Marta Pilon

VITA DI SAN PIETRO DI SAN GIUSEPPE BETANCUR

1626 - 1667

Fondatore della Congregazione Betlemita

PRIMA PARTE


CAPITOLO I. NASCITA, INFANZIA, GIOVENTÙ

Pietro Betancur nacque il 21 marzo 1626, a Chasna di Villaflor, di Tenerife, nelle Isole Canarie. I suoi genitori furono don Amador Gonzáles della Rosa e Betancur e Anna García, appartenentì a nobile famiglia. Amador era discendente di un cavaliere francese chiamato Juan Betancur, a cui la Regina Donna Caterina, madre del Re Giovanni II, vice reggente dei Regni di Castiglia aveva concesso il dominio delle Isole Canarie, onorandolo con il titolo di Re, per essere stato colui che aveva scoperto e conquìstato queste isole. Fu battezzato col nome di Pietro, il giorno 21 marzo dei 1626. Il suo atto di nascita si trova ancora nel foglio tredici dei libro secondo (II) dei battesimi della chiesa parrocchiale dì San Pietro Apostolo di Víllaflor, diocesi e provincia di Tenerífe, e alla lettera risulta così:

«Il ventuno marzo del milleseicentoventisei, io, P. Perera, battezzai con olio e crisma Pietro, figlio di Amador Gonzales e Anna García; furono padríni Pietro Nícolás e Anna Fabiana; lo firmai, io, P. Perera». C'è una nota marginale che dice: «Questo è il Fratello Pietro dì San Giuseppe Betancur che morì in Guatemala in fama di santità». [1]

Vi è la credenza, abbastanza diffusa, che Fra' Pietro fin dalla sua nascita si chiamasse «Pietro di San Giuseppe» e che fosse battezzato con questo nome in onore del Santo Patriarca perché era nato precisamente il 19 marzo. Però questa credenza viene smentita dai dati contenuti nell'atto di nascita.

Il nome di «San Giuseppe», invece, lo assunse dopo il suo ingresso nella vita religiosa; non possedendo altro nome che Pietro ed essendo consuetudine che i religiosi ne usassero due, chiese a Frate Payo Enríquez di Ribera, allora Vescovo del Guatemala, che gli fosse accordato di aggiungere al suo nome quello di San Giuseppe, in onore dello sposo della Vergine Maria, per il quale egli aveva un culto speciale. [2]

A conferma di questi dati, esiste ancora oggi nella Chiesa di San Pietro Apostolo di Villaflor, diocesi e provincia di Tenerife, un quadro dell'epoca in cui si attesta che il Fra' Pietro nacque il giorno 21 marzo. [3]

Il cognome era originariamente Bethencourt, di derivazione normanna ed appare scritto ancora così sulla sua tomba; tuttavia, come è accaduto ed ancora accade alla maggior parte dei nomi e cognomi stranieri trapiantati in quelle terre americane, poco alla volta si andò spagnolizzando e per questo motivo lo troviamo scritto in modi diversi: Betancur, Betancurt, Bethancourt, e Betancor. Anche Pietro attraversò questa specie di metamorfosi patronimica, perché firmò il suo cognome in tre modi differenti: «Pietro di San José Betancurt», nel suo testamento; «Pietro di San José Betancourt», in molte delle sue lettere; e «Pietro di Betancur», nel «Libretto delle Memorie».

La storia della famiglia di Pietro risale al suo possibile fondatore che fu don Juan di Bethencourt, barone di San Martín Gallard, nella Contea di Eu, signore di Bethencourt, che nel 1401 intraprese e realizzò la conquista delle Isole Canarie. Mosén di Braquemont, poi maresciallo di Francia, aveva ottenuto da Enrico III di Castiglia il permesso di portare avanti l'impresa e l'affidò al suo parente Juan di Bethencourt. Nel 1402 Bethencourt era quasi riuscito nel suo intento, ma venendogli a mancare i mezzi ricorse ad Enrico III che, procurandoglieli, gli pose come condizione che gli fosse reso omaggio. Alla fine della conquista nel 1417, morto Enrico III, era salita al trono donna Caterina di Castiglia, la quale concesse a Juan di Bethencourt, come ricompensa per i suoi servigi, il titolo di Re delle Isole Canarie ed il soprannome di «Il Grande». Bethencourt costruì il primo castello di Lanzarote e fu un eccellente sovrano. Gli successero il figlio Maciot, il nipote Menando, Pietro Barba, Fernando Pernazza (o Peraza) e Diego di Herrera. Da questa nobile famiglia discendeva, dunque, Pietro di Bethencourt, cioè Fra' Pietro di San José, il Santo di Guatemala. [4]

La famiglia Bethencourt-García ebbe cinque figli, che furono Pietro, Matteo, Paolo di Gesù, Caterina e Lucia. Di essi Matteo andò in America, probabilmente in Ecuador ma di lui non si ebbero mai notizie certe; tuttavia, attraverso vecchi scritti, si è a conoscenza che in Ecuador esistettero due persone, probabilmente suoi figli, che furono Giacinto, che diventò dottore e canonico a Quito; e Pietro che si fece sacerdote. Essi affermavano di essere parenti di Fra' Pietro.

L'altro fratello, Paolo di Gesù, si recò al paese di Orotava, vicino a Tenerife, dove si dedicò ad assistere gli infermi dell'ospedale locale e morì in età avanzata.

Delle sue sorelle, Caterina, la maggiore, si trasferì a Garachico, paesino vicino al suo luogo natale, ove si sposò e morì; Lucia, la minore, si fece suora e morì santamente.

Questo senso di pietà e devozione presente in tutti i figli, era frutto senza alcun dubbio, dell'ambiente religioso e austero del focolare paterno, poiché la storia racconta che il padre era un uomo molto pio: digiunava ogni venerdì, sostenendosi solamente con un pezzo di pane e con alcuni sorsi d'acqua, e durante la quaresima continuava il digiuno per tutta la settimana, comunicandosi giornalmente e vivendo alimentato soltanto dalla sua enorme fede. Gli piaceva isolarsi e passare periodi in meditazione. Morì il Venerdì Santo dell'anno 1646, precisamente alle tre del pomeriggio.

Pietro ereditò questo esempio e lo praticò per tutta la sua vita, specialmente quando, già adulto, si dedicò pienamente alle sue opere di fede e carità.

L'infanzia di Pietro trascorse nella bella campagna di Villaflor, tranquilla e lontana dai rumori mondani. Era un bambino modesto, silenzioso, talvolta un po' solitario, ma di forte costituzione per i lavori dei campi. Fin da piccolissimo si interessava a tutto ciò che riguardava Dio, amava trascorrere molte ore in chiesa e quando andava nel campo a pascolare le pecore del padre, si intratteneva a tagliare croci di legno che poi donava alla chiesa. La storia racconta che nel 1774, ancora si conservavano come reliquie alcune di queste croci nella chiesa di Sant'Amaro, a Chasna.

La famiglia di Pietro non possedeva grandi capitali, era di stirpe nobile ma con poche risorse. Suo padre era proprietario di terre e di pecore, alla cura delle quali si dedicava Pietro, ma ad un certo punto il padre trovandosi in difficoltà economiche, le perse ingiustamente per mano di un vicino usuraio. Amador era molto triste, ma accettò con umiltà la sentenza del giudice di consegnare i suoi averi e si mise a pregare la Vergine Maria, chiedendole forza, poi si diresse verso la casa del vicino per informarlo che poteva prendere possesso immediato di ciò che ormai gli spettava per legge.

Si trovava per la strada quando incontrò proprio il suo vicino e, invece di ingiurarlo o di reclamare, gli sorrise e gli tese la mano. Costui, uomo duro per eccellenza, si commosse di fronte a questo gesto di umiltà e di forza d'animo e gli propose di restituirgli la tenuta a condizione che il figlio Pietro entrasse al suo servizio. Amador non volle accettare, Pietro era ancora molto giovane, aveva dodici anni, ed era suo desiderio che studiasse. Disse al suo vicino che si sarebbe consultato con la moglie e così fece effettivamente, senza sospettare che Pietro, involontariamente, aveva udito la conversazione trovandosi a meditare in un vicino solaio, uscì immediatamente e riferì ai genitori la sua risoluzione di accettare l'offerta al fine di poter recuperare la piccola proprietà che dava loro da vivere. Entrò quindi al servizio di questo signore i suoi genitori salvarono ciò che avevano perduto.

Tra i numerosi lavori che il vicino gli impose, vi era quello di andare al campo a pascere il gregge; Pietro portava la sua colazione in una piccola borsa e siccome praticava il digiuno per tutta la mattina, per poter sapere l'ora in cui poteva mangiare, giacché l'abituditudine al digiuno non gli faceva sentir fame, fissava un ramoscello al suolo, simulando un orologio solare ed attraverso l'inclinazione dell'ombra deduceva l'ora. Molte volte non si accorgeva che il tempo passava ed appunto in una di queste occasioni in cui le sue preghiere lo avevano trattenuto più del normale, rimase disorientato non sapendo, se prendere cibo o no. Ad un tratto gli si presentò un vecchio dalla lunga barba, spuntato fuori dagli alberi vicini e gli suggerì che poteva mangiare poiché, essendo passato il mezzogiorno, non interrompeva il digiuno. Poi, così come si era presentato, il vecchio scomparve senza che Pietro potesse rivederlo.

Per vari anni il fanciullo lavorò in questo modo. Aveva quattordici anni quando una mattina si trovava nel campo sdraiato sull'erba, accanto alle pecore, e sentì immediatamente che il corpo gli si paralizzava. Cercò di muoversi ma non poté. Ai suoi urli giunsero gli amici che lo trasportarono fino alla casa dei genitori; questi, in pena, si affrettarono a porgergli delle semplici cure che non produssero alcun effetto. Passarono vari giorni ed il suo stato si aggravava sempre di più, al punto da far pensare che sarebbe morto, dato che la febbre era altissima e che nessun rimedio pareva giovargli. In un momento di lucidità, egli chiede agli amici di essere trasportato fino all'eremo di Sant'Amaro, distante alcune leghe; così fecero, ma prima di arrivare, Pietro chiese che lo deponessero a terra poiché desiderava tentare di camminare da solo. Lo fecero ed egli, con grande sforzo, usando piedi, manie ginocchi, andò trascinandosi faticosamente metro dopo metro, invocando a gran voce Sant'Amaro per la sua guarigione. Dinanzi allo stupore dei suoi amici cominciò a camminare sempre meglio, giunto poi, davanti alla porta dell'eremo, si drizzò in piedi e poté entrare camminando normalmente. I suoi genitori e gli amici che lo accompagnavano non finivano di manifestare la propria meraviglia di fronte a questo fatto davvero miracoloso. Pietro confermò che si trattava di miracolo e che in ringraziamento avrebbe recitato per sempre un Padre Nostro ed un Ave Maria a Sant'Amaro. Così fece, anche quando giunse a Guatemala molti anni dopo, perseverando nella preghiera promessa.

Il tempo passava ed era già un giovane di ventidue anni. Suo padre era morto da poco. In quei tempi le leggende sull'America avvincevano ed anche lui sentì il richiamo di andare verso nuove terre per portare il messaggio di Cristo. Sua madre, di fronte alla minaccia della separazione dal figlio, pensò di farlo sposare, nella speranza di trattenerlo. Si accordò perciò con un vicino che aveva una giovane figliola, bella fisicamente e moralmente, la quale, compiaciuta, accettò l'idea. Soltanto Pietro non si dimostrava disposto ad accettare, amava sua madre e avrebbe desiderato accontentarla tanto più che la ragazza era buona ed indubbiamente sarebbe stata una magnifica sposa e madre, ma egli sentiva un richiamo superiore che lo spingeva a rifiutare il matrimonio ed a cercare terre lontane. Nella sua indecisione pregò, chiedendo illuminazione, si sentì mosso a ricorrere ad una zia che viveva in un paese vicino. Andò a visitarla spiegandole le sue pene ed ella, donna pia e di grande sensibilità umana, comprese la situazione del nipote ed intervenne per convincere sua sorella che Pietro non era per il mondo e che lo lasciasse andare in America.

Messi da parte i progetti matrimoniali e seguendo la sua ispirazione divina, Pietro lasciò la sua casa e andò ad imbarcarsi; mentre si incamminava verso il porto di Santa Cruz di Tenerife, gli apparve nuovamente quel vecchietto che un giorno aveva visto nel campo quando pascolava le pecore. Costui gli parlò, incoraggiandolo ad intraprendere il viaggio... poi scomparve misteriosamente, così come era apparso, in una svolta della strada, lasciando in Pietro una sensazione di sicurezza e di allegria.




[ Ritorna all'Indice ]
[ Capitolo Seguente ]