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Indonesia, Djakarta
Giovedì, 3 dicembre 1970
Cari Figli e Figlie,
È grande per il Papa la gioia di trovarsi in mezzo a voi, e di poter
unire la sua preghiera alla vostra nel rendere grazie a Dio.
Celebrando questo rito, il più sacro, il più religioso e al tempo
stesso il più comunitario, il più sociale e il più fraterno, qual
è il santo Sacrificio della Messa, Noi vorremmo rispondere a una
questione che deve sorgere dal fondo del vostro cuore: perché il Papa
è venuto da tanto lontano sino a noi? Qual è lo scopo del suo
viaggio? Persegue un interesse materiale, o ricerca un successo di prestigio?
La ragione delIa Nostra venuta, eccola: spinti dallo stesso motivo
che mosse un tempo i vostri missionari, animati dalla stessa
convinzione della vostra comunità cattolica d’oggi, Noi crediamo con
tutta la forza del Nostro spirito che esiste nell’umanità un bisogno
supremo, primario, insostituibile, che non può essere soddisfatto se
non in Gesù Cristo, primogenito tra gli uomini, capo dell’umanità
nuova, nel quale ciascuno realizza la sua pienezza, perché
«solamente nel mistero del Verbo incarnato si rischiara veramente il
mistero dell’uomo» (Gaudium et spes, 22).
Benché Figlio di Dio, Gesù Cristo ha voluto, per riscattarci,
farsi uno di noi; egli ha condiviso la nosrra condizione umana,
inserendosi nel mondo del suo tempo, parlando la lingua della sua
provincia, attingendo dalla vita locale gli esempi diretti a illustrare
il suo insegnamento di giustizia, di verità, di speranza e di
carità. La sua dottrina, sparsa oggi per il mondo, si adatta nella
sua espressione a tutte le lingue, a tutte le tradizioni e culture.
Nessun libro è stato tradotto in tante lingue e dialetti quanto il
Vangelo! Nessuna preghiera è stata recitata in tante favelle quanto
il «Padre nostro», insegnato da Gesù stesso.
Il cristiano quindi non è uno straniero in mezzo ai suoi; egli
condivide con loro tutte le oneste usanze, coltiva l’amore della sua
patria come buon cittadino. E tuttavia professa una fede cattolica,
quella stessa, cioè, che professa l’africano, l’americano,
l’europeo. Come è possibile questo? Perché l’uomo della storia
che si chiamava Gesù di Nazareth, era al tempo stesso il Figlio di
Dio; perché l’uomo, come siamo noi, creato da Dio, è stato
creato per Iddio e nel suo stesso essere è attratto da Colui che
l’ha chiamato alla vita. Si tratta di un elemento umano talmente
personale ed essenziale, che chi respinge dalla sua vita Dio rischia
subito di respingere anche i suoi simili come suoi fratelli.
Gesù Cristo viene nella nostra vita in risposta a quei germi di
invocazione, posti da Dio nel cuore di ciascuno (Cfr. Ad gentes,
11). La sua parola - che è la rivelazione del Dio amore - e la
sua grazia - che è la comunicazione della vita stessa di Dio mediante
il suo Santo Spirito e nei sacramenti - costruiscono la comunità del
Popolo di Dio, che si chiama la Chiesa, unita da un solo
battesimo, da un’unica fede in un solo Signore e vivente per un solo
«Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera in tutti
ed è in tutti» (Cfr. Eph. 4, 5-6).
E qual è la nostra risposta, di noi membri di questo popolo santo?
Corrispondere alla grazia di Dio con la fedeltà alla Parola che ci
salva, con un comportamento da uomini nuovi. Alla santità infinita
di Dio, che ci è comunicata, risponde la nostra santità limitata,
che ha per modello quella di Gesù Cristo. Allora tutto è
trasformato e illuminato: la vita delle persone, la vita delle
famiglie, l’uso dei beni di questo mondo, i nostri rapporti con gli
altri, la vita intera della società, perché è tutto l’uomo che
Cristo libera, eleva e salva.
Ecco, cari Figli e Figlie, quel che Noi siamo venuti ad
annunziarvi: Gesù Cristo. Egli è il nostro Salvatore, e nello
stesso tempo il nostro Maestro: egli è «la via, la verità e la
vita» (Io. 14, 6) e «chi lo segue non cammina nelle tenebre»
(Cfr. Io. 8, 12). Questo è il ricordo, che Noi vorremmo
scolpire nelle vostre anime, per sempre!
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