente al
Congresso Eucaristico Nazionale di Pisa gloriosa.
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