CAPITOLO XVII. LA CONVERSIONE DI DON RODRIGO DE ARIAS

S. Giacomo dei Cavalieri di Guatemala, quella città fondata sulle rovine del disastro di Almolonga, dove perì la prima donna governatrice nella storia del Nuovo Mondo, era importante tra le colonie spagnole; nobili spagnoli trasferirono i loro feudi a Guatemala, alcuni per ingrandire il proprio capitale, altri - con titoli nobiliari ma senza quest'ultimo - altri per costituirselo qui, coltivando il fico d'India ed il cacao, che allora erano molto richiesti sul mercato mondiale.

La città era elegante e bella, verso la metà dei secolo XVII contava, secondo le statistiche di quel tempo, 60.000 abitanti, seimila case, venti edifici pubblici, chiese, conventi di monache come quello di Santa Chiara e della Concezione, altri di frati come quello della Mercede di San Francesco e di San Domenico, il cui ricordo é passato alla storia per la sua grandezza e magnificenza; vi era inoltre il Collegio di San Tommaso, il Palazzo dei Capitani Generali, la tipografia e il nobile municipio. La società cittadina, naturalmente, era aristocratica e danarosa - e si muoveva in un ambiente distinto, di feste e ricevimenti - dove le donne facevano sfoggio di sontuosi abiti di broccato ricamati in oro e gemme, preziosi gioielli portati dalla Spagna, vere reliquie di famiglia, parrucche e ornamenti vari...

Arrivò un giorno in questa società, per trascorrere alcuni mesi di vacanza, un giovane gentiluomo, di appena ventisei anni, il capitano don Rodrigo di Arias e Maldonado di Gógora e Córdova, discendente diretto delle case dei duchi di Alba e conti duchi di Benavente. Proveniva da Costa Rica, dove le sue capacità e la nobiltà lo avevano fatto nominare Governatore e capitano Generale della provincia menzionata, quando aveva appena ventidue anni.

Don Rodrigo era un cavaliere di bell'aspetto, originario di Marbella, sulla costa mediterranea del regno di Granada in Spagna, figlio di don Andrés Arias Maldonado e di donna Melchora Francisca de Góngora e Córdova, appartenenti alle nobilissime case dei signori duchi di Alba e conti-duchi di Benavente.

La nascita di don Rodrigo fu segnata da uno speciale avvenimento: sua madre lo aspettava per la fine del mese di dicembre del 1637, ma il giorno 24 durante la notte si sentì male e chiede che un sacerdote andasse a celebrare la messa al suo castello; alla fine di questa, pochi minuti dopo la mezzanotte, ormai del giorno 25, nacque un bel maschio a cui fu imposto il nome di Rodrigo Gabriel.

Don Andrés, il padre, ebbe alte cariche nell'esercito del Re e le sue prodezze ed il suo valore fecero sì che nel 1655 fosse nominato Governatore e Capitano della Provincia di Costa Rica, situata tra le province di Nicaragua ed il regno del Perù, nelle Indie, il cui governo era stimato in quel tempo come uno dei migliori del paese.

Il giovane Rodrigo aveva appena diciannove anni quando la famiglia si trasferì nel Nuovo Mondo. Con lui, oltre ai genitori, erano altri due fratelli: don Juan, anch'egli militare, e donna Melchora, graziosa fanciulla, i quali subito contrassero nozze dando origine a nobili famiglie che ancora hanno dei discendenti nella società attuale di Costa Rica.

Don Rodrigo si distinse subito non solo per l'eleganza e la nobiltà del portamento, ma anche per il valore; l'esempio eroico del padre e la tradizione di famiglia lo indussero a seguire la carriera delle armi ed in breve tempo ottenne il grado di sottotenente. [56]

La provincia di Costa Rica contava allora 19.000 abitanti, la maggior parte dei quali erano indigeni agguerriti ed indomiti appartenenti alla tribù dei «Chorotegas», «Guétares» e «Talamancas», molto feroci e perfino antropofagi.

La popolazione decresceva rapidamente a causa delle guerre tribali e delle grandi calamità, come il vaiolo, che decimavano popolazioni intere. Gli indigeni attribuivano queste pestilenze ad una maledizione portata dai bianchi e per questo erano molto feroci ed indomiti.

C'era anche un altro grave problema, quello delle imbarcazioni che arrivavano e che non potevano attraccare a causa dei continui assalti dei pirati; don Andrés, accompagnato da suo figlio Rodrigo e da un contingente di soldati, si impose il compito di cercare un nuovo porto al riparo da questi attacchi e per trovarlo fece lunghi viaggi fino a che ne localizzò uno che permetteva di portare in salvo i prodotti dall'interno al mare e viceversa. Sfortunatamente, durante uno di questi viaggi, nel 1658, don Andrés fu contagiato dalla febbre e morì.

Queste imprese e questi avvenimenti fecero sì che all'inizio dei 1659, don Rodrigo venisse nominato da Carlo li, Governatore di Costa Rica, con le stesse prerogative di suo padre. Aveva appena ventidue anni ed era la persona più giovane nominata a sostenere un incarico tanto importante.

«Durante quasi due anni si dedicò alla civilizzazione della regione più vicina alla sua fortezza; costruì templi e portò religiosi per pacificare definitivamente gli abitanti del luogo. Tuttavia gli doleva vedere che le tribù «Talamancas» continuavano ad essere tanto selvagge. Spinto dalla leggenda secondo la quale in quella regione esistevano tribù di sole donne le quali non permettevano che nessun uomo le dominasse né desse loro leggi, considerando che avrebbe reso un grande servigio al re se le avesse sottomesse, diede inizio ai preparativi per compiere la sua conquista.»

«Dal 1662 al 1663 portò felicemente a termine delle incursioni e la sua principale vittoria fu quella di sottomettere il capo tribù Cabsi con più di 1200 guerrieri. La sua avanzata fu tale che i Talamancas oltrepassarono la catena delle montagne spingendosi nella pianura.»

«Perché l'opera fosse più completa, don Rodrigo di Arias Maldonado spese dal suo capitale più di 60.000 pesos. Tuttavia cambiamenti avvenuti alla Corte di Spagna ebbero ripercussione anche nella provincia di Costa Rica e per questo egli fu esonerato dall'incarico, lasciando incompiuta gran parte dell'opera.»

«Don Rodrigo, desideroso di trovare un nuovo posto in cui tentare la sua fortuna, decise di intraprendere un viaggio per Guatemala nella cui capitale arrivò nell'anno 1665». [57]

Verso Guatemala, dunque, diresse i suoi passi il giovane e leggiadro don Rodrigo Gabriel di Arias e Maldonado, desideroso di trascorrere un periodo di piacere e divertimento in quella aristocratica società, senza sospettare che un nuovo destino era già segnato per la sua vita.

Pietro di Betancur, nel frattempo, continuava la sua opera. Lavorava tenacemente dall'alba all'imbrunire e davanti agli occhi dì tutti l'ospedale cresceva di giorno in giorno. Una mattina andò a fargli visita donna Maria de Céspedes e, vedendolo stanco e pallido, cosa rara in lui, gli raccomandò di riposare poiché la sua salute sembrava risentire della stanchezza. Pietro che già allora presentiva la sua morte vicina e pregava Dio per un suo successore, le rispose con queste enigmatiche parole:

- «Sorella, viene ad abitare in questa città un cavaliere in cui ho fondato le mie speranze».

Giorni dopo donna Maria tornò a portargli un po' di pane per i suoi poveri ed egli, uscendo dalla porta per salutarla, vide un elegante cavaliere che passava in una ricca carrozza, lo indicò allora alla donna dicendo:

- «Vede, quell'uomo che viene è precisamente fatto su misura per le mie intenzioni».

Era don Rodrigo che, giunto appena il giorno prima a Guatemala, andava a cercare alcuni conoscenti che vivevano da quelle parti.

In quei giorni morì il Fratello Rodrigo de Tobar, che era stato molto utile a Pietro nella sua opera. Sapendo cosa significasse questa perdita per luì, un altro dei fratelli terziari andò ad esprimergli le sue condoglianze ed egli, dopo averle accettate, gli disse:

- Forse pensi, fratello, che per questo debba rallentare l'opera di Betlemme? L'Altissimo ha chiamato a sé il Fratello Rodrigo, ma già sta preparando un altro Rodrigo che deve essere la colonna di Betlemme.

Questa profezia fu notevole, poiché don Rodrigo de Arias, colui al quale sì riferiva, non aveva allora la benché minima conoscenza di Fratel Pietro e della sua opera; arrivato da poco da Costa Rica, la sua unica preoccupazione era quella di divertirsi alle feste di società.

Don Rodrigo prese in affitto un'elegante casa che, grazie alla sua fortuna e al suo buon gusto, sistemò squisitamente con i migliori mobili e tappezzerie che trovò a disposizione. La sua fama ed il suo lignaggio, che erano notevoli, gli aprirono immediatamente !e porte delle migliori case, e subito abbondarono gli inviti, poiché le famiglie più distinte si disputavano l'onore di riceverlo ed ossequiarlo. I guatemaltechi si sono sempre distinti per l'ospitalità ed il buon gusto nell'accogliere gli invitati e in quel tempo non potevano essere da meno, specialmente perché si trattava di un nobile cavaliere, che pur tanto giovane, aveva già occupato posti molto importanti.

Don Rodrigo volle contraccambiare i numerosi inviti ed organizzò una festa in casa sua; la mattina del giorno in cui si sarebbe celebrata, come per ricordare alla città chi fosse, stabilì di uscire a fare una passeggiata nella piazza principale, vestito elegantemente con l'uniforme militare di gran gala, filettata di cordoni e bottoni d'oro che risplendevano al sole di mezzogiorno e sul capo, un cappello con un gran ciuffo di piume bianche al vento. Lo accompagnava un seguito di amici e servitori, vestiti anch'essi elegantemente, sì che il suo passaggio sembrava più una sfilata che una semplice passeggiata di cavalieri.

Pietro era uscito quella mattina - come tutte le altre - a far visita agli ospedali, accompagnato da varì fratelli terziari che lo aiutavano a portare la sua pentola di atol, gli abiti, il pane e tante altre cose; qualche malattia sembrava minacciare le sue forze che si erano ormai indebolite al punto che non poteva affrontare da solo questi sforzi. Stavano attraversando la piazza principale, quando, passò don Rodrigo col suo corteo. Pietro ed i suoi compagni, attratti dallo sfarzo di quelle persone e specialmente dalla figura gagliarda di don Rodrigo, e dalla fama di cui godeva, si fermarono ad osservarli; quando si furono allontanati, Pietro, rivolgendosi ai compagni disse:

- «Vedete il Governatore con quale pompa e maestà sontuosa si incammina? Eppure è colui che Dio ha stabilito per mio successore e che dovrà fondare in quel povero ospedale un Ordine religioso». [58]

La festa di don Rodrigo, quella notte, fece storia nella città. Vi erano le famiglie più distinte, il governatore ed altri ministri, ecc., e tra le dame partecipanti eccelleva per bellezza ed eleganza donna Elvira de Lagasti, giovane e distinta signora sposata al figlio del conte di Calimaya, che aveva forti interessi in tutto il regno di Guatemala. Don Rodrigo e donna Elvira appena si videro si sentirono fortemente attratti reciprocamente.

Donna Elvira, una delle donne più affascinanti che vi fossero in Guatemala, si era sposata senza amare suo marito infatti il suo era stato uno di quei matrimoni combinati che allora erano frequenti, fatto per consolidare il rango e la fortuna di due importanti famiglie.

Da quel giorno don Rodrigo fece di tutto per rivedere donna Elvira; discretamente, per mezzo di amici di fiducia, poté comunicare con lei e stabilire appuntamenti segreti quando lo sposo della dama, impegnato nei suoi molteplici affari, usciva dalla città.

«Si accese così nel suo petto una tale amorosa fiamma, che passò rapidamente da un vivo sentimento ad una forte passione. Don Rodrigo era uomo estremamente galante e di spirito, oltre a possedere le altre prerogative del suo rango, e la signora, corteggiata da un cavaliere di tali pregi, corrispose apertamente al suo amore. Nel suo trasporto non le importò di essere sposata, ed entrambi, travolti dalla passione, non si preoccupavano del rispetto umano, e tanto meno del rispetto divino.»

«Senza dubbio i forti sentimenti della signora dovettero rivelarsi al marito, il quale cominciò a sospettare che la sposa lo stesse tradendo. I fondati sospetti gli accesero il cuore, tuttavia, non volendo commettere un'imprudenza che potesse ferire colei che ancora amava, preferì non manifestare nulla fino a che l'eventuale colpa fosse tanto evidente da portarlo a pretendere soddisfazione per l'onore oltraggiato.»

«Decise di proposito di allontanarsi, poiché era sua intenzione tornare inaspettatamente per mettere in atto il suo piano. Disse alla sposa che si sarebbe trattenuto due o tre giorni in campagna e a lei parve che questa assenza del marito fosse una occasione unica per realizzare totalmente l'a- more che la possedeva.» [59]

Appena partito il marito la signora infatti inviò un messaggio a Rodrigo il quale ottenne immediatamente un appuntamento per quella notte, nella sua stessa casa, poiché gli sembrò il luogo più sicuro ed adeguato.

Alle nove di sera ella arrivò in una carrozza chiusa. Egli l'aspettava nella casa adornata in modo speciale per l'occasione. In un salottino intimo, attiguo alla sua stanza da letto, le offrì una splendida cena e vini squisiti.

«Furono interrotti dalla notizia che nella sala d'attesa apettavano impazientemente alcune persone che erano arrivate da Costa Rica per affari importanti. Don Rodrigo disse alla signora che lo scusasse per l'interruzione e che, nel frattempo, passasse a riposare in una camera degli ospiti». [60]

La camera era molto elegante, al centro un ampio letto con quattro colonne intagliate, con baldacchino di damasco e tende di seta, arredato e profumato come per ricevere una regina. Poiché don Rodrigo tardava, donna Elvira decise di sdraiarsi.

Don Rodrigo tardò quasi due o tre ore e, finalmente, impaziente, si trovò al lato della donna amata. Le candele erano spente - soltanto una brillava in un angolo - per cui la camera era in penombra; sul letto si delineava la figura di Elvira dalla splendida capigliatura sciolta sul cuscino. Don Rodrigo le parlò ma ella non rispose. Pensò logicamente che nell'attesa si fosse addormentata e le toccò dolcemente una spalla, ma inutilmente. Tornò ad insistere con più forza... e nulla. Meravigliato, avvicinò la candela al viso di lei e, quale non fu il suo spavento quando, alla luce chiara, vide che ella era senza vita, sfigurata dalla morte.

Nella sua disperazione cercò di risvegliarla, volle prenderla in braccio ma il corpo di donna Elvira, freddo e inanimato ricadde sul letto; cercò di rianimarla con ogni mezzo... ma tutto fu inutile, diventava ogni momento più fredda e le sue fattezze, prima tanto belle e soavi, erano ora dure e scomposte, quasi grottesche.

Don Rodrigo sentì di impazzire, mai nelle sue numerose avventure aveva sperimentato simile cosa, quella donna che pochi minuti prima era una splendida creatura che rideva e parlava con lui, ora era un essere inanimato, e quasi orribile a vedersi.

Che fare? A chi ricorrere in una situazione tanto disperata? Non sapeva e, sentendosi impazzire sempre più dall'angustia e dal terrore, si precipitò in strada, senza meta, con la spada sguainata in mano.

Scarmigliato, con gli occhi infuocati dal dolore e dall'ira, camminava disorientato ed era realmente una figura impressionante in quelle ore della notte, mentre l'intera città dormiva e le strade erano deserte e silenziose. Quasi automaticamente si diresse alla Piazza de Armas, dove pochi giorni prima era passato tanto pomposamente, e arrivato al muro orientale del Palazzo dei Capitani Generali che fa angolo con la strada di Santa Teresa fu fermato dalla figura di un Francescano, con una lampada accesa in una mano e nell'altra un campanello di bronzo. Era Fratel Pietro di San José di Betancur, in una delle sue notturne escursioni per le vie della città. Suonava il campanello esclamando con voce grave:

Acordaos hermanos
que un alma tenemos
y si la perdemos
no la recobramos...

Don Rodrigo rimase immobile, non aveva mai visto Pietro prima, aveva solo sentito parlare di lui... ed ora, in questo preciso momento di grande angustia e confusione, la sua mistica figura gli appariva davanti ed il suo messaggio - rivolto a tutti - gli sembrava particolarmente diretto alla sua anima tormentata.

- «Buona notte, fratello, quale strano motivo la tiene fuori a quest'ora e da solo nella strada?» gli domandò Pietro cortesemente.

Don Rodrigo, ancora più sconcertato e un po' violento per questa intromissione, poiché desiderava continuare la sua pazza corsa senza meta, gli rispose:

- «È ancora più strano che a quest'ora un frate cammini da solo per le strade mentre se ne dovrebbe stare in raccoglimento. Di me, non c'è da meravigliarsi, sono celibe e secolare e non sono tenuto a rispettare questi obblighi».

Pietro, allora, che sapeva bene quello che accadeva nell'animo di lui, sollevando la sua lanterna per illuminarlo, lo guardò profondamente negli occhi e gli disse che Dio lo aveva mandato per salvarlo e per dimostrarglielo gli raccontò dettagliatamente tutto quello che era appena accaduto.

Don Rodrigo ascoltò quella narrazione esatta in ogni dettaglio... e comprese di trovarsi davanti ad un uomo di Dio, poiché nessuno assolutamente poteva sapere quello che era appena avvenuto pochi momenti prima. Qualcosa, come una scarica elettrica, lo colpì nelle sue fibre più intime, fece trepidare la sua coscienza... e senza poterlo evitare, cadde in ginocchio davanti a Fra' Pietro chiedendo perdono e misericordia.

Pietro allora lo esortò a pentirsi dei suoì errori e a dedicarsi a Dio. Don Rodrigo gli rispose che forse era ormai troppo tardi, perché sarebbe arrìvato presto il momento della scoperta dei cadavere di donna Elvira, con suo grande disonore, e per lui ci sarebbe stato il carcere. Se quella tragedia però si fosse potuta evitare, allora sarebbe stato tutto diverso e volentìeri la sua vita l'avrebbe dedicata a seguire il suo esempio nell'opera religiosa.

«- Andiamo, andiamo a casa sua - gli disse Pietro, sentendo questo proponimento - che io le prometto in nome di Dio il rimedio che desidera, soltanto perché si compia quella sua parola».

«Camminarono per un po' ed entrati nella casa di don Rodrigo, si recarono nella camera in cui si trovava il cadavere e lì, in presenza della morte, Pietro esortò nuovamente Rodrigo a cambiare vita e abitudini. Poi andò vicino alla defunta e, prendendole una mano, le comandò in nome di Dio di tornare in vita; al suono della sua voce, si avverò il prodigio: la defunta perse la rigidezza in cui si trovava e si rianimò riacquistando la sua bellezza.»

«Don Rodrigo ed Elvira caddero in ginocchio, sentendosi veramente colpevoli e piansero con lacrime di sincero pentimento. Fra' Pietro invitò la signora a prepararsi senza indugio per ritornare subito a casa sua. S'incamminarono tutti e tre alla detta casa con tutta fretta e all'entrata, Fra' Pietro esortò donna Elvira a ritirarsi immediatamente e a tranquillizzare tutti quelli della casa, per evitare il pericolo della giusta gelosia del marito. Ammonì entrambi a cambiar vita ed ordinò a Rodrigo di ritirarsi a casa sua, mentre egli avrebbe rimediato a ciò che doveva ancora accadere in quella faccenda.»

Pietro si mise ad aspettare il marito della signora che, presago del tradimento stava arrivando rapidamente per compiere giustizia. Giunto infatti costui e avendo scorto un uomo all'entrata della casa, si pose in agguato per aggredirlo e per togliergli la vita, giudicandolo colpevole di aver offeso il suo onore. Fra Pietro si accorse della sua intenzione e, prima che potesse dare esecuzione al suo impulso, gli parlò, facendosi riconoscere. Il marito di donna Elvira era molto amico e devoto di fra' Pietro, avendolo perciò riconosciuto dalla voce, si trattenne rispettoso dalla sua furiosa determinazione. Il buon Fratello gli parlò dolcemente, gli rivelò tutti i segreti del suo animo e lo persuase a deporre i suoi sospetti. Gli parlò, per calmarlo, del fermo proposito di sua moglie e, per convincerlo maggiormente, gli disse che l'uomo di cui sospettava lo avrebbe visto tra non molto vestito col suo stesso abito religioso. A queste valide ragioni, addotte da Pietro, il cavaliere si rasserenò e si congedò da lui con molta commozione rendendo grazie a Dio per aver trovato nelle sue parole un profondo conforto... [61]

Questo fatto straordinario cambiò Don Rodrigo completamente. Decise di realizzare l'ispirazione divina che sentiva fortissima dentro di sé, fece pubblica rinuncia dei suoi beni ed onori, facendo conoscere la sua intenzione di didicarsi a seguire il cammino di Dio. Pietro però, sapendo bene quanto la natura umana sia variabile e come queste vocazioni improvvise possano essere soltanto fuochi fatui, benché avvisato soprannaturalmente dal Signore che Rodrigo avrebbe continuato la sua opera, volle metterlo alla prova e gli disse di aspettare ancora per prendere l'abito di Terziario, egli stesso lo avrebbe chiamato al momento opportuno. Don Rodrigo si sottomise alla volontà di Pietro, ma poiché i giorni passavano e questi non lo mandava a chiamare, ordinò di mettere in una carrozza tutti i suoi abiti e i suoi gioielli e li inviò a Pietro insieme ad un messaggio in cui diceva che era stanco di aspettare e che era pronto ad accorrere personalmente. Pietro non volle riceverli, ordinò che gli fossero restituiti e che gli dicessero «che ancora non era pronto il solco per versarvi l'acqua».

Don Rodrigo comprese il mistero delle parole di Pietro: che il suo spirito ancora non era ben preparato con il solco delle mortificazioni per ricevere l'acqua dello stato perfetto a cui aspirava. Nuovamente Rodrigo mandò a Pietro gli abiti e i gioielli, ma al servo che li portava suggerì di dire che accettasse quei gioielli che umilmente gli mandava e disponesse di essi; e che se gli avesse fatto grazia di dargli un angolino della sua casa per ritirarsi, sarebbe andato a fargli compagnia quando l'avrebbe ordinato.

Questa umile supplica fu accetta da Pietro il quale gli rispose per mezzo dello stesso servo che ormai era giunto il momento opportuno e che poteva andare appena deciso.

Immediatamente don Rodrigo si recò all'ospedale da Fra' Pietro, il quale lo ricevette con molta gioia.

Era già stabilito il giorno in cui don Rodrigo avrebbe ricevuto l'abito scoperto del Terzo Ordine di Penitenza di San Francesco ma Pietro, volendo ancora metterlo alla prova, specialmente nella vanità - che è tanto forte negli esseri umani -, gli fece affrontare l'ultima prova la mattina precedente la sua vestizione.

Gli chiese di indossare il suo migliore abito e le gioie più ricche e così fece don Rodrigo, che apparve nuovamente così bello ed elegante come quando sfilò quella mattina memorabile per la Piazza de Armas; andarono allora entrambi al macello pubblico della città dove Pietro chiese due pezzi di carne che appese alle estremità di un bastone che aveva portato con sè, quindi collocò il bastone con i pezzi di carne pendenti, sulle spalle di don Rodrigo... ed in questo modo percorsero le strade della città.

La gente che lo vedeva passare si burlava di lui, lo aveva conosciuto come l'elegante Governatore di Costa Rica ed ora lo credeva pazzo senza rimedio, non potendo altrimenti spiegare quel reale abbigliamento ed il bastone che portava sulle spalle. Camminarono per tutta la mattina, passarono per la Piazza de Armas nel preciso momento in cui uscivano dal Palazzo dei Capitani Generali il Presidente ed il Vescovo, i quali, avendolo conosciuto nelle feste di società e vedendolo ora così, non poterono fare a meno di ridere e nello stesso tempo di dolersi del suo stato, ritenendolo irrimediabilmente pazzo.

Rodrigo non pronunziò una sola parola o lamentela, resistette umilmente a tutte le burle e agli oltraggi, per cui Pietro rimase pienamente convinto del suo cambiamento. Il giorno seguente, egli stesso gli fece indossare l'abito di terziario francescano, che era quello che allora portavano tutti i fratelli betlemiti, e gli diede il nome di Rodrigo de la Cruz.

Due mesi dopo essere entrato nell'Ordine, l'8 gennaio del 1667, a Rodrigo giunse la notizia che il Re Carlo II, prendendo in considerazione i suoi meriti gli conferiva il titolo di marchese di Talamanca, ad eterno ricordo delle sue brillanti azioni nella conquista di queste terre e per risarcire in parte le spese che con il suo patrimonio aveva sostenuto per un'impresa tanto grande, gli elargiva, dalle rendite delle casse reali, la somma di dodicimila ducati annui.

«Una commissione del tribunale passò all'ospedale per effettuare la formale consegna della nomina e per stabilire la data in cui avrebbe ricevuto ufficialmente tale grande onore. Fra' Rodrigo de la Cruz, con tutta la rispettosa umiltà che aveva acquistato in così breve tempo e ricordando le parole che Fra' Pietro di San José gli aveva diretto al suo arrivo all'ospedale, dichiarò che avendo rinunciato al mondo, alle sue ricchezze, ai capitali, non poteva accettare un simile onore e che pertanto quello stesso giorno avrebbe mandato a sua Maestà una missiva nella quale lo avrebbe ringraziato per l'onore conferitogli, ma che per la sua nuova condizione rinunciava al titolo e alla rendita fissata».

Appena quattro mesi dopo, moriva Fratel Pietro e rimaneva come suo successore Rodrigo de la Cruz, saggiamente eletto per stabilire e propagare l'opera betlemita nel mondo.




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