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Domenica, 4 settembre 1977
Ai giovani, e a tutti gli altri fedeli convenuti nella piazza di
Albano per la celebrazione della Messa davanti alla Cattedrale, il
Papa affida un messaggio di certezza e di speranza, legato ad una
esortazione alla coerenza cristiana nella costruzione di una società
più ordinata, più giusta, più umana. Il Vangelo non è per gli
egoisti; la parola di Cristo è esigente, imperiosa, impegnativa.
Impone la rinuncia a tutto ciò che è provvisorio, transitorio,
effimero, richiede il sacrificio, richiede una profonda consapevolezza
della gerarchia dei valori al vertice dei quali c’è Dio.
L’omelia del Santo Padre si apre con alcune parole di caloroso
saluto alla comunità radunatasi nella piazza. Il primo pensiero del
Papa va ai giovani, ai quali specialmente la celebrazione è
dedicata. «Siete la speranza e la prima realizzazione - dice - di
quel futuro che tutti andiamo promuovendo». Poi ricorda Monsignor
Macario, già Vescovo di Albano, e l’attuale Vescovo, Monsignor
Gaetano Bonicelli, «che certamente avrà il cuore, l’energia e la
sapienza per guidarvi davvero a tutte le buone manifestazioni di vita
comunitaria parrocchiale e diocesana». E ancora, il saluto del Papa
a tutte le autorità, civili e militari, al clero, alle associazioni
cattoliche, alle numerose comunità religiose residenti nella diocesi:
«Si sentano assistiti e si sappiano amati, seguiti, congiunti a una
comunità che li fa buoni, forti, coscienti e certamente benedetti dal
Signore».
Paolo VI ricorda all’Assemblea le parole di Gesù «Dove voi
siete riuniti io sono in mezzo a voi» ed ha parole di compiacimento per
la tradizione cristiana della cittadina, augurandosi «che la vita
passata della città sia presente e profonda nella coscienza di quelli
che hanno l’onore di aiutarla a rivivere, a rifiorire in opere buone,
geniali e idonee a corrispondere ai bisogni del popolo». «La Messa
che celebro - aggiunge il Santo Padre - è per voi, per le vostre
fortune spirituali e anche per i vostri interessi familiari e materiali
legittimi e buoni, perché la città cresca nella prosperità e nella
fecondità di buone opere sulla via del progresso».
Soffermandosi poi a commentare il Vangelo del giorno, il Papa fa
notare come le parole appena lette siano delle più gravi, delle più
difficili, in quanto marcano una netta separazione tra chi vuol seguire
il Vangelo e tutti gli altri: « Se voi non lasciate . . .». Il
Signore parla specialmente per quelli che vogliono davvero professare
una fede comunitaria organizzata che si chiamerà Chiesa, ma parla per
tutti, e dice: Dovete preferire a tutti i vostri interessi, agli
amici, alle parentele, la prima necessità della vita, una necessità
tanto contestata e tanto negata anche nel nostro tempo: il bisogno di
Dio. È necessario preferire questo inizio della vita a qualsiasi
parentela e a qualsiasi relazione umana e civile. «Perfino a voi
stessi - dice il Papa - dovete trasferire la vostra capacità di
amore dall’egoismo del concentrare su se stessi i propri pensieri, le
preoccupazioni, i desideri, l’organizzazione della vita, alla
comunicazione con i fratelli che condividono con voi il luogo, la
parentela, il nome, la nazionalità e così via. Primo, Dio: è
questo l’insegnamento del Signore. Non è insegnamento facile,
poiché tutti siamo portati a fare di noi stessi il centro dei nostri
interessi e delle nostre preoccupazioni. Siamo tutti nati egoisti.
Siamo portati, specialmente nel nostro tempo, ad abbandonarci
all’istinto piuttosto che alla ragione, a preferire i piaceri, la
facilità della vita».
Cristo non ci ha indicato un programma facile, ma un programma
difficile, arduo, pieno di sacrifici. Se non portate la Croce, ha
detto il Signore, non siete degni di me. È un Vangelo esigente,
invadente nei nostri interessi, difficile. Non lo si può seguire se
si è deboli, fiacchi, vili, se si antepongono gli interessi
subalterni a quelli superiori dello spirito : il dovere, la
giustizia, il bene comune. «Questa gerarchia dei valori - dice
Paolo VI -, questo primato di Dio con tutto quello che a Dio si
riferisce (giustizia, impegno, onestà, dovere, ecc.) deve
affermarsi sui nostri interessi, sui calcoli che dobbiamo fare nella
nostra vita».
Prima di costruire una torre, dice il Signore, dobbiamo badare ai
mezzi a disposizione per costruirla per intero. Non è sufficiente
cominciare. Il Vangelo non vuole velleità, tentativi: vuole la
realtà della nostra vita. È una parola impegnativa, che esclude gli
egoisti, i deboli, quelli che preferiscono il permissivismo moderno,
e cioè il vivere secondo gli istinti, le passioni, i propri
particolari interessi. «Ne abbiamo proprio nei giornali di questi
giorni – osserva Paolo VI - esempi, ahimé, non molto
edificanti».
«Dobbiamo preferire il regno di Dio - aggiunge il Santo Padre -,
la giustizia di Dio; questa gerarchia di valori, questa costruzione
di ideali deve far capo al Signore. Chi vuole servire Cristo deve
accogliere questa gerarchia di valori e dare a Dio la giustizia e tutto
quel che deriva dai comandamenti, dai doveri indicati dal Vangelo.
Cercate di dare davvero, come le vostre tradizioni vogliono, come i
vostri stessi istinti migliori reclamano, come gli esempi più belli
dei santi che hanno vissuto tra voi insegnano, questa ricostituzione
ideologica, mentale, di principii, come il Signore ce la comanda e
ce la propone».
Non sono principii soltanto cristiani: sono professati, raccomandati
da tanti altri movimenti sociali e politici. Ma acquistano la loro
vera espressione, il loro categorico comando e la loro forza redentrice
se hanno al vertice il comandamento che impone: prima Dio, e tutto il
resto sarà gerarchizzato al di sotto di lui. Il Signore ci vuole
forti, ragionevoli, giusti, capaci di preferire Dio a tutti gli
altri interessi. Il Signore ci domanda tante rinunce alle cose
passeggere, deboli, provvisorie, fallaci, e ci fa guadagnare
invece, prima di tutto, noi stessi. La nostra personalità si
afferma se siamo capaci di instaurare la nostra maniera di pensare e di
vivere su questa gerarchia: prima Dio e poi tutto il resto. « Padre
Nostro che sei nei cieli, sia santificato il Tuo nome»: è detto
nel «Pater». «Ne nasce davvero una comunità - dice il Papa -
che si chiama carità, Chiesa, partecipazione dei fratelli ad una
assistenza collettiva, amorosa e veramente umana. Nasce l’umanesimo
buono dal cristianesimo vero. Che il Signore vi dia la forza di
sperimentarlo, anche se questo reclama il sacrificio e col sacrificio
reclama la pienezza del nostro dono con l’assicurazione della pienezza
del premio divino».
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