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Mercoledì delle Ceneri, 3 marzo 1976
Il rito delle Ceneri che stiamo per imporre sulle teste dei Fedeli,
che intendono dare un significato spirituale al periodo di tempo che
antecede la celebrazione della Pasqua, è già per se stesso così
grave ed espressivo da scuotere tutta la nostra concezione della vita e
da mortificarla, e vivificarla insieme, con un realismo violento e
apparentemente pessimista da generare in noi un senso di sconforto, che
sembra essere senza scampo e senza rimedio. Lo scetticismo, il
pessimismo, il nulla invadono e divorano quella realtà, che per noi
sembra essere tutto, la nostra esistenza, la nostra vita, e che
assumono davanti alla nostra coscienza, non illuminata d’altra
speranza, l’aspetto d’un dramma illusorio e disperato (Cfr.
Qo.- Ecclesiaste -). È questa la verità definitiva e atroce
della nostra esperienza? è questo il destino fatale che incombe su
ciascuno di noi? Qual è il senso della nostra presenza nel tempo?
Sono dunque annullati tutti i valori, che hanno incantato la nostra
anima e hanno fatto scaturire dal nucleo vitale del nostro essere tanta
attività, tanto impegno, tante opere, tanto amore e tante speranze?
Noi siamo sospinti da questa cerimonia ad una critica radicale della
nostra abituale e superficiale mentalità, tutta satura delle
esperienze e delle relazioni che le vengono dalla nostra immersione nel
tempo e nelle cose circostanti. Con una scossa, che sa quasi di urto
brutale, noi siamo risvegliati ad una concezione realistica della vita
temporale, che parte da zero ed a zero sembra finire, e che la
disinfetta drasticamente dalle troppe facili illusioni a noi fornite
dall’incantesimo d’un’esistenza fluente e sognante nel tempo,
generatore e divoratore d’ogni suo dono (Cfr. THORNTON
WILDER , Una lunga cena di Natale. L’Autore di questo noto
racconto allegorico è morto recentemente). Ma facciamo attenzione,
Fratelli; questa non è la saggezza totale, non è la verità
completa che riguarda il nostro ultimo destino; noi non siamo, per
grazia di Dio, condannati alla tristezza, «come gli altri, che non
hanno speranza», secondo la parola dell’Apostolo Paolo (1
Thess. 4, 13). La morte, intesa come annullamento totale e
definitivo del nostro essere, anche se questo nostro preziosissimo
corpo è ridotto in polvere e restituito alla terra da cui proviene,
non esiste; non esiste specialmente per noi credenti e già inseriti
nel Corpo mistico di Cristo, e destinati alla risurrezione e, a Dio
piacendo, alla vita eterna. Questa è la verità!
Perciò oggi, primo giorno di quaresima, noi siamo invitati ad
entrare nella verità, con chiarezza nuova. e riformatrice. E qui
comincia, pare a noi, l’iniziazione alla sapienza del mistero
pasquale, che è anche il mistero della nostra salvezza. Comincia la
riflessione, che noi dovremo prolungare oltre la breve durata di questo
rito anche nei giorni seguenti, circa la spiritualità della
quaresima.
Ed il primo paragrafo di questa riflessione è il suo ritorno, il suo
ricorso annuale. Non ci stupisca che l’esercizio della nostra
preghiera liturgica ci riporti a riflettere sulla spiritualità della
quaresima, già forse a tutti ben nota; si tratta infatti d’una
sintonia col corso stagionale del tempo. Ogni anno il ciclo della
vegetazione e dello svolgimento delle stagioni ricomincia da capo;
così il processo delle umane attività, e così il ritmo della vita
spirituale della Chiesa, sempre eguale e sempre nuovo (Cfr.
Sacrosanctum Concilium, 105 ss.). Non è senza un segreto
favore della Provvidenza che ci è concesso questo nuovo turno di
esercizio quaresimale; il Signore ha in mano il calendario dei nostri
anni, possiede l’orologio dei nostri giorni. La durata della nostra
permanenza sul treno del tempo è cosa calcolata nel pensiero di Dio,
e riguarda profondamente le nostre sorti presenti e future. Ricordate
la parabola del fico sterile? «Ecco, dice il padrone del campo al
suo vignaiolo: ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su
questo fico, ma non ne trovo. Taglialo. Perché deve sfruttare il
terreno?» (Luc. 13, 7). E ricordate la dilazione implorata e
concessa in attesa che l’albero finalmente fruttifichi. Così è per
noi. Se il Signore ci concede di salire la spirale del monte della
salvezza per un nuovo giro, che può essere risolutivo per il nostro
eterno destino, non perdiamo l’occasione propizia. E questa
considerazione segna il primo paragrafo, o meglio il primo capitolo
della spiritualità quaresimale: la valutazione del tempo come elemento
prezioso per il nostro bene spirituale, per il nostro progresso nel
nostro cammino verso Dio. Risuonano appropriate e persuasive le
parole della II Epistola di S. Paolo ai Corinti (2 Cor. 6,
l-2): «Vi esortiamo a non accogliere invano la grazia di Dio .
. . Ecco ora il momento favorevole, ecco il giorno della
salvezza!»: Ecce nunc dies salutis. La comprensione di questa
esortazione deve dare alla nostra quaresima un’intensità religiosa
particolare: preghiera fervorosa, partecipazione agli uffici
liturgici, visite alle stazioni quaresimali ascoltazione della
predicazione ecclesiale, assistenza a qualche ritiro in preparazione
alla Pasqua, più premuroso intervento alla celebrazione della Santa
Messa, «Via Crucis», ecc., sono tutti atti religiosi per dare
alla quaresima il suo valore e la sua pienezza.
La spiritualità quaresimale comporta altri atti della nostra
disponibilità a questo particolare tirocinio religioso, ch’è appunto
la quaresima. Ma non vogliamo prolungare questo breve sermone.
Ricordiamo appena, ciò che del resto voi tutti sapete. Ve ne basti
il semplice accenno. La spiritualità quaresimale è una spiritualità
penitenziale, il cui esercizio caratteristico era una volta il
digiuno, di cui rimane ormai l’obbligo ridottissimo; cioè per oggi,
mercoledì delle Ceneri e per il Venerdì Santo, con quello
dell’astinenza per ogni venerdì di quaresima, ma con tanto più viva
esortazione allo spirito di penitenza, come a ciascuno è dettato dal
cuore in ogni altra forma della sua vita. Così rimane la pressante
raccomandazione a compiere opere di carità per il prossimo, come resta
l’invito alla meditazione e alla sequela della Croce, che sempre il
cristiano fedele incontra sul suo cammino.
Buona quaresima, Figli e Fratelli! con la nostra Benedizione
Apostolica.
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