CAPITOLO XX. IL SUO TESTAMENTO

Il testamento del Fratello Pietro fu dettato da lui sul suo letto di morte, il 20 aprile del 1667, cinque giorni prima di morire, in presenza del notaio Esteban Rodríguez di Avila.

Questo documento fu redatto dal Fratello Marcos di San Buenaventura, del Terzo Ordine di San Francesco, uomo preciso e fedele. [69] È conservato in buono stato ed è esposto al pubblico nel Museo di Storia dell'Antica Guatemala, in una speciale vetrina difesa da cristalli particolari.

Nel testamento Pietro racconta il suo arrivo a Guatemala, la fondazione dell'ospedale di Betlemme, detta le basi e le regole dell'Ordine Betlemita ed altre norme che avrebbero dovuto osservare i religiosi perché la sua opera crescesse e perdurasse. Impartisce anche istruzioni per la sua sepoltura. Alla fine vi è la sua autentica firma: Pietro di San José di Betancur.

Anche nello stato di debolezza in cui si trovava quando lo dettò, la sua mente era lucida poiché la relazione che fa è estesa e, come asserisce il pubblico segretario che ne fa fede, il suo stato «Era molto lucido, di buona memoria e capacità, secondo quanto dice, propone e risponde...». [70]

Vale la pena di conoscere il testamento, come documento autentico di grande valore nella storia di Guatemala, pertanto lo trascriviamo qui, copiato in forma moderna per una migliore comprensione dei lettori: [71]

«Nei nome di Dio nostro Signore, che vive e regna nei cieli e in terra. Sia nota a tutti la presente lettera del mio testamento, ultima ed estrema volontà. Vedano come io, il Fratello Pietro di San José Betancur, dei Terzo Ordine di Penitenza, di abito scoperto, abitante di questa città di Guatemala, nativo di Tenerife, Isola delle Grandi Canarie, del luogo chiamato Chasna o Villaflor, figlio legittimo di Amador Gonzáles de la Rosa, defunto, e di Anna García che fu abitante del detto luogo e che credo lo sia ancora ed essendo infermo per malanni che mi hanno colpito, ma nel possesso delle mie facoltà, quelle che Dio nostro Signore si compiacque di darmi e per la qual cosa gli rendo infinite grazie, credendo, come fedelmente e veramente credo, nel mistero della Santissima Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo, tre Persone distinte, una essenza divina, ed in tutto ciò che, predica ed insegna la nostra Santa Madre Chiesa Cattolica Romana, retta e governata dallo Spirito Santo, nella Cui fede e credenza ho vissuto e confermo vivere e morire; detestando quello che in contrario, per persuasione diabolica e tentazione potesse venire al mio pensiero ed immaginazione, eleggendo in mio aiuto e patrocinio Colei che è madre dei peccatori, fonte di pietà e soccorso degli afflitti, la Regina degli Angeli, sempre Vergine Maria, signora nostra e Madre di Dio, concepita senza macchia di peccato originale; il glorioso Arcangelo San Michele, il mio Angelo Custode gli Angeli e gli Arcangeli, i Cherubini e i Serafini della Corte Celestiale, il principe della Chiesa e Padre mio San Pietro e San Paolo Apostolo, il mio Padre San Francesco ed il glorioso Patriarca San Giuseppe, perché nel cospetto divino intercedano per la mia anima e la presentino a Dio ed ottengano perdono per le mie colpe.

«Aspettando la morte, che è naturale per ogni creatura vivente, la cui ora è incerta, desiderando che mi trovi nella disposizione necessaria, compiendo quello che devo come cristiano, faccio, ordino e dispongo il mio testamento, ultima e ferma volontà, nella maniera seguente:»

«1 - Offro e raccomando la mia anima a Dio nostro Signore, che la creò e redense con l'infinito prezzo del suo sangue, morte e passione, per i cui meriti supplico abbia misericordia di essa. Mando il corpo alla terra di cui fu formato. È mia volontà essere sepolto nella chiesa del convento del Signor San Francesco, nella cappella sepolcro dei Fratelli Terziari, di cui faccio parte; chiedo in elemosina detta sepoltura, per amore di Dio, Signore Nostro. Ugualmente il mio funerale e seppellimento, poiché non posseggo nulla, né capitale alcuno. Accompagnino il mio corpo il parroco, ed il sacrestano della santa chiesa parrocchiale di nostra Signora dei Rimedi, nella cui parrocchia vivo, nella casa albergo dei poveri convalescenti chiamata Betlemme; che mi accompagnino ugualmente i sacerdoti che spontaneamente e per carità volessero accorrere, ai quali, insieme al detto signor parroco, chiedo di farlo e di raccomandarmi a Dio, nostro Signore, chiedendo la stessa cosa alle altre persone che accorressero a questa opera di misericordia.»

«2º - Dichiaro che dalla menzionata isola partii per queste terre nel 1650 e arrivai in questa città l'anno seguente, il 1651, e vi sono rimasto fino ad ora, dichiarazione che faccio perché possa essere constatata.»

«3 - Dichiaro che essendo stato ammesso come Fratello del Terzo Ordine del mio Serafico Padre San Francesco e con gli obblighi di Terziario di abito scoperto, mi occupai di alcune cose del servizio del detto Ordine e del Calvario, che dipende da esso; e che con alcune elemosine, che mi furono date perché comprassi un piccolo terreno e potessi mettervi una scuola per bambini, dove fossero educati ed istruiti nella Dottrina Cristiana, comprai di fatto un terreno che lasciò alla sua morte Maria Esquivel, con una casetta di paglia nella quale feci scuola, vi accettai bambini ed altre persone che così si istruirono. L'opera è stata continuata e ampliata con l'aggiunta di altre terre che erano confinanti e vicine, che attualmente, unite, ne formano un terreno grande, nel quale, con le elemosine che a questo scopo mi hanno dato i fedeli cristiani, feci un'infermeria, perché in essa si raccogliessero alcune persone povere che, uscendo sanate dalle loro case e dagli ospedali, per necessità venissero a farvi la convalescenza, specialmente forestieri e molte povere persone che per curare la propria salute hanno bisogno di rifugio, aiuto e soccorso. Costruendo tale infermeria lo feci con animo ed intenzione di ricorrere al Re nel suo Reale Consiglio delle Indie per sollecitare, così come ho fatto, licenza al fine di fondare in essa un Ospedale di Convalescenti e di chiamarlo Betlemme.»

«In vista di ciò si è data informazione del bene e dell'utilità che ne veniva senza danno degli altri ospedali, anzi per loro convenienza, avendo anche informato i signori, presidente ed uditori della Reale Cancelleria che risiedono in questa città, sua signoria il Vescovo ed il Collegio, che constatavano la necessità riferita, per la qual cosa sua Maestà inviò un messaggio reale sollecitando di essere informato più esattamente su quanto c'era e sui fondi di cui poterlo dotare, ed al riguardo sono stati inviati i documenti necessari per l'informazione. Sono state ammesse e ricevute nell'opera molte persone povere, spagnoli, meticci, indi, mulatti e negri liberi, che sono stati curati, assistiti ed aiutati durante la loro convalescenza con le numerose elemosine che Dio ci ha mandato a questo scopo, cosa che è avvenuta grazie alla liberalità dei fedeli.

Nel caso in cui vi sono state dodici o quindici persone convalescenti, esse sono state tutte nutrite e curate adeguatamente, poiché questa opera caritativa è così conosciuta che tante persone, abitanti del posto, inviano in un giorno stabilito a turno, nel mese, il cibo e le cose necessarie al sostentamento di detti convalescenti, soccorrendoli in tal modo che in breve tempo possono recuperare forza e salute.

«Per il buon servizio ed efficenza delle cure necessarie, si sono aggregati a detta Infermeria molti Fratelli Terziari di abito scoperto, i quali risiedono qui e si occupano di quanto detto, essendo tutti persone virtuose ed esemplari per condotta, zelo e modestia; i fratelli che attualmente si trovano sono: Rodrigo de la Cruz, che prima si chiamava don Rodrigo Arias Maldonado; Francisco de la Trinidad, che prima si chiamava don Francisco de Estupiñan; Nicolás de Santa Maria, Nicolás de Ayala, Juan de Dios, che prima si chiamava Juan Romero e Antonio de la Cruz, che si recò ai regni di Spagna per la procedura e la conduzione di dette pratiche. Partecipa e frequenta la casa anche Nicolás de León, sebbene attualmente si trovi fuori; a lui spetta di assistere i convalescenti, richiedere ulteriori elemosine e portare il cibo che li nutre.»

«Dichiaro tutto questo affinché si verifichi lo stato in cui si trova l'Ospedale e il modo in cui si lavora mentre si attende la licenza per la sua fondazione, che deve essere sotto la protezione di sua Maestà, con subordinazione alla giurisdizione ecclesiastica del vescovato in materia spirituale, oltre a quella di sua signoria il Presidente del Real Tribunale, Governatore e Capitano di questo regno.»

«Per l'assistenza ed il servizio dei convalescenti, la cura delle loro persone e la richiesta delle elemosine, si eleggeranno due incaricati, ecclesiastico e secolare, Fratello Maggiore e Fratello Minore, che vigileranno per servire ed accudire a tutte le necessità dell'Ospedale secondo il proprio zelo, umiltà e servizio, virtù che mi sembrano essere le più giuste per la conservazione e l'ingrandimento della casa.»

«Mi scuso per quanto è stato detto a proposito del bene compiuto.»

«4 - Dichiaro che essendo la volontà di Dio che si facesse ed iniziasse la casa e la stanza dell'infermeria, che sono state costruite con le elemosine, più un'altra camera in alto che si sta costruendo e che, per la costante devozione di molte persone pie si destinò ad Oratorio, adornato con tutto il decoro possibile, per recitarvi la Corona della Vergine Maria che fu stabilita come preghiera principale, senza saltare nessun giorno dell'anno; e, perché in essa permanga questo santo esercizio, si afferma e così dichiaro che fin alla fondazione di detto Ospedale, e nell'attesa che giunga il permesso, si continui ad osservare questa pratica religiosa.»

«5º - Così come già detto, la prima cosa sarà recitare la Corona della Vergine Santissima. Poi, dar da mangiare ai poveri e, mentre mangiano, uno dei Fratelli di turno, deve leggere un capitolo di un libro spirituale.»

«Al termine del pranzo si deve rendere grazie recitando la stazione del Santissimo Sacramento per i benefattori vivi e defunti. Di pomeriggio, alle due, Fratelli e convalescenti insieme, devono leggere e spiegare, per meditarlo un capitolo del libro di Tommaso da Kempis, il cui titolo è «Contemptus mundi». Alle quattro del pomeriggio, i Fratelli che si trovano senza una precisa occupazione riguardo la cura dei convalescenti, ripeteranno la Corona della Vergine.»

«Alle sette di sera si ripete la Corona, alla cui recita dovranno assistere tutti i fratelli. Alle otto ed un quarto di sera, il Fratello di turno deve aspergere le celle e l'infermeria.»

«La mattina, di buon'ora, si alzino i Fratelli e ripetano la Corona della Vergine.»

«I lunedì, mercoledì e venerdì di tutto l'anno, si pratichi la penitenza della disciplina tra le otto e le nove di sera; tutte queste cose siano stabilite e si facciano ordinariamente, come anche la più importante che è quella di assistere alla messa e portarvi gli infermi impossibilitati nei giorni destinati per comunicarsi.»

«6º - Dispongo che nella casa si celebri con grande devozione la Nascita di Cristo come la festività più solenne, e confermo che il nome di questa casa è «Betlemme».

«La vigilia di Natale, dall'ora in cui comincia la desiderata Notte si riuniscano molte persone devote e portino le immagini della Vergine Maria e del Patriarca San Giuseppe, a ricordo del loro arrivo a Betlemme, per la città e per le strade recitando le stazioni e ripetendo in coro il rosario.»

«La vigilia dei Re Magi in memoria dell'adorazione che fecero al Bambino, si portino i Santi Re dal Convento della Mercede fino a questa casa, ripetendo in coro il rosario.»

«7º - Si celebrino, anche, nell'Oratorio di questa casa, le nove festività della Vergine, confessandosi e comunicandosi i Fratelli ed i convalescenti e pregando incessantemente in coro il rosario, per questo è ammesso che molte persone devote assistano agli atti.»

«8º - Si faccia una novena per tutti i benefattori che aiutano questa casa, nove giorni prima della Candelora; di tutto questo si conservi memoria e degli altri obblighi cui devono adempiere i Fratelli, sia quelli che vi sono attualmente sia quelli che verranno in seguito; continuino e facciano le stesse cose.»

«9 - Dichiaro, ugualmente, che col permesso che mi è stato concesso, esco di notte ed a voce alta e con un campanello chiedo suffragi per le Anime del Purgatorio e soccorro quelle che possono trovarsi in cattivo stato; ho fatto questo per molti anni, per tutte le strade della città, per la qual cosa incarico i miei Fratelli, e chi abbia volontà, di sollecitare la licenza e di continuare questa pratica in memoria dei defunti.»

«In loro suffragio si diffonda la devozione nelle case private in modo che tutti compiano con pietà la parte che spetta loro in sorte per raccomandarli a Dio. Per questa devozione si è ottenuto di dedicare gli eremi per le anime del Purgatorio, uno all'entrata della città, lungo la via San Juan, di cui sono incaricati José Romero e Andrés de Villamail e l'altro, lungo la via Jocotenago, affidato al Fratello Pedro de Villa.»

«È preoccupazione di questa casa, ed è stata la mia, far celebrare le messe con elemosine raccolte per il suffragio delle anime, e dovrà essere preoccupazione del Fratello Maggiore provvedere che i Fratelli suddividano tali elemosine per dare ai sacerdoti la parte che loro spetta per le Messe celebrate e redigere la ricevuta per renderne conto. Questo lo annoto per i Fratelli di questa casa, in memoria di tutto e perché operino bene e d'accordo.»

«10 - Dichiaro che quello che si trova in questa casa, infermeria, camera superiore che è in costruzione, letti, vestiario, beni, ornamenti, tre calici, immagini, quadri ed altre cose, appartengono alla stessa e sono frutto delle elemosine date per lo scopo, siano esse tenute con cura dai miei Fratelli e compagni, specialmente dal Fratello Maggiore.»

«Col desiderio che ho della perpetuità e permanenza di questa casa e che in essa perduri opera tanto pia, utile e necessaria ai poveri convalescenti, senza che in ciò io intenda attribuirmi né usare facoltà maggiore di quella che mi corrisponde, basandomi sull'esperienza che ho ed ho osservato nel Fratello Rodrigo de la Cruz, lo propongo come Fratello Maggiore, perché per la sua virtù, zelo pietoso e devozione, lo trovo molto adatto a questa cosa, sia per quanto riferito che per la sua capacità, che è stata messa alla prova; supplicando e chiedendo alle loro signorie il Presidente ed il Vescovo, come a chi spetta la parte spirituale e temporale del rifugio di questa casa, di nominare ed incaricare di detto compito il Fratello Rodrigo de la Cruz; nel frattempo, mi sia permesso che a causa della mia infermità lo incarichi e gli affidi tutto, chiavi e disposizioni, che garantisco si disimpegnerà in tutto ed opererà con lo zelo dovuto al suo grado, desiderando che in futuro, se fosse possibile, quando avverrà che il Fratello Maggiore muoia, proponga egli chi gli deve succedere, scegliendo a tal scopo, in base all'esperienza che potrà avere, la persona più adatta al detto incarico.»

«Nel caso che vengano concessi la licenza ed il permesso sollecitati a sua Maestà, se fosse necessario deporre scritture per la fondazione, mettere per iscritto dichiarazioni, requisiti, qualità ed altre cose convenienti e, richiedere le elemosine, se io vengo a morire, nomino il detto Fratello Rodrigo de la Cruz ed i miei esecutori testamentari per condurre le pratiche che possono essere necessarie; ed affido loro «in solidum» il potere e la facoltà per disporre ogni cosa necessaria con libera, generale amministrazione.»

«Costoro dovranno fare le dichiarazioni, le costituzioni ed altre disposizioni convenienti e necessarie e io le approvo e ratifico per la loro validità e solidità.»

«11 - Dichiaro di essere stato amministratore del Terzo Ordine e di esserlo attualmente, e come tale ho in mio potere le elemosine, esiste però un libro dove è annotato quanto è in cassa e questo è conservato a parte; incarico che se ne renda conto al commissario e ministro perché, eleggendo un nuovo amministratore, gli si affídí detta elemosina, libri ed altre proprietà, che si troveranno nella cella.»

«12 - È per compiere ciò che nel mio testamento lascio espresse le clausole che contiene, nomino come miei esecutori testamentari il Maestro don Alonso Zapata de Cardenas, Parroco della Santa Chiesa Cattedrale, il Bacelliere don Alonso Enríquez de Bargas, Parroco della Parrocchia de los Remedios, il Maestro don Bernardino Obando, prete, i Capitani Gregorio de la Cerna Bravo e Luisa Abarca Paniagua, il primo Consigliere di questa città ed il secondo, Tesoriere della Santa Crociata ed il menzionato Fratello Rodrigo de la Cruz; a tutti e ad ognuno affido il potere che per diritto si richiede per l'esecuzione di questo incarico.»

«13 - Sebbene non abbia, né maneggi beni personali, né pochi né molti, nel caso che al momento presente viva donna Anna García, mia madre, la nomino mia erede di tutti i beni, diritti ed azioni che mi possano spettare e, nel caso che ella sia morta, lo sarà la mia anima.»

«Torno a dichiarare, perché sia verificato, che i beni che per caso si trovassero, sono e corrispondono a questa casa, provenienti da elemosine fatte ad essa e che io solo ho avuto la cura di raccogliere; ciò che corrisponde al Terzo Ordine è a parte; e che di beni miei propri, di cui si possa disporre, non posseggo né un reale né maravedí.»

«Revoco, annullo e dichiaro, senza valore ed effetto altri testamenti, lasciti, codicilli, procure per fare testamento e quello che in virtù si sia fatto perché non valga né tenga fede in giudizio né fuori di esso, eccetto questo che desidero sia riconosciuto come mio testamento ed ultima ed estrema volontà, per la qual cosa lo affido perché venga sigillato.»

«Dettato nella città di Santiago di Guatemala, il giorno ventuno dei mese di aprile 1667».

Pedro de Jan José Betancur




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