CAPITOLO XXII. UN GERMOGLIO VITALE

Per evitare diffidenze e chiacchiere, Pietro non aveva voluto accettare donne nel suo ospedale, nonostante nel suo ardore apostolico mai avesse voluto escludere alcuno dalle sue cure, a qualunque razza o sesso appartenesse. Di donne tuttavia, Terziarie francescane, si servì per una collaborazione nel suo apostolato, soprattutto per l'insegnamento e la catechesi ai bambini. Quasi certamente egli pensava di poter attuare in un secondo momento l'Infermeria per le donne, una volta cioè che si fosse costituita regolarmente la comunità dei Fratelli Betlemiti e si fossero potute prendere le necessarie misure per separare gli infermi dei due sessi. La sua morte precoce non gli consentì di attuare questo progetto ma dovette sicuramente averne parlato con il suo successore Rodrigo se questi, a meno di un anno dalla morte del suo venerato Padre, aveva già acquistato un terreno ed eretto una infermeria per le donne con l'assistenza di Terziarie francescane trasformatesi subito in altrettante Betlemite.

La storia racconta che donna Agostina Delgado e sua figlia, donna Maria Anna di Teba e Moratalla [75] il cui nome in seguito cambiò con quello di suor Marianna di Gesù, furono le prime due donne ad unirsi ai Betlemiti ed a dare inizio al ramo femminile di questo Ordine che è il solo a sussistere ancora.

Erano costoro due signore rimaste vedove, le quali, non avendo figli, desideravano spendere la loro vita per aiutare il prossimo. Erano State affascinate dalla eroica carità di Pietro di Betancur e, probabilmente, lo avevano aiutato nel suo apostolato; morto lui, improvvisamente, e realizzatosi l'ospedale che aveva voluto, esse si rivolsero a fra' Rodrigo offrendosi per condividere in tutto la vita dei Fratelli Betlemiti.

Nessuno meglio del successore di Pietro voleva e poteva interpretare le intenzioni del Fondatore e, guidato certamente dalle direttive che egli gli aveva lasciato, pensò di attuare, nel modo più conveniente, quanto Pietro non aveva potuto personalmente realizzare.

Affittò una casa povera ed umile nelle vicinanze dell'ospedale, per cinquanta pesos all'anno, dove le due signore si trasferirono a vivere in una piccola stanza e adibirono il rimanente dell'abitazione ad infermeria per le donne. In poco tempo quella piccola sala, annessa all'ospedale, andò crescendo e non solo giunsero nuove malate e convalescenti, ma anche molte giovani che desideravano aiutare nell'opera caritativa. Ci furono ricchi abitanti che, impressionati dal tenace lavoro di queste donne e dalle precarie condizioni in cui vivevano, vollero aiutarle, tra questi don Sancho Alvarez de Asturias e Nava, che pagò le spese per la costruzione di una bella sala arieggiata con un piccolo oratorio al lato. Per differenziarlo dall'ospedale di Betlemme, che era quello degli uomini, a questo fu posto il nome di «Posada Belen».

Sorsero subito le gelosie infondate dell'Ordine Francescano e come dai Fratelli si era preteso invano che lasciassero l'abito di Terziari oppure si integrassero completamente ad essi (e sarebbe così sparita la nascente comunità Betiemita), ora si pretendeva dalle Sorelle la stessa cosa. Davanti a questo dilemma, che causò loro grande pena e preoccupazione, esse seguirono l'esempio degli uomini e cambiarono l'abito per usarne uno del tutto simile a quello dei Betlemiti.

L'Istituto prosperò materialmente e spiritualmente; varie ragazze sollecitarono l'ammissione e quando ve ne fu un numero sufficiente, formarono la comunità. Si chiusero in clausura, nominarono una Prefetta e si impegnarono ad osservare esattamente le Costituzioni dei Padri, approvate dal Vescovo, adattate al loro sesso, sotto la direzione spirituale del Padre Generale nelle cui mani emisero regolarmente i voti religiosi. Sua Santità Papa Clemente X, nel 1674, approvando la Compagnia dei Fratelli Betlemiti e le loro costituzioni, riconobbe, in unum con loro, anche le donne. Esse si mantennero sempre fedeli ai loro impegni religiosi ma, per la prassi giuridica in vigore nel tempo, non poterono mai ottenere dalla S. Sede un riconoscimento autonomo poiché avrebbero dovuto rinunziare all'apostolato e divenire un regolare Monastero con voti solenni e stretta clausura. Così la vita di queste suore, chiamate allora «Beate di Belén», si prolungò nel tempo, all'ombra dei Fratelli Betlemiti, da cui dipesero sempre, vivendo in carità ed umiltà lo spirito e le Regole che incarnavano il carisma di Pietro Betancur.

Trascorsero gli anni e nel 1773, la città di «San Giacomo dei Cavalieri di Guatemala» fu distrutta dai famosi terremoti di Santa Marta, chiamati così perché si verificarono il 29 luglio, giorno in cui la Chiesa celebra detta Santa; i suoi bei templi, le sue eleganti e signorili case, tutto venne raso al suolo e gli abitanti e le autorità, stanchi ormai per i continui terremoti di costruire e ricostruire i loro edifici, stabilirono di trasferire la città in un valle vicina che sembrava offrire maggiore sicurezza. Fu così che la città capitale passò nella valle dell'eremo della Vergine, (ancora chiamata «De Las Vacas» per un fiume che porta questo nome e che l'attraversa) dove il 29 dicembre del 1775 si trasferì il Municipio.

L'ordine Betlemita, che allora era esteso in molte parti del mondo, aveva nella Nuova Guatemala due case, il convento di Betlemme per i Fratelli e il Beaterio di Betiemme per le Sorelle.

Quando nel 1820 le Corti di Cadice emanarono i decreti di soppressione per tutti gli Ordini religiosi e quindi anche per i Betlemiti, sussistette in Guatemala, per un privilegio particolare, il Convento di Betlemme, con tre soli Fratelli, e il Beaterio delle donne. Questi continuarono a svolgere un'attività educativa nelle scuole pubbliche e private e si distinsero sempre per il metodo e le capacità di insegnamento.

Nel 1838, per un provvidenziale disegno divino, entrava tra le Beate di Belén una fanciulla guatemalteca, Vincenza Rosai, che riceveva dal vecchio Priore dei Betlemiti, Fra' Giuseppe di San Martino, l'abito religioso e assumeva il nome di Maria Incarnazione. La giovane era assetata di perfezione e di raccoglimento e il Beaterio, in quell'epoca, risentiva invece delle dolorose vicissitudini storiche ed era decaduto dalla fervorosa osservanza.

Suor Maria Incarnazione Rosai nel giro di pochi anni occupò le principali cariche del Convento, fra cui quella di maestra delle novizie ed ebbe quindi modo di formare, secondo le sue aspirazioni, le giovani Religiose.

Si profilò sempre più chiaramente in lei l'idea di una riforma per riportare l'Istituto di Betlem alla primitiva osservanza, secondo lo spirito genuino del Fondatore. Poiché le Religiose regolavano la loro vita su un estratto delle Regole dei Padri Betlemiti e questo fu ritenuto insufficiente per vivere una vita autenticamente religiosa, Madre Incarnazione si sentì ispirata a scrivere nuove Costituzioni, dietro consiglio e ordine del Vescovo da lei interpellato. Senza aver mai conosciuto prima di allora il testo completo delle Regole dei Betlemiti, ella redasse delle Costituzioni in tutto simili a quelle.

Quando, dopo l'approvazione che di esse dette il medesimo Vescovo, ella le presentò alla comunità, questa non volle accettarle.

Fu così che si rese necessario scegliere un gruppo di religiose, già precedentemente formate nel noviziato da lei diretto, per vivere, in un altro ambiente, una vita regolare riformata. Passò a Quezaltenango dove fondò un nuovo Convento, con scuola e internato per fanciulle e, in seguito, anche con infermeria per convalescenti.

La persecuzione politica, nel 1874, le costrinse ad espatriare a Costarica dove non poterono più continuare l'apostolato infermieristico, proibito dalla massoneria ai religiosi, e si dedicarono esclusivamente all'insegnamento. Cacciate anche da Costarica, sempre per la persecuzione politica, passarono in Colombia dove l'Istituto si espanse rapidamente. Morta la Madre Incarnazione, il 24 agosto 1886, Madre Ignazia Gonzalez, nipote della Madre e a lei succeduta nel governo, compì la missione che ella non poté realizzare personalmente: andare a Roma per ottenere il riconoscimento giuridico della S. Sede. Ciò avvenne nel 1891 col Decreto di lode e nei 1909 coll'approvazione definitiva delle Costituzioni. Ormai la Congregazione Betlemita, per una evoluzione storica, restò dedicata unicamente all'istruzione ed educazione della gioventù, all'assistenza sociale e alla catechesi.

Roma riconosceva, per la prima volta in modo autonomo, l'Istituto delle Suore Betlemite che, in realtà, viveva da oltre due secoli e l'approvava giuridicamente come un «nuovo Istituto» dandogli la fisionomia propria di tutte le Congregazioni che, in quell'epoca, passavano dalla vita di clausura a quella apostolica e venivano regolate dal nuovo Diritto Canonico. Così si affermava il ramo femminile dell'Ordine Betlemitico che aveva trovato in Pietro Betancur colui che lo aveva fatto vivere, in forza di un carisma fondazionale che si ispirava al mistero dell'Incarnazione del Verbo nella sua prima manifestazione in Betlemme.

Madre Incarnazione, la Betlemita più fedele allo spirito di Pietro, risplende ancor oggi, accanto alla figura del Padre, come Colei che ha salvato e quasi ricostituito l'Ordine, nel suo ramo femminile, assicurandogli l'approvazione giuridica e arricchendolo ulteriormente coi suo personale carisma che le ha fatto scoprire, fin dalla culla in Betlem, il mistero di amore e di dolore del Cuore di Cristo.

Le Betlemite oggi sono presenti con la loro attività educativa, assistenziale e missionaria nelle Americhe, con casa Generalizia in Bogotà (Colombia); in Italia con 15 case; in Africa (Cameroum) e in India (Andhra Pradesh).




[ Capitolo Anteriore ]
[ Ritorna all'Indice ]
[ Capitolo Seguente ]