|
Domenica, 15 marzo 1964
La visita alla chiesa parrocchiale di Nostra Signora de La Salette
dà particolare letizia al Sommo Pontefice. Egli già conosce questa
zona, fino ad alcuni anni or sono ancora campagna, mentre oggi si
presenta come parte attiva e rigogliosa della città, quasi un nucleo
urbano a sé stante. Era già venuto qui, in qualche pausa del suo
lavoro alla Segreteria di Stato; e in una cappella privata aveva, in
qualche circostanza, svolto il sacro ministero.
L’INSOSTITUIBILE MISSIONE DELLA
CHIESA
Ora può rilevare il grande sviluppo spirituale che precipuamente
devesi al generoso e meritorio concorso dei Missionari di Nostra
Signora «de La Salette». Ad essi la gratitudine più viva, con
particolare encomio, del Padre delle anime.
Espressione dell’animo riconoscente è altresì il saluto che
l’Augusto Pontefice rivolge al Signor Cardinale e ai Presuli
presenti, al Parroco ed ai suoi cooperatori, a tutte le fiorenti
opere parrocchiali, alla Azione Cattolica ed ai vari sodalizi che,
in nobile gara, promuovono la gloria di Dio e l’efficienza della vita
cristiana.
Quale significato ha la visita del Papa? La conferma della sua
benevolenza, e, in questo tempo prezioso di Quaresima, il rinnovato
messaggio di salvezza e di grazia: l’alta finalità per cui la Chiesa
esiste e lavora. Unire le anime a Cristo; far sorgere e rinvigorire
il rapporto tra Dio e gli uomini, cioè la religione; stimolare ogni
esistenza a dirigersi al suo centro naturale e benedetto, Cristo
Gesù: ecco l’intento del Padre di tutte le anime.
Ora. Egli vuole dimostrare come tutto ciò sia necessario,
indispensabile, esortando a superare qualsiasi torpore nocivo allo
studio di così fondamentali problemi. Sono disposti sui gradini
dell’altare, in buon numero, i fanciulli del piccolo clero della
parrocchia. Con essi il Santo Padre intesse un amabilissimo dialogo
su alcune nozioni principali del catechismo; e le risposte gli offrono
opportuni argomenti a istruzione e profitto dell’intera adunanza.
Così alla domanda: Chi è Gesù Cristo?, un ragazzo risponde:
È il Figlio di Dio fatto Uomo, venuto in terra per salvarci. Per
salvarci! - commenta Sua Santità -; se manca Gesù nella nostra
vita, non possiamo conseguire il nostro ultimo fine. Abbiamo bisogno
di Lui. Vero è che, purtroppo, tanti vivono lontani: ma questa è
la grande tristezza. In realtà, se la nostra vita non è
interpretata e condotta secondo la legge del Vangelo, non risponde al
disegno di Dio: rimane sterile, si dissolve. Quando invece Gesù
è in mezzo agli uomini, ogni esistenza acquista il proprio significato
e valore, e muove nella giusta direzione. Gesù ha detto: «Io sono
la via, la verità e la vita; . . . senza di me non potete far
nulla». Abbiamo dunque bisogno di Gesù; perciò la Chiesa
lavora, fatica, si prodiga tanto, volendo a ciascuno indicare i
sentieri delle virtù, della rettitudine, della pace con Dio.
Ribadita questa primaria nozione, affiora un’altra domanda: Come si
fa a trovare il Signore? Pronta è la risposta: per mezzo della
Chiesa.
LA MADRE E MAESTRA
Chi è convinto d’aver bisogno di Cristo, di dover vivere con Lui,
si pone subito in condizione di trovare il mezzo per arrivare al Figlio
di Dio. Questo mezzo è la Chiesa: vera nostra madre, che ci
rigenera alla vita della grazia e costituisce anche il cammino, lo
strumento, il metodo per arrivare a Gesù. È anzi pure il termine,
giacché quando siamo nella Chiesa, siamo con Cristo. Se dunque
sono necessarie la presenza, la dottrina, la grazia di Cristo perché
raggiungiamo i nostri destini, diventa pure necessaria,
subordinatamente, anche la Chiesa. Ecco perciò sorgere le nostre
parrocchie, con le attività che esse racchiudono e dispiegano.
Potremmo forse arrivare alla nostra vera mèta con un tragitto
diverso? Non di rado si sente dire: io ho il Vangelo, la Sacra
Scrittura; faccio da me. Sì, il Vangelo, la Sacra Scrittura
costituiscono un tesoro divino ed è sommo bene conoscerlo, studiarlo.
Ma sappiamo noi usarlo in maniera tale da assicurarci la vita di
Cristo? Lo stesso tesoro può rimanere un mezzo incompleto. È
proprio la Chiesa a dirci tante altre cose appunto per conoscere bene
la parola di Dio, e proprio per viverla e farne norma di ogni nostro
atto e pensiero.
Dunque la Chiesa insegna, e precisamente ci infonde la scienza di
Dio, la religione; ci spiega il Catechismo. La Chiesa quindi,
oltre ad essere la madre è anche la maestra. Tutti ricordano come il
venerato Pontefice Giovanni XXIII inizia una delle sue grandi
Encicliche appunto con le parole: «Mater et Magistra», riferite
alla Santa Chiesa.
LA COMUNITÀ E FAMIGLIA CRISTIANA
E ancora: la Chiesa si limita forse ad insegnare il Catechismo, o
compie qualche altra cosa? Anche qui la risposta è evidente. La
Chiesa ci offre i sette Sacramenti: sorgenti della grazia
santificante. Queste fonti sono qui, nella casa di Dio, dove
appunto si distribuisce la grazia attraverso i segni sensibili che il
Signore ha stabilito per assicurarci l’incontro con Lui. E non è
tutto. La Chiesa promuove altro ministero. Che cosa rappresentano
le campane, il campanile presso l’edificio sacro? L’invito per
tutti a venire, a riunirsi presso l’altare e ad attingervi la carità
di Cristo, l’amore fraterno. La Chiesa è dunque una comunità,
una famiglia: vuole porre insieme le persone anche se di provenienza
diversa e di vario ceto sociale. Non importano le differenze: purché
siano anime; con esse la Chiesa forma la sua società, la sua
comunità. E perché tale insieme sia ben cementato e diretto, ecco
le varie associazioni, i diversi gruppi a seconda delle età, delle
categorie, delle aspirazioni, con lo scopo di distribuire incombenze e
responsabilità, sì che tutto possa procedere organicamente,
ordinatamente.
PER LA PROSPERITÀ DI ROMA CATTOLICA
Infine: quanto è stato ricordato in rapida rassegna e cioè: la
conoscenza di Gesù, la Chiesa, l’istruzione religiosa, i
Sacramenti, la vita parrocchiale, a cosa mira? Al cuore stesso di
ognuno di noi. L’individuo, la persona, sono il termine della vasta
attività, poiché tutte le anime sono chiamate alla superna vocazione
di essere avvivate, santificate da Nostro Signore Gesù Cristo.
Da ciò consegue una fervida raccomandazione, che il Santo Padre
desidera lasciare come ricordo dell’incontro, a comune letizia.
Ciascuno voglia bene alla parrocchia; cerchi non soltanto di
frequentarla, ma di servirla, di renderla viva, popolata,
soddisfatta nelle sue così alte esigenze. Nessuno rimanga inerte.
Ognuno, secondo le proprie possibilità, dinanzi alla instancabile
operosità del parroco e degli altri sacerdoti, dia ai Ministri del
Signore il conforto della obbedienza e della fedeltà e concorra anche
alle esigenze esterne, oltreché a quelle spirituali della parrocchia.
Come atto di paterno apprezzamento e di viva gratitudine, il Papa dà
la sua Benedizione ai singoli fedeli, quasi chiamandoli ad uno ad
uno, per nome, con pensiero speciale ai piccoli, agli anziani, ai
sofferenti, ai lontani; a tutti augurando di poter conseguire sentito
affetto per la parrocchia, profonda devozione alla Chiesa, salda
fedeltà al Redentore Divino, in una parola, l’amore a Dio, fonte
di ogni prosperità e aiuto: nostro premio e gaudio, dopo il
pellegrinaggio terreno, nella Chiesa che tutti ci attende, quella
trionfante.
Viene annunziato che tra la moltitudine è il nuovo Sindaco di Roma.
Non è - dice il Santo Padre - una coincidenza profana; è
circostanza che si deve nobilitare e portare all’altezza del momento
religioso. È qui presente il signor Sindaco, il primo Magistrato di
questa Città, di Roma. A lui i fedeli presentano l’omaggio, la
promessa di seguire l’opera sua, e, come buoni cittadini,
l’assicurazione di assecondarlo nella sua non lieve responsabilità.
Sopra di lui invocano i più ampi ausilii celesti, perché il
Signore, anche nell’ordine temporale, nell’ordine amministrativo,
voglia benedire l’intera santa e grande città di Roma, cristiana e
cattolica.
|
|