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Di fronte al problema della frammentazione si è cercato di promuovere
il contatto tra le diverse discipline. Sempre di più vengono
incrementati incontri e spazi dove i cultori di scienze diverse, più o
meno vicine, possano dialogare. Si predispongono corsi in cui gli
studenti possano affrontare un oggetto di studio da diverse angolature
metodologiche, in modo da ottenerne una visione sintetica.
Un primo grado di unità è l'approccio multidisciplinare, secondo
cui una determinata questione viene studiata da più discipline, ma
senza interazione tra esse. Ci si limita ad una giustapposizione
d'informazioni attinte dalle diverse scienze. L'interdisciplinarità
invece procede oltre verso l'interazione, poiché considera le varie
discipline in reciproca connessione quanto ai metodi e quanto
all'inquadramento nella cultura.
Con l'interdisciplinarità è stato fatto un passo importante. Le
attività interdisciplinari hanno il vantaggio di facilitare il porsi i
problemi dei fondamenti di una o varie scienze, di mostrare la
complementarietà tra esse e quindi di correggere i pregiudizi -molte
volte ideologici-, che sono alla base dell'isolamento e del
riduzionismo. Le diverse scienze hanno ottenuto la possibilità
dell'incontro e dello scambio di vedute su di un livello di parità.
Non tutto è stato positivo. Nel campo epistemologico, in generale
si è insistito sul bisogno di evitare il tentativo di voler ridurre
alcune scienze ad altre. Ma questo tentativo, che potrebbe essere
chiamato un processo di 'cattiva unificazione', è avvenuto in certi
casi, come ad esempio con Edward Osborne Wilson (in Consilience:
The Unity of Knowledge), il quale propone di unificare tutte le
scienze interpretandole in chiave di sociobiologia evolutiva.
Il Prof. G. Tanzella-Nitti mi ha fatto notare che spesso la
spinta all'interdisciplinarità è legata a motivi di efficienza
pragmatica nel campo dell'agire e non da un desiderio di unità
nell'ordine del conoscere: lavoriamo e dialoghiamo insieme per
produrre di più e meglio o raggiungere più in fretta un certo
obiettivo, non per "rispondere in modo più completo e dunque più
vero" alle domande che contano. Ovviamente ai fini dell'unità del
sapere andrebbe favorito questo secondo tipo di interdisciplinarità.
Un altro punto negativo è costituito dal fatto che in genere, la
teologia e la filosofia, che potrebbero avere avuto un qualche ruolo
unificatore, sono rimaste un po' isolate in questo movimento verso
l'interdisciplinarità, almeno in alcune aree geografiche e
culturali.
Tornando ai risultati ottenuti, ormai sembra superata nella
maggioranza degli scienziati la pretesa che la conoscenza rigorosa sia
privilegio delle scienze naturali, impostate in chiave di spiegazione
matematica. E' stata la critica interna alla scienza stessa che ha
portato al superamento dei paradigmi scientisti. Più recentemente
Popper ha riconosciuto l'importanza di quadri di riferimento più
ampi, di tipo metafisico, per lo sviluppo scientifico.
La rottura epistemologica tra scienze della natura e scienze umane,
legata alla distinzione tra 'spiegare' e comprendere' si è andata
sfumando e superando, per esempio in Von Wright o in Ricoeur, e si
è visto che le scienze naturali e le scienze umane hanno dei vincoli e
degli aspetti comuni, in quanto hanno entrambe una dimensione
ermeneutica. Prigogine, osservando che le scienze pure si aprono ad
una visione più storica della natura, insiste che ci sono ponti tra le
scienze naturali e quelle umane, affermazione più vicina ad una
prospettiva aristotelica o bergsoniana e contraria al paradigma
dualistico di origine cartesiana.
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