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San Tommaso è molto stretto nell'uso della parola "sinonimo": per
lui sono sinonime soltanto parole di significato assolutamente
equivalente, cioè, che non solo indicano la stessa realtà (res) ma
anche lo stesso aspetto, la stessa ratio. Dice per esempio nella
Contra Gentiles: "Nonostante queste parole significhino la stessa
realtà non sono sinonime perché non la focalizzanno sotto lo stesso
aspetto"[13].
Cosî, per Tommaso, due (o più parole sono sinonime) se (e solo
se...) in qualsiasi contesto possono essere commutate senza
alterazione reale di senso: l'esempio che ci da, nel Commentario
alle Sentenze, è tunica, vestis e indumentum. Qualsiasi cosa che
si affermi (o neghi) di tunica sarà affermato (o negato) anche di
vestis[14]. Sarebbe come cambiare "sei" per "mezza
dozzina"...
Noi oggi con meno precisione ammettiamo come sinonime giustamente
parole che - sebbene con titoli differenti o enfasi - si riferiscono
alla stessa realtà. Cosî di "sinonimo" ci dice il dizionario
brasiliano Aurélio: "parola che ha quasi (sic) la stessa
significazione di un altra". Già il Larousse è più esplicito:
"mots qui se présentent dans la langue avec des sens très proches et
qui se différencient entre eux par une nuance (trait particulier)".
Già l'Oxford distingue e registra due sensi, quello stretto e
quello lato: "Synonym - 1. Strictly, a word having the same
sense as another (in the same language); but more usually, either or
any of two or more words (in the same language) having the same
general sense, but possessing each of them meanings which are not
shared by the other or others, or having different shades of meaning or
implications appropriate to different contexts: e.g. serpent,
snake; ship, vessel etc."
Per Tommaso, al contrario, come dicevamo, due parole possono
riferirsi alla stessa ed unica realtà e nonostante non essere
sinonime: perché differenti sono le sue rationes. È il caso per
esempio dei diversi nomi con i quali designamo a Dio od ai suoi
attributi (Creatore, Onnipotente, la Bontà, la Giustizia
ecc.): tutti incidono sulla stessa realtà, ma non sono
sinonimi[15].
Sia come sia, dal punto di vista metodologico sono di speciale
interesse per il filosofo due punti:
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1) la ricerca di contesti del linguaggio comune in cui una parola non
può - senza alterazione del senso - essere sostituita da nessun
"sinonimo": questo è un fecondo procedimento per scoprire la realtà
antropologica significata dal vocabolo.
2) Il secondo punto a distaccare è il fatto che ogni "sinonimo" ha
la sua ratio, si riferisce a un determinato aspetto differente della
stessa ed unica realtà: cosî come quando parliamo di "casa",
focolare", "domicilio", "residenza", "abitazione", "dimora"
o "reggia". In sé la realtà a cui si riferiscono queste parole è
la stessa ed unica edificazione - nella via tale, numero tale -,
però nessuno dice "domicilio, dolce domicilio", neanche la
prefettura riscuote le tasse sul focolare ecc.[16].
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Questa molteplicità di forme del linguaggio per la stessa res ha
importanza nell'analisi che Tommaso fa del amore.
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