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L'intenzione e la portata dell'Enciclica Fides et ratio non si
limitano ai rapporti tra la teologia e la filosofia. Questo è palese
nella conclusione dell'Enciclica, dove Giovanni Paolo II si
rivolge agli scienziati: "Nell'esprimere la mia ammirazione ed il
mio incoraggiamento a questi valorosi pionieri della ricerca
scientifica, ai quali l'umanità tanto deve del suo presente
sviluppo, sento il dovere di esortarli a proseguire nei loro sforzi
restando sempre in quell'orizzonte sapienziale, in cui alle
acquisizioni scientifiche e tecnologiche s'affiancano i valori
filosofici ed etici, che sono manifestazione caratteristica ed
imprescindibile della persona umana" (FR 106). Il documento ha
quindi in mente anche altre forme di sapere e di scienza, che tramite
la filosofia si collocano in un orizzonte di sapienza.
Il Santo Padre si preoccupa della visione unitaria e organica del
sapere e afferma: "Questo è uno dei compiti di cui il pensiero
cristiano dovrà farsi carico nel corso del prossimo millennio dell'era
cristiana" (FR 85). Le parole fanno pensare ad un lavoro
impegnativo, paziente ed arduo, che può durare parecchio tempo. Ma
è molto importante poiché è in gioco la lacerazione dell'uomo
contemporaneo: "La settorialità del sapere, in quanto comporta un
approccio parziale alla verità con la conseguente frammentazione del
senso, impedisce l'unità interiore dell'uomo contemporaneo. Come
potrebbe la Chiesa non preoccuparsene? Questo compito sapienziale
deriva ai suoi Pastori direttamente dal Vangelo ed essi non possono
sottrarsi al dovere di perseguirlo" (Ib.).
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