CAPITOLO VI. LA CASETTA DI MARIA ESQUIVEL

I suoi sentimenti di amore verso il prossimo e l'esperienza quotidiana delle sue numerose visite gli ispirarono l'idea di fondare un Ospedale per i Convalescenti, poiché aveva notato che molti poveri infermi, sfuggiti alla morte nei grandi ospedali, morivano durante la convalescenza per mancanza di cure appropriate. Ma, come sempre, non aveva risorse economiche. Un giorno ne parlò con un uomo di razza negra al quale stava prestando le sue cure e quello, nella sua ignoranza ed umiltà, afferrò l'idea e l'aiutò a realizzarla. Marco, questo era il suo nome, era un povero schiavo negro che era stato liberato poiché soffriva di una malattia chiamata «ballo di San Vito», che lo teneva in continuo movimento e gli impediva di camminare e di parlare coordinatamente; in compenso, «Marquito» - come era chiamato affettuosamente, aveva una mente molto sveglia. Egli suggerì a Pietro di offrire, prima di tutto, qualche sacrificio spirituale, chiedendo luce al Signore, poi stabilirono di fare un pellegrinaggio a ventisette chiese, in onore delle ventisette leghe che la Vergine Maria aveva percorso tra Gerusalemme e Nazareth per visitare la sua Santa cugina Elisabetta e, a conclusione della giornata, avrebbero cercato in qual luogo e a chi ricorrere per iniziare l'opera. Avrebbero cominciato il giorno seguente, nel frattempo, Pietro andò a visitare alcuni malati molto gravi, tra i quali una vedova, molto brava e devota, chiamata Maria Esquivel, che da mesi versava in gravi condizioni di salute e peggiorava ogni giorno di più. La trovò tranquilla spiritualmente ma molto debole, tanto da fargli temere che non avrebbe passato il giorno. Sapendo Pietro che non avrebbe potuto farle ancora visita, per l'accordo preso con «Marquito», chiese a dei vicini di non lasciarla sola e di avvisarlo in caso di novità.

Di buon'ora, era ancora buio, iniziarono il percorso stabilito. Marco non poteva quasi camminare, si dondolava tutto e soffriva molto, per cui Pietro stabilì di andare in ginocchio per fargli da sostegno e di tanto in tanto se lo caricava sulle spalle. Proseguivano però felici, invocando, in ogni chiesa che visitavano, luce dall'alto per trovare il luogo in cui iniziare l'Ospedale per i convalescenti. Quel giorno fecero più della metà del percorso. Rientrando al Calvario, dove viveva, Pietro trovò un messaggio che lo avvisava dell'agonia di Maria Esquivel. Quando giunse da lei, la stava assistendo il Padre Leonardo Corleto a cui ella aveva lasciato l'incarico di vendere i suoi pochi beni per pagare col ricavato le spese della sua sepoltura ed alcune messe: si trattava di un piccolo terreno con una casetta dal tetto di paglia, dove ella viveva, e di un quadro della Vergine, dalla quale non aveva mai voluto separarsi, e che intendeva donare a chi lo collocasse in qualche posto dove avrebbe potuto essere venerato pubblicamente. Pietro aiutò a seppellire la povera donna e con le sue mani maneggiò la paia per gettare la terra nel luogo ove fu posto il cadavere.

La mattina seguente, molto presto, quasi all'alba, continuò con Marco il pellegrinaggio che terminò nella chiesa della Santa Croce, precisamente vicino alla casetta di Maria Esquivel. Ricordando che avevano stabilito di scegliere come luogo per l'Ospedale quello dove terminava il pellegrinaggio e, sapendo che la casetta di Maria Esquivel era in vendita, Pietro si recò subito dal Padre Corieto, per trattare l'affare. Questi gli disse che gliela avrebbe venduta al prezzo di quaranta pesos d'argento. Pietro non possedeva quel denaro, ma, entusiasmato, si mise alla ricerca della somma pensando a chi poteva rivolgersi per averla in dono. Si dette il caso che due cittadini onorabili della città, don Alonso de Zapata, che era uno dei preti della Cattedrale, e don Francesco de Zamora e Márquez, relatore del Real Tribunale, avendo sentito parlare delle opere di Pietro e volendovi contribuire in qualche modo, avevano deciso di donargli cinquanta pesos d'argento. Costoro arrivarono proprio al momento giusto, e con la loro offerta gli consentirono di pagare i quaranta pesos per il terreno e la casetta di Maria Esquivel, con un avanzo di dieci per dare inizio ai lavori.

Il Padre Corleto gli donò il quadro della Vergine che da quel momento in poi fu conosciuta come «La Vergine di Betlemme», Fondatrice dell'ospedale e Madre dell'Ordine Betlemita. La storia racconta che quando Pietro prese tra le mani l'immagine, provò emozione e tremito per il grande rispetto e per la venerazione che gli infuse, pregò quindi il Padre Corleto che gliela custodisse fino a che avrebbe potuto sistemarla su un piccolo altare e portarla in processione, nonostante fosse piccola ed umile. Così fece e quella sera insieme a vari sacerdoti, a fratelli Terziari e a bambini della scuola, si diresse a prendere l'immagine. Durante il cammino essa passava di mano in mano, mentre i bambini cantavano e bruciavano incenso. Collocata infine nel suo altarino, Pietro invitò tutti a pregarla e ad invocare protezione per il nuovo ospedale.

In questo modo riportò il quadro al suo vecchio posto, nella casetta di Maria Esquivel, e lì la Vergine continuò a prodigare grazie. Furono tanti i miracoli che fece, che Fra' Rodrigo de la Cruz, successore di Pietro alla sua morte, raccontava di avergli chiesto di scrivere un libro sui miracoli che quella santa immagine aveva fatto in quella casa...

Raccontano che una volta ci fu una tremenda siccità, era già il mese d'agosto e le piogge, che avrebbero dovuto iniziare a maggio, ancora non arrivavano. Tutti gli abitanti di Guatemala erano molto preoccupati per la probabile perdita dei raccolti che avrebbero causato la fame. Inoltre, la siccità aveva portato molti malanni. Ricorsero a Pietro ed egli suggerì loro una solenne processione col quadro della Vergine di Betlemme per le principali vie della città. Così fu, tutta la popolazione l'accompagnava pregando ed invocando la pioggia... Si era ancora sulla via del ritorno, quando cominciarono a cadere i primi goccioloni che si trasformarono poi in uri forte acquazzone.

Questa umile casa - che ancora esiste in un angolo della città dell'Antigua, distinta appena da un piccolo cartello indicatore - fu la culla del primo ospedale per convalescenti in Guatemala; un'opera di servizio assistenziale aperta a tutti, senza distinzione, principio di quell'attività di pubblico beneficio che trecento anni più tardi sarebbe stata conosciuta come «Servizio Sociale». Lì s'iniziò anche la prima scuola pubblica di alfabetizzazione del paese e prese avvio la prima Comunità Betlemita, germe fecondo per il suo futuro sviluppo.

Pietro di Betancur comprò la casa il 24 febbraio del 1658, due anni dopo essere entrato nel Terzo Ordine di San Francesco. Gli mise nome «Ospedale di Betlemme» pensando che come a Betlemme era nato fra la paglia Dio che è carità, nel suo piccolo ospedale nasceva, sotto altra paglia, la carità di Dio.

Nell'acquistare la casetta chiese l'autorizzazione di lasciare la chiesa del Calvario e di trasferirsi là a vivere; la prima modifica che vi apportò fu quella di costruire (insieme ad Antonio de la Cruz, fratello terziario che lo accompagnò nelle sue prime opere fin dall'agosto del 1661) una piccola cucina dal tetto di tegole, per evitare incendi, dove si preparava il cibo per i poveri. Ancora con il resto dei dieci pesos che gli erano avanzati dalla donazione iniziale, comprò quattro predelle di legno (o tapexcos), chiese vestiario in elemosina ed uscì egli stesso a cercare i suoi convalescenti indifesi.

La prima paziente fu una donna di razza negra, una povera anziana invalida che trovò vicino alla chiesa di San Francesco. Egli stesso la trasportò sulle sue braccia, a causa del suo stato di debolezza. La curò con molta diligenza fino a che ella fu in grado di farlo da sé, ma per evitare diffidenze e malizie - che non mancano mai - stabilì da quel momento in poi di ricevere solo uomini.

L'altra camera disponibile della «casetta», un ampio vano con pareti di argilla dipinte a latte di calce e con pavimento di mattonelle di terracotta, era usata per scopi diversi secondo l'ora del giorno: al mattino come infermeria, e alla sera come piccola scuola di alfabetizzazione dove si insegnava ai bambini e agli adulti; di notte poi diveniva oratorio dove si compivano pratiche spirituali.

Poco alla volta si ingrandì «la casetta di Fra' Pietro», come la gente la chiamava, benché a lui piacesse il nome di «Casetta della Vergine dei bambini». Grazie alle generose donazioni, nel 1661 Pietro fu in grado di comprare da una donna di colore, chiamata Mariana Mayor, per la somma di venti pesos, un piccolo terreno che confinava col suo. Nel 1663, per altri trenta pesos, comprò ancora un pezzetto confinante, ed entrambi gli servirono per ampliare la sua «infermeria».

Tra le prime costruzioni che egli ed i fratelli terziari, divenuti in seguito suoi seguaci, fecero con le loro proprie mani, vi furono alcune piccole camere o «celle» per alloggiare sacerdoti anziani, poveri, infermi o forestieri, i quali poi divulgavano, meravigliati, l'opera di bontà e di amore di Fratel Pietro.

Mano a mano che l'opera cresceva egli comprese che aveva bisogno di maggiore autorizzazione per un miglior funzionamento ed anche per evitare la diffidenza e l'invidia che non tardano a mancare quando qualcuno compie disinteressatamente opere degne di merito. Nel mese di novembre del 1663 fece domanda formale davanti al Rappresentante del re e al Vescovo di Guatemala, Fra' Payo Enríquez de Ribera, affinché gli venisse concesso il permesso legale per il funzionamento dell'«Ospedale dei Convalescenti di Nostra Signora di Betlemme di Guatemala».




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