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Domenica, 8 marzo 1970
Dopo aver salutato il Cardinale Vicario, i vicegerenti, il Vescovo
ausiliare di Roma Est e tutti i presenti, Paolo VI accenna alla
ragione della sua venuta. Si è presentato come Vescovo di Roma che
ha a cuore la vita spirituale dei suoi diocesani. È là come
Pastore, maestro, guida, come amico e padre. La sua presenza nella
parrocchia è un adempimento del suo ministero nei riguardi della
popolazione romana, che la Provvidenza ha affidato alle sue cure pastorali.
Il Santo Padre quindi richiama le parole «profonde e belle» di
Gesù contenute nel Vangelo di San Giovanni dov’è descritto
l’incontro con Nicodemo, il fariseo credente e dubbioso. Il
colloquio avviene di notte. C’è un piccolo lume, e Gesù, la
Luce del mondo, che parla a quest’uomo in cerca di luce. Gli dice
tante cose. Gli svela il perché della sua venuta nel ‘mondo.
Cristo si presenta come Figlio di Dio, come Figlio dell’uomo,
come unico, come Messia. E dice al mondo la semplicissima, ma
sconvolgente, esultante parola: Dio . . .
Noi figli del nostro tempo sappiamo la difficoltà, il mistero che si
addensa su questa parola. Conosciamo tutta la negazione che vuole
cancellare il nome di Dio dalle coscienze e dalla professione
pubblica. E sentiamo le mille voci che dicono su Dio le tante e tante
cose che non sempre assimiliamo. Abbiamo qualche intuizione sulla Sua
esistenza, sentiamo qualcosa della Sua grandezza. La nostra
esperienza, che si ferma alle cose che si vedono e si toccano, pur non
parlandoci di Dio, ne lascia trasparire qualcosa. Chi studia la
scienza si trova in una posizione ambigua e dice: Non ho trovato Dio
studiando le cose. Chi ha varcato i confini del cielo dice: Non ho
trovato Dio viaggiando negli spazi. Eppure ripensandoci si deve
dire: Tutto questo è così bello che qualcosa c’è dentro: un
disegno, una parola stampata proprio sulle cose. Chi studia deve
sentire che c’è una presenza del Signore.
Non è vero, adunque, che la scienza allontani da Dio. La scienza
lascia intravedere una immensa realtà. I segni che troviamo in tutto
il creato ci dicono che c’è una legge, un pensiero, una infinita
personalità che domina l’esistenza dell’universo. Il Santo Padre
ricorda a questo punto l’opportunità che ebbe alcuni giorni or sono di
vedere da vicino alcuni frammenti di rocce lunari. Guardandoli,
apparivano come le comuni pietre terrestri. Ma anche se fossero
diversi l’indagine scientifica sempre conclude che le stesse leggi che
regolano la natura terrestre dominano l’universo. Tutto l’universo
è penetrato da un disegno che sarà misterioso, ma dice una verità:
è un disegno, è un pensiero. E allora restiamo con un gemito
nell’anima: perché il Signore si nasconde? Tormenta le grandi
anime, e può tormentare anche le nostre, il senso dell’essere,
dell’esistenza, del vivere. Che cosa penserà di me Dio? In che
relazione sono io con Lui? Sarà il Dio terribile, che non mi
conosce e lascerà che io sia stritolato dalle leggi del mondo che ha
creato? Sono un essere che non ha nessuna importanza davanti a Lui?
O invece . . .
Qui è la novità, qui arriva il Vangelo, a dirci perché è venuto
Gesù. Egli nel mistero dell’essere, nella grande curiosità
dell’uomo ha aperto un varco, ha spalancato una finestra ed è sorta
una mirabile onda di luce. Dio ci ama. Questa la rivelazione. Noi
siamo amati, siamo benvoluti, siamo pensati, siamo voluti da Dio.
Dio veglia su di noi più che una madre non vegli sul suo bambino. E
quando abbiamo voluto dare un nome a questo Essere sconfinato,
infinito e tremendamente misterioso, Gesù ci ha insegnato a invocarlo
in piena confidenza, in amore perfetto: Chiamatelo Padre.
Dio ci è padre. Nel mondo, nell’umanità, nella storia il Papa
ripete l’eco di questa verità evangelica. Dio ci vuol bene. Dio
pensa a noi, ha l’occhio suo sempre aperto sopra di noi e sta
scrutando la nostra risposta. Dio ci ama, ci compatisce, ci
perdona, ci consola e niente lascia cadere delle nostre parole, dei
nostri gemiti, delle nostre invocazioni, delle nostre lacrime, delle
nostre opere buone. Vuole che la nostra vita si riassuma in un atto
d’amore. E il misterioso contatto tra Dio e l’uomo non si attua se
non tramite Cristo. Occorreva un ponte tra noi e Dio, un
intermediario che ci portasse alla pienezza cui tende la nostra vita,
il nostro destino eterno. È il mistero della gioia e della salvezza
qual è la Redenzione, che avrà la sua festa più solenne nella
Santa Pasqua.
Quando nel silenzio delle nostre anime o nel tumulto della nostra
esistenza ci domandiamo il perché del nostro essere al mondo,
ricordiamoci che Dio ci ama. Tanto ha amato il mondo da dare
Cristo, suo Figlio unigenito, per la salvezza degli uomini.
Abbiamo la fortuna di chiamarci figli di Dio e di legare la nostra
misera vita alla sua esistenza infinita, come piccole scintille che
devono finire nel sole, nella luce del Signore. Dio ci ama!
Ricordiamo questa verità e saremo felici, benedetti, salvati per
sempre.
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