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L'opera di Pietro procedeva lentamente: l'ospedale eppoi il
convento e la chiesa, tutto andava prendendo forma e la fama di Fra'
Pietro varcava anche i confini della città. Uomini, donne e bambini
accorrevano da ogni parte, alcuni per aiutarlo o semplicemente per
chiedere la sua benedizione, altri, afflitti da gravi problemi, per
chiedere consiglio ed aiuto materiale.
A quelli che venivano da lontano o che erano molto poveri, dava
ospitalità e cibo; un giorno ve n'erano tanti da non poter essere
contenuti nello spazio limitato di cui disponevano. Uno dei fratelli
terziari fece notare a Pietro che c'era troppa gente e molti
sembravano vagabondi che volessero approfittare di lui, egli con grande
umiltà, rispose a questa osservazione:
- «Fratello, io sono il vagabondo, questi invece sono poveri di
Gesù Cristo».
Per la sua grande umiltà osservava le virtù della temperanza e della
fortezza; era molto frugale nel cibo che consisteva in erbe, pane ed
acqua. Per mortificarsi, preparava una zuppa di acqua bollente ed
aloe, che è molto amara, e la prendeva con gli avanzi del pane che
dava ai poveri, avanzi quasi sempre duri e vecchi.
Una volta in cui si erano riuniti tutti i Terziari che lo aiutavano
nell'opera, vedendolo un po' distratto gli domandarono cosa stesse
pensando.
- «Sto pensando - rispose loro - che mi sentirei molto felice se,
in groppa ad un asino, con il banditore al lato ed al suono di una
trombetta, passassi per la piazza, dandomi frustate per amore di
Dio».
Durante la Quaresima si procurava del fiele di agnello e, come Gesù
sulla croce, beveva acqua con fiele e aceto. Una volta a vari
fratelli che lo guardavano stupiti mentre prendeva questa bevanda,
disse:
- «Fratelli miei, quando Cristo, nostro redentore, era in agonia
sulla croce, bevve così alla salute del genere umano ed io ora voglio
fare la stessa cosa».
Subito dopo, prese tra le sue mani una coppa piena di questo miscuglio
di fiele ed aceto e la bevve fino all'ultima goccia.
Una volta in cui era un po' debole in salute, il Religioso che lo
curava gli preparò una gustosa zuppa che sapeva piacergli molto, ma
lui, sempre per desiderio di sacrificio, gli disse che era troppo
calda e che aggiungesse dell'acqua fredda, ciò soltanto perché,
diluita, perdesse quel gustoso sapore che gli piaceva.
Il cioccolato, bibita originaria delle terre d'America e molto
popolare in Guatemala, era di suo gradimento, ma lo beveva soltanto
quando ne avanzava da quello che portava ai malati ed ai convalescenti.
Il piatto che adoperava per mangiare era la carcassa di una
tartaruga.
Oltre ad essere tanto frugale nella dieta, tutte le settimate
digiunava per quattro giorno, durante i quali prendeva soltanto acqua e
pane nero. Durante il periodo della Quaresima il suo digiuno era
assoluto, prendeva soltanto acqua.
Una persona che aveva molta familiarità con lui e che era solita
passare giornate intere in sua compagnia, attestò che non lo vide mai
fare un pasto completo.
Si calcola che sui trecentosessantacinque giorni dell'anno digiunasse
almeno per trecento.
In un sabato santo, una signora gli chiese quando avesse cominciato il
digiuno e Pietro le rispose dal lunedì. La signora rimase molto
sorpresa poiché, secondo quanto raccontò in seguito, il viso e
l'aspetto generale di Pietro erano buoni, come se in quei giorni
avesse mangiato benissimo.
La sua estrema povertà ed il suo disinteresse si riflettevano
chiaramente sul suo vestiario; indossava unicamente l'abito del Terzo
Ordine di Penitenza di San Francesco, che oltre ad essere vecchio e
logoro, era della stoffa più grossolana che si potesse trovare;
inoltre egli stesso lo rammendava quando ce n'era bisogno.
Una volta, un abitante della città si commosse e gliene regalò uno
nuovo, ma Pietro, per il suo spirito di umiltà, preferì fare il
cambio con un altro fratello che ne aveva uno vecchio, per non fare
sfoggio di un abito nuovo che avrebbe potuto essere per lui di vanità.
Il suo abbigliamento intimo era ancora più povero e rozzo; il
tessuto era di quella rozza tela con la quale gli indigeni facevano i
sacchi per caricare le pannocchie di mais; la sua camicia, quando la
usava, era di stoffa ruvida; non portava scarpe ma sandali,
«caites», di cuoio, uguali a quelli degli indigeni, e questo quando
glieli regalavano in elemosina.
Dormiva molto poco poiché vegliava gli infermi quando occorreva o
passava la notte in preghiera.
Quando lavorava e viveva col sottotenente Armengol presso il quale fu
la sua prima residenza e il primo impiego a Guatemala - aveva il
permesso del padrone di casa per uscire qualche notte a percorrere la
via crucis. Vestendo una tunica da Nazzareno, e portando una croce
di legno, trascorreva tutto il tempo che va dall'imbrunire fino ad
oltre mezzanotte, recitando in ogni angolo la stazione corrispondente;
alcune volte faceva il percorso in ginocchio.
La storia racconta che in una di queste notti fu scorto da un abitante
che stava rientrando a casa, era questi un personaggio piuttosto
incredulo il quale, trovandosi inaspettatamente, di fronte un'ombra
nera che ansimava fortemente, pensò si trattasse di un toro
infuriato. Tirò fuori la spada per ucciderlo ma un bagliore
improvviso gli fece scorgere un Nazzareno con una croce sulle spalle.
Rimase pietrificato credendolo una apparizione soprannaturale, dovuta
alla sua licenziosa condotta, e fuggì subito presso una casa vicina,
dove gli spiegarono che si trattava di un giovane arrivato da poco dalla
Spagna, che faceva penitenza. Comunque l'uomo si impressionò molto
e questo gli fece cambiare vita.
Molte volte, durante questi percorsi Pietro venne anche attaccato da
cani rabbiosi e da gente malintenzionata, che egli calmava tracciando
un segno di croce.
Quando si costruì la casa che albergò il primo ospedale, fece
scavare un buco nella parete esterna dell'infermeria, il cui spazio
era soltanto di cinque piedi di larghezza e ne fece un rifugio per
dormirvi; era tanto stretto che sembrava un vano per custodire gli
utensili. Il muratore che lo fece, credendo fosse una rientranza per
appendere il vestiario dei fratelli terziari, chiese un giorno il
permesso di collocarvi la sua cappa ed il cappello. Il piano era di
pietra; qui dormiva Fratel Pietro. Attaccava ad un chiodo una
piccola lampada o un lume per vedere di notte e si inginocchiava sul
pavimento di pietra a pregare; poiché lo spazio era così ridotto e
basso, la posizione più comoda era quella in ginocchio poiché
sdraiato non vi entrava bene. Per dormire in questa posizione
collocava al suolo una forcella di legno sulla quale si sosteneva.
Quando non dormiva in questo vano, lo faceva sopra una croce di legno
che aveva fatto costruire, imitando Cristo crocifisso. In altri casi
stendeva una stoia (di paglia che gli indigeni fanno ed usano per
dormire) sul pavimento e per cuscino usava un pezzo di legno.
Non contento di tutti questi sacrifici, si applicava ad altre
penitenze; in una piccola camera, che egli chiamava la sua «sala
delle armi» si trovarono i cilici con i quali si mortificava e le
pesanti croci che amava caricarsi sulle spalle. In un libretto di
appunti che portava con sé e che fu trovato dopo la sua morte, c'è
un paragrafo che dice così:
«In onore della Passione del mio Redentore Gesù Cristo (Dio mi
dia la forza) devo infliggermi cinquemila e più frustate, da oggi,
giorno della Pasqua dello Spirito Santo, 24 maggio del 1654,
fino al Venerdì Santo, recitando durante questo tempo cinquemila e
più Credo».
Tutti i venerdì faceva la «Via crucis» caricandosi una croce di
quindici piedi di lunghezza. Si trovò anche quest'altra annotazione
di suo pugno: «Tutti i Venerdì al Calvario con la croce e, se non
si potesse, in penitenza, un'ora in ginocchio con la croce sulle
spalle».
Si comunicava tre volte alla settimana, giacché in quei tempi la
chiesa non permetteva ancora la comunione quotidiana, ma durante
l'ultimo anno della sua vita, avendone ottenuto il permesso e dietro
consiglio del suo confessore, Padre Lobo, si comunicò ogni giorno.
Gli piaceva andare a pregare davanti alla Vergine della chiesa della
Mercede e vi erano delle volte in cui poteva recarvisi nella tarda ora
della notte, dopo aver terminato le sue occupazioni. Il sacrestano,
il quale già sapeva chi era colui che bussava alla porta a quell'ora,
gli apriva senza preoccupazione e lo lasciava pregare davanti
all'altare... Molte mattine lo trovava ancora nella stessa
posizione quando alle cinque si recava ad aprire le porte per la prima
Messa.
Tra le sue devozioni speciali vi era quella che praticava per le anime
del Purgatorio. Era solito offrire in loro suffragio più di mille
messe all'anno; fondò i due Eremi agli ingressi della città, di
cui abbiamo parlato prima, dove, oltre a raccogliere elemosine per le
sue opere, venivano chieste Messe per la salvezza delle anime;
portava sempre, attaccata alla cintura, una borsa o bisaccia di cuoio
- più piccola e differente dalla borsa grande di cui abbiamo parlato
in precedenza - dove depositava i nomi delle persone defunte che
morivano nella città; ogni giorno tirava fuori varie schede e a mano a
mano che aumentavano i nomi, si svolgevano i servigi in loro
suffragio.
In questa piccola borsa c'era anche una scheda dove aveva scritto il
suo nome e la data della morte, che in varie occasioni tirò fuori e
rimise a posto, ma molti si resero conto della cosa e la raccontarono
in seguito, dopo il suo decesso.
Era tanta la sua preoccupazione per le anime di quelle persone che
erano morte senza fare un atto di contrizione e senza essere in pace con
Dio, che accontentava tutti quelli che gli chiedevano aiuto, in
cambio di una preghiera per il sollievo di queste anime tormentate. Ai
bambini che lo segavano festosi con la speranza di ricevere qualche
dolce che tirava sempre fuori dalle sue meravigliose bisacce, faceva
recitare prima una preghiera con lo stesso proposito. E raccontano che
quando percorreva le strade per qualche faccenda e vedeva gruppi di
bambini che giocavano nel parco o in qualche angolo, il popolare gioco
della barra, chiedeva loro che lasciassero giocare anche lui a
condizione che, se avessero perso, come penitenza avrebbero dovuto
pregare per le anime del purgatorio... e Pietro vinceva sempre.
Vicino al convento di San Domenico viveva un ricco commerciante
chiamato Antonio de Espinoza ed in casa sua, di sera, si riunivano
gli amici a giocare a carte; poiché questo era l'itinerario frequente
di Pietro, alcune volte, quando vedeva che vi erano molte persone,
entrava e chiedeva di giocare a condizione che il pegno fosse quello di
far celebrare Messe per le anime del Purgatorio.
I giocatori, tutti ostinatí in questa disputa, facevano mille
imbrogli per vincerlo, ma era impossibile. Pietro, quasi senza saper
giocare, aveva sempre le migliori carte e vinceva.
Quando ricorreva l'onomastico di qualcuno, lo andava a trovare, gli
portava in regalo un rosario, forse fatto con le sue mani, glielo
metteva al collo pregandolo di portarlo per tutto il giorno. Quando la
persona gradiva quel gesto, e gli faceva notare di non avere con che
ripagare quella gentilezza, Pietro approfittava per dirgli di tenerlo
e di ricompensarlo pregando per le anime del purgatorio.
Osservava e celebrava le festività religiose con molto zelo. Abbiamo
già visto come durante la Quaresima e la Settimana Santa, il suo
digiuno ed i sacrifici fossero esemplari.
Per il Corpus Christi - allora celebrato con grande solennità
-partecipava alla processione che percorreva la città, ed una volta
chiese il permesso a Fra Payo Enríquez de Ribera, Vescovo di
Guatemala, di poter andare davanti ad essa come un banditore.
Annodata ad un palo la sua cappa di terziario, la innalzava come una
bandiera al vento e avanzava e gridando:
- Allegria cristiani, cristiani allegria!
La sua voce aveva un tale impeto di fede che molti, perfino Fra'
Payo, versavano lacrime di emozione al suo passaggio.
Il Natale era per lui una celebrazione speciale. In ricordo del
presepe in cui nacque Gesù, aveva dato il nome di Betlemme alla
casetta di paglia che ospitava il suo primo ospedale; più tardi,
quando fu costruita al suo fianco la chiesa di Betlemme, sulla
facciata principale, fu costruita una nicchia dove vennero collocate le
figure in rilievo della Natività, che ancora oggi si conservano.
La notte dei ventiquattro organizzava una solenne processione alla
quale pertecipavano tutti gli abitanti della città, uomini, donne,
anziani, bambini, religiosi, autorità del governo, tutti
accorrevano portando candele accese.
A mezzanotte si dirigevano verso la chiesa di San Francesco ad
ascoltare la «Messa del gallo».
Quando Fra' Pietro morì, tra le sue carte fu trovato uno scritto
di suo pugno in cui egli descriveva come si svolgesse questa processione
e quella del giorno dei Re: [47]
«S'inizia dal detto ospedale di Betlemme, la notte di Natale, una
funzione per commemorare il rifiuto di alloggio fatto alla Vergine
Santissima e a San Giuseppe. Escono i Fratelli Terziari e molta
gente, con molte luci in mano, recitando il Rosario della Vergine
Santissima, con grande devozione, divisi ordinatamente in tre cori:
tutti i sacerdoti dietro con la Vergine, davanti San Giuseppe, in
cammino, cercando rifugio di porta in porta.
«Durante questa preghiera, per il fatto di essere tanto suggestiva,
si vedono persone devote e contemplative che si commuovono alla vista ed
all'ascolto di un angelo leggiadramente vestito: un bambino, che con
dolci versi e canti va rappresentando l'abbandono, le ingiurie che
quella notte soffrirono la Vergine ed il suo sposo Giuseppe. Questo
fino ad arrivare al Portico di Betlemme».
«Si sono frenati con questa processione molti disordini giovanili,
che avrebbero potuto accadere in questa notte di Natale.»
«Si dispongano molti altari sulle finestre con grandi illuminazioni,
per tutte le strade di questa città di Guatemala ed ugualmente
ricevano la Vergine e San Giuseppe con grande musica e festeggiamenti
secondo questo Mistero.»
«La notte della vigilia dei Re, esce nuovamente una'altra
processione in commemorazione dei Santi Magi, con le insegne di oro,
incenso e mirra. Parte da un altro più esteso quartiere con la recita
del rosario della Vergine Santissima e si dirige verso Betlemme
all'insegna di una stella luminosa molto grande, costruita con grande
inventiva, la quale viene innalzata e collocata tra le nubi.»
«All'arrivo di questo devoto corteo a Betlemme, escono a riceverlo
molti bambini vestiti da pastori, con grande allegria e gioia».
È necessario menzionare qui che nelle sue pratiche religiose Pietro
introdusse a Guatemala (e probabilmente nel Nuovo Mondo) l'usanza
di preparare «Presepi» con figure e pastori finti, in ricordo della
nascita di Cristo. Questa pratica fu inventata in origine da San
Francesco d'Assisi e si osservava in alcuni paesi d'Europa, ma non
risulta che si facesse in America.
Il fatto di mettere il nome di «Betlemme» al suo ospedale e che il
capitano don Antonio de Montúfar, personaggio importante della
città e grande pittore dell'epoca, gli abbia regalato un quadro della
Nascita di Gesù per collocarlo nel suo Oratorio, avranno ispirato
Pietro a imitare l'usanza di San Francesco e a fare con le sue
mani, usando piccole immagini, il primo «presepio».
Questa usanza, profondamente radicata nel popolo centroamericano,
poiché non esiste casa in cui non si faccia il «presepio», andò a
poco a poco sviluppando una piccola industria a livello familiare,
molto fiorente nel periodo natalizio: quella dei pupi, pastori,
casette, animali, segatura colorata, ornamenti, ecc., che
riproducendo abiti, figure e paesaggi della regione, costituiscono
l'allegria di piccoli e grandi in quella festivita.
Questa è, dunque, un'altra usanza religiosa tradizionale, molto
popolare, che Guatemala ed il Centro America (e forse il Nuovo
Mondo) devono a Fra' Pietro di Betancur.
Di notte, quando non aveva nessuno da vegliare particolarmente, e
dopo aver lasciato tutto in ordine nel suo ospedale dei convalescenti,
percorreva le strade della città addormentata, portando nella sua mano
sinistra una lampada o lume e gas per farsi luce, e nella destra, un
campanello di bronzo; quando arrivava all'angolo della via fermava il
suo passo, l'agitava e i suoi rintocchi sonori si sentivano per tutta
la città, poi, con la sua voce dolce toccava il cuore di tutti gli
abitanti dicendo:
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Acordaos hermanos
que un alta tenemos
y si la perdemos
no la recobramos...
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Ricordate fratelli
che un'anima abbiamo
e se la perdiamo
non la riacquistiamo
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«Chi, allora, non si sarebbe commosso? Chi poteva rimanere
indifferente udendo quella voce magnetica con il suo profondo
messaggio? Non vi è dubbio che gli abitanti di Guatemala, riposando
all'interno del proprio focolare nella tranquillità notturna,
meditassero queste parole ed associassero le note vibranti e forti del
campanello di bronzo alla figura francescana di Pietro di San José
di Betancur, che li richiamava ad essere uomini migliori.
Durante una di queste notti in cui pioveva torrenzialmente l'Uditore
don Juan de Garete sentì la campanella e la voce tra il rombo dei
tuoni e, commosso, pensando come fosse inzuppato il povero Fratello
Pietro sotto quella tormenta, ordinò ai suoi servi che lo facessero
entrare per asciugargli gli abiti al caldo del camino. Così fecero ed
una volta dentro, alla luce delle candele poterono vedere che era
completamente asciutto, neppure una soia goccia d'acqua bagnava i suoi
abiti. Ancora stupiti di fronte ad un fatto tanto inspiegabile, lo
videro uscire nuovamente e continuare il suo cammino sotto la pioggia
imperversante, che rispettava il suo passaggio senza bagnarlo. Vi
erano naturalmente - perché c'è di tutto nella vigna del Signore -
persone che dubitavano di lui e ridicolizzavano le sue virtù di fede e
di umiltà.
Una sera, in una delle chiese della città, venne insultato da un
individuo il quale, non soddisfatto delle parole, lo schiaffeggiò
pubblicamente. Fra' Pietro, davanti ad un simile affronto, invece
di urtarsi, cadde in ginocchio e con tutta umiltà gli chiese perdono
per avergli ispirato tali brutti sentimenti... e gli offrì l'altra
guancia.
La storia racconta che in breve tempo quest'uomo ebbe paralizzato il
braccio destro, cioè quello con cui aveva schiaffeggiato Pietro e gli
si «seccò la mano», come comunemente dice la gente di chi alza la
mano verso i propri superiori; gli accaddero inoltre una serie di
incidenti fino a che morì tra gravi dolori, assistito però
affettuosamente da Fra' Pietro.
C'erano anche altri che non erano d'accordo con gli insegnamenti e le
prediche di Pietro, specialmente uomini ai quali egli, talvolta
indirettamente, impediva un'avventura amorosa o giochi d'azzardo che
avrebbero portato rovina e disonore alle loro famiglie.
Una volta un gruppo di persone lo aspettò, nascosto nell'oscurità,
e quando Pietro passò lo attaccarono brutalmente; lo insultarono
dicendoli che era un ipocrita, vagabondo e perturbatore della quiete
notturna. Varie volte gli misero le mani in alto e lo picchiarono con
dei pali, lasciandolo ferito gravemente, altre, dopo averlo
picchiato, gli legavano le mani alle spalle e lo lasciavano buttato in
mezzo alla strada.
Ma tutto questo non lo faceva desistere, al contrario, la sua
incrollabile fede lo rendeva più tenace e nella sua immensa bontà
perdonava e pregava pubblicamente per tutti quelli che lo avevano
offeso.
Il capitano Isidoro de Cepeda volle giocargli un brutto scherzo per
mettere alla prova la sua tenacia e quando una volta Pietro gli chiese
un'elemosina per le sue opere, gli disse:
- Le farò una grande elemosina, ma deve guadagnarsela indossando
questo manto rosso che porto qui e camminando con questo fino alla
piazza.
Il mantello che portava il capitano era del più acceso e brillante
color rosso, così vistoso e splendente ai raggi del sole che nessuno
poteva fare a meno di notarlo. Questo manto sull'abito logoro di
Fra' Pietro era qualcosa di contrastante. Ma egli non indugiò un
momento, si avvolse nella cappa ed arrivò fino alla piazza tra le
risa, i commenti e le burle dei passanti.
Il capitano Cepeda pagò volentieri ed abbondantemente l'elemosina
offerta.
C'era un sacerdote domenicano, il Padre Francesco Guevara, che
aveva sentito parlare molto di Fratel Pietro e della sua umiltà e
metteva in dubbio i suoi atti. Non lo conosceva, ma una sera, mentre
si trovava in casa di donna Maria Ramírez, una onorabile cittadina
che collaborava sempre alle opere di bene, fu annunciato che stava
arrivando Fratel Pietro per prendere certi abiti offertigli.
- Ecco l'occasione - pensò il Padre Guevara -, ora vedremo se
è vero quello che dicono di questo fraticello.
Pietro entrò e salutò rispettosamente il sacerdote, il quale gli
rispose bruscamente, appena con un secco grugnito.
Donna Maria gli diede la roba e quando già egli stava per andarsene,
il sacerdote, che era stato ad osservare tutta la scena senza dire una
parola, gli ordinò di sedersi.
Fra' Pietro, per rispetto, non si sedeva mai davanti ad alcun
sacerdote. Il Padre Guevara, notando la cosa, quasi gli gridò:
«Non mi piacciono questi ipocriti e bugiardi ingannatori.
Si sieda lì, bugiardo, e sentiamo cosa ha da dirmi.
Fra' Pietro si appoggiò alla panchina di una finestra e si sedette.
- «Mi ascolti, ipocrita fannullone. Non sarebbe meglio che lei
lavorasse e si guadagnasse da mangiare senza andare a chiedere elemosine
ai poveri? Non c'è stato fino ad ora chi le abbia detto il male che
opera e lo smascheri per la sua pigrizia?».
Pietro, con gli occhi bassi, ascoltava e taceva.
- «Risponda, ipocrita fannullone, se ha qualcosa da dirmi...»
- «Lei dice bene, io sono un ipocrita, ingannatore».
- «Perché disturba la città, svegliando di notte i suoi abitanti
che dormono tranquillamente, con quella campana che suona a morte e con
le sue esclamazioni e preghiere ad alta voce che sembrano latrati di
cane?»
Lacrime di dolore scivolarono sulle guance di Pietro, che, alzando
gli occhi verso colui che così lo insultava, disse:
- «Oh, dice bene padre mio, e come mi ha conosciuto, poiché tale
sono, un cane e niente altro...»
Il sacerdote non poté continuare, si alzò ad abbracciarlo ed a
chiedergli perdono e, versando anche lui lacrime di emozione, gli
disse:
- Guardi Fra' Pietro, che da oggi noi siamo amici e fratelli,
domani l'aspetto al mio convento per aiutarla in ciò di cui ha
bisogno. E da quel giorno fu un gran benefattore della sua opera.
Molti che dubitavano di Pietro, conoscendolo cambiavano completamente
opinione, trasformandosi in suoi seguaci.
Una volta vi fu un monaco carmelitano che, arrivato da poco dal
Messico, sentiva tanto parlare delle virtù e dell'umiltà di Pietro
che volle conoscerlo per constatare la verità. Un giorno qualcuno
glielo presentò ed il monaco decise di chiarire i suoi dubbi.
Per prima cosa lo interrogò, poi passò agli insulti e Pietro con
grande serenità ed umiltà superò la prova. Il monaco rimase così
meravigliato della qualità di spirito di Pietro, che desiderò
condurlo con sé al suo Convento nel Messico, offrendogli grandi
vantaggi.
«Venga con me, Fratello, poiché so che ha intenzione di fondare un
ospedale per convalescenti e qui trova tante difficoltà. La invito a
venire con me nel deserto del Carmelo, in Messico».
Ma Pietro, ripetendo le profetiche parole che aveva pronunziato
quando per la prima volta ebbe davanti agli occhi la città di
Guatemala, esclamò:
«Qui devo vivere e morire».
Il suo fervore gli faceva inventare nuovi modi di pregare o di
trasformare le preghiere tradizionali. Tra quelle che sono passate
alla posterità, attraverso i suoi biografi, si trovano queste, brevi
e semplici:
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Dammi sempre, buon Signore,
fe', speranza e carità
e poiché Tu sei potente,
del tuo Cuore l'umiltà.
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Eppoi sempre e solo in tutto
fatta sia tua Volontà.
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«Ciò che un uomo deve fare affinché la sua anima non si perda, è
esaminare il suo intimo; mettere sentinelle a guardia dei sensi e
raddoppiarle, se fosse il caso, affinché non entrino nell'animo le
cose mondane e non esca a vederle o cercarle».
Il Guatemala è sempre stato un paese scosso da terremoti. Nel
1663 ci furono tremendi sismi che obbligarono molti abitanti a
trasferirsi in luoghi più sicuri; tra quelli si trovava Fra' Payo
de Ribera, il Vescovo di Guatemala, che abbandonò il suo vecchio
palazzo episcopale, trasferendosi in una stanza dell'Ospedale di San
Pedro, costruito da poco. Fra' Payo ammirava l'opera di Pietro
e, durante una visita che gli fece, gli chiede cosa pensasse di così
orrendi cataclismi.
«Frate! Pietro con il volto sereno ed umile, rispose:
- Quello che mi sembra è che Dio predica a noi -» [48]
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