"PERDONAMI"

"Perdonare" è una forma tardiva che non si trova in S. Tommaso. La parola corrispondente ed usuale da lui usata è parcere. Tuttavia troviamo in S. Tommaso le ragioni filosofiche che giustificano la grandiosa etimologia delle forme moderne: "perdonare", "perdono", "pardon", "pardonner", "perdão" ecc.

Il prefisso per accumula i sensi di "per" (attraverso di") e di pienezza, grado massimo: come in perdurare (durare completamente); perlucido (completamente luminoso); perfrigerare (rinfrescare intensamente); perorare (orare, parlare intensamente); permanganato (sale dell'acido in cui il manganese esplica la sua massima valenza di sette) ecc.

E cosî il perdono appare come il superlativo di donazione. Lo stesso occorre con le forme inglesi e tedesche: for-give, vor-geben.

Come l'Aquinate pensa il tema del perdono e come lo rapporta al massimo di donazione? Ci sono influenze bibliche e liturgiche. Nella liturgia Tommaso s'impressiona con l'orazione spesso da lui citata, della messa della X domenica dopo la Pentecoste (e ancora oggi preservata nella XXVI domenica del tempo comune), che dice: "Deus qui omnipotentiam tuam parcendo maxime manifestas" ("Dio che manifesti la tua onnipotenza massimamente perdonando...").

E afferma che il perdono di Dio è un potere superiore a quello di creare i cieli e la terra (II-II, 113, 9, sc).

D'altra parte lui vede nella traduzione latina della Lettera agli Efesini: "siate anche scambievolmente benevoli, misericordiosi, 'donandovi' tra voi come anche Dio ha 'donato' a voi per Cristo" (Ef 4,32)[18]. Ed in II Cor 2:10 "A chi voi 'donate' 'dono' anch'io, perché quello che io ho 'donato' ecc."[19]. Tommaso non ne ha dubbi: il donare per eccellenza non è donare soldi o tempo o qualcosa d'altro, ma si perdonare[20].

E conclude, con la sua abituale sobrietà, com suggestivi id est: "Donate, id est parcite" (Super II ad Cor. cp 12, lc 4) e "Donantes, id est parcentes" (Super ad Coloss. cp 3 lc 3).