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Quando la filosofia si rivolge al linguaggio comune, non compie un
procedimento periferico, ma qualcosa di molto speciale appartenente al
proprio nucleo della riflessione filosofica. L'analisi delle forme
quotidiane è importante anche dal punto di vista dell'educazione, se
veramente vogliamo che l'educazione trascenda l'ambito meramente
formalista e sia un processo d'autentica auto-realizzazione nel quale
il subietto s'appropria del contenuto e del significato antropologico
che soggiace alle forme.
Tale appropriazone, dicevamo, non è facile ne immediata. La nostra
propensione è piuttosto quella dell'ottundimento e dell'oblio del
profondo senso originario che si è concretizzato in questa od in quella
formulazione.
Perciocché sempre vige quella verità fondamentale messa in rilievo
tanto dall'antropologia occidentale come dall'orientale: l'uomo è
essenzialmente l'essere che oblia![2].
E cosî il linguaggio, la favella vivente del popolo, risulta in
molti casi depositaria delle grandi esperienze dimentiche.
E se vogliamo riscattare il senso umano che esse celano, dobbiamo
rivolgerci criticamente a questo deposito...
Non deve poi stupire che in un autore classico come S. Tommaso
d'Aquino troviamo una filosofia intimamente compromessa col
linguaggio.
In questo senso è opportuno ricordare alcuni dei suoi principi
metodologici.
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1) Le nostre parole spesso solo attingono frammentariamente -
Tommaso usa l'avverbio divisim - la realtà che è complessa, che
supera di molto la capacità intelletuale umana. D'altronde è di
Tommaso l'acuta osservazione che "nessun filosofo giammai è arrivato
ad esaurire l'essenza d'una mosca". Al contrario di Dio, che
esprime tutto in un unico Verbo, "noi dobbiamo esprimere
frammentariamente le nostre conoscenze con molte ed imperfette
parole"[3].
2) Un altro fenomeno interessante, anch'esso legato alle
limitatezze della nostra conoscenza e del nostro linguaggio, è quello
che potremmo chiamare: l'effetto girasole. Questo è cosî spiegato
da Tommaso: "giacché i principi essenziali delle cose sono da noi
sconosciuti, spesso per significare l'essenziale (che non
raggiungiamo) le nostre definizioni incidono su un aspetto
accidentale"[4]. Cosî, per esempio, tutto l'essere della
pianta che chiamiamo girasole è designato da un fenomeno-gancio,
accidentale e periferico, nel caso, l'eliotropismo.
3) E cosî anche non sfugge al Aquinate il fatto che spesso è
differente il gancio, il cammino per il quale ogni lingua accede ad una
determinata realtà: lo stesso oggetto che mi protegge contro l'acqua
(parapioggia, paracqua, paraguas, parapluie, guarda-chuva) causa
ombra (ombrello, umbrella, sombrinha). Perciò dice Tommaso che
"differenti lingue esprimono la stessa realtà di modo
diverso"[5].
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