|
La costruzione dell'ospedale progrediva ed in molti casi gli aiuti
arrivavano in forma miracolosa. In un giorno di luglio del 1664
Pietro ritornava dalle sue visite nella città, quando incontrò il
Fratello Nicolás de León, terziario di abito scoperto, il quale
era incaricato della amministrazione. Gli chiese come andassero le
spese ed il Fratello Nicolás gli spiegò, con pena, che ormai non
si poteva sciupare un «reale» in più perché non c'era denaro e che
in quel giorno, per le spese, aveva dovuto chiedere un prestito;
chiese poi a Pietro come avrebbe saldato tutto quello che dovevano per
la costruzione.
Fratel Pietro lo guardò e gli disse:
«Quello che dobbiamo? lo non devo nulla».
- «E se non lo deve lei, né io, chi lo deve allora?» chiese il
Fratello de León stupito.
- «Dio lo sa», disse Pietro e alzando gli occhi al cielo pregò
Dio in questo modo:
- «Signore e Padre Nostro, padre dei poveri, paga tu che sei
ricco, hai denaro, tempo, raccolti, colori, cacao, zucchero e
tutto ciò che vuoi. lo non posseggo, né posso nulla»
In quei precisi momenti bussarono alla portineria ed egli uscì a
vedere chi fosse.
Quando ritornò, lo accompagnava un giovane che portava in mano un
foglio. Pietro disse al Fratello León:
- «Questo giovane porta una tratta e viene a pagarcene una parte.
Veda ora quanto è ciò che noi dobbiamo e lo paghi immediatamente. È
bene sapere che si deve chiedere con fede e con fiducia al nostro buon
padre Dio».
Per aiutarsi nella costruzione del piccolo ospedale e nelle altre opere
di assistenza e di insegnamento, nel mese di aprile del 1666 chiese
il permesso alla Curia di poter costruire un piccolo eremo in ogni
punto di entrata alla città, dove poter chiedere elemosine. Questi
eremi si trovavano: uno, vicino al ponte dei Matasano, presso il
convento della Concezione, attraverso il quale Pietro era entrato
arrivando a Guatemala, e l'altro, all'entrata per Jocotenango.
Lo si vedeva allora percorrere le strade lastricate della città,
specialmente di notte,, portando con sé una piccola borsa di cuoio
per raccogliere le elemosine, agitando il suo campanello di bronzo, il
cui tintinnio sonoro richiamava l'attenzione deglì abitantì della
città a cui rìcordava che abbìamo un'anima e se la perdiamo, non la
potremo più salvare...
Parte delle elemosine le usava per far celebrare messe per i defunti;
quotidianamente annotava le offerte ricevute ed alle persone che gliele
davano chiedeva informazioni sui loro parenti defunti, scrivendo i nomi
e le date per pregare particolarmente per loro; la sua chiaroveggenza
gli permise di sapere con mesi di anticipo la data della sua morte, che
annotò in un libretto, in modo che si potesse verificare dopo che
fosse avvenuta.
La fama dì Pietro e delle sue opere cresceva di gìorno in giorno ed
aumentavano i suoi seguaci. Sacerdoti e fratelli terziari, persone
particolarmente desiderose di aiutare e servire il prossimo, si
avvicinavano a lui volontariamente. Ebbe presto tanti seguaci che
pensò seriamente di organizzare una Compagnia relìgiosa, che sarebbe
stata quella dei Betlemìti e, come primo passo, stabilì un
regolamento di vita.
Discusse di essi con vari sacerdoti e letterati, tra i quali il
vescovo Frate Payo Enríquez de Ribera, che, stupito dalla
chiarezza dell'intelligenza di Pietro per gli argomenti teologici,
commentò così con un altro sacerdote:
- «Cosa le sembra, padre, della scienza di Fra' Pietro? E che
cosa di tutto quello che è arrivato a 'intendere in materia
teologica? lo l'ho sentito trattare alcuni punti con una intelligenza
così superiore che a mala pena alcuni dei nostri avrebbero potuto
capire, nonostante la lunga applicazione allo studio».
Il sacerdote che ascoltava, Fra José Monroy, che si era
personalmente reso conto dello straordinario cambiamento operatosi in
Pietro e della grande capacità che aveva raggiunto nello sviluppo e
nell'amministrazione di un'opera che cresceva di giorno in giorno,
comprese che era tutto opera di Dio e che quell'intelligenza che ora
l'illuminava, gli era stata negata quando desiderava dedicarsi a studi
superiori che lo avrebbero portato per altre strade; rispose quindi
così al Vescovo:
«In ciò riconoscerà Vostra Signoria illustrissima le opere di
Dio, poiché colui che incontrò tanta difficoltà nello studio ora ha
fatto straordinari progressi nella teologia».
In questo modo cominciò la fondazione della «Compagnia della
Misericordia dei Fratelli Betlemiti», come in origine venne
chiamata, con le regole iniziali redatte proprio da Fra' Pietro di
San José Betancur. Ottenne il suo permesso ufficiale dal re di
Spagna, subito dopo la morte dei Fondatore per mezzo di Fra'
Rodrigo della Croce, suo successore. Il fine della Compagnia fu
«il sollievo dei malati ed il soccorso dei poveri». [34]
Tuttavia, la sua attività si estese fino a comprendere, oltre
all'ospedale per convalescenti e stranieri, l'assistenza sociale e
l'insegnamento ai bambini ed agli adulti, così come le opere di
misericordia corporali e spirituali per tutti.
Il 7 dicembre del 1663, Pietro inviò il Fratello Antonio de
la Cruz a Castiglia, per cercare di ottenere personalmente dal Re
Filippo l'autorizzazione per la fondazione dell'ospedale dei
convalescenti. Per le spese del viaggio chiese denaro in prestito a
don Fernando Escobedo, al quale poi l'avrebbe restituito in modo
particolare.
|
|