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Solennità del Santo Natale, 25 dicembre 1965
Dopo il Vangelo della terza Messa Natalizia, il Santo Padre ha
rivolto alla folta assistenza la Sua animatrice parola.
Un istante, venerati Fratelli e figli carissimi, un istante di
riflessione, Egli annuncia. La festa del Natale è talmente ricca
di luci, di sentimenti, pensieri, motivi di riflessione e di studio,
che non possiamo, in questa terza celebrazione del Divin Sacrificio,
non sostare un momento, avidi come siamo di raccogliere i tesori che la
Chiesa, la Liturgia, la rievocazione dei Misteri del Signore
offrono alle nostre anime.
Di solito il Natale è considerato da noi nel suo aspetto umano.
Basta soffermarsi al racconto evangelico per subirne quasi un fascino
letterario, tanto è esso bello, incantevole, avvincente. Si può
così ricostruire il prodigioso avvenimento con tutta la sua attrattiva
umana, la sua poesia, i canti, i quadri semplici e meravigliosi,
così veri, così parlanti, che la nostra devozione ne ha fatto il
Presepio: la figurazione del Natale costruita nelle nostre case e
famiglie, allo scopo appunto di rievocare ciò che avvenne a
Betlemme. Si tratta, nondimeno, della scena umana, sensibile del
Natale; ma non è la sola.
Dietro di essa ce n’è un’altra, immensamente profonda,
misteriosa, ricca, che deve attrarre non i nostri occhi umani, ma i
nostri spiriti, le nostre menti. È qui l’aspetto più vero e più
dovizioso del Natale, quello che ci è presentato, in maniera
speciale, in questa terza Messa, e che potremmo definire la teologia
del Natale, con i divini splendori che esso racchiude.
IL FULGENTE MISTERO DELL'INCARNAZIONE
Che cosa c’è dietro la scena esteriore del Presepio? C’è
l’Incarnazione, la discesa di Dio sulla terra. Qui è la sublime
realtà: basta il semplice annunzio per accendere ed alimentare una
nostra meditazione senza fine.
Primo commento vuol essere una parola, semplice e pur essa ricca,
così da suscitare nelle anime una fervente contemplazione gioiosa.
Che cosa è il Natale? È l’incarnazione, è la venuta di Dio
sulla terra. Cioè: noi vediamo Iddio che entra nella scena del
mondo. E come e perché? Chiunque abbia una qualche cognizione della
realtà che ci circonda, dell’universo, resta sicuramente ammirato
della sua grandezza incommensurabile, della arcana sapienza da cui è
diretto. Le leggi che si riflettono in questo universo sono così
varie, intrecciate, infallibili da offrirci sì un’immagine del
Creatore, ma un’immagine che ci lascia pieni di sbigottimento e quasi
di timore. Appaiono così inesorabili queste leggi dell’universo,
così insensibili, così fatali da lasciarci qualche volta incapaci di
saper porre al vertice, su di esse, un Dio personale, un Dio che
sente, che parla, che conosce noi, invitati a colloquio proprio con
gli ammirevoli ordinamenti che regolano il creato.
Ma c’è un punto, nel complesso della grande realtà, che noi
possiamo conoscere: e questo punto risplende oggi in modo preminente:
è il Natale. In esso Dio si rivela nella sua infinita carità;
rivela se stesso. In quale forma, in quale maniera? forse della
potenza, della grandezza, della bellezza? No; il Signore si è
rivelato in amore, in bontà. «Sic Deus dilexit mundum ut Filium
suum unigenitum daret». Il cuore dell’Onnipotente si apre! Dietro
la scena del Presepio c’è l’infinita tenerezza del Creatore che
ama. In una parola: c’è la Bontà infinita. Iddio, amandoci,
vuole intessere un colloquio con gli uomini, stabilire con noi rapporti
di familiarità. Vuole che lo invochiamo come Padre nostro; diventa
per noi fratello e vuole essere nostro ospite. È la Santissima
Trinità a dare i suoi raggi a coloro che hanno occhi per scorgere e
capacità di comprendere, ed ammirare, così, il mistero aperto di
Dio.
INFINITA EFFUSIONE DELLA DIVINA BONTÀ
La bontà di Dio! Dio è buono! Questo è il messaggio del
Natale; questo il tema di riflessione che il Papa dà ai fedeli.
Ricordino essi di continuo la bontà di Dio; e che in Gesù Cristo
ciascuno di noi è stato pensato, ciascuno di noi è amato. Cristo è
il centro da cui irraggiano le ricchezze della benignità del Signore;
e un raggio, se noi lo vogliamo cogliere, si rifrange da Cristo sopra
di noi.
Ognuno di noi deve sentire, oggi, quanto è amato da Dio. La
bontà di Dio si interessa di ogni creatura umana; e suscita, di
rimando, un atto di gioia, letizia, un canto di gratitudine. E
perciò inesauribile è l’inno: gloria a Dio per la sua eccelsa
bontà, per la sua infinita misericordia!
Ora - questa una prima, ineffabile deduzione - quando noi pensiamo
di essere amati, non sentiamo che si modifica tutta la nostra
psicologia? Un bambino, se avverte che i suoi genitori lo amano,
progredisce nella docilità affettuosa; e quando uno, nel corso della
vita, sente, è conscio che uno gli vuol bene, rettifica su questa
traccia il cammino della propria esistenza.
Analoga trasformazione si riscontra nell’ambito spirituale. Se
avvertiamo di essere amati da Dio, troviamo il giusto orientamento
della nostra vita. Come è facile allora che il nostro culto si
trasformi in ardente pietà, e la nostra religione attesti operosa
carità; abbia bisogno di espandersi; e il dovere sacro non sia più
quasi un giogo quotidiano imposto alle nostre anime, ma un respiro, un
desiderio di effusioni, l’anelito di giungere al colloquio supremo con
Dio, che, attraverso Gesù Cristo, interroga, parla, dichiara di
amarci!
L'ECCELSO GAUDIO D'ESSERE AMATI DA DIO
Avviati su così luminoso sentiero, è pure facile migliorare il
nostro costume. L’Epistola letta nella prima delle precedenti Messe
Natalizie ci indica, derivandolo dalla Incarnazione, il programma
del . nostro pellegrinaggio: Sobrie, et iuste, et pie vivaamus,
expectantes beatam spem, et adventum gloriae magni Dei et Salvatoris
Nostri Iesu Christi.
Ecco come si deve vivere da cristiani, se abbiamo capito di essere
amati dal Signore. E inoltre: noi che siamo così poveri, egoisti,
e temiamo ci sfugga il tesoro della vita e ci venga dagli altri rapito,
quando ci sentiamo amati da Dio, diventiamo generosi, e la
prodigalità del poco che abbiamo diventa quasi istintiva. In una
parola, siamo capaci di amare gli altri, di fare il bene ed essere
dispensatori di carità, poiché abbiamo intuito il segreto di Dio,
che è Carità. Sicché avendo ricevuto noi questo suo grande,
infinito dono, saremo, a nostra volta, ministri di carità e di bene
per gli altri.
Questo il Natale - conclude il Santo Padre -, questa la
meditazione che ci proponiamo tutti, nella beatitudine e nella gioia di
conoscere la ricchezza della bontà di Dio e di saperci amati da Lui.
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