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Domenica quarta di Quaresima, 5 marzo 1967
Il primo saluto ai carissimi figli della Parrocchia di S. Maria di
Loreto nella borgata Castellaccio e Ovile sulla Tiburtina vuole
iniziarsi con l’invito a tutti, incominciando dai fanciulli raccolti
vicino al Papa, a intessere un’affabile conversazione, rispondendo
alle domande dell’ospite, e interrogandolo anche sulle ragioni della
sua venuta.
I VARI MOTIVI DELLA PATERNA PREFERENZA
È chiaro, perciò, che, alla richiesta del motivo di questa visita,
la risposta è: perché il Papa considera suoi, cioè da Dio
affidati alle sue cure di Pastore, gli abitanti d’una borgata, sorta
di recente, quanto a vita comunitaria e di parrocchia. Nessuno,
infatti, deve pensare che il Vescovo di Roma abbia preferenze per le
basiliche grandiose, per i convegni solenni, con gruppi di alti ceti
sociali. No, affatto. Le sue predilezioni vanno ai più umili,
agli aggregati da breve tempo alla grande famiglia dell’Urbe. È il
caso del Castellaccio, che tra poco si chiamerà Castel Verde. Vi
abitano persone con vari titoli a singolare benevolenza. Intanto
appartengono tutti alla fede cattolica, e poi sono ottimi lavoratori,
in mezzo ai quali non manca chi soffre, chi ha bisogno di aiuto, chi
ha difficoltà ed angustie da superare.
Il Padre delle anime, pertanto, li accoglie a braccia aperte.
Siano i benvenuti: saranno assistiti con ogni fervore nell’azione
pastorale che Egli deve esplicare a loro vantaggio.
La parrocchia di Nostra Signora di Loreto - ed ecco un ulteriore
titolo di vanto - è composta nella quasi totalità da famiglie
provenienti dalle Marche. Il Papa conosce bene la regione
d’origine, e, nei suoi viaggi di alcuni anni or sono, ha potuto
specialmente, apprezzarvi la nota armoniosa delle campagne coltivate
con vera perfezione, e lo splendore del paesaggio. Ma è chiaro che
il ricordo più vivo nel suo cuore è proprio il grande Santuario
Mariano di Loreto, a cui giustamente si denomina la nuova parrocchia
oggi visitata.
E adesso, dopo i preliminari di tanto sentito affetto e vera
tenerezza, tutti troveranno naturale una breve esortazione del Papa
proprio a ricordo dell’incontro. Essa trae origine dalla pagina del
Vangelo testé letta, che tutti, senza dubbio, hanno impressa nel
cuore.
IL MIRACOLO DELLA MOLTIPLICAZIONE DEI
PANI
Possiamo immaginare la scena - così il Santo Padre - da questa
nostra medesima adunanza. Una immensa folla, attratta
dall’insegnamento di Gesù e dai suoi prodigi, Lo aveva seguito per
l’intera giornata. Erano, dice il Vangelo, pi6 di cinquemila
persone, senza contare le donne e i ragazzi. Una folla, perciò,
oltremodo considerevole nell’ampio anfiteatro tra i monti e il lago di
Tiberiade. Stava per calare la sera e i discepoli sollecitavano
Gesù a voler congedare una così immensa assemblea. Ma Egli
rispose: non hanno bisogno d’andarsene; date loro da mangiare. E
disse a Filippo, uno degli Apostoli, per metterlo alla prova: Dove
compreremo pane per cibare questa gente?
Ed ecco l’Apostolo Andrea, il fratello di San Pietro, annunciare
la presenza di un ragazzo - come fanno sempre bella figura i fanciulli
nel Vangelo! - che recava seco una sporta con cinque pani e due
pesci. Ma ci voleva ben altro per sfamare un così numeroso popolo.
Ed ecco il miracolo: uno dei più impressionanti e grandiosi, poiché
ebbe innumerevoli testimoni; uno dei più asseriti, poiché tutti e
quattro gli Evangelisti ne parlano. Siamo ad un momento centrale
della vita del Salvatore. Dopo aver ordinato che tutti prendessero
posto sui vasti prati in fiore, poiché era già primavera, Gesù
prese i cinque pani volenterosamente offertigli dal ragazzo, levò lo
sguardo al cielo e cominciò a distribuirli, da Lui moltiplicati in
numero ingente, agli Apostoli; e questi a donarli con sveltezza ai
tanti gruppi perché si sfamassero. Lo stesso avvenne dei due pesci.
Ora, si noti la precisione di particolari nel racconto evangelico,
quando tutti furono saziati, i discepoli, ad esplicito comando di
Gesù, raccolsero i frammenti dei pani, che erano di orzo, e ne
empirono dodici canestri.
A questo punto il popolo non poté più contenere il proprio
entusiasmo. Acclamò alla grandezza del Profeta atteso, del
Messia, e voleva proclamare Re il munifico donatore. Ma Gesù -
scrive San Giovanni - «si fuggì di bel nuovo, da solo, sul
monte».
LA CHIESA E I PROBLEMI ECONOMICI
È, chiaro che il meraviglioso prodigio si presta a non poche
considerazioni. Il Santo Padre intende solo far un cenno di alcune.
La prima può venire così enunciata. Nell’odierna circostanza il
Papa parla a gente che si guadagna il pane, che conosce la necessità
dell’alimento, il bisogno economico; esplica e sopporta la fatica
indispensabile nel procurarsi questo cibo, sa che essa è inscindibile
dalia esistenza quotidiana; ed ha notizia anche di tutte le questioni
derivanti proprio dal pane materiale. In una parola è al corrente -
usiamo il termine più in voga oggi - della questione economica. E
ciò a tal segno che non pochi, i quali si atteggiano a maestri o guide
delle masse, affermano: questo è l’unico punto. Quando abbiamo
risolto la questione economica, tutto è a posto: date da mangiare e
fate star bene; niente altro importa. Tutta la vita è qui; la sua
integra essenza è collegata al pane materiale.
Eppure, tale rilievo ci porta naturalmente a rievocare la grande
parola di Gesù, riferitaci nella prima Domenica di Quaresima:
«Non di solo pane vive l’uomo». Ognuno di noi ha bisogno di
qualche altro cibo; e il Divino Maestro spiegava essere questo la
parola di Dio discesa dal Cielo. È nata, allora, una grave
questione, per cui taluni ragionano cos]: Cristo pensa all’anima,
ma Egli non può provvedere al corpo; e chi succede a Cristo, cioè
la Chiesa, propone i beni spirituali. Ma questi a che servono? A
noi occorre ben altro, e cioè il pane buono e nutriente, il pane
della terra, non il pane del Cielo. Ed ecco quindi verificarsi una
separazione, un vero malinteso, in certi casi, fra la Chiesa che
offre i suoi beni spirituali - vale a dire la parola di verità, le
virtù, la carità, le promesse non effimere - e gli altri che
asseriscono: che cosa importa tutto ciò? L’indispensabile è una
buona paga, lo star bene, il diventare ricchi ed avere tutte le
comodità offerte dal mondo odierno. Questo il motivo per cui tanti si
sono staccati, almeno spiritualmente, dalla Chiesa, poiché
insistono col ritenere e ripetere: a che cosa Ella serve?
UNA PRESENZA PROVVIDA E VIVA
Ebbene: ecco la lezione del brano evangelico poco fa riletto. È
vero: la Chiesa ha per fine sommo e precipuo la vita spirituale
dell’uomo. Cristo è venuto per salvare le nostre anime. Egli non
è un capo di opifici o di banche o d’una pur vasta produzione
materiale. Il Signore ci appare in povertà; Egli pensa e provvede
ad altro; ma però - attenti alla eccelsa verità! - Gesù e chi
gli succede, il Papa che vi parla, i sacerdoti che vi assistono e
quanti si professano cattolici militanti, la Chiesa, in una parola,
non sono insensibili ai bisogni anche materiali del popolo; non li
trascurano; non dicono che si tratta di cose inutili e che gli uomini
devono essere tutti come angeli al di sopra e al di fuori delle cose
terrene. La Chiesa, sull’esempio di Gesù, riconosce le
necessità materiali. Anzi, proprio il Divin Redentore, con il
miracolo testé ricordato, dimostra come provvedere. E se la Chiesa
non può ripetere materialmente la moltiplicazione miracolosa operata da
Cristo in brevi istanti, ha però egualmente la possibilità di
agire: con la predica della sua carità, con l’amore per tutti quelli
che versano nel bisogno, con la sua preferenza per i poveri, mediante
una ininterrotta, fervida azione, da Gesù impartita e che domina il
mondo, proprio sul complesso problema sociale, sui doveri
dell’umanità ad organizzarsi secondo giustizia e secondo un piano di
distribuzione migliore dei beni della terra, affinché tutti ne abbiano
e ne usufruiscano.
Si arriva così al secondo aspetto su cui il Santo Padre intende
richiamare un istante l’attenzione degli ascoltatori.
Il Signore ha dato pane a tutti. Che cosa ciò vuol significare?
Che tutti, davanti a Lui e davanti alla Chiesa, siamo oggetto della
provvidenza e della generosità divina.
Se qualcuno tra voi dicesse: la Chiesa non mi vuol bene, a me, in
realtà, nessuno pensa; sappia di non essere nella verità. Tutti
voi - sottolinea con forza il Santo Padre - siete, e non è: poca
cosa, almeno amati, apprezzati, conosciuti. C’è sempre chi, in
nome della Chiesa, per mandato di Dio, si pone al vostro fianco,
cerca di consolarvi - vedete queste buone Religiose che hanno lasciato
tutto per essere in mezzo a voi, per educare i vostri fanciulli,
assistere i vostri malati - di accompagnarvi, dunque, lungo il
cammino, anche aspro, da percorrere. La Chiesa è desiderosa di
essere in mezzo a voi e di non lasciare alcuno senza una consolazione,
senza un soccorso. Dovete avere fiducia, giacché, appunto,
nell’ampiezza del cuore della Chiesa c’è posto per tutti; anche per
voi, carissimi figli della Parrocchia di S. Maria di Loreto, voi
del Castellaccio e voi di Ovile. La Chiesa vi ama come figli, vi
serve, assiste, difende, guida; e farà tutto quanto è in suo
potere, perché voi siate contenti anche materialmente in questa vita;
e possiate col vostro lavoro e con la vostra onestà meritare, un
giorno, la vita eterna.
Infine - dice Sua Santità avviandosi alla conclusione - ancora un
ricordo di questo caro ed eletto convegno, che è prezioso e rimarrà
certo indelebile. Il miracolo che Gesù ha compiuto non era che un
segno, una lezione, un simbolo. Lo ha operato per far capire
un’altra cosa, immensamente superiore; e cioè che Egli avrebbe
moltiplicato un altro Pane. Difatti, il giorno seguente a quello in
cui i cinque pani vennero moltiplicati in maniera ingente, Gesù
sostò a Cafarnao e trovò ancora gran folla in attesa. Fu allora che
tenne il sublime discorso sul Pane del Cielo.
Aveva distribuito il pane della terra; ora eccolo proclamare a coloro
che dell’inatteso pane si erano nutriti: orsù, cercate il Pane del
Cielo!
All’attonita richiesta: dove è? Gesù dà immediata risposta:
«Io sono il Pane del Cielo». Se uno non mangia la mia Carne e
non beve il mio Sangue non avrà la Vita. Io sono il Pane della
Vita. Adunque la grande avventura, il grande miracolo della
moltiplicazione dei pani, preparava un altro altissimo disegno che il
Figlio di Dio aveva nel cuore: di farsi Lui stesso cibo delle nostre
anime, Pane della nostra vita.
IL «PANE DEL CIELO» PER LA VITA ETERNA
Siamo all’insuperabile miracolo dell’amore di Cristo, che trasforma
Se stesso in Pane! Voi comprendete dove arriva questo discorso:
alla Ss.ma Eucaristia. Gesù ha inventato una nuova e perenne
moltiplicazione. In ogni Messa il sacerdote che dice: «Questo è
il mio Corpo»; «Questo è il mio Sangue», mette la Vita vera,
la Persona di Gesù proprio sotto quelle specie, sotto quelle
apparenze del pane e del vino, poiché Gesù vuol essere il nostro
alimento, il principio intimo della, nostra esistenza.
E allora, figliuoli: abbiate fame del Pane del Cielo. Viene la
Pasqua; fate la Pasqua! Cercate di comprendere come è grande il
Cuore di Cristo, che si mette a disposizione di tutti: di voi,
ragazzi; di voi, donne; di voi, uomini. Per tutti voi che
soffrite, che lavorate; per chiunque ha un’inquietudine nell’anima,
con l’anelito di un superiore conforto e sollievo.
Guardate: il Signore ci viene incontro con il suo ineffabile dono:
il pane colto da questa terra, ma trasformato nella sua Presenza
reale, perché Egli vuole unirsi a noi, farsi nostro, essere a noi
principio di vita eterna: «Chi mangia di questo Pane avrà la vita
eterna».
Perciò, venuto in mezzo a voi, ed avendo la fortuna di incontrarvi
questa sera, e quindi di salutarvi e di benedirvi, ecco il ricordo che
vi lascia il Papa: Abbiate desiderio, fame di questo Pane del
Cielo; abbiate l’ansia di unirvi a Gesù e approfittate di questi
giorni che ancora ci separano dalla Pasqua, per riflettere,
ciascuno, alla propria coscienza, alla propria vita spirituale,
confermando: Sì, quest’anno anch’io incontrerò Nostro Signore
Gesù Cristo, che si è fatto Pane della mia vita; benedirò la sua
umiltà e il suo amore. Sarò unito a Lui nella vita del tempo e
nella Vita dell’eternità.
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