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Festa della Presentazione di Gesù al Tempio
Mercoledì, 2 febbraio 1966
Venerati Fratelli!
Diletti Figli e Figlie!
Salutiamo il corteo delle corporazioni ecclesiastiche romane, che
fedeli alla tradizione vengono a festeggiare con Noi la duplice
solennità della Presentazione di Gesù al Tempio e della
Purificazione legale di Maria Santissima; e vengono portando
ciascuna il loro cero, simbolo dalle molte voci, che dicono culto e
pietà verso il Signore, dicono devozione e gentilezza verso la
Madonna, dicono venerazione e affezione verso la Chiesa e verso chi
le è ministro, dicono oblazione e carità verso quanti di questi sacri
doni avranno edificazione e godimento. Siate i benvenuti, o Fratelli
e Figli carissimi! Goda la Chiesa di Roma di questo gesto pio e
fedele! Si esprime in esso la costanza che vince il tempo, gli anni
lunghi e rapidi insieme, le vicende varie, propizie le une al
sentimento religioso, avverse le altre: e scrive così, umile e
silenziosa, ma nobile e forte una riga di storia, che fa dei secoli
ghirlanda sempre verde! Goda il Nostro cuore di Pastore e di
Padre, che trova conforto da codesta testimonianza della vostra
presenza comunitaria, come quella di figli devoti e fermi, che oggi
Gli dicono: noi siamo qui, come sempre! E goda la vostra schiera,
in cui il Popolo di Dio di quest’Urbe fatidica si esprime nelle
istituzioni religiose, non solo, che lo ingemmano e lo intessono, ma
nei sentimenti altresì, nei propositi, onde esso e romano si dice e
cattolico. Siate i benvenuti e tutti siate benedetti!
E lasciate che fra i tanti pensieri che l’odierno incontro suscita nel
Nostro spirito, e nel vostro certamente, due ne scegliamo, come
fiori dal serto opulento, che la festa odierna reca con sé.
Il primo è quello del culto a Maria Santissima, il quale come forma
una nota caratteristica della religiosità cattolica, così costituisce
un punto dell’educazione spirituale, a cui la cura pastorale del
Vescovo di Roma e quella apostolica del Vicario di Cristo deve
attendere con sempre vigilante ed esortatrice premura. Ecco: Noi
prendiamo occasione di questa bella cerimonia per raccomandare a voi,
venerati Fratelli e carissimi Figli, di tenere viva la fiamma della
devozione alla Madonna. Codesta visita, resa più gradita ed
espressiva dal dono che Ci portate, già Ci assicura che tale
devozione è perseverante ed ardente. Ma non è mai superfluo per chi
ama l’esortazione ad amare di più.
Anche perché l’omaggio reso a Maria dal recente Concilio
Ecumenico, e inserito nella Costituzione dogmatica sulla Chiesa, ci
obbliga a rivedere le ragioni e le forme del nostro culto mariano.
Oserà mai un fedele cattolico dubitare della sua ragion d’essere?
Potrà mai qualcuno pensare ch’esso si separa e si contrappone al
culto unico e sommo che tributiamo a Cristo e, mediante Cristo,
nello Spirito Santo, a Dio Padre nostro? Potrà dirlo superfluo,
quando riflette un disegno divino su la Madre di Cristo, e quando le
grandi verità basilari di tutta l’economia della salvezza hanno in
Maria una luminosa espressione? Siamo indubbiamente tutti convinti
che il culto alla Madonna è collegato essenzialmente a quello di
Cristo, da quello deriva, a quello conduce, e che alla sua fede,
come alla sua Chiesa ci garantisce una fermezza convinta, un’adesione
vitale, che senza l’onore pio e ragionevole reso a Maria sarebbero
impoverite e compromesse.
Occorre pertanto che ravviviamo la nostra devozione alla Madonna,
cercandone nelle origini bibliche e nella secolare e genuina meditazione
della Chiesa, le verità generatrici. Non è, ad esempio, biblica
la festa odierna, che da una stupenda pagina evangelica deriva la sua
profondità messianica, teologica e spirituale? E con le verità,
dobbiamo purificare ed abbellire le forme della nostra pietà mariana,
non mai consentendo che essa si distacchi dalle sue fonti dottrinali,
ma che trovi in esse la norma e lo stimolo per effondersi in espressioni
genuine, dove anche il sentimento del cuore e la genialità dell’arte
confermano la verità, donde il culto trae radice, e la dicono in
Maria, come in nessun’altra creatura, viva e sublime.
L’altro pensiero si riferisce alla destinazione che quest’anno
vogliamo dare ai ceri che Ci sono offerti. Come d’abitudine, alcuni
di essi saranno da Noi mandati a persone e a luoghi, a cui Ci obbliga
particolare intenzione di osservanza o di affetto. Ma la maggior parte
di essi manderemo alle case religiose - monasteri, conventi,
santuari, comunità - consacrate alla preghiera, alla vita
contemplativa, e assorte nel loro silenzio, nella loro continua
orazione, nella loro conversazione con Dio, in un raccoglimento e in
un’intensità di vita interiore, che sembra sequestrare le anime
consacrate ivi adunate dalla società domestica e civile, non solo, ma
pure da quella ecclesiastica. Nessuno Ci muova rimprovero se fra le
innumerevoli possibili destinazioni di questa categoria della vita
religiosa Noi, dovendo scegliere, daremo qualche preferenza alle
famiglie religiose da Noi personalmente conosciute nel corso del
Nostro ministero sacerdotale. Ma se il cero va a poche, il
pensiero, il cuore va a tutte! Vogliamo che queste isole di
nascondimento, di penitenza e di meditazione sappiano, anche mediante
questo Nostro segno simbolico, che esse non sono né dimenticate, né
staccate dalla comunione della Chiesa di Dio, ché anzi ne
costituiscono il cuore, ne alimentano la ricchezza spirituale, ne
sublimano la preghiera, ne sostengono la carità, ne condividono le
sofferenze, le fatiche, l’apostolato, le speranze, ne accrescono i
meriti (cfr. Decretum de accommodata renovatione vitae religiosae,
n. 7). E vogliamo che questo Nostro conforto alle anime e alle
comunità di vita contemplativa giunga ad esse nella festa di Maria
Santissima, modello e maestra di interiorità spirituale; ce lo dice
il Vangelo due volte: «Maria conservava tutte queste cose (relative
alla nascita di Gesù) meditandole nel suo cuore» (Luc. 2,
19); «e la madre di Lui (di Gesù) custodiva in sé tutte
queste cose», accadute nella fanciullezza del Figlio divino (Luc.
2, 51). Potremmo riferire a questa angelica e unica creatura,
l’elogio che Dante riserva a S. Pier Damiano, nel suo Paradiso:
«contento ne’ pensier contemplativi» (21, 117); come
dobbiamo a ciascuno di noi riferire la lezione che da così alta e dolce
Maestra ci viene. Tutti dobbiamo essere, in qualche misura,
contemplativi; tutti dobbiamo imitare la Madonna nel ripensare Gesù
e le sue parole ed i suoi esempi; tutti dobbiamo essere anime allenate
al raccoglimento e alla preghiera; tutti dobbiamo essere ceri accesi e
non spenti, che la propria vita esprimono nella fiamma dell’orazione e
dell’amore. A tanto vi sproni e vi conforti la Benedizione
Apostolica che ora a tutti impartiamo.
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