CAPITOLO IV. IL FRATELLO TERZIARIO PIETRO DI SAN GIUSEPPE

In una delle sue visite ad un Ospedale trovò vari malati che avevano bisogno di vestiario per poter uscire e poiché non aveva la possibilità di offrirlo loro, decise di chiederlo alla Vergine Maria. La sera seguente, era di sabato, mentre si dirigeva accompagnato da vari amici verso la chiesa della Mercede, espose loro la necessità che aveva di alcuni capi di abbigliamento e chiese che pregassero con lui la Vergine affinché lo esaudisse. Stavano pregando quando improvvisamente si spalancò la finestra di una casa e vi si affacciò un signore il quale chiamò Pietro per offrigli esattamente gli stessi capi di vestiario di cui aveva parlato ai suoi compagni.

Le domeniche ed i giorni festivi aiutava alla costruzione del Calvario, opera che andava avanti a stento perché era fatta, quasi solamente con la partecipazione di buoni popolani, fratelli terziari ed operai volontari, che sotto la direzione di nobili cavalieri della città e di alcuni sacerdoti, fungevano da muratori, falegnami, ecc. Pietro umilmente si rimboccava le vesti ed impastava con i suoi piedi il fango che poi, mescolato alle pietre ed alla sabbia, trasportava in un secchio sulle spalle. All'ora di colazione apparecchiavano sotto un pergolato fiorito. A Pietro piacevano particolarmente l'odore del melo ed il rosso della «pasqua» un bel fiore tropicale con cui a Natale si ornavano le case della città.

Dell'eleganza e della sontuosità del tempio del Calvario, oggi restano in piedi appena la navata principale ed alcuni corridoi. Questo tempio fu costruito su richiesta dei Fratelli dei Terzo Ordine di San Francesco.

I lavori cominciarono il 19 novembre del 1618 e terminarono nel 1665; la costruzione, che richiese ben quarantasette anni, per la maggior parte fu fatta con la collaborazione degli abitanti e degli amici devoti che desideravano contribuire con le proprie mani alla costruzione di un tempio così bello. All'esterno, di fronte al portale, si trova ancora oggi una croce di pietra, fissata nella strada, con l'indicazione della data in cui si iniziò la costruzione. [17]

Nella sua nota opera «Recordación Florida» il famoso cronista dell'epoca, don Antonio de Fuentes e Guzmán, fornì una minuziosa descrizione di questo tempio, che non stiamo qui a trascrivere per il carattere soprattutto architettonico dei dettagli.

Anni dopo, quando Pietro ebbe in affidamento la chiesa del Calvario, in ricordo di quei tempi, seminò, nel medesimo posto in cui si trovava il pergolato, un albero chiamato «Esquisúchil» o Itzquidúchil, che fu e continua ad essere considerato miracoloso; ancora oggi l'«Esquisúchil», alto e frondoso nel giardino del Calvario, è famoso per le qualità curative che, secondo molti malati, posseggono le sue foglie ed i piccoli fiori bianchi presi in forma di tisana o usati come impiastri È cosa abituale vedere persone intorno all'albero che raccolgono le foglie e i fiorellini che cadono a terra. Pietro non avrebbe mai immaginato, mentre prestava il suo aiuto in questa costruzione, che dopo pochi anni avrebbe preso l'abito di fratello terziario fracescano e che questa sarebbe stata la sua casa.

Egli comprese che la sua vocazione era di essere sacerdote, ma poiché per questo era necessario studiare, dovette entrare nel Collegio della Compagnia di Gesù e, benché fosse già un uomo, dovette iscriversi con i bambini, senza vergognarsi perché comprendeva che ciò rientrava nel piano di Dio per potersi consacrare al suo servizio.

Studiava tenacemente, metteva tutta la sua attenzione faceva ogni sforzo... ma nulla! Non ricordava le lezioni! Per quanto facesse, non gli riusciva di imparare a memoria, né i verbi, né il latino; chiedeva aiuto al cielo, ma la sua memoria non migliorava. Un giorno, quando già disperava, ascoltò una spiegazione sulla perseveranza e ciò gli infuse coraggio per cui pensò: «se una goccia d'acqua costante può logorare una pietra, perché non devo io apprendere se studio con uguale costanza?» E si applicò a studiare sempre di più...

In una di queste occasioni una notte notò che la candela da cui riceveva luce era piccola e non sarebbe durata per tutto il tempo che daveva ancora studiare. La lasciò accesa di fronte ad una immagine della Vergine che aveva nella sua camera, affinché finisse di consumarsi, ed andò nella casa vicina dove abitava un suo amico e condiscepolo. Studiarono quattro ore di seguito, durante le quali vennero accese varie candele, ma quando Pietro ritornò nella sua camera trovò che il pezzo di candela che aveva lasciato ardere di fronte alla Vergine era esattamente uguale!

Nel mese di maggio del 1654, dopo quasi tre anni di studio, decise di sottoporsi ad un esame definitivo; quella mattina egli si presentò con molto ottimismo e quando il professore domandò chi volesse iniziare l'esame - che in quel tempo era orale e consisteva nel mettere a confronto due candidati, Pietro si offrì con molto entusiasmo e propose persino di infliggere, a chi avesse sbagliato, ventiquattro frustate come castigo. I suoi compagni e l'insegnante si stupirono di tanta sicurezza. Immediatamente un candidato si offrì e cominciò la prova con un esame di matematica.

L'esaminando rispose a tutte le domande e disse a memoria -poiché allora si usava molto la memorizzazione tutto ciò che gli chiedevano. Quando giunse il turno di Pietro - che si sentiva tanto sicuro - qualcosa offuscò la sua mente, rimase in silenzio... e non fu in grado di rispondere nulla, ammettendo di aver dimenticato tutto.

I suoi compagni, giovani nella maggioranza, a cui fece molto piacere lo scoraggiamento di Pietro, ridevano e si burlavano di lui, ma egli chinò il capo, profondamente umiliato e triste nel comprendere il suo fiasco e l'inutilità dei suoi sforzi per apprendere ed accettò questa umiliazione come ulteriore prova di Dio; egli stesso si tolse la cappa e chiede al compagno che aveva superato l'esame che gli desse le frustate che meritava, cosa che il ragazzo, che era molto rispettoso, non volle fare. Tuttavia quella notte Pietro se le inflisse da solo, secondo quanto racconta la storia.

Pietro si sentiva così abbattuto per questo insuccesso che era dovuto in realtà a ragioni più forti della sua volontà di apprendere -che pensò seriamente di desistere dal suo desiderio di farsi sacerdote, convincendosi che se non riusciva negli studi, era perché Dio non lo voleva tra i suoi servitori. A questo si aggiunse il fatto che la bella figlia del sottotente Pedro de Armengol, il padrone dei telai, dove ancora lavorava, e che si era trasformato in suo protettore, si sentiva attratta da lui, innamorata non solo delle sue qualità morali, ma anche dei suo aspetto fisico, che era piuttosto gradevole.

Secondo i racconti dell'epoca [18], e secondo alcuni ritratti che si dicono autentici, si sa che il Fratello Pietro era un giovane magro, di media statura, dallo sguardo dolce e buono, il viso ovale ed incorniciato da barba docile e bionda; la bocca sorridente dalle labbra sottili ed affettuose. Aperto a tutti, non ricusava occasioni per scherzare e trattenersi in semplici conversazioni, poiché considerava che la virtù non è nemica della serenità.

Altri dati che si riferiscono ad epoche posteriori, così lo descrivono: [19] «di volto piuttosto lungo che arrotondato, un po' color del grano, come lo sono regolarmente gli abitanti delle Canarie; fronte spaziosa, capigliatura stempiata sempre tagliata corta sulla fronte; a sinistra, un segno come di qualche colpo sofferto nella sua gioventù; sguardo vivo e penetrante; naso medio; labbra sottili dolcemente espressive; barba folta e sagomata, le mani, un tempo lunghe e ben curate, erano ora incallite dal lavoro e dalle opere di carità; i piedi nudi e calzati con sandali. Era di media statura e di costituzione forte, da buon spagnolo, ma un po' indebolito dalle continue mortificazioni e penitenze corporali».

Il sottotenente Armengol, naturalmente, era felice che sua figlia avesse riposto il suo affetto in Pietro, poiché durante il tempo che aveva avuto per conoscerlo e trattarlo, gli era parso una persona superiore, incomparabile. Pietro non voleva disprezzare né offendere il suo maestro, amico e protettore, ma neppure voleva alimentare qualche speranza giacché non sentiva attrazione per il matrimonio, il suo unico desiderio era dedicarsi a servire Dio ed i bisognosi.

Confuso, non sapendo cosa fare o quale strada prendere, decise di ritirarsi per un periodo a meditare in qualche posto isolato, ed a questo punto si ricordò di quel paesino di San Miguel Petapa, attraverso il quale era passato per arrivare a Guatemala, e vi si diresse. Davanti all'incantevole quadro della Vergina del Rosario trascorreva ore intere pregando e chiedendo illuminazione per la sua scelta: continuare a studiare, ritornare alla sua terra natia o andare per le montagne, dove sapeva che vi erano ancora gruppi di indi semiselvaggí e pagani, per portar loro il messaggio di Cristo? [20] «Una mattina mentre pregava fervidamente davanti all'altare, scorse al suo lato una donna di singolare bellezza, il cui volto era illuminato in pieno da un raggio di luce proveniente da uno degli alti finestroni del tempio. Poi egli si lasciò avvolgere da un dolcissimo profumo che emanava da quella incantevole creatura e interruppe la preghiera, per un forte istinto naturale.»

«Sul punto di smarrirsi, invocò dal più profondo dell'anima l'Immacolata Concezione di Maria, che dovette soccorrerlo in così grave momento poiché la donna sparì nello stesso misterioso modo con cui era apparsa, manifestandosi così il diabolico inganno. Nella profondità del suo pentimento e della sua gratitudine, tornato in sé, non riuscì a capire se l'immagine fosse stata reale, o se tutto fosse accaduto dentro di sé, comprese però chiaramente che il suo destino era più umile di quello dei martiri e che nella città di Guatemala aveva una missione da compiere.»

«Così confortato, dopo che il suo cuore si arrese alla Vergine Maria, grato per una così notevole grazia, cominciò il viaggio di ritorno, raggiante di fiducia, ed in lui nulla avrebbe potuto rivelare il tribolato ed umile studente di prima».

Il Padre José García de la Concepción nella sua voluminosa ed erudita opera sulla vita di Fra' Pietro scrive anche di questo avvenimento raccontando che la Vergine gli parlò:

«... ammonendolo di tornare in città, perché era Guatemala il luogo dove Dio lo voleva e che aveva destinato per la sua messe spirituale».

E lì tornò Pietro, obbediente come sempre ai segni divini, e si applicò nuovamente a studiare con tenacia.

Una sera passeggiava dietro il Calvario, imparando a memoria una lezione per il giorno seguente, quando improvvisamente, senza sapere da dove, gli apparve quel vecchietto misterioso che già in due precedenti occasioni gli si era presentato parlandogli. Questa volta gli domandò:

«Come va fratello?».

- «Non molto bene con gli studi», gli rispose Pietro.

L'anziano uomo si fermò osservandolo negli occhi, come se vi leggesse lo scoraggiamento che lo paralizzava a causa dei continui insuccessi, nonostante gli sforzi e le fatiche, e gli disse con voce lenta e dolce:

- «Non stancarti Pietro, lo studio non è fatto per te, vai e prendi l'abito del Terzo Ordine. Vorresti maggior ritiro di questo per servire Dio?»

E, come le altre due volte precedenti, dopo aver parlato il vecchietto scomparve tra gli alberi vicini.

Alcuni biografi hanno voluto vedere in questo anziano la figura di San Francesco d'Assisi, per la descrizione che Pietro fece di lui e per avergli indicato l'Ordine Francescano in cui sarebbe entrato, mentre allora Fra' Pìetro era più devoto ad altri santi, come Sant'Amaro e San Domenico, per i cui Ordini, logicamente, avrebbe potuto propendere di più.

Comprese che era qui la risposta che attendeva. E corse a cercare il suo padre spirituale, un monaco del collegio, a cui spiegò l'accaduto dicendogli poi con umiltà:

- «È quasi impossibile per me apprendere la grammatica ed i rudimenti del latino, ho pensato perciò che l'unica cosa a cui posso aspirare è diventare fratello terziario d'abito scoperto dell'Ordine di San Francesco».

Il suo padre spirituale, impressionato dal racconto di Pietro e dalle sue ultime parole, gli consigliò di farlo; ma di non lasciare il lavoro di tessitore finché non fosse completamente sicuro.

Pietro, dal suo ritorno da Petapa, aveva cambiato domicilio e viveva in una piccola abitazione in casa della famiglia di don Diego de Bilchez Maldonato, il cui figlio Francesco era suo amico e compagno di studi nel collegio. Rimase lì finché entrò nell'Ordine, sebbene durante il giorno si trattenesse al Calvario aiutando in diverse occupazioni.

Il 10 gennaio del 1655 presentò la richiesta formale per entrare a far parte del Terzo Ordine di San Francesco d'Assisi, come Fratello Minore, richiesta che era scritta così: [21]

«Io, Pietro di Betancur, abitante di questa città, nativo dell'Isola di Tenerife, figlio legittimo di Amador Gonzáles e Anna García affermo che, per la grande devozione che ho verso il Nostro Padre San Francesco, è da tempo che desidero divenire fratello del Terzo Ordine. Poiché non ho in questa città testimoni conterranei, mi trovo nell'impossibilità di poter fornire informazioni di legittimità, le offro perciò «de moribus et vita», perché ciò è sufficiente; mi si conceda perciò la grazia, dell'abito che desidero. Chiedo e supplico di essere ammesso e di riceverne conferma. Pietro di Betancur». La domanda fu accettata, benché egli dovesse presentare come testimone il compagno di studi e di abitazione, Francesco Bilchez Maldonado, la cui dichiarazione sulla vita e sulla condotta di Pietro afferma che «conosce Pietro di Betancur da due anni e sa, perché così ha sentito dire, che è figlio di genitori spagnoli di pura razza e lo ha visto nel Collegio della Compagnia di Gesù studiare assiduamente per diventare sacerdote ed è anche a conoscenza, come Pietro di Betancur gli ha riferito, che ha mandato a chiedere alla sua terra documenti ed informazioni sufficenti per poter diventare sacerdote, chierico o religioso... E che dopo essere arrivato in questa città, è vissuto con perfetta educazione e modestia, occupandosi dei suoi studi nel detto Collegio, con i suoi condiscepoli, praticando ogni atto di virtù e frequentando le lezioni con grande puntualità, senza dare scandalo o spargere cattiva fama di sé...». [22]

A sua volta Pietro ampliò l'informazione originale nella sua domanda, che tra le altre così dice che «... erano quattro anni da che era partito dalla sua terra per le Indie... e che l'intento con cui era giunto in quei luoghi, era di essere sacerdote, per il cui raggiungimento aveva richiesto informazioni necessarie nella sua patria, le quali, qualora fossero giunte prima dell'anno del suo giuramento, sarebbero state esibite per poter vedere e constatare la verità della sua dichiarazione...». [23]

Queste due dichiarazioni rilasciate nello stesso giorno del 14 gennaio del 1655, fecero sì che, senza ulteriori indagini né dubbi, dopo una breve consultazione dei Superiori dell'Ordine Francescano, si decidesse di accettarlo e dargli l'abito. Tuttavia, uno scherzo del destino impedì a Pietro di prenderlo subito: non vi era al momento alcun abito disponibile, né egli possedeva denaro per comprarne uno o restituire quello prestato per acquistarlo.

Passarono due, tre, quattro giorni e Pietro non conseguiva il denaro necessario... Certamente qualcosa riceveva, oltre al suo salario di tessitore o alle elemosine che gli facevano, ma sorgevano improvvisamente necessità più urgenti per gli infermi ed i prigionieri e così finivano quei pochi denari. Tuttavia, egli sperava e confidava che all'improvviso, in qualche modo, Dio gli avrebbe mandato il denaro necessario. La storia racconta che una mattina, dirigendosi verso il convento di San Francesco, dopo aver ascoltato la messa alla Mercede, vide apparire ad una svolta della strada un anziano dalla lunga barba e dall'abito religioso (probabilmente lo stesso che gli era apparso precedentemente), che si dirigeva verso di lui. Mettendosi al suo fianco gli chiese:

- Dove vai Pietro?

- Ad ascoltare la messa al convento di San Francesco, signore.

- Come mai? Non hai già ascoltato la messa e non ti sei comunicato nella chiesa della Mercede?

Pietro rispose affermativamente, benché piuttosto sorpreso che colui lo sapesse. L'anziano allora gli indicò con la mano la cappella del Calvario, che si vedeva in lontananza, e gli disse:

- Sappi che quella è la tua abitazione, perché così dispone l'Altissimo. Benché non comprendesse perfettamente queste parole poiché aveva già presentato domanda per entrare nel Terz'Ordine francescano la cui casa madre era la chiesa di San Francesco, Pietro lo ringraziò e continuò il suo cammino. Mentre procedeva pregando, decise di tornare indietro per chiedere al vecchio che si spiegasse meglio tuttavia, per quanto cercasse, quello era scomparso dalla strada.

Giunse a San Francesco ed entrò a pregare nella cappella di Loreto, mentre era lì gli si avvicinò il Frate Fernando Espino, allora guardiano della comunità francescana e, vedendolo ancora vestito da studente, gli domandò sorpreso:

- «Studente, perché non prendi ancora l'abito di terziario?».

Pietro non poteva mentire, doveva dirgli la verità, sebbene gli costasse farlo, e per questo gli rispose umilmente:

- «Non ho con che comprare l'abito e nessuno me lo può donare» e gli raccontò le sue pene.

Frate Fernando, ascoltandolo, comprese la verità e gli chiede che lo accompagnasse in sacrestia, dove in quel momento era in visita don Antonio de Estrada, Amministratore del Terzo Ordine. Gli riferì la necessità di Pietro e don Antonio, che era uomo di possibilità e di buon cuore, si offrì generosamente di aiutarlo inviando in quello stesso momento un messaggio scritto al Maestro di Campo, don Agostino Estrada, dicendogli che, a suo conto, mandasse a confezionare un abito per Pietro e gli desse quanto gli era necessario per entrare nel Terz'Ordine e per l'atto della sua investitura.

Fu così che in una solenne cerimonia, davanti al popolo che riempiva la navata principale della chiesa di San Francesco, il giovane Pietro di Betancur, originario di Chasna di Villaflor, Tenerife, Isole Canarie, poté vestire l'abito del Terzo Ordine di San Francesco d'Assisi, per entrare al servizio di Dio e dare inizio ad un'opera di amore e di bontà che avrebbe reso la sua figura indimenticabile nella storia di Guatemala. La data autografa, dell'atto è: 8 luglio 1656. [24]




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