3. La soluzione dell'interdisciplinarità

Di fronte al problema della frammentazione si è cercato di promuovere il contatto tra le diverse discipline. Sempre di più vengono incrementati incontri e spazi dove i cultori di scienze diverse, più o meno vicine, possano dialogare. Si predispongono corsi in cui gli studenti possano affrontare un oggetto di studio da diverse angolature metodologiche, in modo da ottenerne una visione sintetica.

Un primo grado di unità è l'approccio multidisciplinare, secondo cui una determinata questione viene studiata da più discipline, ma senza interazione tra esse. Ci si limita ad una giustapposizione d'informazioni attinte dalle diverse scienze. L'interdisciplinarità invece procede oltre verso l'interazione, poiché considera le varie discipline in reciproca connessione quanto ai metodi e quanto all'inquadramento nella cultura.

Con l'interdisciplinarità è stato fatto un passo importante. Le attività interdisciplinari hanno il vantaggio di facilitare il porsi i problemi dei fondamenti di una o varie scienze, di mostrare la complementarietà tra esse e quindi di correggere i pregiudizi -molte volte ideologici-, che sono alla base dell'isolamento e del riduzionismo. Le diverse scienze hanno ottenuto la possibilità dell'incontro e dello scambio di vedute su di un livello di parità.

Non tutto è stato positivo. Nel campo epistemologico, in generale si è insistito sul bisogno di evitare il tentativo di voler ridurre alcune scienze ad altre. Ma questo tentativo, che potrebbe essere chiamato un processo di 'cattiva unificazione', è avvenuto in certi casi, come ad esempio con Edward Osborne Wilson (in Consilience: The Unity of Knowledge), il quale propone di unificare tutte le scienze interpretandole in chiave di sociobiologia evolutiva.

Il Prof. G. Tanzella-Nitti mi ha fatto notare che spesso la spinta all'interdisciplinarità è legata a motivi di efficienza pragmatica nel campo dell'agire e non da un desiderio di unità nell'ordine del conoscere: lavoriamo e dialoghiamo insieme per produrre di più e meglio o raggiungere più in fretta un certo obiettivo, non per "rispondere in modo più completo e dunque più vero" alle domande che contano. Ovviamente ai fini dell'unità del sapere andrebbe favorito questo secondo tipo di interdisciplinarità.

Un altro punto negativo è costituito dal fatto che in genere, la teologia e la filosofia, che potrebbero avere avuto un qualche ruolo unificatore, sono rimaste un po' isolate in questo movimento verso l'interdisciplinarità, almeno in alcune aree geografiche e culturali.

Tornando ai risultati ottenuti, ormai sembra superata nella maggioranza degli scienziati la pretesa che la conoscenza rigorosa sia privilegio delle scienze naturali, impostate in chiave di spiegazione matematica. E' stata la critica interna alla scienza stessa che ha portato al superamento dei paradigmi scientisti. Più recentemente Popper ha riconosciuto l'importanza di quadri di riferimento più ampi, di tipo metafisico, per lo sviluppo scientifico.

La rottura epistemologica tra scienze della natura e scienze umane, legata alla distinzione tra 'spiegare' e comprendere' si è andata sfumando e superando, per esempio in Von Wright o in Ricoeur, e si è visto che le scienze naturali e le scienze umane hanno dei vincoli e degli aspetti comuni, in quanto hanno entrambe una dimensione ermeneutica. Prigogine, osservando che le scienze pure si aprono ad una visione più storica della natura, insiste che ci sono ponti tra le scienze naturali e quelle umane, affermazione più vicina ad una prospettiva aristotelica o bergsoniana e contraria al paradigma dualistico di origine cartesiana.