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"Grazie", "Complimenti", "Perdono", "Caro",
"Condoglianze" e tante altre forme del linguaggio quotidiano - nelle
diverse lingue - celano in sé profondi insegnamenti per la conoscenza
filosofica dell'uomo. Al di là dell'eventuale formalismo vuoto -
verso dove l'uso giornaliero tende a scagliarle - queste espressioni
cosî apparentemente inoffensive, incidono originariamente su
importanti dimensioni della realtà umana.
Dalla discussione metodologico-tematica sul linguaggio e
dall'antropologia filosofica (guidati dal classico S. Tommaso
d'Aquino), queste formule di convivenza si mostrano come messaggi
cifrati, alle volte infinitamente sorprendenti e saggi... Come dice
S. Isidoro di Siviglia, senza l'etimologia non si conosce la
realtà e con essa si può più rapidamente raccapezzare la forza
espressiva delle parole [1].
In verità le parole hanno un potenziale espressivo molto maggiore di
quanto noi - cosî automatico è l'uso che d'esse facciamo -
possiamo immaginare. Perciò l'attenzione del filosofo per i modi di
dire, per i contesti, le sottigliezze del linguaggio comune, nella
sua stessa lingua od in altre.
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