QUARTA PARTE


CAPITOLO XVIII. LA SUA MORTE

La memoria di Fra' Pietro e la sua magnifica opera d'amore e carità vivono perennemente nel cuore dei Guatemaltechi e dei centroamerìcani e di molti altri figli d'America, dal Messico a tutta l'America del Sud, ma specialmente in Colombia e Perù.

Ad un'età in cui un uomo è ancora considerato giovane, a quarantun anni, una grave malattia lo colpì e stroncò la sua preziosa vita, sebbene il suo spirito continui ad essere ancora vivo a più di trecento anni di distanza, da quel 25 aprile del 1667, quando, alle due del pomeriggio, egli spirò invocando il nome di Dio.

Egli sapeva da mesi che si avvicinana la sua morte e molte persone notarono che tra i biglietti che distribuiva per chiedere suffragio per i defunti, ce n'erano alcuni che portavano il suo nome; questo divenne più frequente e palese nel mese di aprile del 1667. Una volta stava discutendo coi Fratello Eugenio Nicolás, che gli riferiva quanto si era fatto e quanto mancava ancora da fare, per la qual cosa vi era bisogno non solo di risorse materiali ed economiche ma anche di buona salute ed energie; a questo il Fratello Pietro rispose:

- «Ah, Fratello Eugenio, da tre anni io avrei dovuto aver dato conto a Dio delle mie azioni ma la sua misericordia mi ha prolungato la vita, benché io sia un grande peccatore, fino a quando sia divulgata fra i fedeli la devozione del S. Rosario». [62]

Appena sette giorni prima della morte, quando già Pietro era afflitto da una bronchite che lo torturava da diversi giorni, compiendo ancora le sue visite di amore e carità, una notte in cui era uscito con il suo inseparabile campanello, per scuotere la coscienza degli uomini, si avvicinò alla casa di donna Nicolasa Gonzáles per salutarla perché ormai non si sarebbero più visti; donna Nicolasa, persona che gli era stata di grande aiuto in tutta la sua opera, si mise a pìangere commossa per cui egli le dìsse: [63]

- «Non piangere, perché ti sarò miglior fratello di là di quanto lo sia stato di qua».

Quella fu l'ultima volta in cui la sua voce ed il suo campanello risuonarono per le strade di Guatemala.

Il giorno 18 aprile del 166? lo colpì una febbre altissima ed il dottor Maurizio López de Losada [64] - medico che lo assistette fino all'ora della morte - lo obbligò a restare a letto, benché egli desiderasse continuare il suo lavoro missionario. La debolezza del suo organismo, sostenuto soltanto dalla dieta di acqua ed erbe, non poteva resistere a questa febbre ed al terzo giorno, il dottor López de Losada ed altri medici che erano accorsi a prestare i loro servigi, diagnoticarono che il caso era grave.

Questa sentenza non sorprese Fra' Pietro che sentiva ormai vicina la sua morte e che perciò mandò a chiamare il suo confessore, il Padre Lobo, (che più tardi fu il suo primo biografo) per prepararsi bene a morire.

La notizia si diffuse rapidamente. L'intera città si commosse ed accdrse subito per accertarsi del suo stato, tanto che fu necessario chiudere le porte dell'ospedale per evitare di affaticare il malato. Don Sebastián Aivarez Alfonso, Presidente della Cancelleria Reale, Governatore e Capitano Generale della Provincia di Guatemala, e tutti i personaggi della Capitaneria andavano a fargli visita frequentemente. Il Vescovo Frate Payo de Ribera si era quasi trasferito al suo capezzale, in costante veglia. Il suo confessore, di fronte a queste dimostrazioni di affetto e di stima, gli domandò se non si sentisse lusingato nella sua vanità. Con la sua solita grande umiltà, Fratei Pietro gli rispose:

- «Vanità? Per quale motivo dovrei sentirla, quando lei sa bene che questi signori fanno tutto ciò per amore di Dio e non per me?» [65]

Gli somministrarono il Santo Viatico e l'Estrema Unzione; egli chiamò tutti i fratelli Terziari e chiese loro perdono per quante volte li avesse offesi. Il giorno 20 aprile dettò il suo testamento davanti al notaio Stefano Rodriguez di Avila ed in esso nominò come suo legittimo successore Fra' Rodrigo della Croce indicandogli che era necessario che si recasse a Roma per l'approvazione apostolica della fondazione dell'Ordine Betlemita ed infine, come speciale raccomandazione, disse a tutti i suoi seguaci di non smettere mai di fare la carità ai poveri convalescenti e di insegnare la dottrina cristiana.

Il lunedì 25 aprile 1667, di mattina, Fra' Rodrigo della Croce comprese che l'ora fatale si avvicinava e chiese l'ultima benedizione a Fra' Pietro, che gliela diede con queste parole: «Con umiltà, quantunque indegno peccatore, ti benedico nel nome della SS. Trinità, Padre Figlio e Spirito Santo. Dio ti renda umile. Allo stesso modo benedico tutta la comunità».

Uno degli ultimi atti della sua vita fu di prendere un reliquiario dove era dipinta la nascita di Gesù, di metterlo al collo di Fra Rodrigo e dirgli che i fratelli Betlemiti avrebbe dovuto portare sempre quell'insegna come simbolo della loro Religione.

Tutti lo vegliavano profondamente afflitti quando, alle due del pomeriggio, Pietro guardò il Padre Lobo e gli disse: «Mi sento molto stanco...»

Il Padre cercò di dargli coraggio invocando i nomi di Gesù, Maria e Giuseppe ed egli, ascoltandoli, sembrò entrare in estasi, tese le braccia verso un quadro rappresentante il transito di S. Giuseppe e sussurrò: «Questa è la mia gloria...».

Sorridendo dolcemente si addormentò nel Signore.

Quali furono le cause della sua morte? Quale la malattia che mise fine alla sua vita a soli quarantun anni di età?

La diagnosi medica fu polmonite. Quando cadde ammalato accorsero al suo letto Lopez de Losada ed altri medici amici che riconobbero immediatamente la grave malattia ed applicarono quello che la scienza raccomandava in tali casi. Tutto risultò inutile poiché il fisico del santo uomo era totalmente distrutto». [66]

Egli, che non si lamentata mai e resisteva a tutto, fu abbattuto dal male fino a concludere la sua esistenza terrena in un letto del suo stesso ospedale per convalescenti, compiendosi così quelle profetiche parole che aveva pronunciato quando per la prima volta aveva scorto la città di Guatemala: «Qui devo vivere e morire».

Trascorso un po' di tempo ed accertata definitivamente la morte, si aprì e si lesse pubblicamente il suo testamento che, nella clausola, assegnava la nomina di successore al fratello Rodrigo della Croce. Si fece poi un'accurata relazione di ogni oggetto che era appartenuto al Padre Fondatore Pietro di San Giuseppe Betancur, con la raccomandazione che tutto fosse custodito con somma cura e conservato col più affettuoso e fraterno ricordo.




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